COSTANTINI, Matteo
Nacque a Lisciano di Ascoli Piceno il 22 sett. 1786 da Giuseppe e Cecilia Pompa. Dal 1799, benché giovanissimo, insieme con i fratelli Giacomo e Venanzio, seguì il padre, altrimenti noto col nome di "Sciabolone", nelle peripezie militari che, fino al 1808, ebbero per teatro le Marche, l'Abruzzo e la Campania.
Deceduto il padre a Capua nel 1808, nel 1809 ritornò nel Teramano, dove aveva operato in precedenza, prima al soldo borbonico poi nei ranghi di Giuseppe Bonaparte. Per alcuni anni le sue vicende risultarono strettamente legate a quelle del fratello Venanzio. Sospettati di aver riallacciato rapporti con l'insorgenza antifrancese, furono arrestati a Teramo l'11 marzo 1809 e tradotti in carcere a Pescara, dove furono liberati alla metà di ottobre. L'anno successivo, vennero arruolati per prestare servizio nella penisola iberica; ma riuscirono a disertare e si diedero alla macchia. Nel 1811 fu fatta ricerca di loro nei dipartimenti marchigiani dei Tronto e del Musone; in seguito furono ritenuti responsabili di svariati furti a mano armata, compiuti a ridosso del gruppo del Gran Sasso, in particolare nei circondari di Penne e di Castelli. Cospicue taglie furono poste su di loro nel 1813 da parte del prefetto del dipartimento del Tronto e dell'intendente di Teramo. Riuscirono tuttavia ad eludere ogni ricerca, forse anche riparando temporaneamente in località della costa dalmata, ed in seguito, approfittando dei difficili momenti attraversati dall'amministrazione napoleonica, a capo di una banda di insorgenti costituita prevalentemente da refrattari alla coscrizione, si aggiravano intorno ad Ascoli Piceno, minacciandone l'occupazione e il saccheggio.
Nei primi anni della Restaurazione i due "Sciaboloni" - il maggiore dei tre fratelli, Giacomo, era stato fucilato ad Ascoli Piceno nel 1809 - furono segnalati quali affiliati alla carboneria; ciononostante, al C., che si era ormai stabilito nel capoluogo piceno, per il passato di difensore del legittimismo, fu conferito il titolo onorifico di capitano dell'esercito borbonico e fu assegnata una pensione a vita.
Nel febbraio del 1831, allorquando Ascoli aderì al governo delle Province Unite, il C. fu uno degli elementi più in vista del comitato provinciale rivoluzionario e gli venne affidato il comando di un battaglione di volontari che, nel marzo, attraverso i Sibillini, guidò fino a Terni, per ricongiungersi al Sercognani nella marcia verso Roma. Nella città umbra firmò la protesta contro l'invito delle autorità repubblicane "a cedere con dignità" le armi al nemico; tuttavia, resasi impossibile la prosecuzione dell'impresa dopo la capitolazione di Ancona e scioltosi il corpo del Sercognani, con i suoi uomini fece ritorno alla spicciolata in patria, dove non poté più contare, ovviamente, sull'assegno vitalizio di cui godeva in precedenza.
Superata l'esperienza carbonara, aderì alla Giovine Italia. Nel settembre 1832 fu incarcerato una prima volta nella fortezza di San Leo, da cui venne tuttavia liberato poco dopo per mancanza di prove sicure a carico. L'anno successivo, Mazzini affidò a lui, conosciuto tra i cospiratori come "Sciabolone", la direzione della "guerrilla", che, dai monti dell'Ascolano, avrebbe dovuto convergere su Ancona, nel quadro di un ampio progetto insurrezionale, il quale, muovendo dagli Abruzzi, si sarebbe dovuto estendere alle regioni centrali della penisola. La trama fu però sventata in anticipo ed il C., arrestato il 28 agosto, fu nuovamente tradotto a San Leo.
Liberato dopo alcuni anni, ritornò a vivere in Ascoli Piceno. Nel 1847 fu chiamato a far parte dei capitani della guardia civica cittadina. Nel gennaio 1849 accolse Giuseppe Garibaldi in visita alla città e ricevette numerose prove d'amicizia dal generale, che poi, insieme a C. A. Vecchi, accompagnò fino a Rieti, in un viaggio di ricognizione lungo i confini napoletani. Nel corso dei mesi che videro consumarsi l'esperienza della Repubblica Romana, alla testa di una compagnia della Legione dei volontari del Tronto, combatté le bande sanfediste di nuovo organizzatesi nella fascia pedemontana. Nell'aprile, stretto d'assedio in Acquasanta, fu liberato dal Roselli; nel giugno partecipò alla difesa di Force, pressata dalla controffensiva austriaca, ed il 18 fu tra i firmatari della capitolazione della cittadella. Ebbe modo, nei giorni successivi, di raggiungere Roma, per collaborare alla sua difesa.
Venne nuovamente arrestato il 28 luglio e rinchiuso nella rocca di Ripatransone, in provincia di Ascoli Piceno, nella quale morì il 13 nov. 1849.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Ascoli Piceno, Viceprefetto del Tronto, 1812, b. 19, Brigantaggio, fasc. VI-VII-IX; Ibid., 1813, b. 20, Polizia, fasc. II-III; Ibid., Militare - 1831, fasc. 3; Monitore napol., 24 ott. 1806; Carte segrete d. polizia austriaca in Italia, a cura di D. Manin, I, Capolago 1851, p. 88; Ediz. naz. degli scritti ed. ed ined. di G. Mazzini, Epist., I, pp. 429 s., 438, 441; C.A. Vecchi, La Italia. Storia di due anni (1848-49), II, Torino 1856, p. 175; G. Rosa, Disegno della storia di Ascoli Piceno, II, Brescia 1870, pp. 377 s.; E. Luzi, Compendio di storia ascolana, Ascoli Piceno 1889, p. 181; A. Crivellucci, Una comune delle Marche nel 1798 e '99 e il brigante Sciabolone, Pisa 1893, pp. 159, 161; G. Leti, Fermo e il card. Filippo De Angelis (pagine di storia politica), Roma 1902, pp. 89, 107 s.; D. Spadoni, Garibaldi e garibaldini nelle Marche, Roma 1902, pp. 89, 107 s.; Id., Un episodio della "Giovane Italia". Le "guerrille" delle Marche nel 1833, in Il Risorg. italiano, I (1908), pp. 624 s.; Id., Settant'anni di patriottismo marchigiano, Ascoli Piceno 1910, pp. 35 s.; I. Rinieri, Le cospiraz. mazziniane nel carteggio di un transfuga, in Il Risorg. ital., n. s., XVI (1923), pp. 447 s.; D. e G. Spadoni, Uomini e fatti delle Marche nel Risorg. ital. (con saggio bio-bibliografico), Macerata 1927, pp. 48 s., 74; D. Spadoni, Fra patrioti e briganti, in Atti e mem. della R. Deputaz. di storia patria per le Marche, s. 4, IV (1927), I, pp. 39-43; L. Coppa-Zuccari, L'invas. francese negli Abruzzi (1798-1810), I, L'Aquila 1928, p. 634; III, Roma 1938, pp. 246, 310, 324, 326, 352, 368, 370, 372, 376; IV, ibid. 1939, pp. 606 s. e passim;P. Zama, La marcia su Roma del 1831. Il gen. Sercognani, Milano 1931, p. 288; E. Liburdi, I prigionieri polit. marchigiani e romagnoli rinchiusi nel forte di S. Leo, con partic. riguardo ai reclusi del 1831-'32, in XIX Congresso sociale di Modena, Rass. stor. del Risorg., XIX(1932), Append., p. 188; Id., La rivoluz. del 1831 nelle province di Fermo e di Ascoli, in Le Marche nella rivoluz. del 1831, Macerata 1935, pp. 215, 225, 228-31, 254 s., 268; D. Spadoni, Fisionomia del moto del '31 nelle Marche, ibid., p. 7; G. Fabiani, Ascoli nell'Ottocento, Ascoli Piceno 1967, pp. 49-51; B. Ficcadenti, Figure del Risorgimento. Candido e C. Augusto Vecchi, Urbino 1981, p. 129; Diz. del Risorg. naz., s. v.; Encicl. Ital., s. v.