Ronto, Matteo
Grammatico e poeta latino (Creta, seconda metà del sec. XIV - Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, Siena, 1442). Nato da genitori veneziani (" Graecia... peperit me... Venetique fuere parentes "), dopo aver intrapreso negli anni della gioventù la carriera di soldato, entrò nell'ordine dei benedettini olivetani e trascorse nei conventi toscani il resto della sua vita.
I contemporanei l'elogiarono come " poetarum disertissimus " per le sue opere latine (Vita di Alessandro V, Odi, Elegie, Trattato di metrica, ecc.) a eccezione di Francesco Contarini, il quale lo vuole dopo morto dannato in eterno alla galera per i suoi molti " versacci ". Meno drastico, il Piccolomini nei suoi Commentarii rileva la prontezza del R. nel comporre versi, anche se con poca eleganza. Il velo dell'oblio cadde ben presto sui suoi lavori.
Intorno al 1392 il R. a Pistoia, nella chiesa conventuale di San Leopoldo, portò a termine una traduzione in esametri latini della Commedia. Nell'Apostropha... ad urbem Pistoriensem, che si accompagna all'opera, il R. ringrazia per i consigli e l'aiuto prestatogli (" continuo suffragia trina fuistis / hoc ad opus Dantis. Sine vestris forte poesis / nam mea suppeciis soluisset et ora serasset ") il pisano Bartolomeo, cavaliere dello Speron d'oro, e i pistoiesi Michele de Casis " celebrisque per orbem / Doctor et Archigenes medicinae " e frate Francesco, dell'ordine dei minori, " multimemor monitor / cuius ingenio sacrata scientia floret ".
Dei motivi che l'hanno indotto a cimentarsi nel lavoro di versione, " fideliter ac non ineleganter " secondo il giudizio espresso dal Gori, il R. dà giustificazione nel Prologus: " Nobile Dantis opus celebri virtute micantis / leniter in metrum studui transferre latinum, / illud ut Ytaliae non solum gentibus altum / funderet eloquium iocundi thematis, imo / maxime christicolis aliis vescentibus aevo. Rhithimus Ausoniae maternus ab omnibus orbis / notus abest genitis, fieri sed metra latina / nota queunt multis populis illustribus apte ". Ma forse, oltre al desiderio di rendere universalmente accessibile la poesia della Commedia, non mancò nel R. la velleità di correggere quello che gli umanisti ritenevano un imperdonabile errore di D.: aver scritto in volgare l'opera sua maggiore.
Sebbene lodata, la lunga fatica di traduttore della Commedia non procurò al R. gli sperati onori e riconoscimenti, neppure fra i suoi stessi confratelli. Nel Marchilogium R. si lamenta proprio di questo e descrive le mansioni basse e avvilenti cui era costretto per non aver dedicato agli esercizi monastici il tempo speso per tradurre D.: " Ecce quod aucupium michi translatio Dantis / denique retribuit praemia digna ferens: / pro meritis tanti talisque laboris amoeni / haec tulit, ut fierem subligulatus ego; / vasa lavanda sui michi sordidis uncta coquina / praebuit et manibus subdidit illa scopam, / hinc michi discretum lessanda legumina dura / attulit ". La versione del R., rimasta inedita nella sua interezza, è conosciuta solo per alcuni saggi. G.M. Filelfo, nella sua Vita Dantis, ne riportò i primi versi dell'Inferno. Nei secoli successivi s'interessarono a essa o ne pubblicarono brani il Bulgarini, il Mehus, il Degli Agostini, il Tommaseo, il Witte, il Barozzi, il Grillnberger, il Vandelli, il Besso, G.B. Pighi. Le parti dell'opera che hanno avuto l'onore della stampa sono: If I 1-27, III 1-2, V 73-142, VI 64-70, VII 58-64, XIII 64-69, XVI 1-3, XVII 1-3, XIX 1-6, XXVI 1-6, XXXII 25-30, XXXIII, XXXIV 97-100 e 121-140; Pg I 1-31, VI, VIII 85-96, IX 130-137, X 106-109, XI 1-24, XIV 4-10 e 36-42, XVIII 49-64, XXXIII 127-146; Pd I 1-33, II 1-6, III 25-28, IV 91-97, VI 58-64, IX 133-136, XI 1-6, XIII 130-142, XXII 110-119, XXVI 70-79, XXVII 121-138, XXXIII 1-21 e 133-145.
Non ancora partecipe della raffinata eleganza e sensibilità dell'Umanesimo, il R., grammatico più che poeta, non ha saputo o potuto dare politezza e calore alla sua traduzione, che non merita di essere presa in considerazione se non come curiosità letteraria e documento della mentalità di un'epoca. Aridi, freddi, pedanti, gli esametri del R. sono ben lontani dal rendere convenientemente l'afflato poetico, la profondità di pensiero, la musicalità del verso dantesco, anche se si deve ammirare o compatire, come scrive il Tiraboschi, il coraggio del R., che questo non facile compito volle assumersi.
La tradizione manoscritta della Commedia in esametri latini del R. comprende sette codici: Parma, biblioteca Palatina, cod. 103, del sec. XIV (proveniente dall'abbazia di Monte Oliveto Maggiore, dove secondo Lilio Gregorio Giraldi [Opera omnia, Leida 1969, II 308 G - 309 A] che la visitò nel sec. XVI, i monaci lo tenevano " tanquam rem sacram "; passò in seguito alla bibl. Comunale di Siena, da questa alla bibl. Palatina di Lucca e nel 1848 alla sede attuale); Bologna, biblioteca Comunale dell'Archiginnasio, A 411, del sec. XV; Firenze, biblioteca Medicea-Laurenziana, Ashburnham 1074, fine del sec. XIV, e Rediano 8, del sec. XVI; Firenze, biblioteca Nazionale Centrale, Magliabechiano II IV 82, della fine del sec. XIV; Milano, biblioteca Nazionale Braidense, A G IX 2, esemplato tra la fine del sec. XVI e gl'inizi del XVII; Parigi, biblioteca Sainte Geneviève, Y L 2, del sec. XV.
Nella maggioranza dei codici la versione è preceduta dal Prologus Fratris Mathei Rompto de Venetiis ordinis S. Benedicti Montis Oliveti super libro Dantis per ipsum in metro latino redactum in civitate Pistorii merito compilatum, e seguita dai già citati Apostropha ad urbem Pistoriensem e Marchilogium in laudem civitatis Pistoriensis. A fine di ciascuna cantica: " Explicit hic herebi de poenis cantica prima "; " Explicit hic purgat quae cantica crimina foeda "; " Explicit excelsi paradisi cantica sacra ". Fanno eccezione il Braidense, che tramanda il solo Paradiso, malamente attribuito a un " Matteo Rosato ", e il Magliabechiano II IV 82, in cui mancano gli explicit, il Prologus, Apostropha e Marchilogium. In quest'ultimo, per caduta di carte, il Purgatorio comincia con X 55 e il Paradiso termina con XXVII 34. Nel Rediano 8 il Prologus è riportato per intero alla fine delle prime due cantiche e limitatamente ai primi due versi al termine del Paradiso. Il codice A 411 dell'Archiginnasio, il Magliabechiano II IV 82 e l'Ashburnhamiano 1070 sono arricchiti da postille e annotazioni a uso di commento e da note interlineari per spiegare sinonimi, epiteti, vocaboli latini oscuri, che sembra siano dovute a un non meglio identificato " Johannes Bonino ", monaco olivetano. Ai sette elencati sono da aggiungere i miscellanei: Firenze, bibl. Medicea-Laurenziana, XXXIX 40 del sec. XV, che tramanda Prologus, Apostropha e Marchilogium, e i frammenti: If I 1-28, Pg I 1-6, Pd I 1-60; XL 34, del sec. XV, contenente il Marchilogium; Wilhering (Austria) Chiesa Conventuale Benedettina IX 77, del sec. XV, contenente: Prologus, If III 1-2, XIII 64-69, XVII 1-3, XIX 1-6; XXVI 1-6, XXXII 25-30, XXXIII 151-153; Pd II 1-6, XIII 130-142, XXVII 121-138, XXXIII 1-21.
Bibl, - E.S. Piccolomini, Commentarii rerum memorandarum, 1584, X 484; B. Bulgarini, Difese all'Apologia e Palinodia di Mons. A. Cariero, Siena 1588, 74; S. Lancellotto, Historiae Olivetanae libri duo, Venezia 1623, I 49; G. Vandelli, Sopra la D.C. di D.A. tradotta in versi latini da frate M.R., in Gori, Symbolae litterariae, Opuscula varia, Roma 1752, 132 ss.; G. Degli Agostini, Notizie istorico-critiche intorno la vita e le opere degli scrittori viniziani, Venezia 1754, II 611 ss.; L. Mehus, Vita Ambrosii Camaldulensis, in Ambrosii Traversarii epistolae, Firenze 1759, CLXXIII; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Modena 1791, V II 511, III 916; G.M. Filelfo, Vita Dantis, Firenze 1828, 97-98; Batines, Bibliografia 237-241; D.A., D.C. hexametris latinis reddita ab abbate Della Piazza vicentino. Praefatus est et vitam Piazzae adiecit C. Witte, Lipsia 1848, XIII-XIV; N. Tommaseo, D. e i suoi traduttori, in " Rivista Contemporanea " IV (1855) 433-467 (poi in Dizionario estetico, Firenze 1867, I 134-136); N. Barozzi, I codici di D. in Venezia, Venezia 1865, 100-110; M.R., La morte del conte Ugolino, a c. di E. Cicogna, ibid. 1865; F. Odorici, Memorie storiche della Naz. Bibl. di Parma, in " Atti e Mem. RR. Deputazioni St. Patria Prov. Modenesi e Parmensi " III (1865) 445-452; G.I. Ferrazzi, Manuale dantesco, II, Bassano 1865, 498-499; IV, ibid. 1877, 429 ss.; G. Voigt, Il risorgimento dell'antichità classica, ovvero il primo secolo dell'Umanesimo, Firenze 1888 (rist. anast. 1968), I 378; G. Biagi, Giunte e correzioni inedite alla bibliografia dantesca del De Batines, ibid. 1888, 90; O. Grillnberger, M.R., in " Studien und Mittheilungen aus dem Benedectiner und dem Cistercienser-orden " XII (1891) 17-28, 314-326; M. Besso, A proposito di una versione latina della D.C., Firenze 1903; V.A. Segarizzi, F. Contarini politico e letterato veneziano del sec. XV, in " Nuovo Archivio Veneto " n. s., XII (1906) 283; R. Sabbadini, Epistolario di Guarino veronese, Venezia 1919, 280-283; G. Mambelli, Le traduzioni della D.C. e delle opere minori, in " Giorn. d. " XXVIII (1925) 204 n. 606, 207 n. 638 bis; G.B. Pighi, Una traduzione latina inedita dell'Inferno di D., in " Aevum " VI (1932) 276; V. Rossi, Il Quattrocento, Milano 1933, 109, 119 n. 54; G. Mercati, Ultimi contributi alla storia degli Umanisti. I: Traversariana, Città del Vaticano 1939, 16-17; C. Dionisotti, Michele Marulo traduttore di D., in Miscellanea di scritti di bibliografia ed erudizione in memoria di Luigi Ferrari, Firenze 1952, 233-242; G. Ambrosi, Latini Divinae comediae interpretes, in " Latinitas " II (1954) 220 ss.; W.L. Grant, European vernacular works in Latin Translation, in " Studies in the Renaissance " I (1954) 121; C.M. Piastra, Nota sulle versioni latine della D.C., in " Aevum " XXX (1956) 267-271; M.E. Cosenza, Biographical and Bibliographical Dictionary of the Italian Humanists and of the World of Classical Scholarship in Italy, 1300-1800, Boston 1962, 3081-3082; G. Folena, La tradizione delle opere di D.A., in Atti del Congresso internazionale di studi danteschi, Firenze 1965, 43-45; C. Dionisotti, D. e il Rinascimento, in " Terzo Programma " IV (1965) 161-168.