BUSALE, Matteo
Fratello del capo antitrinitario del Cinquecento, Girolamo, con il quale è stato spesso confuso, nacque probabilmente a Napoli. Esperto di diritto, non sembra che egli abbia studiato a Padova, né pare sia stato nell'Italia settentrionale come i fratelli Girolamo e Bruno. La sua adesione alle dottrine radicali avvenne all'inizio degli anni '40 a Napoli, ove entrò a far parte del circolo di discepoli di Juan de Valdés guidato dallo spagnolo Juan de Villafranca.
Negli atti del processo subito da suo cugino Giulio Basalù per eresia a Venezia nel 1555 è conservata la dichiarazione del B. circa il modo con cui il Villafranca convertiva i nuovi discepoli: "lo faceva dubitar nell'auttorità et poi, com'era cascato nel dubio, diceva: 'Beh! quando se intendesse cossì, non vi pare a voi che stesse bene?'" Poi, poco a poco, persuadeva il suo ascoltatore "a creder che non era la Trinità, ma un solo Dio, che Christo non era Dio, ma che Dio abitava in Christo".
Alla morte del Villafranca (1545) il B., insieme con il fratello Girolamo e il calabrese Francesco Renato, divenne uno dei principali promotori delle idee antitrinitarie a Napoli. Tutti e tre conoscevano l'ebraico (e forse anche il greco) e sostenevano la necessità di confrontare la versione vulgata della Bibbia con i testi originali alla maniera del Valla e di Erasmo. Numerosi eretici testimoniarono in seguito che il B., più di tutti, li educava a credere che il testo delle Scritture era stato volutamente alterato per poter sostenere false idee quali la Trinità, l'immortalità dell'anima, la verginità di Maria e la necessità di compiere opere buone per guadagnarsi la salvezza. Quest'ultima tesi, e il fatto che nell'inverno 1545-46 il B. e altri cercarono di celebrare la comunione "al modo de Alemagna" nella dimora di Girolamo, possono far pensare a una temporanea influenza nel circolo napoletano di luterani esuli da Roma. Nel complesso, tuttavia, il B., Girolamo e i loro confratelli si erano sensibilmente allontanati sia dalle idee mistiche del Valdés sia dal protestantesimo ufficiale.
Nell'autunno del 1551 il B. era ancora a Napoli: si può perciò ritenere che egli non aderì, come i fratelli, all'anabattismo veneziano. Secondo l'ex olivetano Giovanni Laureto, che era stato compagno di Girolamo a Piacenza e a Padova, e che poi lo aveva seguito nella fuga a Napoli, il B. era "homo di intellecto", il quale si era reso conto che il fratello era uscito di senno: proibì ai suoi familiari di ascoltare i deliri profetici di Girolamo e cercò di impedire al fratello la predicazione per le strade. Alla fine, con l'aiuto della madre e del Laureto, riuscì a convincere Girolamo a cercare rifugio con la famiglia ad Alessandria d'Egitto.
L'azione moderatrice svolta dal B. nei confronti del fratello induce a ritenere che egli avesse prudentemente assunto un atteggiamento nicodemita allo scopo di evitare l'arresto come antitrinitario. Il suo progetto, però, fallì quando il 19 luglio 1551 Marc'Antonio Villamarina, altro membro del circolo del Villafranca, presentò all'Inquisizione napoletana un lungo memorandum in cui venivano nominati tutti coloro che professavano dottrine radicali di sua conoscenza. L'arresto degli eretici napoletani dovette prendere parecchio tempo, dato che il B. venne interrogato nel palazzo dell'Inquisizione a Roma ben tredici mesi più tardi (non è noto come fu arrestato e come andò a Roma). Nel medesimo periodo veniva arrestato a Venezia il suo compagno di fede Lorenzo Tizzano. Fra' Michele Ghislieri (il futuro papa Pio V), che interrogò il B., fu particolarmente interessato al suo racconto sul Tizzano.
Nel descrivere le opinioni che egli, il Tizzano, e altri del gruppo napoletano avevano seguito, il B. indicò tutti i punti sopra ricordati; e concluse: "Li quali errori et opinioni tenivamo et cre[de]vamo io et esso don Lorenzo et altri che ho nominato nelli miei esamini precedenti, et in questo tra noi non era chi facesse il capo ma ognuno indifferentemente chi poteva trovare più errori li comunicava con li altri, non che credessimo alhora che fosseno errori, ma che fosse la verità, et il pensiero et desiderio nostro era di aspettar la venuta del Messia". Quest'ultima affermazione indica chiaramente che (almeno durante gli anni '40) il B. e suo fratello Girolamo seguivano una versione giudaizzante dell'antitrinitarismo.
Le fonti tacciono sulla data, il luogo e le circostanze della morte del Busale. L. Amabile, basandosi sulla natura certamente eretica delle sue dottrine, ritiene che la sua fine non dovette essere felice.
Fonti e Bibl.: Le seguenti buste dell'Arch. di Stato di Venezia, Sant'Uffizio,Processi, contengono notizie sul B.: 11 (costituto di Matteo d'Aversa, Roma, luglio 1553; costituto del B., Roma, agosto 1553 [entrambi i costituti vennero inviati a Venezia come prove per il processo contro L. Tizzano]; costituto di G. Laureto, ottobre 1553); 13 e 159 (processo e costituti di G. Basalù, marzo 1555); 158, reg. III (processo e costituti di L. Tizzano, alias Benedetto Florio, ottobre-dicembre 1553). Alcune parti dei costituti di Matteo D'Aversa e del B. sono state pubblicate e discusse da D. Berti, in Atti della R. Acc. dei Lincei, classe di scienze morali, storiche e filosofiche, s. 3, II (1877-1878), pp. 78-80. Il costituto del Laureto si può rinvenire in un articolo di E. Pommier, in Mélanges d'archéol. et d'histoire, LXVI (1954), pp. 293-322. Si sono inoltre occupati del B., basandosi su fondi d'archivio, L. Amabile, Il S. Officiodella Inquisizione in Napoli, I, Città di Castello 1892, pp. 124 n. 162 s., 220; A. Stella, Dall'anabattismo al socinianesimo nel Cinquecento veneto. Ric. stor., Padova 1967, pp. 33 s., 100 s.; Id., Anabattismo e antitrinitarismo in Italia nel XVI sec.: nuove ric. storiche, Padova 1969, pp. 23-25, 31, 35 s.