PALMIERI, Mattia
PALMIERI, Mattia. – Nacque nel 1423 a Pisa da Giovanni; il nome della madre è ignoto. Probabilmente nei primi anni Quaranta si trasferì con la famiglia a Firenze.
Alla fine del libro I del De bello Italico, durante il racconto delle vicende occorse all’Italia prima della morte di Filippo Maria Visconti (1447), Palmieri si sofferma sulle difficili condizioni della sua città natale, conquistata da Firenze nel 1406, «alteram Carthaginem», come scrive riprendendo un accostamento già proposto da Leonardo Bruni nel proemio della sua Historia Florentini populi. In un quadro di assoggettamento e di progressiva desolazione molte famiglie furono costrette a lasciare la città alla volta di Firenze, tra queste anche i Palmieri.
A Firenze completò la sua formazione culturale, divenendo «Latinae et Graecae eruditus» secondo il giudizio dell’umanista Iacopo Gherardi da Volterra (1904, p. 123), ed entrò nella cerchia medicea. In una lettera a Lorenzo il Magnifico del 2 aprile 1474 Giovanni Tornabuoni lo definisce «antichissimo cortigiano [...] sempre stato familiare di casa» (Fabroni, 1784, II, p. 383) e lo stesso Palmieri in una missiva a Lorenzo, da Roma il 23 luglio 1474, indugia sull’antico rapporto di reciproco rispetto e fiducia che lo legava ai Medici (ibid., pp. 383 s.).
Nel 1450 si trovava a Roma in occasione del giubileo indetto da papa Niccolò V e forse in occasione di questo soggiorno si legò al cardinale Prospero Colonna, divenendone familiare. Nel 1452, grazie a Colonna, ottenne documenti preziosi relativi al conflitto apertosi tra Francesco Sforza e Venezia negli anni Quaranta, come riporta nel De bello Italico (libro IV), dove non manca di celebrare il suo protettore. A Colonna, in relazione con letterati e umanisti come Poggio Bracciolini, Lapo da Castiglionchio e Leon Battista Alberti, Palmieri dedicò la sua traduzione in latino delle Storie di Erodoto, compiuta certamente prima del 1463, anno della morte di Colonna, e rimasta manoscritta. Essa precede quella di Lorenzo Valla, data alle stampe a Venezia nel 1474, come peraltro si evince anche dalla prefazione, in cui Palmieri sostiene di essere il primo ad avere tradotto l’opera dello storico greco (Torino, Biblioteca nazionale, D.II.7 e Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. Lat., 1798, lacunoso). Nel codice torinese al testo è anteposto il sonetto Io son tuo servo e duolme essere indegno, da cui risulta il sentimento di profonda riconoscenza nutrito da Palmieri nei confronti del suo protettore.
Nel luglio 1457 fu nominato secretarius, ufficio di particolare prestigio in Curia. Allo stesso periodo risale quasi certamente la traduzione latina della cosiddetta Lettera di Aristea (II sec. a.C.), commissionata a Palmieri da Giovanni Tortelli, già coadiutore di Niccolò V nella fondazione della Biblioteca Vaticana, e dedicata, in una prima redazione a Bartolomeo Malipiero, vescovo di Brescia dal 1457 al 1464 (Milano, Biblioteca Braidense, AD.IX.21; Biblioteca apostolica Vaticana, Ottob. Lat., 1863, codice appartenuto a Tortelli). Una seconda redazione (Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., VIII.53; Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. Lat., 8913) è dedicata a Paolo II, sotto il cui pontificato la Lettera di Aristea fu oggetto di un rinnovato interesse. La traduzione di Palmieri (nella seconda redazione) fu stampata a Roma nel 1468 (Sweynheym & Pannartz) in testa alle Epistolae di s. Girolamo e alla Biblia del 1471 (Sweynheym & Pannartz). A Palmieri è attribuita anche una traduzione delle Meteore di Aristotele (Zeno, 1753, p. 172).
Nel 1463, come risulta dal De bello Italico (libro IX), compì un viaggio in Italia meridionale, dove vide i tesori lasciati dal principe di Taranto Giovanni Antonio Orsini Del Balzo a re Ferdinando d’Aragona. Nel 1464 partecipò alla spedizione contro i Turchi allestita da Pio II, evento che raccontò con dovizia di particolari nel De bello, ricordando di essere stato, in quei frangenti, capo degli arcieri spagnoli (libro X). Insieme con Bartolomeo Sacchi (il Platina), Iacopo Maffei, Sigismondo de’ Conti, compare tra i letterati che parteciparono, sotto Sisto IV, alla riorganizzazione della Biblioteca Vaticana in vista dell'apertura al pubblico fortemente voluta dal papa della Rovere. Quando il 26 novembre 1479 Gherardi fu nominato da Sisto IV, tra i segretari apostolici, ufficio tra i più ambiti dagli umanisti, compariva anche Palmieri che tenne la carica fino alla morte. Il 15 novembre 1482 una bolla di Sisto IV gli conferì il canonicato di Pisa: «dilecto Matthiae Palmierio secretario apostolico et familiari nostro» (Lanzani, 1905, p. 369).
Forse ultima tra le sue opere a essere redatta è il De bello Italico, tuttora inedito (Pisa, Biblioteca universitaria Pisa, Mss., 12, 232 carte), che narra in latino in dieci libri la guerra tra la Repubblica di Firenze e il re di Napoli Alfonso d’Aragona e, più in generale, le vicende degli Stati italiani dalla morte di Filippo Maria Visconti fino al 1464, anno in cui Ferdinando d’Aragona sembra ormai avere pacificato il suo regno e in cui muoiono due protagonisti della storia della penisola nella seconda metà del XV secolo, Cosimo de’ Medici e Pio II. È questa prospettiva peninsulare l’aspetto più interessante dell’opera, che presenta elementi tipici della storiografa umanistica (lunghe orazioni, descrizioni di battaglie) ed è ricca di informazioni, di cui Palmieri dovette venire in possesso anche in virtù degli uffici ricoperti in Curia. Il De bello Italico termina con il racconto dell’elezione di Paolo II e con la menzione di un’opera di Palmieri su Paolo II, in sette libri, che però non è stata rinvenuta.
Palmieri continuò anche l’Opus de temporibus suis dell’umanista e uomo politico fiorentino Matteo Palmiero fino al 1482. Si tratta di una scarna cronaca dei principali avvenimenti verificatisi in Italia e in Europa tra il 1449 e il 1482, a cui Palmieri lavorò probabilmente di anno in anno. La parte da lui redatta compare già nell’edizione stampata a Venezia da E. Ratdolt nel 1483 (anche se non viene segnalata nel frontespizio) e nelle edizioni successive di Basilea (H. Petrus, 1529 e 1536), così come è inclusa nei Rerum Italicarum Scriptores (I, a cura di G.M. Tartini, Milano 1748).
Morì a Roma il 19 settembre 1483, come recita l’epitafio commissionato dal fratello Silvestro. Fu sepolto nella basilica di S. Maria Maggiore.
Fonti e Bibl.: Pauli II veneti Pont. Max. vita ex codice Angelicae Bibliothecae desumpta, Roma 1740, pp. 153 s.; I. Gherardi da Volterra, Diario romano dal 7 settembre 1479 al 12 agosto 1484, a cura di E. Carusi, in Rerum Italicarum Scriptores, XXIII, 3, Città di Castello, 1904, pp. 10, 123; A. Zeno, Dissertazioni vossiane, Venezia, II, 1753, p. 169 ss.; G. Marini, Archiatri pontifici, II, Roma 1784, p. 148; A. Fabroni, Laurentii Medicis Magnifici vita, Pisa 1784, I, p. 193; II, pp. 383 s.; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, XVII, Firenze 1787, p. 43; G. Vasari, Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architetti, I, Siena, 1791, pp. XXXI, XLII-XLVIII; Memorie istoriche di più uomini illustri pisani, III, Pisa 1792, pp. 225-252; D. Gravino, Saggio d’una storia dei volgarizzamenti d’opere greche nel secolo XV, Napoli 1896, pp. 45-66; A. Crivellucci, Matthiae Palmieri Pisani De bello Italico libri X, in Studi storici, VI (1897), pp. 251-255; L. Lanzani, L’umanista M. P. e la sua storia “De bello italico”, ibid., XIV (1905), pp. 365-393; L. von Pastor, Storia dei papi, II, Roma 1911, pp. 623, 632; W. von Hofmann, Forschungen zur Geschichte der kurialen Behörden vom Schisma bis zur Reformation, II, Rom 1914, p. 115; G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti delle Biblioteche d’Italia, XXIV, Firenze 1917, p. 7; A. Frugoni, La crociata di Pio II nel “De bello Italico” del pisano M. P., in Bollettino storico pisano, IX (1940), pp. 88-96; A. Momigliano, Secondo contributo alla storia degli studi classici, Roma 1960, p. 51; A. Frugoni, Appunti sul De bello Italico di M. P., in Annali della Scuola speciale per archivisti e bibliotecari dell’Università di Roma, I (1961), pp. 77-81; P. Loi, L’assedio di Piombino del 1448 nella narrazione di M. P., in Archivio piombinese di studi storici, I (1971) pp. 25-56; Th. Frenz, Die Kanzlei der Päpste der Hochrenaissance (1471-1527), Tübingen 1986, p. 407, nr. 1635; R. Sabbadini, Da codici braidensi, in Id., Opere minori, I, Classici e umanisti da codici latini inesplorati, a cura di T. Foffano, Padova 1995, pp. 237-268; L. Canfora, Il viaggio di Aristea, Roma-Bari 1996, pp.XV, 98 n.;C. Bianca, Il soggiorno romano di Aristea, in Roma nel Rinascimento, 1996, pp. 36-41; S. Pagliaroli, L’Erodoto del Valla, Messina 2006, pp. 73-99.