FIESCHI, Matteo
Nato nella prima metà del secolo XV, era figlio di Ettore e di Bartolomea Fieschi di Canneto; suoi fratelli furono Giorgio, Giacomo, Paride e Niccolò.
Il F. appartenne al ramo di Savignone che, nel corso del secolo precedente, si era inserito a fondo nella vita economica e finanziaria genovese; per tale motivo, esso restò sostanzialmente estraneo alle lotte che videro protagonista il ramo di Torriglia. La biografia del F. si intreccia con quella di un omonimo, figlio di Daniele, appartenente allo stesso ramo fliscano, per cui non è sempre possibile distinguere tra i due.
Il F., insieme col fratello Giacomo, fu attivo e ricco mercante, esponente autorevole del Banco di S. Giorgio, dal quale venne chiamato a ricoprire numerose cariche, che si aggiunsero a quelle che gli vennero affidate dalla Repubblica di Genova: membro del Consiglio nel 1438, ufficiale di "Romania" nel 1439 ed anziano nel 1440, 1445 e 1449. Il Federici (Alberi genealogici) ricorda che nel 1449 fu condannato per essersi appellato molti anni prima all'arcivescovo Giorgio Fieschi suo fratello onde vedere riconosciute le franchige che la famiglia rivendicava (1449); sempre nel 1449 fu consigliere e nel 1454 ufficiale di Sanità e di Misericordia; nello stesso anno, partecipò alla elezione dei protettori del Banco di S. Giorgio.
Si trasferì, poi, a Roma, dove risiedeva suo fratello, il cardinale Giorgio (già arcivescovo di Genova, 1436-39). Il F., ritornato a Genova, ebbe insieme con altri l'incarico di raccogliere le indulgenze che erano state istituite per il soccorso della colonia genovese di Caffa, sul Mar Nero; la nomina fu fatta di comune accordo tra il Banco e la Curia romana rappresentata dal cardinale Giorgio Fieschi (9 sett. 1457).
L'anno dopo il F. divenne ufficiale di Balia e, nel 1459, anziano della Repubblica; sempre in quest'anno, insieme con altri delegati pontifici sopra le indulgenze per Caffa (che erano state prorogate da Pio II), accettò la richiesta avanzata dal Banco, a nome del luogotenente regio (Genova era, infatti, sotto il controllo francese) di armare con tale somma una galera, onde prevenire attacchi catalani (13 agosto). Nell'incarico di delegato pontificio venne poi sostituito da Daniele Fieschi. Nel 1460 partecipò al Gran Consiglio del Banco e approvò la decisione di ritornare ad eleggere solo otto protettori, invece di dodici. Fu poi chiamato nella commissione ristretta, incaricata di procedere alla loro nomina. Morto nel 1461 suo fratello, il cardinale Giorgio, egli si occupò nel 1464 della costruzione della cappella, nella cattedrale di S. Lorenzo, destinata ad accoglierne il corpo. Nel 1465 divenne protettore, rivestendo la carica di priore di tale magistratura, cui spettava il governo del Banco. In questa veste sottoscrisse alcune importanti riforme, che vennero introdotte circa la elezione e la surroga dei consoli di Caffa.
L'anno dopo fu estratto a sorte nella commissione incaricata di scegliere i magistrati e gli ufficiali delle colonie genovesi sul Mar Nero. Continuò nello stesso tempo a rivestire anche incarichi nelle strutture della Repubblica: fu più volte anziano (1462, 1464, 1468), ufficiale delle Usure (1467), ufficiale delle Monache (1467). Nel 1472 divenne protettore delle Compere di Spagna; fu ufficiale di S. Giorgio nel 1473 ed ancora anziano della Repubblica nel 1475 (Alberi geneologici).
Elettore nel 1479, nel 1483 il F. contribuì con un lascito generoso all'istituzione del Monte di pietà. Non conosciamo la data della sua morte; sua prima moglie fu Tobietta, figlia di Paolo Giustiniani Forneto; sposò poi Teodorina di Brizio Adorno.
Nel 1477, con una scelta inusuale rispetto alla politica del suo ramo familiare, un omonimo del F., Matteo di Daniele, collaborò col colpo di mano promosso da Giovanni Giorgio Fieschi (d'accordo con gli esponenti della famiglia in esilio) per occupare la città, partendo dal castello di Torriglia. Il 15 marzo poté entrare in Genova con un piccolo contingente di uomini, nella speranza che il malcontento popolare contro il governatore milanese incoraggiasse il suo tentativo. Benché la resistenza incontrata fosse assai debole, egli perse tempo, vide i suoi uomini sbandarsi, forse per darsi al saccheggio, ma venne fortunatamente aiutato da Pietro Doria, benché la famiglia di quest'ultimo appoggiasse il dominio visconteo. L'attacco al palazzo ducale ebbe successo, cosicché il governatore fu costretto a rifugiarsi nella fortezza di Castelletto. Matteo di Daniele fu poi affiancato da un altro membro della famiglia, Carlo, in una Assemblea che vide la creazione di una magistratura provvisoria, i capitani di Libertà. Ai due Fieschi, entrambi assai giovani, venne affidato il compito di dirigere le operazioni militari. Tuttavia la loro inesperienza e la preoccupazione che della situazione potesse approfittare il popolo minuto per darsi al saccheggio indussero i ribelli a sollecitare l'arrivo in città di Ibleto Fieschi, capo riconosciuto della famiglia.
La rivolta antimilanese durò poco, perché nell'aprile le truppe sforzesche, guidate da Prospero Adorno, ripresero il controllo di Genova. L'8 maggio il duca Gian Galeazzo concesse pieno indulto ai sudditi che avevano partecipato ai moti di marzo, ma escluse Matteo di Daniele; l'anno dopo, egli rientrò in città per collaborare con l'Adorno, che si era ribellato al duca di Milano.
Altri episodi devono essere probabilmente ascritti a Matteo di Daniele. Nel 1483, per ordine del Banco di S. Giorgio, fu inviato in Corsica a capo di un contingente di 700 soldati, quando Gherardo Appiani, fratello di Jacopo, signore di Piombino, tentò di impadronirsi dell'isola; respinto dall'intervento di Giovanni Paolo da Leca, l'Appiani desistette prima ancora dell'arrivo di Matteo di Daniele. Questi divenne poi commissario nella guerra di Sarzana e vicario di Pietrasanta (1484); caduta la rocca nelle mani dei Fiorentini (inizi di novembre del 1484), fu inviato, nel giugno dell'anno successivo, insieme con due commissari ad organizzare la difesa di Sarzana. Legatosi al cardinale Paolo Fregoso, nel 1488 tentò di difendere il suo traballante controllo su Genova, ma non poté impedire che Ibleto Fieschi e gli altri ribelli occupassero la città; quando il Fregoso si arrese, Matteo di Daniele, rifugiatosi nel Castelletto, ottenne di potere conservare i propri beni mobili ed immobili. Non abbiamo altre sue notizie; sposò Bigotta, figlia di Filippo Cicala, che risulta vedova nel 1499.
Fonti e Bibl.: Genova, Bibl. civica Berio, M. A. Ceccaldi, Historia di Corsica, (ms. sec. XVII), c. 178v; Ibid., Bibl. Franzoniana, F. Federici, Alberi genealogici delle famiglie di Genova, (ms. sec. XVIII), II, sub voce; A. Gallo, Commentarii, a cura di E. Pandiani, in Rerum Italic. Script., 2 ed., XXIII, 1, ad Indicem; B. Senarega, De rebus Genuensibus commentaria, a cura di E. Pandiani, ibid., XXIV, 8, ad Indicem; Acta in Consilio secreto Mediolani, a cura di A. R. Natale, in Acta Italica, I-III, Milano 1963-69, ad Indices; A. Giustiniani, Annali della Repubblica di Genova, Genova 1537, cc. CCXXXIr, CCXXXIv, CCXXXVIIIr, CCXLIIr, CCXLIVv; Codice diplom. delle colonie tauro-liguri durante la signoria dell'Ufficio di S. Giorgio, a cura di A. Vigna, in Atti della Soc. ligure di storia patria, VI (1868), pp. 99, 5 17, 580-83, 607, 751, 944, 955; VII (1871), pp. 89, 91, 305, 308, 333, 364, 396, 448, 813; F. Federici, Trattato della famiglia Fiesca, Genova [1646], p. 84; N. Battilana, Genealogie delle famiglie nobili di Genova, III,Genova 1833, pp. 10, 16; F. Gabotto, La storia genovese nelle poesie del Pistoia, in Giornale ligustico, XV (1888), p. 101; C. Bornate, La guerra di Pietrasanta (1484-85) secondo i documenti dell'Archivio genovese, in Miscell. di storia ital., XIX (1922), p. 186; J. Heers, Gênes au XVe siècle, Paris 1961, ad Indicem; F. M. Boero, Fieschi e Doria: due famiglie per una città, Genova 1986, ad Indicem.