DESIDERATO, Matteo
Scarse sono le notizie su questo pittore, nato a Sciacca (prov. Agrigento) presumibilmente intorno al 1750-52. Secondo il Gallo (sec. XIX), ben presto si trasferì a Roma, dove fu allievo del pittore Mariano Rossi, suo concittadino e già affermato nell'ambiente artistico romano.
Durante il lungo soggiorno romano sposò una "gentildonna" siciliana, dalla quale ebbe una figlia, ma sul finire degli anni Settanta, abbandonata la famiglia "non si sa per qual dio, per non rivederla mai più" (Gallo, f. 782), il D. rientrò in Sicilia, stabilendosi definitivamente a Catania dove ricevette numerosi incarichi da committenti del clero e della nobiltà, in città e in provincia, e diede vita a un'apprezzata scuola di pittura con numerosi allievi, fra i quali vanno ricordati Sebastiano Lo Monaco, Antonio Pennisi, Giuseppe Gandolfo e Giuseppe Rapisardi.
Perduta ogni traccia della produzione giovanile, allo stato attuale delle ricerche la prima notizia sicura dell'attività del D. in Sicilia risale al 1780, quando il suo nome compare in un atto relativo ai lavori di abbellimento della chiesa di S. Benedetto di Catania (Dillon, 1950), dove eseguì anche una grande tela con Tobiolo e l'angelo, databile in quegli stessi anni, di cui si conserva in sagrestia il delicato bozzetto preparatorio. Allo stesso periodo, intorno al 1780-82, si possono riferire gli affreschi, contornati da stucchi, del grande salone di palazzo Biscari a Catania (il Convito degli dei, la Gloria della famiglia Biscari, e negli scomparti minori varie figure femminili allegoriche), eseguiti in collaborazione con Sebastiano Lo Monaco, di grande effetto decorativo, nei quali gli elementi tardobarocchi di ascendenza romana e napoletana sono sapientemente fusi alle levigate eleganze già di gusto neoclassico. Firmata e datata 1790 è la Sacra Famiglia della collegiata di Catania.
Si collocano in questo periodo, in una data che non dovrebbe superare il 1794, in coincidenza con l'ultima fase di restauro dell'edificio, le raffinate tele eseguite per la chiesa dell'Arcangelo Raffaele di Acireale, che sono indubbiamente il ciclo decorativo più rappresentativo del suo stile.
Oltre alla grande pala dell'altare maggiore, raffigurante la Madonnadel Rosario e santi domenicani, si devono al D. i dipinti collocati sugli altari laterali (Il sacrificio di Melchisedec, Elia el'arcangelo, Tóbiolo e l'arcangelo Raffaele, l'ArcangeloMichele che scaccia il diavolo, la Guarigione di Tobia, la Partenza di Tobiolo, l'ArcangeloRaffaele) enella sagrestia (Sposalizio misticodi s. Caterina da Siena, S. Teresa e s. Ignazio, S. Domenico), caratterizzati da precisi richiami al disegno nitido e alle smaltate cromie di Pompeo Batoni.
Negli anni tra il 1797 e il 1798 il D. partecipò ai lavori di adattamento della chiesa di S. Benedetto di Catania, coordinati dall'architetto Matteo Battaglia: nei documenti pubblicati dal Dillon (1950), egli viene citato in diversi atti per gli interventi sugli affreschi di Giovanni Tuccari (cancellati nel restauro del 1950) e per i pagamenti relativi a un S. Benedetto già nella sagrestia della chiesa e oggi perduto.
La tela, firmata, con S. Leone vescovo di Catania e il mago Eliodoro, nella chiesa madre di Santa Maria di Licodia (Catania), e quella raffigurante Gesù, la Vergine e s. Chiara, nella chiesa di S. Francesco di Catania, entrambe di difficile collocazione cronologica, possono essere tuttavia datate per ragioni stilistiche tra la fine del Settecento e l'inizio del nuovo secolo. Di incerta attribuzione sono invece il S. Mauro abate, e l'Immacolata Concezione nel duomo di Viagrande (Catania).
Le fonti, in particolare il Gallo, citano poi numerose altre opere del D., a Catania (Sacra Famiglia, Fede, Speranza, Carità nella chiesa del Signore Ritrovato; Ss. Filippo e Giacomo, Sacra Famiglia nella chiesa di S. Filippo; S. Isidoro agricola nella chiesa di S. Maria della Palma; affreschi con l'Olimpo e vari episodi dell'Eneide per un soffitto di casa Scuderi; affreschi nella chiesa delle Verginelle; altri dipinti di soggetto profano in case private) e nel territorio catanese (la Fuga in Egitto nella chiesa madre di Tremestieri), in gran parte distrutte o attualmente irreperibili.
Sono documento della fase matura della sua attività la pala d'altare raffigurante La presentazione di s. Filippo diacono (firmata e datata 1806), nella chiesa di S. Maria Latina di Agira (Enna) e, ultima delle sue opere note, la Madonna del Rosario con s. Domenico e s. Caterina (firmata e datata 1824) nella chiesa madre di Riposto (Catania), ancora esemplata sul celebre prototipo di S. Conca. Dei diversi ritratti di personaggi locali menzionati dai biografi, si è conservato solamente il severo ritratto di Donato del Piano, costruttore del monumentale organo della chiesa di S. Nicola all'Arena di Catania, ora ubicato nella sagrestia di questa chiesa.
Negli ultimi anni di vita, colpito da paralisi, il D. beneficiò di un sussidio del Comune come ricompensa per aver avviato una buona scuola di pittura a Catania.
Morì a Catania nel 1827.
Assimilata la lezione di Mariano Rossi, senza però eguagliarne le filanti materie cromatiche, il linguaggio stilistico del D. sembra maggiormente orientato verso il classicismo lucido e misurato di Pompeo Batoni, attraverso il recupero dei toni e valori formali neoseicenteschi e l'attenzione per il disegno nitido ed elegante. Pur mostrando un progressivo irrigidimento di tali elementi in formule spesso convenzionali e di timbro provinciale, la personalità artistica del D. segue il passaggio dal gusto tardobarocco a quello più spiccatamente neoclassico, configurandosi quindi come una delle poche presenze non prive di originalità nel panorama pittorico siciliano dei decenni tra Sette e Ottocento.
Fonti e Bibl.: Palermo, Biblioteca centrale della Regione siciliana, ms. 15-H-18: A. Gallo, Notizie di pittorie mosaicisti sicil. ed esteri che operarono in Sicilia (sec. XIX), ff. 782-789; V. Cordaro Clarenza, Osservazioni sopra la storia di Catania, IV, Catania 1834, p. 178; S. Portal, Intorno ad alcuni artisti di Catania ed altri siciliani ed esteri, di cui avvi opere in quella città e sua provincia, in Giorn. di scienze lettere e arti per la Sicilia, LXV (1839), gennaio-marzo, p. 122; G. Rasà Napoli, Guida e breve illustr. delle chiese di Catania, Catania 1900, p. 222; F. De Roberto, Catania, Bergamo 1907, p. 108; V. Raciti Romeo, Guida di Acireale, Acireale 1927, p. 170; G. Libertini, Il Museo Biscari, Milano-Roma 1930, p. XIII; A. Dillon, La chiesa di S. Benedetto in Catania e gli affreschi di Giovanni Tuccari, Catania 1950, pp. 38 ss.; G. Policastro, Catania nel Settecento, Catania 1950, pp. 322 s.; G. Bellafiore, La civiltà artistica della Sicilia, Firenze 1963, pp. 163, 179; S. Gioco, Nicosia diocesi, Catania 1972, p. 435; C. Siracusano, Sualcuni bozzetti catanesi inediti del Settecento, in Quaderni dell'Ist. di storia dell'arte mediev. e modernad. Facoltà di lettere e filosofia d. Università di Messina, 1983-84, nn. 7-8, pp. 52 s.; Id., La pittura del Settecento in Sicilia, Roma 1986, pp. 139, 193, 245, 318, 374 ss.