CARNERI (Carner, Carneris, Carnero), Mattia
Nacque a Trento dal pittore e scultore Paolo e da Elisabetta di Matteo Dell'Acqua il 7 giugno 1592. Proveniente da una famiglia dedita tradizionalmente alle belle arti, fu avviato precocemente alla carriera artistica, preparandosi nell'ambiente trentino. Nel settembre 1624 ebbe l'incarico di erigere un arco trionfale in onore dell'arciduca Andrea Carlo, e nel novembre dell'anno successivo fu incaricato di costruire due macchine in occasione del passaggio dell'arciduca Leopoldo. Ma di questa effimera attività nulla rimase oltre al ricordo dei contemporanei cronisti. Presumibilmente poco dopo l'artista dovette lasciare Trento per Innsbruck dove è documentato nel 1626 (Ringler) come autore dell'altare maggiore della chiesa dei serviti (con figure in stucco) e dove probabilmente fu operoso anche nella cappella ducale della Hofkirche. Il 3 giugno 1631 il C. era a Venezia donde inviava nella città natale un progetto di massima per l'altare maggiore della chiesa di S. Maria Maggiore, accompagnato da un preventivo di spesa dell'imprenditore veneziano Pietro Bagatteli; ma il progetto non fu eseguito, perché gli si preferì quello proposto il 17 ott. 1631 dai lapicidi locali Cristoforo Benedetti e Camillo Vinoto, su disegno, pare, del pittore Elia Naurizio (molto probabilmente in parte ispirato alla precedente idea del Carneri).
Sempre a Venezia, il doge Francesco Erizzo nel 1633 gli faceva erigere il proprio monumento funebre nella chiesa di S. Martino, testimonianza non indifferente della stima acquistata dal C. fra gli architetti e scultori della città lagunare. Eco di tale stima devesi ritrovare nell'attribuzione da molti riconosciutagli del progetto dell'altar maggiore per la chiesa dei SS. Giovanni e Paolo (1619-1663), che però viene oggi assegnato a B. Longhena, mentre al C. ci si limita ad attribuire un qualche intervento. Dopo il 1630 infatti lo stile del C. sembra spesso arieggiare quello del maggiore Longhena, fra i cui seguaci l'artista è stato di recente annoverato. Ciò può facilitare l'attribuzione del palazzo Erizzo, sempre a Venezia, presso S. Martino da noi avanzata (1964), partendo da un presupposto di Elena Bassi (1962). Sobria costruzione a tre piani con ampia esafora al piano nobile ed armonico sviluppo e disposizione dei vuoti, è in piena armonia con la tradizione strutturale veneziana. Inseritosi frattanto nell'ambiente degli imprenditori veneti del momento - assai attivi anche nella Terraferma -, verso il 1645 il C. incominciò il monumento a Giandomenico Sala, caratterizzato da ricca fastosità barocca, nella basilica del Santo a Padova. E qui lavorava ancora tre anni dopo all'altare di S. Francesco, di nobile struttura, a quattro colonne di marmo nero sorreggenti una complessa cimasa, popolata di putti, figure allegoriche, stemmi e cartigli che dimostrano la valentia dell'artista e della sua "officina" anche nell'arte scultorea: il ricchissimo paliotto della mensa ad intarsi figurali marmorei colorati è probabilmente opera di maestranze fiorentine, mentre costituiscono un'aggiunta più tarda le statue allegoriche laterali (Fede e Carità)di Matteo Allio.
Incerta, per divergenze di documentazione e, in parte, di stile, la partecipazione del C. come progettista dell'altare della Madonna nel braccio destro del transetto del duomo, sempre a Padova: l'esecuzione dovrebbe essere avvenuta fra il 1648 e il 1652. Ma l'opera più notevole a Padova fu certamente la progettazione ed esecuzione del rinnovato presbiterio della basilica del Santo, cui prese parte con Lorenzo Bedogni da Reggio e, per certa parte, con l'intervento, in qualità di impresario, del veneziano Giuseppe Sardi.
Già nel 1648 la presidenza della Venerabile Arca di S. Antonio aveva approvato il progetto del C. per la nuova sistemazione del "sacro recinto". Ma i lavori non ebbero inizio che il 3 apr. 1651, allorché il C., forse impegnato in altre imprese, inviò come proti il figlio Andrea, dapprima, e un mantovano (il Subrogadi) poi, talché, per accelerare la realizzazione dell'opera, la stessa presidenza gli tolse ogni titolo passando la responsabilità di essa al Bedogni.
Difficile dire, in tanta successione di nomi, quanto spetti a ciascuno, ma si può sostenere che, benché riveduta e forse modificata dal Bedogni, la grandiosa idea generale dell'impianto sia stata per la prima volta espressa dai disegni del Carneri. Certo i preesistenti disegni permisero all'architetto e pittore reggiano di perfezionare, modificandole, alcune anche importanti soluzioni. Da un arbitrato del podestà e dei deputati di Padova, infatti, risulta che al modello presentato a suo tempo dal C. per le cantorie si preferì quello del Bedogni.
Dopo questo lavoro, che forse gli costò più delusioni che vantaggi, pare che il C. decidesse di tornare a Trento, ove nel 1658 avrebbe approntato ed ornato di statue il catafalco del defunto principe vescovo Carlo Emanuele Madruzzo.
Morì il 13 ott. 1673 a Trento, e fu sepolto nella chiesa di S. Maria Maggiore.
Stilisticamente legato, come architetto, all'ambiente veneziano longhenesco, la "misura" del C. realizzatore di spazi non è oggi giudicabile; si presenta con più spiccata personalità in alcune opere di minor mole come il monumento al doge Erizzo in S. Martino (criticato aspramente, proprio per la sua originalità, dal Selvatico) o l'altare della Madonna nel duomo di Padova. Né si deve dimenticare il monumento e il busto di PaoloVeronese da lui eseguiti presso l'organo di S. Sebastiano, in Venezia, di datazione imprecisata - ma certo prima del 1648 - benché su precedente modello di C. Bozzetti. In tutti questi lavori prevale, sulla maniera grande dell'architetto barocco, il capriccio artificioso e scenografico dello scultore.
Suo figlio Andrea è documentato nel 1649 a Preghena dove probabilmente si occupò della decorazione scultorea dell'altar maggiore e due anni dopo eresse il battistero. Nello stesso 1651 fu mandato dal padre a Padova come proto del Santo; nel 1660 (22 dicembre) sposò Elisabetta Mazzola. Suo figlio Mattia il 23 febbr. 1668 sposò Domenica Anna diGiacomo Penner e, rimasto vedovo, il 3 marzo 1710 Domenica Felice del fu Francesco Betti pittore di Trento; figlio suo fu Francesco Ignazio, nato a Trento il 6 apr. 1720 di cui si conosce un solo dipinto: il ritratto di Francesca Partini firmato e datato 1745, ora al castello del Buonconsiglio. Della famiglia del C. non va infine dimenticato l'architetto Claudio, che nel 1780 presentò il disegno per il restauro di parte del palazzo pretorio di Trento (L. Woezl, Alcune notizie intorno al pal. pretorio in Trento, in Archiviotrentino, IV [1885], pp. 133-42).
Non sembra invece possa essere del tutto identificabile, come propone nella sua opera il Rasmo, con il C. (da Rasmo detto Matteo) quel Mattia che nel 1639 a Bolzano aveva fornito i disegni per la cappella dei mercanti nella chiesa dei domenicani, e fra il 1657 e il 1660 quelli per l'altare maggiore di S. Maria delle Laste a Trento. (Cessi, p. 44).
Fonti e Bibl.: P. Zani, Encicl. metodica… delle Belle Arti, I, 4, Parma 1794, p. 402; P. Brandolese, Pitture, sculture, architetture di Padova, Padova 1795, p. 126; P. Selvatico, Sulla archit. e sulla scultura in Venezia, Padova 1847, pp. 129 s.; P. Gonzati, La basilica del Santo, Padova 1852, I, p. 91, doc. 68; G. B. Zanella, S. Maria di Trento, Trento 1879, p. 20; E. Rigoni, I monumenti onorari della fam. Sala nella basilica di S. Antonio, in Atti e mem. della R. Acc. patavina, n. s., L (1933-34), pp. 87 s.; S. Weber, Artisti trentini ed artisti che operarono nel Trentino, Trento 1933, p. 65; N. Rasmo, Gliscultori Benedetti e Domenico Molin, in Archivio per l'Alto Adige, XXXVIII(1943), pp. 33-36, 84, 86; E. Bassi, Architettura del Sei e Settecento a Venezia, Napoli 1962, pp. 108, 142; F. Cessi, M. C., Trento 1964; J. Ringler, Ein M.C. …, in Der Schlern, XL (1966), pp. 535-537; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, pp.13 (s. v. Carmero Matteo), 19 (s. v. Carneri Mattia).