LIBRI, Matteo
Nacque a Bologna nel 1214 da Alberto da Segalara, che dalla professione di libraio aveva tratto il cognome Libri. Non si hanno dati sicuri circa il nome della madre né notizie di suoi fratelli.
Nel 1232, notaio di nomina imperiale per privilegio di Federico II di Svevia, superò l'esame per esercitare il notariato a Bologna; con tutta probabilità il L. doveva aver seguito i corsi del più autorevole maestro di ars notarie allora attivo, Ranieri da Perugia. Seguì anche, ma non è noto in quale periodo né per quanto tempo, corsi di ars dictandi. La preparazione e i titoli acquisiti nell'una e nell'altra ars fornirono al L. indirizzo e strumenti per la sua attività professionale.
Le prime notizie del suo impegno come notaio risalgono al 1232; nel 1251 redigeva gli atti della commissione d'esame di notariato e atti per privati nel 1256 e 1257. Solo con la registrazione dei più importanti atti notarili all'Ufficio dei memoriali, istituito nel 1265, si intensificano le testimonianze della sua attività. Nonostante le scarse attestazioni precedenti il 1265, si ha motivo di credere che il L. abbia svolto la sua professione con continuità.
Della sua produzione notarile resta un solo documento originale (Archivio di Stato di Bologna, Sant'Agnese, b. 1/5591) che, nella collocazione del signum tabellionis e dell'elenco dei testimoni nel protocollo e nella sua struttura, rivela una esplicita derivazione dal modello di Ranieri da Perugia.
Sembra invece da escludere che il L. abbia proseguito l'attività di libraio svolta dal padre, che, morendo nel 1234, lo aveva lasciato erede universale; tutti i beni ereditati, tra cui una casa nella curia di S. Ambrogio, dove Iacopo Baldovini aveva la sua scuola, altre case e un orto in città e una vigna a Ronzano, furono assegnati, per sentenza del 29 ott. 1235 del giudice Guinizello, alla matrigna del L., Diambra di Deotedia, in restituzione della dote, e a un gruppo di creditori del padre Alberto.
La sentenza che, sulla base dell'inventario redatto dal curatore del L., elenca beni mobili, oggetti di corredo e strumenti di lavoro della vigna, non fa cenno né di libri né di "pecie", sintomo che l'attività di libraio di Alberto doveva essersi chiusa prima della sua morte. Dal testo della sentenza appare inoltre che solo l'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario aveva evitato al L. un oneroso carico di debiti.
Nonostante la continuità dell'esercizio della professione notarile, l'interesse del L. si rivolgeva piuttosto all'attività didattica. Tenne corsi di ars notarie e fu uno dei pochi ad avere, accanto alle scuole di Rolandino e Salatiele, una propria scuola di notariato, attiva nel 1261. Di suoi corsi di ars dictandi non vi sono testimonianze dirette, ma nei proemi delle sue opere, tutte afferenti a questa ars, il L. ricorda le sollecitazioni degli allievi (socii) che lo avevano indotto a comporle.
Poche notizie restano della sua vita privata e tra queste il nome della moglie, Mambilia di Giovanni da Brescia. Tale provenienza e il fatto che nel maggio 1266 il L., come procuratore del vescovo di Brescia, Martino, si accordava con lo spagnolo Egidio, maestro d'arti, perché questi assumesse per un anno l'ufficio di vicario del presule, hanno fatto ipotizzare un precedente soggiorno del L. a Brescia. In realtà nell'agosto 1261 le imbreviature del L. erano state affidate a un altro notaio e ciò può indicare un suo allontanamento da Bologna. Nel gennaio 1263 peraltro egli era di nuovo in città, né risultano in seguito periodi di assenza significativi.
Nonostante i prolungati impegni didattici e professionali - tra questi nel 1270 l'incarico di notaio dell'Ufficio delle biade - il L. non pervenne a una condizione di particolare agiatezza, come testimoniano alcune sue esposizioni debitorie verso banchi cittadini nel 1269 e nel 1273. Erano debiti assunti insieme con altri, tra i quali i figli di Enrichetto da Baisio, ma se nel primo caso l'impegno del L. sembra quello di un fideiussore, nel secondo appare evidente una sua responsabilità diretta per un debito già scaduto.
Il 13 apr. 1275, nella sua casa, già infermo, fece redigere il proprio testamento col quale nominò eredi i poveri. Il 16 aprile, approssimandosi la fine, donò a quattro monasteri cittadini 20 lire, pari a un terzo del denaro del Comune che egli giudicava avere illecitamente trattenuto. La morte lo colse in Bologna probabilmente nello stesso mese.
Opere. La fama del L. è legata alle sue opere di ars dictaminis, tre in latino e una in volgare, Dicerie o Arringhe, che dopo una prima parziale edizione a cura di L. Chiappelli (Le dicerie volgari di ser Matteo de' Libri da Bologna secondo una redazione pistoiese, Pistoia 1900), è stata pubblicata nella sua più completa struttura e con una accurata premessa da E. Vincenti (Matteo dei Libri, Arringhe, Milano-Napoli 1974). Il testo comprende 66 modelli di oratoria per finalità sia pubbliche, sia private ed ebbe una certa diffusione, come attestano il numero dei manoscritti tuttora conservati e i vari rifacimenti subiti.
Del L. sono note tre opere di ars dictaminis. La prima, una breve Summa dictaminis, forse opera giovanile, riporta le regole per la composizione delle lettere e presenta un certo numero di modelli (cfr. Kristeller, p. 289, ed. dell'incipit e del desinit). La seconda, Doctrina salutationum, è un trattato teorico sugli esordi delle lettere (ibid., ed. del solo incipit). La terza opera ripropone il titolo Summa dictaminis ed è frutto della piena maturità intellettuale del Libri. A un breve proemio fanno seguito 355 modelli di lettere missive, ciascuna seguita da una o più lettere di risposta. Per la maggior parte, gli esempi recano solo gli esordi delle singole lettere, a testimonianza del carattere eminentemente pratico dell'opera, destinata a rispondere alle esigenze degli addetti dei pubblici uffici, anche se non mancano lettere per rapporti privati, come gli esempi di richieste di danaro rivolte dagli studenti ai propri parenti o protettori (per i manoscritti delle opere ricordate, cfr. Kristeller, pp. 285-287, 319 s.; cfr. anche l'edizione della Summa dictaminis maggiore, limitatamente alle intitolazioni di tutte le lettere e al testo completo di quelle per rapporti privati, ibid., pp. 290-319).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Comune, Procuratori del Comune, Libri contractuum, reg. 16/a, c. 4v; Atti concernenti privati, b. 1, doc. 29 ott. 1239; Atti di enti religiosi, b. 1, doc. 16 apr. 1275; Ufficio dei memoriali, voll. 2, c. 64v; 3, c. 64; 7, c. 65v; 9, cc. 30v, 207v; 12, cc. 25, 26, 33; 17, c. 122v; 19, cc. 86, 105v; 15, c. 53; 20, c. 141v; 21, c. 105v; 22, c. 16; 26, c. 85; 29, c. 171v; 31, c. 63v; S. Agnese, b. 1/5591 (docc. 1256 luglio 13 e 1257 marzo 9); Chartularium Studii Bononiensis, a cura di G. Zaccagnini, V, Bologna 1921, p. 30; VIII, a cura di G. Zaccagnini, ibid. 1927, p. 115; XII, a cura di G. Cencetti, ibid. 1939, p. 149; P.O. Kristeller, M. de' L., Bolognese notary of the thirteenth century, and his "Artes dictaminis", in Miscellanea Giovanni Galbiati, II, Milano 1951, pp. 283-320; Liber sive matricula notariorum Comunis Bononie (1219-1299), a cura di R. Ferrara - V. Valentini, Roma 1980, pp. 62, 135, 137, 158, 208; Commissioni notarili. Registro (1235-1289), a cura di G. Tamba, in Studio bolognese e formazione del notariato, Milano 1992, pp. 257, 261, 267, 303; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, V, Bologna 1786, p. 68; M. Sarti - M. Fattorini, De claris Archigymnasii Bononiensis professoribus, a cura di C. Albicini - C. Malagola, II, Bononiae 1896, pp. 172 s.; F. Novati, Di una "Ars punctandi" erroneamente attribuita a Francesco Petrarca, in Rendiconti del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, s. 2, XLIII (1909), pp. 88, 109 s.; L. Frati, Gli stazionari bolognesi nel Medioevo, in Arch. storico italiano, s. 5, XLV (1910), pp. 384 s.; G. Zaccagnini, Per la storia letteraria del Duecento. Notizie e appunti dagli archivi bolognesi, estr. da Il libro e la stampa, Milano s.d. (ma 1913), pp. 11-14; Id., Rimatori e prosatori del secolo XIII. Notizie e appunti, in Archivum Romanicum, XVIII (1934), pp. 4-6, 10-16; Id., I grammatici e l'uso del volgare eloquio a Bologna nel sec. XIII, in Studi e memorie per la storia dell'Università di Bologna, XII (1935), pp. 181, 183, 190; G. Bertoni, Il Duecento, Milano 1939, pp. 381 s.; F. Forti, Cultura e poesia intorno allo Studio in Bologna dugentesca, in Studi e memorie per la storia dell'Università di Bologna, n.s., I (1954-56), p. 280; G. Vecchi, Le "Arenghe" di Guido Fava e l'eloquenza d'arte, civile e politica ducentesca, in Quadrivium, IV (1960), pp. 84-86; Il notariato nella civiltà italiana, a cura del Consiglio nazionale del notariato, Milano 1961, pp. 348 s.; E. Vincenti, M. dei L. e l'oratoria pubblica e privata nel '200, in Arch. glottologico italiano, LIV (1969), pp. 227-237; M. Camargo, Ars dictaminis, ars dictandi, Turnhout 1991, pp. 39-41; G. Tamba, Per atto di notaio, in Mélanges de l'École française de Rome, Moyen Âge, CIX (1997), 2, p. 541; F. Soetermeer, Utrumque ius in peciis. Aspetti della produzione libraria a Bologna fra Due e Trecento, Milano 1997, p. 54; Rep. fontium hist. Medii Aevii, VII, p. 290.