DONIA, Matteo
Nacque attorno alla metà del sec. XVI a Palermo. Nulla si sa della sua famiglia, ma si può supporre che appartenesse alla migliore società palermitana, come si desume da una sua opera dove egli narra un incidente occorso nel 1590, in cui fu coinvolto insieme ai membri delle più nobili famiglie cittadine. Analogamente avvolta nell'oscurità è la sua prima formazione culturale, anche se, dalle opere che scrisse, facilmente si arguisce che fosse di tipo umanistico ed atta ad avviarlo degnamente agli studi universitari. Da uno studio del Lombardo Radice risulta che il D., forse dopo avere studiato filosofia a Napoli, si recò nello Studio pisano e qui si addottorò in medicina il 2 nov. 1586.
Conseguita la laurea fece probabilmente ritorno a Palermo, dove seguì, sembra, l'insegnamento del medico Benedetto Vitale, celebrato come maestro in due epigrammi scritti dal D. in sua lode. A Palermo lo troviamo nel 1590, secondo quanto egli stesso afferma nel Panormi questus..., narrando l'evento che si è detto, e di cui apparentemente fu l'unico cronista. Il D. poté salvarsi guadagnando a nuoto la riva. A Palermo probabilmente si sposò ed ebbe almeno due figli, Giovanni e Giovan Battista, il primo dei quali gli premorì, come risulta da un suo epigramma. Anche a Palermo cominciò ad esercitare la professione di medico acquisendo, a detta deglì storici, una certa fama; ma più ancora, forse, ebbe modo di affermarsi nei circoli letterari della sua città. Il D. viene infatti ricordato come membro ora dell'Accademia degli Spregiati, oscura associazione di letterati di cui, oltre al nome, nulla si conosce; ora come affiliato all'Accademia degli Accesi; ma in realtà nulla di sicuro risulta a questo proposito dai documenti.
Il D. scrisse anche di medicina, ma le opere a lui attribuite sono rimaste manoscritte e, oltre ai titoli, tramandati da più storici, non sembra esserne rimasta traccia. Il Di Giovanni testimoniava che ancora esistevano: De umoribus [sic!] opus medicum, Oratio publice habita de artis medicinae praestantia, De nivis usu contra Nicolaum Manardes, Centiloquium medicinale, Tabula partitae philosophiae, Medica miscellanea, che il D. non riuscì a pubblicare, sembra, per mancanza di mezzi e soprattutto di un generoso mecenate. Miglior destino spettò invece ai suoi lavori poetici, alcuni in latino, altri in volgare, forse proprio perché conformi ai gusti e agli interessi della raffinata compagnia di umanisti che popolavano le numerose accademie cittadine. Fra i primi si ricorda il Formica dialogus, pubblicato a Palermo nel 1595, che è forse il primo lavoro del D., come si rileva dalla dedica a F. Bisso, archiatra di Sicilia, ove dice: "munusculum igitur hoc primum vigiliarum mearum fiorem, ne dicam fructum. ne respuas". Significativo, perché dimostra l'affetto che legava il D. a Pisa, sede dei suoi studi universitari, e alla Toscana, oltre che ai suoi compagni di gioventù, èl'Ad Bargaeum epistola, anch'essa pubblicata a Palermo nel 1595, in cui lo scrittore rivolgendosi a Pietro Angelio detto Bargeo, offre una descrizione del litorale tirreno da Palermo a Pisa, cogliendo l'occasione per celebrare gli uomini illustri di ogni città litoranea.
Al compianto della morte del celebre poeta contemporaneo Antonio Veneziano èdedicato il poemetto Melicus, edito a Palermo nel 1595. Il D. amava altresì cimentarsi in brevi componimenti che raccolse in un volumetto dal titolo Polysticon (ibid. 1595): notevole è l'epigramma in cui. con toccanti accenti egli piange la morte del primogenito Giovanni. Un certo interesse, anche dal punto di vista biografico, riveste la Ad posteros Gephyropteyca descriptio, uscita a Palermo nel 1595, che èla narrazione, parte in prosa latina, parte in poesia, dello sfortunato caso del 15 dic. 1590 in cui, come si èaccennato, per la caduta di un ponte sul mare, annegò il fior fiore della nobiltà cittadina e in cui anche il poeta fu coinvolto. La parte in versi reca il titolo Panormi questus et Charontis cum Panormitano genio colloquium de casu lignei pontis in proregis reditum fabricati.
Tra le composizioni poetiche in volgare èda ricordare un poema sacro dal titolo IlGeorgio. Poema sacro et heroico, stampato da G. B. Maringo a Palermo nel 1600, che egli "donava", anche perché deluso dal comportamento di illustri dedicatari di altre sue opere, al figlio Giovan Battista. Importante è lo scritto che segue il poema, nel quale il D. dichiara che l'opera fu iniziata nel periodo dei suoi studi pisani, in gioventù dunque, e si lamenta dell'invidia di cui era oggetto e come medico e come poeta. Non gli mancarono comunque riconoscimenti letterari, come è dimostrato dai numerosi epigrammi in sua lode che si incontrano nelle opere di poeti contemporanei come il Caramella, il Brandi, il Rolandini (cfr. V. Auria, Notizie d'illustri letterati di Palermo. Teatro degli uomini letterati di Palermo, in Nuove Effemeridi siciliane, s. 3, III [1876], pp. 183.186). Manoscritte, oltre a quelle mediche citate, sono rimaste le opere: Sinonyma dictionum, De raptu Helenae metrica oratio, Epilarion carmina, Lira toscana e Poesie latine, conservate queste ultime in un manoscritto del sec. XVII della Biblioteca comunale di Palermo (Ms. Qq. C 24, ff. 129-139).
Non conosciamo né la data né il luogo della morte, che avvenne forse a Palermo, dove era per lo più vissuto.
Fonti e Bibl.: D. F. Baronii ac Manfredis De maiestate Panormitana, Panormi 1630, l. III, c. 3, p. 115; H. D. Caramella, Panormitani museum illustriorum poetarum cum notis Michaelis Foscareni nobilis veneti, Venetiis 1651, p. 215; A. Mongitore, Bibliotheca Sicula, II, Panormi 1714, pp. 56 s.; G. Di Marzo, Biblioteca stor. e letter. di Sicilia. Diari della città di Palermo dal sec. XVI al XIX, Palermo 1869, I, p. 125; V. Di Giovanni, Del Palermo Restaurato, in Opere stor. inedite sulla città di Palermo ed altre città sicil., a cura di G. Di Marzo, Palermo 1872, I, l. II, pp. 402 s.; G. M. Mira, Bibliografia sicil., Palermo 1875, I, p. 313; V. Di Giovanni, Della poesia epica in Sicilia nei sec. XVI e XVII, in Nuove Effemeridi sicil., s. 3, III (1876), pp. 251-252; V. A. Amico, M. D. e Leonardo Orlandini umanisti sicil. del sec. XVI, Palermo 1880, pp. 7-23; L. Boglino, I manoscritti della Biblioteca comunale di Palermo, Palermo 1892, III, p. 369; G. Lombardo Radice, I siciliani nello Studio di Pisa sino al 1600. Note d'arch., in Annali delle Università toscane, XXIV, Pisa 1904, p. 65 (cfr. recens. di G. Oliva, in Arch. stor. messinese, V [1904], pp. 182 s.); Diz. dei Siciliani illustri, Palermo 1939, p. 136; G. Pitrè, Medici, chirurgi, barbieri e speziali antichi in Sicilia. Secoli XIII-XVIII, Roma 1942, pp. 11, 61, 109 ss.; A. Belloni, Il Seicento, Milano s.d., p. 151.