MARCHIAFAVA (Marclafaba), Matteo
Nacque presumibilmente verso la fine del XII secolo a Salerno. Per molto tempo si è ritenuto che il suo cognome indicasse una provenienza da famiglia di origine araba oppure da località con nome arabo, come Cozzo Marchiafave nella Sicilia orientale (Heupel, p. 484), ma Kamp (p. 61) ha dimostrato che il nome non è arabo e che il M. discendeva da una famiglia salernitana; lo stesso titolo miles, attribuitogli in alcuni documenti, dimostra la sua provenienza dal ceto nobiliare. In un documento inedito dell'abbazia della Ss. Trinità di Cava, risalente al 1255, citato da Kamp, infatti i figli del M., Riccardo, "qui dicitur Marclafaba miles", e Bernardo, chierico salernitano e arcidiacono di S. Eufemia, "filii quondam Mathei militis, qui similiter Marclafaba dictus est", scambiano alcuni beni in Salerno con un rappresentante dell'abbazia di Cava.
Prima di essere nominato nel 1233, secondo quanto riferito negli Annales Siculi, a capo dell'amministrazione finanziaria della Sicilia e della Calabria, il M. era stato, nel 1230, un alto funzionario delle finanze (magister camerarius) in Puglia e nel Principato (Historia diplomatica, III). All'inizio della sua attività egli deve aver commesso qualche sbaglio, perché secondo quanto riferito da Riccardo di San Germano (p. 172) nel novembre 1230 fu arrestato insieme con due giudici e due notai su ordine dell'imperatore Federico II di Svevia. Il M. deve però presto essersi riguadagnata la fiducia del sovrano, perché pochi mesi più tardi, nel febbraio 1231, egli appare nella funzione di magister camerarius del Principato e viene detto "fidelis noster" (Acta Imperii, I, pp. 633 s. n. 817).
Il M. si impegnò, sin dal 1233, nella sua carica di secretus per la Sicilia orientale a imporre il rispetto dei "nova statuta" contro la resistenza dei Siciliani (Annales Siculi, p. 117; Riccardo di San Germano, p. 182). Nel maggio 1234 il M., che esercitò le sue funzioni principalmente nella Sicilia orientale e in Calabria, emanò un documento a Messina qualificandosi "imperialis dohane secretus et questorum magister". In questo documento il M. - il quale nel febbraio 1234 era stato incaricato da Federico II di risolvere una lite tra gli abitanti della "terra Tucchi" nella Calabria meridionale e il monastero greco di S. Salvatore di Messina - dopo aver fatto eseguire dai camerari una inchiesta giudiziaria, emanò una sentenza a favore del cenobio (Historia diplomatica, IV, 1).
Nel maggio 1235 il M., "imperialis doane de secretis et questorum magister", si occupò di una questione che riguardava il monastero di S. Maria della Valle Josaphat (Paolucci, pp. 17 s. n. 8; Böhmer). Nel marzo 1236 esaminò la querela dell'abate di S. Stefano del Bosco contro il castellano di Stilo, il quale aveva costretto l'abate a contribuire alla riparazione del castello regio. Dall'inchiesta ordinata dal M. ed eseguita dal camerario di Calabria, Pietro de Mele, risultò che il castellano aveva agito in modo arbitrario, cioè senza rispettare la libertà del monastero da questo obbligo; perciò nel maggio 1236 il M. emanò la relativa sentenza a favore del cenobio (Heupel).
Il M. si occupò anche della fondazione, voluta da Federico II, delle nuove città di Monteleone e di Heraclea, odierna Gela (Girgensohn - Kamp). Dal frammento del registro di Federico II (ottobre 1239 - maggio 1240) risultano varie attività del M. databili in ogni caso prima dell'ottobre 1239, quando era in carica il suo successore Maior de Plancatone. Così il M. aveva mandato a San Giovanni d'Acri una nave della Curia, chiamata "L'Aquila", carica di vino e di vettovaglie (Il Registro, p. 279 n. 269); egli si adoperò anche a mettere in circolazione in Sicilia e in Calabria le nuove monete coniate a Messina (ibid., p. 293 n. 278); inoltre, provvide alle spese del falconiere Stefano Mustatius, il quale era stato inviato in Sicilia per riunire i falconi imperiali (ibid., p. 386 n. 380); ancora, si impegnò per affermare che il castello di Bova, situato sulla costa meridionale della Calabria, era da mantenere con entrate della Chiesa vescovile di Reggio di Calabria (ibid., n. 949 p. 831). Inoltre, secondo quanto esposto nel 1254 dagli abitanti di Messina, il M. avrebbe imposto loro una "augmentatio censuum et terragiorum domorum et prediorum suorum", quindi delle imposte sugli immobili, in aperta contraddizione con l'"antiqua consuetudo" (Epistulae).
Secondo quanto riferito dagli Annales Siculi, il M. morì il 1° ag. 1237.
Nel testamento lasciò in legato a Federico II alcuni cospicui prestiti da lui concessi (Il Registro, p. 279 n. 269). Dei suoi figli, Bernardo divenne arcidiacono della cattedrale di Salerno, mentre Riccardo, che era un miles come suo padre, ottenne dal re di Sicilia Manfredi un cospicuo feudo ed era nel 1268 tra i sostenitori della causa di Corradino di Svevia (I registri, I, p. 103; II, pp. 129, 140, 226, 271; IV, p. 87; XII, pp. 164 s.).
Il M. esercitò la sua carica per ben sei anni senza ricevere mai un rimprovero, tanto che fu indicato come un funzionario modello, un esempio da seguire per il suo successore Maior de Plancatone (Historia diplomatica, V, 1, pp. 449 s.: "quia omnibus nobis scribere non cessabat et jura ac utilitates nostre curie taliter zelabatur ac si numquam de aliis cogitaret").
Fonti e Bibl.: Ryccardus de S. Germano, Chronica, a cura di C.A. Garufi, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., VII, 2, pp. 172, 182; Annales Siculi, a cura di E. Pontieri, ibid., V, 1, pp. 117 s.; Epistulae saeculi XIII e regestis pontificum Romanorum selectae, a cura di G.H. Pertz - C. Rodenberg, in Mon. Germ. Hist., Berolini 1894, pp. 289 s. n. 326; Historia diplomatica Friderici secundi, a cura di J.-L.-A. Huillard-Bréholles, III, Parisiis 1852, p. 258; IV, 1, ibid. 1854, p. 463; V, 1, ibid. 1857, pp. 449 s., 475; Acta Imperii inedita, a cura di E. Winkelmann, I, Innsbruck 1880, pp. 633 s. n. 817; G. Paolucci, Contributo di documenti inediti sulle relazioni tra Chiesa e Stato nel tempo svevo, in Atti della R. Accademia di scienze, lettere e belle arti di Palermo, s. 3, V (1900), pp. 17 s. n. 8; W. Heupel, Von der staufischen Finanzverwaltung in Kalabrien, in Historisches Jahrbuch, LX (1940), pp. 449 s. n. 5; I registri della Cancelleria angioina a cura di R. Filangieri et al., I, Napoli 1963, p. 103; II, ibid. 1963, pp. 129, 140, 226, 271; J.F. Böhmer, Regesta Imperii, a cura di J. Ficker et al., V, 2, Hildesheim 1971, n. 13183; Il registro della Cancelleria di Federico II del 1239-1240, a cura di C. Carbonetti Venditelli, Roma 2002, pp. 52 s., 79, 85, 113, 115, 276, 279, 284-286, 291, 293, 369, 386, 500, 536, 559, 581, 583, 587, 652 s., 831, 853, 931; D. Girgensohn - N. Kamp, Urkunden und Inquisitionen des 12. und 13. Jahrhunderts aus Patti, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, XLV (1965), p. 132 n. 6; W. Heupel, Von der staufischen Finanzverwaltung…, cit., pp. 484-486; N. Kamp, Vom Kämmerer zum Sekreten. Wirtschaftsreformen und Finanzverwaltung im staufischen Königreich Sizilien, in Probleme um Friedrich II., a cura di J. Fleckenstein, Sigmaringen 1974, pp. pp. 59-61, 89 (a p. 61 n. 77 è citato il documento dell'Archivio di Cava dei Tirreni); J. Johns, Arabic administration in Norman Sicily. The royal diwan, Cambridge 2002, p. 245.