TAFURI, Matteo
TAFURI, Matteo. – Discendente da una famiglia albanese di cui non si conoscono le origini, nacque a Soleto, uno dei paesi della Grecia salentina, nel 1492, come scrisse l’astrologo Luca Gaurico nel thema natale a lui dedicato nel quarto trattato dell’opera Nativitatum.
La sua prima formazione avvenne a Zollino, nel Salento, presso la scuola di lettere greche e latine di Sergio Stiso, sotto il magistero del quale apprese la conoscenza delle lingue e letterature classiche, diventando in seguito «bonum graece praeceptorem», come lo definì l’umanista oritano Quinto Mario Corrado, suo discepolo (Marii Corradi, 1665, epistola XXXVII). Fu filosofo e astrologo, insigne cultore delle lettere greche e latine, medico e matematico, profondo conoscitore della scienza di Claudio Tolomeo, raffinato interprete della fisiognomica e prodigioso nell’arte del predire.
Trasferitosi a Napoli, studiò matematica, filosofia, medicina, astrologia, coltivando l’interesse per le dottrine esoteriche, in particolare, per l’orfismo e il pitagorismo. Qui si legò con profonda amicizia ad illustri accademici e a celebri esponenti delle discipline mediche. Il chirurgo Mariano Santo da Barletta, profondamente affascinato dalla sua figura, nella prefazione del trattato Commentaria de Avicennae textu “De Calvariae curatione” (1543), lo menzionò nel 1526 accanto a Luca Gaurico, Paolo Semproniano e Leon Battista Ambrosio fra i cultori di astrologia giudiziaria e di fisiognomonia, di scienze ausiliari per comprendere la struttura degli organi interni, sulla base dei quali i chirurghi devono operare (Mariani Sancti, 1543). Conobbe i fratelli Della Porta e partecipò al vivace dibattito che si sviluppò intorno alle liceità delle discipline magico-astrologiche insieme con Francesco Maurolico, Giovanni Abioso da Bagnolo e Giovan Paolo Vernalione, autori di vaticini e profezie. Entrò a far parte dell’Accademia dei Segreti e suo interlocutore privilegiato fu Giovan Vincenzo, fratello maggiore di Giovan Battista Della Porta, cultore dell’astrologia e dell’alchimia nelle loro implicazioni teoriche e applicative.
Il dialogo intessuto con i fratelli Della Porta sull’astrologia continuò anche dopo il suo lungo peregrinare in giro per l’Italia e l’Europa. Traccia degli anni trascorsi nella città partenopea fu l’elogio a lui dedicato di Tolomeo redivivo menzionato da Bartolomeo Chioccarello. Giovan Battista Della Porta ne tessè le lodi nella Coelestis Phisiognomia, ricordandolo come l’unica auctoritas a lui coeva fra i cultori ed esperti dell’arte fisiognomica, utile tanto per la diagnosi del presente quanto per le predizioni degli eventi futuri.
Fra il 1521 e il 1522 si trasferì a Roma, dove intrattenne relazioni con letterati di spicco legati alla corte di Leone X e di Paolo III. Traccia della sua permanenza a Roma è una lettera di Giovanni Severo Lacedemone indirizzata nel 1521 a Girolamo Aleandro in cui viene menzionato come celebre esperto di lingua greca, (Canart, 1977). Si spostò a Venezia al seguito di personaggi eminenti del governo della Serenissima, dove ebbe occasione di pronunciarsi su alcune contese e di formulare pronostici. Nella città lagunare un’accesa disputa intrattenuta con l’astrologo Luca Gaurico, già conosciuto a Napoli, relativa a una profezia formulata nel 1523 in un Pronostico sulla guerra fra Francesco I e gli spagnoli, lo espose ai sospetti dell’Inquisizione. Fu proprio l’astrologo salernitano, divenuto Augur verissimus per l’esito favorevole degli spagnoli, a dedicargli un profilo sinistro denso di presagi. Il documento, oltre a ricostruire i termini della disputa fra i due astrologi e fondere episodi già accaduti con presagi di sventure avvenire, offre ragguagli sulla permanenza di Tafuri presso Lorenzo Orio, ambasciatore d’Inghilterra a Venezia, dove si rifugiò per sfuggire alle calunnie dei suoi avversari, ma soprattutto per eludere le accuse di eresia, a causa delle sue tesi contrarie alla fede cristiana e dell’adesione alle discipline magico-astrologiche.
Fuggito da Venezia, peregrinò in Italia, in Europa e all’estero, frequentando gli Studia più prestigiosi della penisola e dei Paesi d’Oltralpe, Ferrara, Padova, dove partecipò alle dispute che animarono i circoli letterari del tempo. Dimorò presso l’amico Giovanni Battista Guarini, professore di retorica e di poetica a Ferrara.
Traccia dell’ospitalità ricevuta dalla famiglia dei Guarini è una lettera indirizzata da Quinto Mario Corrado a Guarini, nella quale l’umanista di Oria si raccomanda di preservare Tafuri, suo precettore di lettere greche, dall’odio dei nemici Britannici.
Fra il 1525 e il 1526 soggiornò in Inghilterra al seguito dell’ambasciatore Lorenzo Orio, presso il quale si rifugiò in seguito alle persistenti accuse di eresia. Sul soggiorno veneziano, a parte qualche sporadica notizia, grava ancora il peso dell’assenza di documenti. In sospetto dell’Inquisizione, subì un processo per eresia e fu imprigionato, ma grazie all’autorevole intervento dello stesso Pontefice fu scarcerato.
Nel 1541 fece tappa di nuovo a Roma, come è testimoniato dal prestito di un manoscritto presso la Biblioteca Vaticana. A Roma, in una data non ben precisata, fu accusato di eresia e incarcerato per quindici mesi. La sua triste esperienza romana è raccontata nell’Incipit del Pronostico da lui scritto nel 1571 e dedicato ai figli del marchese di Lavello, don Giovanni Del Tufo, illustre rappresentante dell’aristocrazia della Basilicata. Come egli scrisse, fu perseguitato dagli inglesi per quarantacinque anni con falsi testimoni, accusato di eresia e imprigionato a Roma per quindici mesi. Gli bruciarono anche una cassa di libri «catholici» stampati in «stamparie prohibite de tramontani [...] e con l’habito de la scientia d’astrologia» (Pronostico del nascimento Del Tufo, c. 3v), fece qualche giudizio e pronostico. Da lì a poco il S. Uffizio lo avrebbe assolto con due decreti, riconoscendone l’innocenza (ibid.). Negli anni successivi si addottorò alla Sorbona in artibus, fregiandosi dell’appellativo di Doctor Parisiensis e, in seguito frequentò l’Università di Salamanca, dove sembra abbia di nuovo conseguito il dottorato. Fece tappa a Napoli intorno al 1550, per raggiungere in seguito Soleto.
Tornato in patria e dedicatosi all’insegnamento della lingua, delle lettere greche e della filosofia nel Salento, riunì intorno a sé un gruppo di scolari, promuovendo all’interno della sua scuola il rinnovamento delle humanae litterae. Furono suoi discepoli Francesco Cavoti, Antonio Arcudi, Quinto Mario Corrado, Francesco Scarpa ed altri di cui si hanno notizie frammentarie e lacunose. Nel 1566 il suo nome figura a Otranto in un documento attestante un processo beneficiale per un’escussione testimoniale. Nel 1567 dimorò a Soleto, spostandosi anche a Taranto al seguito del marchese di Trevico, Ferrante Loffredo, governatore di Terra d’Otranto. Fu coinvolto nel processo inquisitoriale contro Niccolò Franco, la deposizione del quale avvenuta il 1° ottobre 1568 offre ragguagli sulla sua vicenda biografica, in base ad alcune confidenze ricevute da Gerolamo Santacroce. Fu uomo famoso nelle lettere greche e nell’astrologia giudiziaria, molto conosciuto a Napoli, che negava la potestà del pontefice, mettendo in discussione anche il sacrificio della messa e della comunione e tutti gli altri articoli della fede (v. Mercati, 1955). Il 13 maggio 1572 fu inquisito per eresia e poi liberato. I documenti riguardo alla decisione della Congregatio Romanae et Universalis Inquisitionis relativa all’imputato ‘hidruntino’ Matteo Tafuri sono lacunosi e incompleti. Le uniche annotazioni riguardano la diocesi, l’imputato e un’opera anonima di astrologia giudiziaria data alle stampe dall’autore «con l’ingiunzione che l’imputato non si serva di quella in futuro, “sed pro praeterito non puniatur”...» (Nestola, 2005).
Tafuri risiedette stabilmente nel suo luogo natale fino alla morte avvenuta il 18 novembre 1584.
L’adesione alle dottrine esoteriche e le seduzioni per la filosofia della natura nelle sue implicazioni magico-astrologiche, nonché la negazione di alcuni articoli della fede cristiana, gli procurarono la fama di mago e negromante, l’accusa di eresia. Si accostò affascinato alle ‘scienze’ occulte, ai misteri platonici e alla sapienza dei prisci theologi, da Orfeo a Pitagora a Platone, conciliando questa tradizione con il neoplatonismo di derivazione sia greca sia latina, per approdare alla teologia cristiana ritenuta il culmine di un processo iniziatico che conduce alla Rivelazione. Scrisse di filosofia, di magia naturale, di astrologia e fisiognomica, ma tutte le sue opere sono andate perdute. Sopravvivono, entrambi manoscritti e ancora inediti, un Pronostico scoperto nella Biblioteca della Badia di Cava dei Tirreni da Giorgio Fulco e un commento agli Inni Orfici, di cui è latore il codice Vaticano greco 2264, non autografo, composto da 203 carte rv., copiato a Napoli per mano di Francesco Cavoti nel 1537 e ritrovato da André Jacob agli inizi degli anni Ottanta.
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vaticano greco 2264, Napoli 1537 (Commento agli Inni orfici); Cava de’ Tirreni, Biblioteca della Badia della Ss. Trinità, ms. VI.G.1, 1571, f. 3 v. (Pronostico del nascimento Del Tufo); Napoli, Biblioteca nazionale, B. Chioccarello, De illustribus scriptoribus qui in Civitate et Regno Neapolis ab urbe condita ad annum usque MDCXXXXVI floruerunt, ms. XVI. A. 28, cc. 81v.-82v. (Neapoli 1780); Mariani Sancti, Barolitani, Philosophi ac Medici celeberrimi [...] Commentaria nuper in lucem aedita in Avicennae textum [...] De calvariae curatione, Venetiis 1543; L. Gaurici Geophonensis Episcopi Civitatensis, Tractatus astrologicus [...], Venetiis MDLII, c. 80 rv; Baptistae Portae Neapolitani Coelestis Physiognomoniae libri sex. Unde quis facile ex humani vultus extima inspectione, poterit ex conjectura futura praesagire, in quibus etiam astrologia refellitur, et inani set immaginaria demonstratur, Neapoli 1603; Q. Marii Corradi Epistolarum libri VIII, Index eorum, ad quos missae sunt epistolae, Epistola XXXVII, Venetiis 1665.
G. Gabrieli, Bartolomeo Chioccarello e la biografia degli scrittori napoletani nel sec. XVII, in Rendiconti della Reale Accademia nazionale dei Lincei. Cl. di scienze morali, storiche e filologiche, IV (1929), pp. 622-624; A. Mercati, I Costituti di Niccolò Franco (1568-1570) dinanzi l’Inquisizione di Roma, Città del Vaticano 1955, pp. 51 s.; P. Canart, Un copiste expansif. Jean Sévère de Lacédémone, in Studia codicologica, a cura di K. Treu, Berlin 1977, p. 136; G. Papuli - G. Di Mitri, IV Centenario della morte di M. T., Galatina s.d. [1986], pp. 1-29; G. Fulco, Echi autobiografici, relazioni intellettuali e cultura astrologica in un opuscolo manoscritto in volgare di M. T. del 1571, Relazione presentata al Convegno organizzato a Soleto nel 1992 in occasione del V centenario della nascita di Matteo Tafuri, del quale non furono mai pubblicati gli Atti, s.l. né d.; G. Luigi Di Mitri, Le ricerche su M. T., mago ed eretico salentino. Bilancio degli studi recenti, in Aprosiana, IX (2001), pp. 147-158; P. Nestola, La riforma in Terra d’Otranto: tra ritardi e aspettative, in Nuova Messapia, IX (2005), pp. 20 s.; L. Rizzo, Il pensiero di M. T. nella tradizione del Rinascimento meridionale, Roma 2014.