GALDI (Galdo), Matteo Angelo
Nacque a Coperchia di Pellezzano, nel Salernitano, il 5 ott. 1765 da Pasquale Galdo, il cui cognome egli muterà nella forma Galdi, e da Eugenia Fiore.
Cresciuto in una famiglia benestante e di dichiarate simpatie liberali, si trasferì con essa a Salerno e quando il padre morì nel 1783 i fratelli maggiori, Diego e Leonardo, si presero cura della sua istruzione, affidandolo agli insegnamenti di G. Grippa, professore di fisica e astronomia, e di G. Fiore, matematico e filosofo della Scuola salernitana. Compiuti i primi studi, nel 1785 il G. fu inviato a Napoli per frequentare i corsi di legge che seguì fino al 1787, senza tuttavia conseguire la laurea.
Durante il periodo napoletano fu centrale l'influenza esercitata su di lui dal magistero di F.M. Pagano e soprattutto di G. Filangieri, che lo introdussero alle dottrine fisiocratiche ed egualitaristiche di origine francese, la cui eco è ben visibile nel primo scritto del giovane G., Del commercio dei negri. Disamina di una memoria del signor Linguet (uscito in due puntate su Il Magazzino enciclopedico salernitano, 3 e 10 luglio 1789, pp. 3-7, 13-16).
Ma l'attenzione del G. fu rivolta fin dall'inizio soprattutto alle condizioni della realtà meridionale. A Napoli, in quegli anni, erano ancora vivi i benefici effetti dell'azione riformatrice sviluppata da B. Tanucci, la quale aveva suscitato tra gli intellettuali meridionali la speranza di un rinnovamento della monarchia borbonica in chiave illuminata. Al re Ferdinando IV il G., mettendo a frutto la lezione del Filangieri, dedicò un'Analisi ragionata del Codice Ferdinandino per la popolazione di San Leucio (Napoli 1790), in cui si ponevano in luce le innovazioni legislative sviluppate a favore di questo insediamento manifatturiero.
La fine del riformismo e le notizie provenienti dalla Francia rivoluzionaria ebbero l'effetto di spingere verso il radicalismo molti giovani intellettuali napoletani, tra cui il G., che diedero vita ai clubs "Libertà o morte" e "Repubblica o morte". Un tentativo di congiura, scoperto nel marzo 1794, portò a una dura repressione in cui persero la vita i capi della rivolta mentre altri che, come il G., avevano offerto un contributo marginale furono soggetti a una multa pecuniaria. Nonostante la levità della sanzione, egli stimò opportuno scegliere la strada dell'esilio che lo portò in Francia, a Tolone, dove giunse tra maggio e giugno.
Dopo avervi forse conosciuto il generale Napoleone Bonaparte e avere ottenuto nel 1795 la cittadinanza francese, si arruolò nell'Armata d'Italia, raggiungendo presto il grado di capitano. Il G., rientrato in Italia, fece stanza per un breve periodo a Oneglia, dove conobbe il pisano Filippo Buonarroti con il quale collaborò, nella primavera del 1796, all'esperimento costituzionale di Alba, in qualità di segretario dell'agente della Repubblica francese Villetard e di giudice criminale. In giugno il G. si recò a Milano ormai occupata dalle truppe francesi ed entrò al servizio di L. Baraguay d'Hilliers, luogotenente del Bonaparte, con le funzioni di segretario e traduttore.
In questo periodo diede inizio a una intensa attività pubblicistica in cui spiccano gli scritti delle Effemeridi repubblicane, raccolti lo stesso anno in un volume omonimo (Milano 1796) - per lungo tempo attribuiti a M. Gioia -, e la dissertazione sulla Necessità di stabilire una repubblica in Italia (ibid. 1796).
Sciolta la Municipalità cittadina, di ispirazione moderata, il Bonaparte e il commissario del Direttorio in Italia, A.-Ch. Saliceti, crearono al suo posto l'Amministrazione generale per la Lombardia, con l'intento di venire incontro alle pressanti richieste di indipendenza dei giacobini milanesi. In questo senso la nuova Municipalità, di tendenze più radicali, decretò il 19 luglio la formazione di un comitato consultivo per lo studio di un progetto costituente per la Lombardia. Il 27 settembre, poi, l'Amministrazione generale bandì il concorso sul tema "Quale dei Governi liberi meglio convenga alla felicità d'Italia". Delle 57 dissertazioni inviate in poco più di due mesi al concorso, vinto alla fine da M. Gioia, vi era la citata Necessità di stabilire una repubblica in Italia del G., affiancata dal Discorso sui rapporti politico-economici dell'Italia libera con la Francia e col resto d'Europa (ibid. 1796; tradotto in francese da L.-P. Couret-Villeneuve, Paris 1796), in cui il G. sosteneva l'opportunità di estendere la rivoluzione dalla Cisalpina a tutti gli altri Stati italiani. Avanzando il progetto di una Repubblica italiana unitaria, il G. prospettava alla Francia gli effetti positivi che la formazione di un forte e fedele alleato avrebbe potuto determinare sia sul piano commerciale sia su quello strategico-militare, attraverso il controllo del Mediterraneo definitivamente sottratto alla supremazia inglese.
Le speranze dei giacobini italiani non trovarono però risposte immediate da parte del governo francese e si risolsero in una rumorosa manifestazione di protesta inscenata il 24 nov. 1796 sulla piazza del duomo da alcune centinaia di patrioti milanesi, tra cui forse il G., che fu costretto a un breve periodo di detenzione. Presto rilasciato tornò ai suoi uffici, riversando la sua veemenza propagandistica nei numerosi articoli apparsi sul Termometro politico, sul Giornale senza titolo e sul Giornale dei patrioti d'Italia che, fondato dal G. con altri il 20 gennaio, fu redatto da lui solo nel periodo tra il 24 maggio e il 27 nov. 1797, data in cui le pubblicazioni vennero interrotte al 143° numero in seguito alla delusione per la pace di Campoformio. Nello stesso anno il G. pubblicò il saggio Dei rapporti politico-economici fra le Nazioni libere (Milano 1797), in cui si prospetta l'organizzazione di una società internazionale su basi federalistiche e di liberoscambismo, e iniziò ad assumere incarichi sempre più dichiaratamente politici nella Società di pubblica istruzione e nel Circolo costituzionale di Milano. Nel frattempo la situazione politica lombarda era caratterizzata dalla lotta tra i fautori della linea politica del Direttorio e quelli più vicini al programma dei democratici cisalpini. Da questa tensione scaturì il colpo di Stato operato dall'ambasciatore francese Fr. Rivaud du Vignaud, inviato a Milano dal Direttorio il 24 nov. 1798 con l'incarico di formare un governo cisalpino moderato e di imbrigliare la libertà di stampa. Il G., che già nel mese di settembre era stato provvisoriamente bandito dalla città, il 7 dicembre fu rinchiuso, insieme con altri democratici, nelle prigioni del Castello Sforzesco, senza poter così assumere l'incarico di professore di diritto pubblico nel ginnasio di Brera che gli venne conferito tre giorni dopo. Anche in questa circostanza la detenzione durò poco tempo e fu seguita dalla prestigiosa nomina del G. ad agente della Repubblica Cisalpina presso la Repubblica Batava, forse compiuta con l'intento di allontanarlo dalla scena milanese.
Partito per l'Olanda "munito delle istruzioni del suo Governo al principio del mese di piovoso anno 7° […] e cioè dopo il 29 gennaio e non oltre il 10 febbraio 1799" (Orza, 1908, p. 42), il G. vi resto nella sua veste ufficiale fino al 24 apr. 1808, svolgendo con perizia i compiti diplomatici affidatigli.
Durante il periodo di permanenza all'estero, il G. strinse proficui legami con gli altri rappresentanti diplomatici presenti all'Aia e con i principali protagonisti della agitata vita politica di quella Repubblica. Questa esperienza produsse dei mutamenti determinanti nel suo approccio alla politica, in quanto l'acquisizione di un maggior realismo lo spinse a superare le intransigenze del giacobinismo iniziale e lo portò ad aderire con sempre maggior convinzione alle esigenze dell'ideologia napoleonica e del Regno d'Italia, per il quale continuò a svolgere l'incarico diplomatico che già aveva avuto come agente della Repubblica Cisalpina prima e di quella d'Italia poi. Il passaggio è definitivamente realizzato nel saggio più organico che derivò da quell'esperienza, il Quadro politico delle rivoluzioni delle Provincie Unite e della Repubblica Batava e dello stato attuale del Regno d'Olanda (ibid. 1809), in cui il G. conduce in un'ottica di vasta sintesi considerazioni di ordine storico-politico, legislativo ed economico ma anche geografico, etnico, letterario, pedagogico. Anzi in quest'opera, che gli valse in seguito la nomina a socio corrispondente del R. Istituto di lettere ed arti olandese, l'attenzione del G. si concentra ormai decisamente più che sugli aspetti astrattamente ideologici sulla analisi pragmatica della questione economica, in cui è evidente l'influsso delle teorie di A. Smith.
Ritornato in Italia via Parigi nel maggio 1808, il G. ottenne a Milano una pensione annua e pochi mesi dopo, in ottobre, con una commendatizia ottenuta dal re d'Olanda, Luigi Bonaparte, per il re di Napoli, Gioacchino Murat, rientrò nella capitale partenopea. Nel 1809 fu nominato presidente del R. Istituto d'incoraggiamento alle scienze naturali e della Società Pontaniana, membro della Commissione di statistica e intendente della Provincia di Molise. L'anno seguente, poi, ottenne l'intendenza della Provincia di Calabria Citeriore, in cui ebbe modo di mettere a frutto il suo spirito di iniziativa e di realizzare le sue teorie socio-economiche, convertendo un'ampia zona abbandonata alla coltura intensiva del cotone con il conseguente miglioramento delle condizioni di vita della popolazione locale. Nell'ottobre 1810 il re lo nominò cavaliere del Real Ordine delle Due Sicilie e commissario per la divisione delle terre demaniali di Calabria Citeriore. Nel frattempo il G. non aveva cessato di sviluppare ulteriori riflessioni riguardanti il tema pedagogico, di cui già si era occupato negli anni milanesi (Saggio d'istruzione pubblica rivoluzionaria, Milano 1798) e che tornò ad affrontare nel più maturo Pensieri sull'istruzione pubblica, relativamente al Regno delle Due Sicilie (Napoli 1809).
L'interesse pedagogico assume un ruolo centrale negli ultimi anni dell'attività del G., data la convinzione illuministica che qualsiasi cambiamento nella forma di governo è destinato a durare poco se non adeguatamente sostenuto da una mentalità civica che può diffondersi solo grazie a una adeguata organizzazione del sistema scolastico. In questo senso il G. dichiara apertamente il suo debito verso le idee riformatrici e antigesuitiche di B. Tanucci, quando si pronuncia contro il proliferare delle scuole private, la cui esistenza ammette solo se sottoposta a una continua supervisione statale. Anche per quel che riguarda il ruolo della religione, pur riaffermando la libertà di culto, egli si fa strenuo assertore del teofilantropismo di origine giacobina. Ma di là dai pronunciamenti teorici, nei Pensieri sull'istruzione pubblica il G. procede a una disamina sistematica di tutti gli aspetti correlati alla formazione di un moderno assetto educativo. Partendo dalle scuole primarie ed elementari, che immagina gratuite e capillarmente diffuse sul territorio, fino a quelle "trascendentali", cioè di carattere universitario, e a quelle speciali, egli prende in esame tutti gli aspetti della questione: materie e programmi di studio dei singoli corsi, didattica, libri di testo, numero e formazione dei docenti, orario e calendario scolastico, edilizia e igiene, ecc. In particolare, per ciò che attiene l'istruzione universitaria, il G. ritiene opportuna la presenza di due sedi: una in Sicilia e l'altra sul continente, in modo da favorire la frequenza degli studenti. Inoltre sostiene che in ognuna di esse i corsi di studi dovrebbero essere articolati in quattro facoltà (lettere, filosofia, giurisprudenza, medicina) con 26 cattedre. Tra gli insegnamenti di cui il G. perora l'istituzione quelli delle lingue orientali, antiche e moderne, funzionale all'espansione mediterranea che egli vede come la strada privilegiata per interrompere il monopolio marittimo dell'Inghilterra.
Proprio in virtù della sua acuta riflessione pedagogica, Gioacchino Murat gli affidò nel 1812 la neoistituita direzione generale della Pubblica Istruzione. In tal modo il G. ebbe modo di realizzare i suoi progetti di riforma, organizzando il sistema scolastico del Regno che resterà immutato fino al 1860. Nello stesso 1812 ebbe la nomina a membro della commissione per l'esame dei lavori dei Consigli provinciali e, nel 1815, pochi mesi prima della caduta del Murat, questi gli conferì il titolo di barone.
Con la Restaurazione il G. non soffrì alcuna persecuzione e anzi, nella prospettiva di una solida alleanza con i gruppi dirigenti borghesi formatisi durante l'era napoleonica, re Ferdinando gli conferì altri prestigiosi incarichi: nel 1815 la presidenza della Giunta superiore d'Istruzione pubblica e, quattro anni dopo, la direzione della Biblioteca della R. Università degli studi. Gli avvenimenti del 1820 videro il G. ancora protagonista, nonostante l'aggravarsi delle condizioni di salute malcerte fin dagli anni della missione in Olanda. Dopo che nel mese di luglio fu data e giurata la Costituzione dal re, egli fu eletto prima deputato e poi presidente del Parlamento. In questo incarico pronunciò alcuni discorsi e organizzò i lavori delle varie commissioni. L'entrata degli Austriaci a Napoli nel marzo 1821 pose fine a questa nuova fase.
Ritiratosi a vita privata, a causa del peggioramento dell'epatite che già da tempo lo tormentava, il G. morì a Napoli il 31 ott. 1821. Il 30 nov. 1797 aveva sposato Giuditta Salvatori dalla quale ebbe tre figlie: Clelia, Eugenia e Virginia.
Opere: Dell'abolizione de' fedecommessi, Milano 1797; Per lo stabilimento della Repubblica Italiana, ibid.; Progetto di Costituzione elvetica con le riflessioni critiche, ibid. 1798; Delle vicende e della rigenerazione dei teatri, ibid.; Saggio sul commercio d'Olanda, ibid. 1808; Rapporto a s.e. il ministro dell'Interno sullo stato attuale dell'istruzione pubblica nel Regno di Napoli, Napoli 1815.
Fonti e Bibl.: M. Orza, La vita e le opere di M.A. G. Con appendice di lettere diplomatiche inedite, Napoli 1908 (fondamentale per la biografia e il regesto dell'attività editoriale del G., contiene alle pp. 155-225 le lettere diplomatiche inviate durante la permanenza in Olanda). Altri scritti sul G.: F. Cusani, Storia di Milano dall'origine a' nostri giorni, Milano 1867, V, pp. 19 s.; V. Cuoco, Scritti pedagogici inediti o rari, a cura di G. Gentile, Roma-Milano 1909, pp. 272-276; S. Pivano, Albori costituzionali d'Italia. 1796, Torino 1912, pp. 97, 99 s., 151, 398-400, 402, 406-408, 425-430 e nn.; A. Pingaud, Les hommes d'État de la République Italienne (1802-1805), Paris 1914, pp. 141-145; V. Cuoco, Scritti vari, a cura di N. Cortese - F. Nicolini, Bari 1924, II, pp. 162, 183 s., 273, 285, 353, 380-382, 413; E. Rota, G. Poggi e la formazione psicologica del patriota moderno, in Nuova Rivista storica, VI (1922), 3-4, p. 354; B. Croce, Storia del Regno di Napoli, Bari 1925, p. 215; M. Orza, L'educazione nazionale nel pensiero di M.A. G., in Studi di storia napoletana in onore di Michelangelo Schipa, a cura di N. Cortese, Napoli 1926, pp. 653-681; R. Soriga, L'avvenire mediterraneo d'Italia secondo la mente d'un "patriota" del 1794, in Rass. stor. del Risorgimento, XVII (1930), 4, pp. 88-90; C. Spellanzon, Storia del Risorgimento e dell'Unità d'Italia, Milano 1933, I, p. 823; F. Galdi, Una grande figura della storia del nostro Risorgimento Nazionale: M.A. G., in Riv. di cultura, XV (1934), 11-12, pp. 382-400; F. Zerella, La riforma scolastica di M. G., Milano-Genova-Roma 1936; R. Soriga, L'idea nazionale italiana dal secolo XVIII all'unificazione, a cura di S. Manfredi, Modena 1941, pp. 1-4 e passim; B. Croce, La rivoluzione napoletana del 1799, Bari 1948, pp. 207, 345 n.; M. Capurso, M. G. dalla monarchia riformista alla monarchia costituzionale, in Studi economico-giuridici della Facoltà di giurisprudenza della Università di Cagliari, XXXVIII (1954), pp. 1-71; G. Candeloro, Storia dell'Italia moderna, Milano 1956, I, pp. 204, 212-217, 219, 326, 336; D. Cantimori, M.A. G., in Giacobini italiani, Bari 1956, I, pp. 439-443 (alle pp. 223-251 è riedito il Saggio d'istruzione pubblica rivoluzionaria); Id., Illuministi e giacobini, in La cultura illuministica in Italia, a cura di M. Fubini, Torino 1957, pp. 265, 267, 269, 275, 277; I giornali giacobini italiani, a cura di R. De Felice, Milano 1962, pp. X, XIV, XXIX, XXXV, XXXVII, XLI, XLIV s., XLVIII, LVI n., 49 n., 134 n., 216 s.; Id., M.A. G., in Giacobini italiani, a cura di D. Cantimori - R. De Felice, Bari 1964, II, pp. 535-537 (alle pp. 207-364 è riproposto il saggio Dei rapporti politico-economici fra le nazioni libere); E. Passerin d'Entrèves, Ideologie del Risorgimento, in Storia della letteratura italiana (Garzanti), Milano 1969, VII, pp. 215-219; P. Frascani, M. G.: analisi di una trasformazione ideologica durante il periodo rivoluzionario-napoleonico in Italia, in Rass. stor. del Risorgimento, LIX (1972), 2, pp. 207-234 (contiene numerosi riferimenti bibliografici agli scritti inediti del G. conservati in vari archivi e biblioteche italiane ed estere); M. Themelly, M. G. nella crisi della Repubblica Cisalpina, I, Dall'ingresso dei Francesi in Italia al trattato di Campoformio, in Rass. stor. salernitana, LIII (1993), pp. 105-130); V. Cecchetti, Introduzione e Nota al testo a M.A. Galdi, Necessità di stabilire una repubblica in Italia, Roma 1994, pp. 7-25, 169 s.