ZANE, Matteo
– Nacque a Venezia il 10 maggio 1545 dal cavaliere e futuro procuratore Girolamo e da Elisabetta Vitturi di Matteo.
La prima notizia che si ha di lui riguarda un episodio non proprio esaltante: si tratta di una certa operazione avvenuta a Creta nel 1570, quando suo padre era capitano generale da Mar. Costui, con l’aiuto dei figli, aveva speculato sulle derrate destinate alle truppe assediate a Famagosta; pertanto il 19 febbraio 1571 gli Inquisitori ne ordinarono l’arresto e la traduzione a Venezia. In particolare, Matteo era accusato di essersi appropriato di «un mier de formagio della decima che si dà alla povertà» (Archivio di Stato di Venezia, Inquisitori di Stato, b. 926, c. 5v, 28 aprile 1571). L’episodio, benché privo di serie conseguenze, ritardò di qualche anno l’ingresso di Zane nella vita pubblica, avvenuto 15 febbraio 1574 con la riduttiva elezione a governatore di galera.
Di lì a poco, tuttavia, fu deputato ad assistere Enrico III nella sua venuta a Venezia, verificatasi il 22 luglio 1574; poi, il 16 ottobre dello stesso anno, il Senato volle affidargli un incarico diplomatico, benché di scarso peso: fu così eletto ambasciatore al duca di Urbino, Francesco Maria II Della Rovere, per porgergli le condoglianze della Repubblica in seguito alla morte del padre.
Al termine della breve missione, svoltasi tra febbraio e marzo del 1575, Zane lesse in Senato la relazione; dopo una rapida scorsa alla situazione geografica del piccolo ducato, circondato in gran parte dai domini pontifici, «dimodoché si può dire che quel Stato sia posto quasi nel grembo de quello della Chiesa» (Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, a cura di A. Segarizzi, 1913, p. 200), Zane si soffermò sulla disparità esistente fra la debolezza delle entrate fiscali e l’alto tenore di vita di cui sempre si circondarono i Della Rovere, tanto da provocare l’ostilità della popolazione. Pertanto – scrive Zane – il nuovo signore sarà costretto «ad accostarsi al alcun potentado [...], non gli bastando l’entrade proprie, volendo vivere con quella dignità e onorevolezza che hanno fatto li suoi antecessori» (ibid., p. 208).
Questa prima esperienza fu seguita dalla nomina ad ambasciatore in Savoia, incarico di rilievo cui venne eletto il 23 luglio 1575; ebbe la commissione il 31 gennaio 1576 e a maggio era a Torino. La permanenza di Zane alla corte sabauda sarebbe durata più di due anni; lesse infatti la relazione in Senato il 23 luglio 1578.
Sincero, seppur scontato, l’elogio del duca Emanuele Filiberto, «non inferiore ad alcun principe [...], avendo comandati e guidati eserciti, e più volte fatte diverse imprese, tra le quali l’ultima fu quella di S. Quintino, causa della conclusion della pace e della restituzione del sig. Duca in istato» (Relazioni di ambasciatori veneti al Senato, a cura di L. Firpo, 1983, p. 323). Decisamente buoni i rapporti con Venezia, allora vessata dalla peste, verso la quale il duca ebbe modo di dimostrare più volte stima e amicizia: «sebben – scrisse – non mi sono occorsi di quei negozi ardui che sogliono scoprire l’intimo degli animi, nondimeno le SS.VV. EE. si degneranno di farmi fede che non ho mai per loro comandamento ricercata cosa alcuna a S.A. che pronta e gratamente non mi fosse concessa» (ibid., p. 341).
Non gli fu concessa invece una lunga permanenza in patria, dal momento che il 6 dicembre 1578, qualche mese dopo il ritorno a Venezia, venne eletto a un’altra ambasceria, stavolta al nuovo re del Portogallo, Enrico I, succeduto al trono dopo la drammatica scomparsa del giovane nipote Sebastiano. Ormai vecchio, l’ex arcivescovo Enrico non aveva esperienza politica ed era privo della necessaria energia per imporre una praticabile linea di condotta di fronte alla questione dinastica che si era creata. La Corona portoghese era priva infatti di eredi diretti, e questo avrebbe consentito a Filippo II di Spagna, una volta morto Enrico, di occuparne il regno. Ottenute le commissioni il 7 marzo 1579, Zane era giunto da poco a Lisbona quando la scomparsa di Enrico l’anno seguente consentì effettivamente a Filippo II di procedere all’annessione del Portogallo, dopo di che il 6 ottobre 1580 Zane venne eletto ambasciatore a Madrid.
Rimase in Spagna fino al novembre del 1583, mentre l’Europa era attraversata da eventi cruciali, quali l’insurrezione delle Province Unite che dichiararono decaduto il re Filippo II (2 luglio 1581), seguita dalla riscossa spagnola a opera di Alessandro Farnese. Quanto al Portogallo, annota lucidamente Zane: «La sicurtà, che può avere S.M. da quel regno, non dipende già dall’animo de’ Portoghesi, che son tutti mal intenzionati, ma dal non aver essi capo per guidar un’impresa, né uomini, né armi, né viveri, né capacità per far riuscir cosa importante» (Relazioni di ambasciatori veneti al Senato, a cura di L. Firpo, 1981, p. 787). Guastatisi i rapporti con la S. Sede proprio a causa dell’annessione del Portogallo, rimanevano invece buoni quelli con Venezia, non già per qualche particolare motivo di stima, «ma [perché] credo che il re conosca gl’interessi della Repubblica comuni con i suoi rispetto alle cose turchesche, e le sue forze sole da mare non bastar a battere il turco» (ibid., pp. 825 s.).
Prima ancora di rimpatriare, Zane era stato eletto savio di Terraferma per il secondo semestre del 1583 e poi ancora per il periodo marzo-settembre 1584; quindi, il 5 maggio 1584 fu nominato ambasciatore all’imperatore Rodolfo d’Asburgo. Ricevute le commissioni il 13 settembre dello stesso 1584, undici giorni dopo inviò da Trento il suo primo dispaccio; a Praga gli unici contrasti che dovette affrontare circa i rapporti fra gli arciducali e la Serenissima furono causati dalla pirateria degli uscocchi, formalmente sudditi austriaci e, come tali, protetti dalla corte imperiale. Quanto a Rodolfo, debole e sempre più attratto dalle scienze occulte, viveva con distacco la partecipazione alla politica, eccettuato l’impegno antiottomano, a motivo dell’educazione religiosa che aveva assorbito negli anni giovanili trascorsi presso la corte madrilena.
Lasciata Praga il 24 agosto 1587, a Venezia riprese la normale attività politica e il 21 maggio 1588 fu eletto provveditore alle Pompe; fu quindi capitano a Verona dal 1589 al 1591, impegnato principalmente a contenere le violenze della nobiltà. La permanenza a Verona si sarebbe rivelata soltanto una breve interruzione nella carriera diplomatica di Zane; era da poco ritornato a Venezia, infatti, allorché il 29 luglio 1591 fu eletto bailo a Costantinopoli. Si trattava di una sede difficile, ma remunerativa, l’unica che consentisse un guadagno ai rappresentanti della Serenissima, che pertanto vi venivano eletti solo dopo aver sostenuto dispendiose missioni all’estero.
Insolitamente celere la partenza da Venezia: ricevute le commissioni appena qualche settimana dopo l’elezione, spedì il suo primo dispaccio il 14 novembre 1591; questo perché qualche mese prima il predecessore di Zane, Girolamo Lippomano, accusato di tradimento, si era lasciato annegare gettandosi dalla nave che lo riportava in patria. Un’oscura vicenda, che però non incise più di tanto sui rapporti turco-veneti, che risentivano delle positive ricadute commerciali causate dall’apertura della ‘scala’ di Spalato.
Al solito negativo comunque, nella Relazione conclusiva, il giudizio sull’elefantiaco impero ottomano, corroso da rilassatezza di costumi e corruzione giunti persino a incrinare la tradizionale efficienza della macchina militare: «Le forze dei turchi, così da mare come da terra, sariano troppo grandi quando [...] il valor corrispondesse al numero della gente, e che queste forze venissero rette da buon giudizio, del quale i turchi mancano affatto, perché tutto è presunzione, temerità e arroganza» (Relazioni di ambasciatori veneti al Senato, a cura di L. Firpo, 1984, p. 255). Infine Venezia: «Di questa [...] in tanto fanno stima, in quanto temono la sua collegazione con Spagna [...]; ma è pur meraviglia che tra tutti i rappresentanti de’ principi a quella Porta non vi è alcuno più stimato del suo bailo, e questo procede dall’attender esso a’ servizi pubblici e a quello che s’appartiene alla Serenità Vostra, senza intromettersi in negozj particolari, come fanno gli altri ambasciatori» (ibid., p. 441).
Nuovamente a Venezia nella primavera del 1594, Zane ricoprì molti incarichi, fra i quali quelli di savio del Consiglio (ottobre 1594-marzo 1595, primo semestre 1596, secondo semestre 1597, marzo-settembre 1599), savio alle Acque (31 marzo 1595-30 marzo 1597), riformatore dello Studio di Padova (9 maggio 1595-8 maggio 1597); poi, con sorprendente svolta in una vita che pareva ormai avviata a riscuotere i frutti della lunga carriera, il 28 gennaio 1600 fu eletto patriarca di Venezia. A tale compito certamente lo rendevano idoneo la morigeratezza dei costumi, la cultura, l’abilità diplomatica, il senso della giustizia, ma sino allora egli non aveva mostrato particolare inclinazione per la vita ecclesiastica né alcun desiderio di abbandonare la politica. Inoltre questa elezione avrebbe contrapposto Venezia e Roma sul punto dell’esame teologico richiesto al nuovo patriarca, «laico e della cui preparazione pastorale si poteva ragionevolmente dubitare» (Salimbeni, 1992, p. 27). E, tuttavia, questo diritto di nomina da secoli era giuspatronato della Repubblica; inoltre, ad avvelenare ulteriormente i rapporti fra i due Stati si era sommato, nell’estate del 1600, il taglio del Po a Porto Viro, effettuato dalla Repubblica ai danni del Ferrarese da poco entrato a far parte dei domini pontifici. La vertenza patriarcale si sarebbe risolta solo dopo un anno, nell’agosto del 1601, con un compromesso, cioè con una parvenza di esame in forma di colloquio fra Clemente VIII e Zane; dopo di che il papa lo consacrò con una solenne cerimonia nella basilica di S. Silvestro e concesse un’indulgenza plenaria ai fedeli del patriarcato.
Per quanto concerne la sua attività ecclesiastica, da segnalare la relazione sullo stato della diocesi (1604), la prima che ci sia stata conservata e che pertanto costituisce un importante documento sulla composizione, risorse e gestione delle parrocchie del piccolo ma prestigioso patriarcato.
Morì a Venezia il 24 luglio 1605 e fu sepolto nella basilica a S. Pietro di Castello.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Misc. codd. I, Storia Veneta 23: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii..., VII, p. 324; Inquisitori di Stato, b. 926, fz. Terminazioni degli Inquisitori in Armata 1570-1571, cc. 5v-6r; Segretario alle voci. Elez. Pregadi, regg. 4, cc. 70, 87, 106; 5, cc. 11-13, 34, 107, 111, 129; 6, cc. 3, 5-7, 27, 52, 77, 79, 103, 121, 159; Senato dispacci Savoia, fzz. 3 e 4, passim; Senato dispacci Spagna, fzz. 12 (1579, Portogallo), passim; 14-17 (1581-84, Spagna), passim; Senato dispacci Germania, fzz. 11-14, passim; Senato dispacci Costantinopoli, fzz. 34-38, passim; G.B. Bellavere, Oratio ad ill.mum et rev.mum D.D. Matthaeum Zane..., Venetiis 1601; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica..., XCII, Venezia 1858, pp. 206, 221, 499; Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, a cura di A. Segarizzi, II, Milano-Urbino, Bari 1913, pp. 199-216; G. Benzoni, Una controversia tra Roma e Venezia all’inizio del ’600: la conferma del patriarca, in Bollettino dell’Istituto di storia della società e dello stato veneziano, III (1961), pp. 121-138; A. Niero, I patriarchi di Venezia da Lorenzo Giustinian ai nostri giorni, Venezia 1961, pp. 106-109; Relazioni di ambasciatori veneti al Senato, a cura di L. Firpo, II, Germania, Torino 1970, pp. XXXVI s.; VIII, Spagna, Torino 1981, pp. XI s., 783-830; XI, Savoia, Torino 1983, pp. VIII, 319-346; XIII, Costantinopoli, Torino 1984, pp. 243-308; F. Salimbeni, La Chiesa veneziana nel Seicento, in La Chiesa di Venezia nel Seicento, a cura di B. Bertoli, Venezia 1992, p. 27; I “documenti turchi” dell’Archivio di Stato di Venezia, a cura di M.P. Pedani Fabris, Roma 1994, p. 268; P. Preto, Venezia e i Turchi, Roma 2013, pp. 43, 92 s., 103, 110.