BOTTIGLIERI, Matteo
Scarse le notizie biografiche di questo scultore, attivo a Napoli nella prima metà del sec. XVIII: perfino quelle riportate dal De Dominici, il quale redasse le sue Vite degli artisti napoletani quando il B. era ancora in vita e impegnato in lavori di un certo prestigio, sono spesso non del tutto attendibili. La sua personalità si ricostruisce pertanto quasi esclusivamente sulle opere documentate, che lo qualificano come uno dei più tipici esponenti della scultura dell'ultimo tempo del barocco meridionale, del quale egli riprende elementi tradizionali volgendoli tuttavia, almeno nella fase estrema della sua attività, in un senso che è già propriamente partecipe delle tendenze del rococò.
Benché il B. sia ricordato dal De Dominici e da altre fonti come allievo di L. Vaccaro, le più antiche sculture che di lui si conoscano, e cioè i busti dei santi Brunone,Rossellina vergine e Margherita di Digione e del Beato Nicola Albergati, nella cappella di S. Ugo della certosa di S. Martino a Napoli (dei quali appare però infondata la tradizionale datazione all'anno 1700) palesano una netta aderenza agli esempi del Fanzago, soprattutto per il tono realistico con cui sono resi, quasi che si trattasse di ritratti dal vivo, i tratti fisionomici dei personaggi. I medesimi caratteri stilistici si ritrovano nelle grandi statue dei profeti Giosuè e Gedeone, nel transetto sinistro del Gesù Vecchio, e nel busto di S. Gennaro, nella sagrestia della stessa chiesa, opere che sono pertanto riferibili a questo momento giovanile.
Verso il 1723 il B. eseguì il rilievo con putti, di bronzo dorato, per l'altare della cappella Pignatelli ai SS. Apostoli: e qui, nell'occasione di una ripresa, imposta dal committente, del modello dell'altare Filomarino che era stato eseguito dal Borromini per la stessa chiesa, anche lo scultore si sentì spinto ad adeguarsi all'esempio dell'analogo rilievo marmoreo del Duquesnoy che orna, appunto, il più antico altare. Questo rifarsi a un modello tradizionale corrispondeva comunque alle attuali intenzioni del B., sempre più orientato verso moduli stabiliti, assunti in senso decorativo, come per altro è dimostrato dai puttini che ornano la cappella di S. Tommaso d'Aquino in S. Domenico Maggiore, per i quali egli aveva preparato i modelli nell'anno 1724 (Correra). Anche nella scultura monumentale, dopo la felice riuscita del Cristo morto della cripta del duomo di Capua, pure del 1724 (a proposito del quale è da escludere una derivazione da un disegno del Solimena, mentre è piuttosto sensibile un accostamento ai modi di Domenico Antonio Vaccaro), si farà ormai evidente una stilizzazione che nelle pose dei personaggi, nel panneggio complicato e risolto in frantumati effetti luministici e nella stessa insistenza per una rappresentazione di atteggiamenti patetici, s'è completamente discostata dall'iniziale indirizzo naturalistico. Ciò si nota in particolare nella statua di S. Matteo, che orna la balaustra della facciata del duomo di Salerno (1733; le due statue laterali, dei santi Bonosio e Grammazio, ci paiono piuttosto di collaborazione), e nel gruppo del Cristo e la samaritana della fontana nel chiostro di S. Gregorio Armeno a Napoli.
Uno sviluppo in senso più moderno è bensì avvertibile nel monumento sepolcrale di Carlo Danza (1752), nella chiesa del Carmine Maggiore: qui il B. sembra aver tratto profitto dai modi nobili e grandiosi della pittura solimenesca, riuscendo a conservare tuttavia una acuta sensibilità ritrattistica che ancora evita i rischi di quel classicismo di maniera, aulico, che era suggerito proprio dalle intenzioni verso cui aveva teso la poetica del Solimena.
Un peso rilevante, se non proprio determinante, per questo svolgimento della scultura del B. verso modi alquanto convenzionali dovette averlo la sua attività come intagliatore di figurine di pastori in legno: anche se le attribuzioni al B. di opere del genere restano, in definitiva, soltanto ipotetiche, è ben presumibile che egli non si sia discostato dalle formule correnti della piccola plastica "presepiale", tese - salvo rare eccezioni - a una definizione fissa di tipi, di ceti e di "affetti", anzi che di vere e proprie espressioni. Proprio il già citato gruppo della fontana di S. Gregorio Armeno ha invero l'aspetto di un particolare di presepio ingrandito. La parte migliore dell'attività del B. è ora quella in cui egli può dare più libero sfogo alla sua vocazione decorativa: così nei "comunichini" e nelle altre parti superstiti della decorazione della chiesa della Trinità delle Monache, eseguite nel 1737 e ora esposte nel Museo di Capodimonte, ove il ritmo complesso e insistito delle volute e delle tarsie policrome tende a sopraffare le poche parti figurate.
L'occasione più propizia per dare dimostrazione piena di questa tendenza che si dichiara sempre più come un esercizio di alto virtuosismo plastico fu offerta al B. dalla decorazione della guglia dell'Immacolata, nella piazza del Gesù Nuovo, che egli condusse tra il 1747 e il 1751, con la collaborazione di F. Pagano, su disegno di G. Genuino: nella gran mole che, secondo un uso già tipico a Napoli, traduce in marmo le fantasie scenografiche degli "apparati provvisori" per le feste, le figure e gli ornati dei due scultori proliferano in una fitta ripetizione di motivi che mira solo a effetti d'insieme, mentre risulta banale nei singoli particolari.
Il 5 ott. 1754 il B. si impegna, con N. Lamberto, a eseguire alcune statue di santi per il chiostro della chiesa di S. Sebastiano, che già nel sec. XIX furono trasferite in S. Domenico Maggiore: sono di lui le figure delle sante Caterina da Siena,Caterina Ricci,Agnese da Montepulciano e Rosa da Lima. Queste ultime opere note non fanno che confermare la stanchezza dell'artista, non più interessato alla scultura di tipo propriamente monumentale.
L'esempio del B. ebbe notevoli riflessi sul gusto decorativo napoletano del Settecento, e da esso trassero stimolo anche artisti di ben più spiccata individualità, come Giuseppe Sammartino.
Bibl.: B. De Dominici, Vite de' pittori,scultori e architetti napol., III, Napoli 1745, pp. 477 s.; L. Correra, Il presepe a Napoli, in L'Arte, II (1899), p. 340;P. Napoli Signorelli, Gli artisti napol. della seconda metà del sec. XVIII, con note di G. Ceci, in Napoli nobilissima, n.s., III (1923), pp. 118 s.; G. Filangieri. Doc. per la storia,le arti e le industrie delle prov. napoletane, Napoli 1891, V, p. 64; G. Elia, G. L. Bernini e il berninianesimo nella scultura napol. del 6-700, Napoli 1942, pp. 119-128; B. Molajoli, La scultura nel presepe napoletano del Settecento, Napoli 1950, passim;M. Picone, La cappella Sansevero, Napoli 1959, pp. 47 s., 53 s.; F. Bologna, Le arti figurative, in Settecento napoletano, a cura di G. Doria, Torino 1962, pp. 69-71; O. Ferrari, Le arti figurative, in Storia di Napoli, VI, Napoli 1970, pp. 1336-1338; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IV, p. 422 (con bibl. prec.).