NERONI, Matteo
NERONI, Matteo. – Nacque intorno alla metà del Cinquecento, a Peccioli, in Valdera nel contado di Pisa, da Jacopo di Matteo di Lorenzo e da Margherita di Jacopo Spinetti, cittadino fiorentino.
Vari membri della famiglia, originaria della frazione di Montecchio e dotata di stemma nobiliare, esercitarono la professione di pittore. Il più celebre fu Bartolomeo di Bastiano di Lorenzo, detto il Riccio (1505/10-1571), che operò prevalentemente a Siena e nel Senese (genealogie della famiglia in Firenze, Bibl. nazionale centrale, Passerini 189/86; e Arch. di Stato di Firenze, Sebregondi 3809).
Come altri della sua famiglia anche Neroni dovette formarsi come pittore; dalle testimonianze rese al processo che lo vide protagonista nel 1593-94, risulta che praticava la pittura accanto alla cosmografia (Roma, Arch. di Stato, Archivio criminale romano, prot. 276, cc. 380-478). Dai verbali del processo si ricavano anche le prime scarne notizie biografiche. Trasferitosi a Roma verso il 1570, si era posto al servizio dell’orientalista cremonese Giovan Battista Raimondi, che insegnava matematica e lingue orientali alla Sapienza e costruiva globi. Dal lui apprese la cosmografia e le discipline matematiche a essa legate, tanto da poter affermare, un ventennio più tardi: «la mia profesione è di cosmografo et lavoro di strumenti di mathematica et attendo anche alle misure» (Bertolotti, 1878, p. 10). All’inizio del pontificato di Gregorio XIII (1572-85) aveva costruito due globi per il gesuita «Padre Claudio», probabilmente Claudio Acquaviva, generale dell’Ordine dal 1581 al 1615.
I due globi, terrestre e celeste, non firmati, uno datato 1575, sono forse identificabili con la coppia conservata nella Sala delle collezioni speciali della Bibl. nazionale di Roma (cfr. Conti, 2007, pp. 260-281). Neroni mantenne sempre buone relazioni con i gesuiti. Nel 1590 disegnò una carta della Cina seguendo le istruzioni del missionario gesuita Michele Ruggieri, appena tornato a Roma dall’Oriente. La carta, copiata da Nicolas Sanson d’Abbeville, fu inserita nel suo atlante cartografico del 1658 (Pastoureau, 1984, p. 402).
Nell’attività di pittore, tra il 1575-81 dipinse per Ludovico Cesi, abate di Chiaravalle, una sala nella sua villa fuori Porta del Popolo; e verso il 1580-82 lavorò per un anno in Vaticano, nella Galleria dove Egnazio Danti stava affrescando la serie delle carte geografiche. Negli stessi anni, applicò le sue conoscenze di cartografo all’uffizio di «maestro di strade» (Bertolotti, 1878, pp. 222 s.).
Quando nel 1584 Raimondi fu posto a dirigere la Stamperia orientale, fondata a Roma dal cardinale Ferdinando de’ Medici per diffondere la fede cristiana nei paesi musulmani, egli volle Neroni come aiuto; quattro anni più tardi lo nominò proto, con una buona paga, affidandogli la chiave del magazzino dei libri. Il 26 novembre 1593 però Neroni venne trascinato in tribunale con l’accusa di aver sottratto dalla Stamperia 400 libri, venduti a un ricettatore fiammingo. Imprigionato e torturato, confessò il furto, ma condannato a risarcire 2000 scudi a Raimondi, un terzo dei quali spettanti al cardinale de’ Medici (divenuto nel 1587 granduca di Toscana), si rifiutò caparbiamente, adducendo l’impossibilità di far fronte alla somma. In realtà era «di buona fama e condizione» (ibid., p. 235) e il matrimonio con Marzia, figlia di Giorgio Agrippa, della famiglia d’ingegneri, matematici e inventori milanesi, arrivati a Roma col celebre trattatista Camillo e ben introdotti a corte, lo aveva notevolmente avvantaggiato. Alla sua difesa, affidata a illustri avvocati, oltre alla moglie (divenuta madre di Sebastiano e Maddalena), parteciparono offrendo garanzie i cognati, Giacomo, giureconsulto, e Marcantonio, inventore, oltre all’anziano suocero e financo a Camillo Agrippa. Neroni, pur avendo dalla sua molti gentiluomini e prelati romani e pur essendo protetto a Firenze dal maggiordomo maggiore del granduca, tenne duro e languì in prigione almeno un paio d’anni (Bertolotti, 1881, p. 366; Arch. di Stato di Firenze, Mediceo, F. 3309, passim, F. 3311, cc. 441-481; Lamberini, 1989, pp. 33 s.).
Dal 1° settembre 1603, lo si ritrova a Firenze, iscritto nei ruoli della Guardaroba medicea come «cosmografo del granduca» (Lamberini, 1989, pp. 35 s.) pagato 10 scudi al mese «per fare le carte di geografia» (ibid.): una paga e un ruolo che mantenne per tutta la vita. Brevi ma eloquenti note d’archivio testimoniano della fattura di un numero cospicuo di carte di cosmografia, commissionate sia da Ferdinando I sia dal successore Cosimo II, per soddisfare il raffinato gusto dei Medici per il collezionismo scientifico.
Le carte, firmate e datate, in genere di grandi dimensioni, riccamente «colorite, miniate e lumeggiate d’oro» (Lamberini, 1989, pp. 35 s.), rappresentavano varie parti del mondo allora conosciuto, dall’estremo Oriente al Nuovo Mondo; una carta della California del 1604 fu riprodotta a stampa da Philippe Buache nel suo Atlas physique del 1754 (R.V. Tooley, Tooley’s dictionary of mapmakers, New York-Amsterdam 1979, p. 462). Una carta che illustrava il viaggio della Casa di Loreto «dalla Giudea all’Italia», redatta nel 1613 e destinata alla camera della granduchessa Cristina, fu replicata nel 1621 (Arch. di Stato di Firenze, Guardaroba, F. 373, c. 3; F. 402, cc. 2, 20; F. 395, c. 17). Per Ferdinando I, nel 1604, confezionò anche un album di «carte da navichare di tutte le 4 parti del mondo» miniate d’oro e colorate, regalo del granduca al nipote prediletto Virgino Orsini (Ibid., Guardaroba, F. 263, ins. 6, c. 522 v., e F. 262, c. 38).
Il 12 giugno 1609 Cosimo II, appena succeduto al padre, lo inviò a Roma per rendere omaggio al cardinale Scipione Borghese, nipote di papa Paolo V e grande collezionista, col dono di «due globi di cosmografia» espressamente costruiti (Ibid., Manoscritti 321, c. 847; Targioni Tozzetti, 1852, p. 298, n. 2). Il papa insignì il cosmografo mediceo del titolo di Cavaliere dello Speron d’oro, elevandolo al grado di Conte palatino (Arch. di Stato di Firenze, Sebregondi 3809; Firenze, Bibl. nazionale centrale, Passerini 189/86; Passerini, 1845, p. 2167).
Di questa coppia di globi, come del gigantesco mappamondo (2,30 m di diametro), costruito nel 1613 per fare da pendant alla sfera di Antonio Santucci nella Sala delle Matematiche della Galleria degli Uffizi, si sono perse le tracce. Perdute sono anche le numerose carte di cosmografia eseguite per i granduchi medicei (ne sono documentate una trentina fra il 1603 e il 1621), di cui una ventina fra le più preziose erano tenute appese negli appartamenti di Palazzo Pitti fino alla loro dispersione, avvenuta nel 1775 (Ibid., Targioni Tozzetti 189, vol. 10, cc. 973-976; Targioni Tozzetti, 1852, p. 298, nn. 1-2; Corsini, 1954, p. 37).
È invece pervenuto l’album di piante di città e fortezze, composto da 175 tavole miniate a colori delle cinte fortificate di città italiane, europee, del bacino mediterraneo e di alcuni teatri di guerra delle campagne contro i turchi (in Firenze, Bibl. nazionale centrale, II.I.281). L’elegante in-folio cartaceo, tipico oggetto da collezione, già attribuito a Francesco De Marchi, fu redatto da Neroni a Roma nel 1602 (Lamberini, 1988, pp. 59-61; 1990, p. 452; 2007, I, pp. 127 s.; 2008).
L’attribuzione a Neroni delle 173 piante a penna di circuiti fortificati cittadini, raccolte in un atlante conservato all’ISCAG (Istituto storico e di cultura dell’Arma del genio) di Roma (Biblioteca, 36.B.51) e di una serie di 64 disegni di città italiane ed europee del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi di Firenze, decretata senza argomentazioni da Amelio Fara (1989, p.15 e n. 21, p. 59 e passim; 1993, p. 84, n. 35, oltre a Franci, 2003, pp. 211-215 e Capalbi, 2005, pp. 39-41), è priva di fondamento (Marino, 2006, p. 77; Lamberini, 2007, I, p.127).
La fama e la ricchezza accumulate a Firenze gli facilitarono nel 1617 l’acquisto della cittadinanza fiorentina, con la condizione di aggiungere al suo cognome l’appellativo «Della Stella», per distinguersi dai Neroni fiorentini discendenti da Dietisalvi (Firenze, Bibl. nazionale centrale, Passerini 189/86, c.n.n., e Poligrafo Gargani 1393; l’obbligo fu tolto nel 1645). Nel 1619 fu pertanto sorteggiato fra i cittadini che potevano candidarsi al Collegio (Arch. di Stato di Firenze, Archivio delle Tratte, 637, c. 791).
Nel 1622 fece costruire nella sua parrocchia, S. Felice in Piazza nel quartiere di S. Spirito, la cappella di S. Matteo, per esservi sepolto insieme alla moglie Marzia (che morì il 27 febbraio 1633, Firenze, Bibl. nazionale centrale, Cirri Necrologio, XIII, 259; gli stemmi appaiati Neroni-Agrippa sono scolpiti sui plinti delle colonne, cfr. Arch. di Stato di Firenze, Ceramelli Papiani 3392). Nello stesso 1622, il 23 marzo, fece per la prima volta testamento, dotando la cappella e lasciando erede universale dei suoi cospicui averi l’unica figlia, Maddalena (Arch. di Stato di Firenze, Not. Moderno 11091, n. 52, cc. 91v-97v). Il figlio Sebastiano (Bastiano) – di cui è documentata nel 1605 la pittura di una scena del Vecchio Testamento per la Villa Ferdinanda (Ibid., Guardaroba, F. 262, c. 137) – risultava già morto. Il 31 agosto 1624, quando da un paio d’anni la Guardaroba medicea aveva cessato di registrare la fattura di sue opere, l’anziano cosmografo aveva iniziato a insegnare cosmografia al granduca Ferdinando II, quattordicenne (Ibid., Misc. Med. 439, c. 17).
Nel 1626 Maddalena, vedova per la seconda volta, si risposò col cugino Matteo di Bartolomeo di Antonio Neroni. Il 13 luglio 1630, il padre redasse un secondo testamento, nominando eredi universali la «diletta» figlia e il genero, a cui aveva lasciato già nel 1622 la sua biblioteca (Ibid., Not. Moderno 11551, n. 7, cc. 10 s.).
Morì a Firenze il 10 aprile 1634 e fu sepolto a S. Felice nella cappella di famiglia (Ibid., Medici e Speziali, libro morti 257; e Grascia n. 10).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Raccolta genealogica Sebregondi, 3809; Cittadinario Fiorentino, 419, S. Spirito, 3, c.156; Archivio delle Tratte 637, cc. 791, 804; Decima granducale 3577, 3580; Notarile moderno, prot. 11091 e 11551; Arte dei medici e speziali, Registro dei Morti n. 257, c. 245v; Morti della Grascia, n. 10; Mediceo del Principato, filze 3308, 3311, 1694, 225, 262, 279, 272, 283, 299, 301; Depositeria generale, 389, 394bis, 279, 945, 1520, 1521, 395, 396, 1523, 1524, 1524bis; Guardaroba medicea: 225, 301, 309, 263, ins. 2-3, 4, 6, 8, 373, 402, 395, 525; Manoscritti, 321, c. 847; Miscellanea medicea, 474, 439; Firenze, Bibl. nazionale centrale, Passerini 189/86; Cirri, Necrologio fiorentino, vol. XIII, p. 259; Poligrafo Gargani 1393, s.v. N.; Targioni Tozzetti 189, voll. 9-10; Bibl. Marucelliana, ms. B.VI.14, c. 35; Bibl. Moreniana, D.M. Manni, Zibaldone di notizie, ms.Bigazzi 184; L. Passerini, Annotazioni, in A. Ademollo, Marietta de’ Ricci, VI, Firenze 1845, pp. 2167 s.; G. Targioni Tozzetti, Notizie sulla storia delle scienze fisiche in Toscana, Firenze 1852, pp. 298 s.; G.E. Saltini, DellaStamperia orientale medicea e di Giovan Battista Raimondi, in Giornale storico degli Archivi toscani, IV (1860), pp. 257-296; A. Bertolotti, Le tipografie orientali e gli orientalisti a Roma nei secoli XVI e XVII, in Rivista Europea, IX (16 settembre 1878), 9,2, pp. 217- 268; Id., Artisti lombardi a Roma nei secoli XV, XVI e XVII, I, Milano 1881, pp. 366 s.; [A. Corsini], Catalogo degli strumenti del Museo di Storia della Scienza, Firenze 1954, pp. 37-39; M. Pastoureau, Les Atlas Français. XVIe-XVIIe siècles..., Paris 1984, p. 402; D. Lamberini, Funzione di disegni e rilievi delle fortificazioni nel Cinquecento, in L’architettura militare veneta del Cinquecento, Milano 1988, pp. 48-61; Id., Collezionismo e patronato dei Medici a Firenze nell’opera di M. N.,“cosmografo del granduca”, in Il disegno di architettura, a cura di P. Carpeggiani - L. Patetta, Milano 1989, pp. 33-38; A. Fara, Il sistema e la città. Architettura fortificata dell’Europa moderna dai trattati alle realizzazioni 1464-1794, Genova 1989, pp. 15, 59; D. Lamberini, De Marchi, Francesco, in Dizionario Biografico degli Italiani, 38 (1990), pp. 447-454; A. Fara, La città da guerra nell’Europa moderna, Torino 1993, p. 84; M. Franci, L’architettura militare nel patrimonio dell’Istituto Storico e di Cultura dell’Arma del Genio (I.S.C.A.G.) Roma, in Fortezze d’Europa, a cura di A. Marino, Roma 2003, pp. 211-215; M. Capalbi, Le fortificazioni del Mediterraneo negliAtlanti di M. N., in Ricerche di Storia dell’Arte, 86 (2005), pp. 39-41; A. Marino, A proposito di Atlanti. Note sul codice romano attribuito al N., in L’architettura degli ingegneri. Fortificazioni in Italia tra ’500 e ’600, Roma 2006, pp. 77-94; M.A. Conti, I globi manoscritti della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, in L’Universo, 2 (2007), pp. 260-281; D. Lamberini, Il Sanmarino. Giovan Battista Belluzzi, architetto militare e trattatista del Cinquecento, I, Firenze 2007, pp. 127 s.; Id., M. N., Piante di città e fortezze, in I Medici e le scienze. Strumenti e macchine nelle collezioni granducali, a cura di F. Camerota - M. Miniati, Firenze 2008, p. 278; E. Stumpo, Lo sviluppo della cartografia e la figura del cosmografo alla corte dei Medici (1563-1634), in La Sala delle Carte Geografiche in Palazzo Vecchio, a cura di A. Cecchi - P. Pacetti, Firenze 2008, pp. 101-105.