DE' ROSSI, Matthia
Figlio primogenito dell'architetto Marc'Antonio e della sua prima moglie, Emilia Bertioli, nacque a Roma il 14 genn. 1637. Il padre lo introdusse nell'ambiente della corte di Alessandro VII probabilmente anche attraverso l'autorevole mediazione del Bernini, come sembra risultare dalla lettura del testo di Leone Pascoli (1730, p. 323), unico biografo del De Rossi. A partire dalla fine del 1658, difatti, il D. venne addetto, come ogni giovane di bottega, al controllo dei lavori di artigiani od inviato in loco a eseguire le misurazioni necessarie per l'edificazione della chiesa di S. Tommaso di Villanova a Castelgandolfo (Golzio, 1939, p. 381) o per il restauro della cappella di Tor di Mezza Via, a metà strada tra Roma e Castelgandolfo (ibid., p. 421); si recò più volte, inoltre, a Tivoli per scegliere i travertini per il colonnato di S. Pietro.
Alla morte di Marc'Antonio, avvenuta nel marzo 1661, il D. proseguì ad operare, senza soluzione di continuità, nei due cantieri della piazza vaticana (Menichella, 1985, pp. 62-64) e di Castelgandolfo, affiancato dal vecchio misuratore della Camera apostolica, Giovanni Maria Bolini (Golzio, 1939, pp. 386, 398-404). Ad entrambi, in seguito, quando i Chigi acquistarono dai Savelli il terreno ed il palazzo di Ariccia, verso la fine del 1661, venne affidata dal Bernini la supervisione dei lavori per l'edificazione della nuova chiesa dell'Assunta, di fronte al palazzo (Incisa della Rocchetta, 1929, pp. 356, 359 s.) e per il restauro e la nuova facciata del santuario di Galloro (Golzio, 1939, p. 410). Contemporaneamente il D. diede assistenza al Bernini durante la seconda fase della realizzazione di S. Andrea al Quirinale: sovrintese ai lavori di stucco ed alla decorazione dell'altare maggiore.
Per S. Andrea, inoltre, il D. forni anche il disegno degli altari delle cappelle laterali e della sagrestia, proseguendo l'opera anche dopo la morte del Bernini; più tardi, nel 1693, per il noviziato dei gesuiti accanto alla chiesa, eseguì una nuova facciata, ora non più esistente. Va rilevato il fatto che sia il Bernini sia il D. prestarono la loro opera gratuitamente per tutti i lavori di S. Andrea (Donati, 1941).
Nell'aprile del 1665, allorché il Bernini dovette recarsi a Parigi, il D. fu prescelto come unico assistente di architettura, perché ritenuto il migliore tra i quattro o cinque allievi (Chantelou, 1665, p. 254).
Ogni disegno del Bernini per la realizzazione del Louvre (l'impianto planimetrico, le facciate, l'anfiteatro da interporre fra il Louvre e le Tuileries) venne messo in pulito dal D. prima di essere presentato al re e al Colbert. Gli spettò ancora il compito di eseguire le necessarie misurazioni delle preesistenze e del terreno, stabilire il tracciato delle fondazioni, preparare con l'ausilio dello Chantelou (preposto dal Colbert alla cura e all'accompagnamento degli "italiani" durante il soggiorno parigino) gli elaborati tecnici ed i preventivi per l'appalto.
Al momento della partenza del Bernini, in ottobre, anche il D. volle tornare a ogni costo a Roma, nonostante i ripetuti inviti del Colbert affinché rimanesse a Parigi per sovrintendere ai lavori di edificazione. Promise, tuttavia, di ritornare all'inizio del febbraio successivo, recando con sé la giovane moglie, Giovanna Bettini, e per questo ebbe un'assicurazione scritta dal Colbert relativa a una paga annua di 4.000 scudi (Chantelou, 1665, p. 304).
La seconda permanenza del D. a Parigi iniziò l'anno successivo, con qualche mese di ritardo rispetto alle previsioni, e si prolungò per più di un anno. Egli aveva recato con sé i disegni berniniani con le varianti apportate dal maestro per adattare il Louvre alle esigenze del clima parigino ed alle necessità funzionali della corte. A tali modifiche Matthia ne aggiungerà altre, durante la realizzazione dei modelli (Menichella, 1985, p. 22), uno in gesso per la facciata e uno in legno relativo all'intero fabbricato. Le lettere del D. al Bernini (Menichella, 1985, pp. 23, 68), in tale occasione, lamentano il disinteresse del Colbert per il lavoro, confermando, quindi, quanto il Bernini aveva già previsto durante il proprio soggiorno parigino (Mirot, 1904, pp. 270-272). L'ostilità del Colbert e degli architetti francesi, che accusavano il progetto berniniano di eccessiva fantasia e scarsa praticità nelle soluzioni interne, ebbe buon gioco per gli improvvisi impegni militari di Luigi XIV; la costruzione del Louvre venne sospesa e il D. tornò a Roma nel luglio del 1667.
Al rientro continuò a prestare la sua opera di sovraintendente nei cantieri del maestro: la villa Rospigliosi a Lamporecchio presso Pistoia, il restauro di ponte Sant'Angelo, il completamento di palazzo Chigi ai Ss. Apostoli (oggi Odescalchi), il progetto di restauro della tribuna di S. Maria Maggiore (Mercati, 1944), la chiesa dei padri delle Scuole pie a Monterano per gli Altieri (Pinelli, 1976); rafforzò inoltre la propria autonomia professionale ed economica, mediante numerose attività presso le più importanti famiglie romane.
L'accresciuto prestigio professionale e i cospicui ricavi dei viaggi in Francia gli permisero di acquistare un palazzo in via Felice (attuale Sistina), dove risiedette per il resto della sua vita insieme alla moglie. Risultano, inoltre, ospiti del D. nello stesso palazzo, ma con diverso ingresso, la vedova del padre e i fratellastri Giuseppe, Maddalena (futura moglie dello scultore Filippo Carcani) e Domenico; quest'ultimo verrà da lui iniziato alla professione di architetto (Menichella, 1985, p. 14).Il 1675 fu un anno estremamente importante per il D.: ottenne il prestigioso incarico di sovrastante della Reverenda Fabbrica di S. Pietro e ciò segnò il suo rientro stabile nel cantiere vaticano, dal quale si era allontanato per i numerosi impegni presso le fabbriche berniniane, lontano da Roma. Nel medesimo anno, la designazione a principe dell'Accademia di S. Luca, presso la quale nel 1670 aveva tenuto lezioni sugli ordini architettonici, testimonia della posizione conseguita.
All'ultimo ballottaggio, tuttavia, il D. dovette esprimere una rinunzia preventiva, nel caso di designazione definitiva, motivandola con la mancanza del tempo necessario per espletare tale incarico rappresentativo; accetterà la nomina solamente in seguito, per il 1690 ed il Agi, nominando Giovanni Maria Morandi vice per le probabili assenze (ibid., pp. 89 s.).
Verso la fine del 1675, infine, il D. risulta a ruolo della famiglia Pamphili in qualità di unico architetto, stipendiato mensilmente da Olimpia Aldobrandini; in seguito, da suo figlio Giovambattista Pamphili (ibid., p. 37).
I primi incarichi del D. presso i Pamphili attennero ai lavori di sistemazione interna e della facciata posteriore della chiesa di piazza Navona, oltre che della "libreria" del palazzo adiacente. Per S.Agnese, inoltre, fu incaricato della progettazione e realizzazione dell'altare maggiore in stucco; la struttura, demolita nel 1722 per far posto all'attuale, venne realizzata in collaborazione con il cognato F. Carcani e incorniciava il bassorilievo, gia esistente, di Domenico Guidi.
Dal 1678 iniziò anche il rapporto professionale con il fratello di Giovambattista Pamphili, il cardinal Benedetto, per il quale diresse i lavori di trasformazione della sede aventiniana dei cavalieri di Malta, di cui Benedetto era gran priore, realizzando il loggiato che si affaccia sul Tevere (Montalto, Un mecenate..., 1955, p. 348). Per entrambi i fratelli, inoltre, concorse all'abbellimento del palazzo al Corso, ove costoro avevano stabilito la residenza, anche se in ali separate dell'edificio. Dal 1683 al 1688 il D. fu impegnato nella sua opera più importante per i Pamphili: l'edificazione della chiesa collegiata di Valmontone, che Giovambattista volle costruire accanto al palazzo paterno, nel luogo di villeggiatura della famiglia, demolendo la chiesa precedente, edificata al tempo della proprietà Barberini (Menichella, 1985, pp. 36-40).
La configurazione planimetrica dell'edificio presenta soluzioni vicine alla chiesa di S.Maria in Montesanto in piazza del Popolo, nel cui cantiere il D. risultava presente dal 1676 sia per la decorazione interna sia per il disegno della tribuna e dell'altare maggiore (Golzio, 1941, pp. 125 ss., 136 ss.).
Negli anni 1681-82 il D. lavorò di nuovo per la famiglia Rospigliosi, al servizio di Giovambattista, nipote di Clemente IX, e di suo cognato Lazzaro Pallavicini. Costui gli chiese i disegni per il proseguimento dei lavori di ricostruzione della chiesa di S. Francesco a Ripa, ove intendeva situare la propria tomba gentilizia. Alla morte di Lazzaro, Giovambattista Rospigliosi, esecutore testamentario del cognato, in nome del figlio secondogenito Nicolò, erede per fidecommesso del nome e degli oneri dello zio cardinale, si rivolse ancora al D. per la sovrintendenza dei lavori di esecuzione (Menichella, 1985, pp. 33 s.); gli affidò, inoltre, altri incarichi per l'eredità Pallavicini, nel palazzo "al monte di Pietà" (ex palazzo vecchio Barberini ai Giubbonari).
L'edificio della chiesa trasteverina aveva già subito una pesante trasformazione, a opera di Onorio Longhi, nel 1603 nel settore del coro e della cappella maggiore. Deve essere attribuita al D. esclusivamente la demolizione e la ricostruzione delle tre navate, dall'ingresso sino alla terza coppia di pilastri centrali, che andarono ad addossarsi a quelli dell'arco maggiore, appartenenti alle strutture longhiane; a destra venne edificata la struttura muraria di tre nuove cappelle, ad impianto ovale, simmetriche a quelle rinascimentali sulla sinistra, nel sito ove era stato demolito un corpo di fabbrica del convento medioevale (Menichella, S. Francesco a Ripa..., 1981).
Tutti i problemi progettuali affrontati nell'impianto interno, vennero riproposti all'esterno; vi si può agevolmente distinguere l'escursione altimetrica fra navate laterali, adeguate alla dimensione delle cappelle, e navata centrale, regolata, al contrario, sulla zona presbiteriale longhiana.
Appartiene al rifacimento derossiano, inoltre, la nuova facciata, caratterizzata da riccioli aperti verso l'alto: motivo presente anche in altri prospetti derossiani: S. Croce dei Lucchesi, la facciata di S. Maria delle Vergini e la scomparsa S. Galla per gli Odescalchi.
Nell'ultima parte della sua vita il D. fu profondamente legato professionalmente ad Innocenzo XI Odescalchi ed a suo cugino, monsignor Carlo Tommaso, rapporto tuttavia misconosciuto dalla critica a causa delle demolizioni o trasformazioni delle opere che Carlo Tommaso ed il nipote del pontefice, Livio, duca di Bracciano, affidarono al D.: la ricostruzione dell'intero edificio (1683-1691) di S.Maria in Portico, chiesa ed ospizio; il nuovo complesso fu dedicato a S.Galla (Menichella, 1981, pp. 27 s.). Nel 1686 Carlo Tommaso, sostenuto dal cugino pontefice, decise di comperare un terreno in Trastevere per un nuovo edificio assistenziale per i ragazzi bisognosi con annesso un lanificio; sorse così, su progetto del D., il primo corpo di fabbrica dell'ospizio apostolico di S. Michele, la cosiddetta "fabbrica Odescalchi".
L'edificio di Ripa, comprendente il dormitorio dei ragazzi, il lanificio ed una cappella dedicata all'arcangelo Michele, venne, in seguito, ampliato e trasformato da Carlo Fontana per Clemente XI.
Negli ultimi anni della sua vita il D. fu sempre più impegnato a livello ufficiale sia come sovrastante in S.Pietro (ove progettò e mise in opera il monumento funebre di Clemente X dal 1682 al 1684, per la famiglia Altieri) sia quale architetto camerale di Innocenzo XII (che gli affidò compiti delicati, come la perizia sulla stabilità della cupola di S. Pietro e lo affiancò a Carlo Fontana per il completamento di Montecitorio, presumibilmente con l'incarico di controllare le spese eccessive). La notorietà professionale conseguita permise che gli fossero affidati i completamenti di S. Andrea delle Fratte, secondo il disegno borrominiano, della facciata della scomparsa chiesa degli Angeli Custodi in via del Tritone (Menichella, L'isola..., 1981, p. 35), della scomparsa chiesetta di S. Francesca Romana in via Sistina ed i proseguimenti di apparati decorativi interni di edifici già esistenti (le tribune di S. Maria in Aquiro, di S. Maria in Montesanto e di S. Silvestro in Capite); eseguì inoltre i disegni per la cappella Capizucchi in S. Maria in Campitelli nel 1685 e per il monumento di monsignor Liberati sulle scale dell'edificio (ex canonica) annesso a S. Maria Maggiore nel 1690.
Nel 1690 fu eletto principe dell'Accademia di S. Luca (Menichella, 1985, pp. 80, 89 s.).
Morì il 2 ag. 1695, già vedovo, nella sua casa in via Sistina.
Non lasciando eredi diretti, designò eredi del patrimonio i figli maschi del fratello Angelo e continuatore dell'attività professionale il fratellastro Domenico, che gli successe nella carica di sovrastante in S. Pietro e nel cantiere di S. Silvestro. Molti progetti rimasero incompiuti e spettò ad altri portarli a termine: il prospetto di S. Maria delle Vergini (ora S. Rita), per cui aveva realizzato l'altare maggiore con il cognato Carcani, quello di S. Croce dei Lucchesi, la Dogana di Ripa Grande (terminata da Carlo Fontana, venne poi demolita per la costruzione del lungotevere), la cappella Torre in S. Maria Maddalena (proseguita dal Bizzacheri), il monumento funebre di Giovanna Garzoni in Ss. Luca e Martina (Noehles, 1969, 115 n. 294).
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. d. Vicariato, S. Andrea delle Fratte, Stati d'anime, 1667-69, vol. 66, f. 18v; Archivio di Stato di Roma, Trenta notai capitolini, Ufficio 3, vol. 15 (Testamenti), ff. 213-220; vol. 287 (Instrumenti), ff. 49-88; Parigi, Bibliothèque nationale, Cabinet des manuscripts, Ms. Ital. 2083, ff. 27 s., 35 s., 57 s., 59-62, 63 s., 67 s., 95-109, 113-118, 129 s., 141 s., 149 s., 167, 211-214, 231 s., 291-296, 307-311, 319-321, 353-356 (parzialmente pubblicati in Mirot, 1904); Roma, Arch. d. Acc. di San Luca, vol. 45, f. 144; vol. 166, f. 65; vol. 167, f. 24; F. Baldinucci, Vita del cav. G. L. Bernini, scultore, architetto e pittore, Firenze 1682, pp. 80, 84, 102; P. Fréart de Chantelou, Vournal du voyage du cavalier Bernini en France [1665], Aix-en-Provence 1981, ad Indicem; D. Bernini, Vita del cavalier G. L. Bernini, Roma 1713, p. 113; G. G. De Rossi, Disegni di vari altari e cappelle nelle chiese di Roma, Roma 1713, tavv. 30 s.; L. Pascoli, Vite de' pittori, scultori ed architetti moderni, Roma 1730, I, pp. 322-330; F. Titi, Descriz. delle pitture, sculture e architetture esposte al pubblico in Roma, Roma 1763, ad Indicem;F. Milizia, Le vite de'più celebri architetti d'ogni nazione e tempo, Roma 1768, pp. 291 s.; L. Mirot, Le Bernini en France, Paris 1904, ad Indicem; L. Ozzola, L'arte alla corte di Alessandro VII, in Arch. d. Soc. Rom. di storia patria, XXXI (1908), pp. 8 s., 39 s.; G. Rouches, Inventaire des lettres et papiers manuscripts de Gaspare, Carlo et Lodovico Vigarani conservés aux archives d'Etat de Modène (1634-1684), Paris 1913, pp. 103 n. 1, 112, 138 e n. 1; G. Incisa della Rocchetta, Notizie sulla fabbrica della chiesa collegiata di Ariccia 1662-64, in Riv. d. Ist. di archeol. e st. d. arte, I (1929), I, pp. 351 s., 354, 356, 359 s., 365, 368, 370 ss.; H. Brauer-R. Wittkower, Die Zeichnungen des Gian Lorenzo Bernini, Berlin 1931, ad Indicem; E. Coudenhove-Erthal, Zum Problem Carlo Fontana, in Wiener Jahrbuch für Kunstgeschichte, IX (1934), pp. 31, 40, 49, 63, 69, 131; V. Golzio, Documenti artistici sul Seicento nell'archivio Chigi, Roma 1939, pp. 8, 10, 53 ss., 59, 61, 83, 90, 97, 100, 113, 140-147, 151, 331, 334, 381, 386, 397-404, 410, 412, 421; Id., Le chiese di S. Maria in Montesanto e di S. Maria dei Miracoli a piazza del Popolo, in Archivi, s. 2, VIII (1941), 3-4, pp. 125 ss., 130, 136 ss.; G. Matthiae, Due chiesette romane del '600, in Palladio, V (1941), pp. 41, 44 s.; U. Donati, Gli autori degli stucchi in S. Andrea al Quirinale, in Riv. dell'Ist. di archeol. e storia dell'arte, VIII (1941), p. 149; A. Mercati, Nuove notizie sulla tribuna di Clemente IX a S. Maria Maggiore da lettere del Bernini, in Roma, XXII (1944), p. 19; L. Montalto, Gli affreschi di palazzo Pamphilj in Valmontone, in Commentari, VI (1955), p. 267; Id., Un mecenate in Roma barocca. Il card. Benedetto Pamphili (1653-1730), Firenze 1955, pp. 48, 270 s., 275 s., 348, 360, 529; A. Schiavo, La fontana di Trevi e le altre opere di Nicola Salvi, Roma 1956, p. 40; Id., Il viaggio di Bernini in Francia nei documenti dell'Archivio segr. Vaticano, in Boll. Centro studi per la storia dell'archit., X (1956), pp. 33 ss., 40 n. 4, 43; I. Lavin, Decorazioni barocche in S. Silvestro in Capite a Roma, in Boll. d'arte, XLII (1957), pp. 44 s., 475 s.; A. Schiavo, Palazzo Altieri, Roma 1963, pp.65, 82, 189, 191; F. Haskell, Mecenati e pittori [1963], Firenze 1966, pp. 147, 587; L. Lotti, Il palazzo Muti - Papazzurri alla Pilotta, in Boll. Unione storia e arte, n. s., IX (1966), p. 105; P. Portoghesi, Roma barocca, storia di una civiltà architettonica, Roma 1966, p. 294; M. Fagiolo-M. Fagiolo, Il Bernini, Roma 1967, ad Indicem; H. Waga, Vita ... dei Virtuosi al Pantheon. Notizie d'archivio, in L'Urbe, XXXI (1968), 3, p. 6; F. Fasolo, L'opera di Hieronimo e Carlo Rainaldi, Roma 1969, ad Indicem; K. Noehles, La chiesa di Ss. Luca e Martina nell'opera di Pietro da Cortona, Roma 1969, p. 115, n. 294; D. R. Coffin, The Villa d'Este at Tivoli, Princeton 1970, pp. 115-119, 121, 175, foto 119a-134; G. Eimer, La Fabbrica di S. Agnese in Navona, Stockolm 1970, ad Indicem;H. Hager, La crisi statica della cupola di S. Maria in Vallicella in Roma e i rimedi proposti da C. Fontana, C. Rainaldi e M. D., in Commentari, XXIV (1973), pp. 305, 309, 311; G. Marincola Mauro, S. Maria delle Vergini ora S. Rita, in Alma Roma, XVI (1975), pp. 38 s.; P. Marconi-A. Cipriani-E. Valeriani, Idisegni di architettura dell'Archivio stor. dell'Acc. di S. Luca, Roma 1974, II, p. 7, nn. 2099-2103; A. Pinelli, Bernini a Monterano, in Ricerche di storia dell'arte, I (1976), 1-2, p. 173; M. Fagiolo dell'Arco-S. Carandini, L'effimero barocco. Strutture della festa nella Roma del '600, I, Roma 1977, pp. 248, 329; A. Braharn-H. Hager, Carlo Fontana. The Drawings at the Windsor Castle, London 1977, ad Indicem; A. Menichella, S. Francesca Romana a Capo le Case, in Alma Roma, XX (1979), 1-2, pp. 54, 56, 58; Id., S. Francesco a Ripa. Vicende costruttive della prima chiesa francescana di Roma, Roma 1981, ad Indicem; Id., L'isola della chiesa dell'Arciconfraternita degli Angeli Custodi e di palazzo Buratti-Alberoni in via del Tritone, in Alma Roma, XXII (1981), 1-2, pp. 35 s.; Id., Un'opera scomparsa di M. D.: storia della chiesa e dell'ospizio di Santa Galla, ibid., 5-6, pp. 27-32; C. Benocci, S. Francesco a Ripa di A. Menichella..., in L'Urbe, XLIV (1981), 6, pp. 259 ss.; H. Hager, in Macmillan Enc. of architects, 1, London 1982, pp. 561-565; A. Menichella, M. D., discepolo prediletto del Bernini, Roma 1985 (con ulteriore bibl.); U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXIX, pp. 68 s. (sub voce Rossi, Matthia de).