MATTEO di ser Cambio
MATTEO di ser Cambio. – Nacque a Perugia, figlio di Cambio di Bettolo. Il luogo di origine è dichiarato nella firma apposta da M. su una croce dorata eseguita nel 1420 per la chiesa di S. Francesco a Prato. Non si conosce, invece, la sua data di nascita, da collocarsi verosimilmente attorno alla metà del XIV secolo.
All’inizio dell’ottavo decennio infatti M. si firma in un foglio miniato, conservato presso i Musei civici di Pesaro, come «Matteolus», frequentemente utilizzato in ambito umbro, che alluderebbe alla sua giovane età. Con il medesimo diminutivo, abbandonato almeno a partire dal 1377, lo si trova ancora registrato nella matricola dell’arte degli orafi, elenco di Porta Sole, la quale reca però la data del 1351. Plausibilmente l’iscrizione riguardante M. è da posticipare alla fine degli anni Sessanta, in quanto tali registri venivano spesso reintegrati da nuovi fogli, quando si rinnovava lo statuto o l’elenco degli iscritti (De Benedictis, p. 274; Subbioni, p. 291). A meno di un caso di omonimia o di particolare longevità dell’artista, un’ulteriore conferma per tale cronologia è fornita dalla data della sua morte che risale all’inizio del terzo decennio del Quattrocento.
Attorno al 1370, quindi, M. dovette avviare la sua attività di orafo, purtroppo completamente perduta, unitamente a quella di miniatore. L’esercizio di queste diverse arti era spesso associato anche perché la decorazione di manoscritti richiedeva una particolare perizia nell’applicazione di sottilissime foglie di metalli preziosi, fibule o pietre incastonate in minuscoli capilettera.
Nonostante la mancanza di qualsiasi testimonianza documentaria, è stata avanzata l’ipotesi che M. si possa essere cimentato anche come pittore. La storiografia ha infatti recentemente ricondotto alla sua mano, sulla base di confronti con le opere certamente ascrivibili al suo catalogo, un vetro graffito con le Stimmate di s. Francesco del reliquiario di s. Orsola e due tavolette raffiguranti S. Antonio Abate e S. Francesco databili al 1368-69 (Assisi, Museo del Tesoro della basilica di S. Francesco), forse parte della pala d’altare a più scomparti eseguita da Pace di Bartolo per la cappella di S. Antonio Abate nella chiesa inferiore di S. Francesco (Subbioni, p. 221).
Il già citato foglio dei Musei civici di Pesaro, che decorava in origine la Matricola dei sartori di Perugia, con una Maestà inquadrata da una porta di città merlata, secondo un modello iconografico ampiamente riscontrabile in tale genere di codici, costituisce la prima prova riferibile con certezza a M. (Nardelli). Sul bordo inferiore del minio è iscritta la data, abrasa nella parte finale, comunque restringibile agli anni 1370-72 (Lollini, 1993).
In questa prova giovanile M. appare fortemente debitore della tradizione figurativa propria della sua città d’origine, dove evidentemente si formò, e in particolare del repertorio ornamentale elaborato dal cosiddetto «Primo Miniatore Perugino». In sintonia con la generazione di pittori che si affermò a partire dagli anni Sessanta, come il Maestro di S. Giuliana e Pellino di Vannuccio, tale linguaggio si arricchì stilisticamente di alcuni motivi desunti dall’arte emiliana, lombarda e transalpina, soprattutto nel tratteggiare la fisionomia dei personaggi (Subbioni, pp. 296 s.).
Una ulteriore redazione della Matricola è conservata alla British Library di Londra (Add., Mss., 21965), generalmente datata al 1368 (ibid.), ma da considerare piuttosto di poco successiva a quella di cui faceva parte il frammento pesarese (Nardelli, p. 256).
Sempre riferibile a M. è il codice miscellaneo conservato in collezione privata contenente i Soliloquia di s. Agostino, il Tractatus de interiori domo dello Pseudo Bernardo e le Orationes di Anselmo di Canterbury, recante la data del 1375 ed eseguito con ogni probabilità per un raffinato committente privato (De Polo). L’organica integrazione calligrafica, testuale e decorativa ha indotto a supporre che M. sia stato l’esecutore di ciascuna parte del manoscritto.
Medesima grafia è infatti rilevabile non solamente nella Matricola della mercanzia (Perugia, Collegio della mercanzia, II) del 1377, considerata ormai opera indiscussa del corpus di M. (De Benedictis, p. 282; Santanicchia, 2008, pp. 402 s.), ma soprattutto nel ms. I del Collegio del cambio di Perugia contenente gli statuti dell’associazione, datato allo stesso anno e accompagnato dall’autoritratto di M., che orgogliosamente si firma con la terzina «Io Mateo di Ser Cambio orfo / che qui col sesto in mano me fegurai / quisto libro scrissi dipensi e miniai», dalla quale si deduce che fu responsabile dell’intera fattura del codice (De Benedictis, pp. 282 s.; Santanicchia, 2001, pp. 85 s.).
Le modalità di tale autocelebrazione riflettono la consapevolezza da parte di M. del definitivo riconoscimento pubblico ottenuto nel contesto perugino come illustratore di testi profani. In questo nucleo di opere, infatti, egli s’impone come uno dei protagonisti dell’arte umbra dello scorcio del secolo, innanzitutto nell’aggiornamento del linguaggio figurativo locale, mediante la ripresa di motivi derivanti dalla miniatura senese di metà secolo, in particolare da Niccolò di ser Sozzo e da Lippo Vanni, per giungere a esiti affini a quelli di Paolo di Giovanni Fei (De Benedictis, pp. 274 s.). Da questi modelli M. non deriva semplicemente le preziose cifre lineari e cromatiche, ma soprattutto nelle due matricole ne riprende il rapporto tra i vari elementi che caratterizzano l’apparato decorativo del manoscritto. Il fregio infatti viene relegato al ruolo di elegante cornice per il testo e l’iniziale, ma allo stesso tempo è rielaborato in senso fortemente plastico mediante motivi prospetticamente aggettanti, per sottolinearne comunque la funzione di griglia spaziale.
I tradizionali topoi iconografici caratterizzanti la decorazione delle matricole perugine, come la raffigurazione delle diverse porte cittadine indicanti i diversi rioni, riformulati in senso narrativo e naturalistico, hanno suggerito relazioni con le opere dei pittori padovani della seconda metà del Trecento come Giusto Menabuoi e Altichiero (ibid., pp. 275 s.). Tali esiti vanno piuttosto ricondotti a una profonda meditazione della tradizione romana e giottesca nel cantiere assisiate, nonché delle correnti pittoriche più avanzate che si stavano allora manifestando in contesto umbro, nella tribuna del duomo di Orvieto, anticipando così la maniera tarda di Cola Petruccioli negli affreschi della chiesa perugina di S. Domenico (Lollini, 1993).
Il ruolo di prestigio acquisito da M. con l’esecuzione delle matricole appartenenti alle due maggiori corporazioni cittadine, spinse evidentemente anche quelle minori a commissionargli i codici contenenti i loro statuti.
Al 1379 risale la miniatura raffigurante porta S. Angelo a Perugia (Filadelfia, Free Library, Inc., 29.11a), unico frammento conservato dell’ornamentazione della Matricola dei tavernieri (Perugia, Biblioteca Augusta, Mss., 3172: Nardelli, p. 261).
Nel 1385 M. decorò la Matricola dei legnaiuoli e lapicidi (Ibid., Mss., 977: De Benedictis, pp. 284-286), alla quale è stata stilisticamente accostata anche la Matricola dei notai (Milano, Biblioteca naz. Braidense, Mss., AC.XIV.42), probabilmente di poco posteriore (Neri Lusanna, p. 64; Avezza). In entrambi i casi è stata rilevata un’esecuzione meno accurata delle miniature, spiegabile forse con il maggiore coinvolgimento della bottega per le impellenti richieste a cui M. doveva far fronte.
Le importanti cariche pubbliche, attestate dai documenti, che gli vennero progressivamente conferite, testimoniano l’alto rango sociale raggiunto da M. a Perugia. Il 24 febbr. 1388, infatti, egli venne nominato castellano di Rocca Contrada (Gnoli). Nello stesso anno inoltre fu prescelto tra i periti per stimare una campana.
Nel 1394 viene ricordato a Perugia come fideiussore; mentre nel 1397 effettuò una rifidanza all’ospedale della Misericordia.
Agli anni Novanta va riferita l’esecuzione di una miniatura raffigurante una Madonna con Bambino, santi e devoti inginocchiati (Perugia, Biblioteca Augusta, n. 11), che doveva verosimilmente appartenere all’arte che commissionò la matricola di cui il foglio faceva parte (Alidori, p. 106).
Nel 1400 ricevette la commissione dagli offiziali del Comune di Perugia di eseguire alcune argenterie (Gnoli), andate perdute.
L’anno successivo fu eletto camerlengo dell’arte degli orafi; la carica gli fu rinnovata nel 1412. Ricevette la nomina a priore della medesima corporazione nel 1403, nel 1410 e ancora nel 1414.
Fino al 1408 inoltre risulta registrato nella parrocchia di S. Fortunato, dalla quale si spostò per andare a risiedere in quella di S. Maria Nuova presso porta S. Angelo. A partire dal 1413 invece è documentato nel Catasto della parrocchia di S. Severo.
Altre due Maestà sempre su fogli staccati (già nell’Arch. di Stato di Siena, quindi a New York, The Pierpont Morgan Library, Mss., M.964) sono da datarsi all’inizio del Quattrocento e illustrano un nuovo svolgimento stilistico da parte di M. (De Benedictis, pp. 280 s.).
In queste miniature M. si distingue infatti per un disegno sempre più fluido nella definizione delle figure e dello spazio, non più caratterizzato dalle consuete robuste strutture architettoniche, bensì da forme eleganti ormai tipiche del gotico cortese.
Formalmente affine è la decorazione della Mishnēh Tōrāh accompagnata dal commento del celebre talmudista spagnolo Maimonide (Gerusalemme, Jewish national and University Library, Mss., IV.1193) eseguita attorno al 1410 (Toaff, pp. 88 s.; De Benedictis, pp. 277-279; Lollini, 2004) e da porre in relazione agli stretti legami che M. istituì con la comunità ebraica perugina, della quale venne nominato procuratore legale il 25 nov. 1414 (Gnoli; Toaff). Nel 1419 risiedeva presso porta Eburnea nella parrocchia di S. Angelo, dove acquistò alcuni terreni. L’anno seguente realizzò la citata croce firmata per S. Francesco a Prato.
Nel 1424 risulta essere ormai defunto, come ricorda la figlia ed erede Andrea (Gnoli).
Fonti e Bibl.: U. Gnoli, Pittori e miniatori in Umbria, Spoleto 1923, p. 196; M. Rotili, La miniatura gotica in Italia, II, Napoli 1969, pp. 40 s.; A. Toaff, Gli ebrei a Perugia, Perugia 1975, pp. 88 s., 119 s., 275; C. De Polo, Un codice umbro della seconda metà del Trecento, in La miniatura in età romanica e gotica. Atti del Congresso di storia della miniatura italiana, Cortona… 1978, a cura di G. Vailati, Firenze 1979, pp. 543-551; C. De Benedictis, M. di C., in Francesco d’Assisi. Documenti e archivi. Codici e biblioteche. Miniature (catal., Perugia), Milano 1982, pp. 274-291; F. Lollini, in Dipinti e disegni della Pinacoteca civica di Pesaro, Modena 1993, pp. 279 s.; L. Avezza, in Miniature a Brera 1100-1422. Manoscritti della Biblioteca nazionale Braidense e da collezioni private (catal.), Milano 1997, pp. 186-189; L. Alidori, in Fioritura tardogotica nelle Marche (catal., Urbino), Milano 1998, pp. 104-106; Statuti e matricole del Collegio della mercanzia di Perugia, a cura di C. Cardinali - A. Maiarelli - S. Merli, Perugia 2000, pp. 131, 135; M. Santanicchia, in «Per buono stato de la citade»: le matricole delle arti di Perugia (catal.), Perugia 2001, pp. 72 s., 85 s.; M. Subbioni, La miniatura perugina del Trecento. Contributo alla storia della pittura in Umbria nel quattordicesimo secolo, I-II, Perugia 2003, ad ind.; G.M. Nardelli, Ricondotte all’arte di pertinenza… di M. di ser C., in Boll. della Deputazione di storia patria per l’Umbria, C (2003), 1, pp. 241-264; F. Lollini, in Diz. biografico dei miniatori italiani. Secoli IX-XVI, a cura di M. Bollati, Milano 2004, pp. 752 s.; M. Santanicchia, in Pintoricchio (catal., Perugia-Spello 2008), Cinisello Balsamo 2008, pp. 402 s.