MEDICI, Mattias de’.
– Nacque a Firenze il 9 maggio 1613 dal granduca di Toscana Cosimo II e da Maria Maddalena d’Austria.
Fu avviato alla carriera ecclesiastica molto giovane (ricevette la prima tonsura nel 1620), ma la abbandonò anche molto presto. Nel maggio 1629 fu nominato governatore di Siena dal nuovo granduca, Ferdinando II, suo fratello. Al momento di entrare in carica, il M. ricevette dalla madre un memoriale in cui, ricordata la necessità di non interrompere la sua formazione, gli furono date indicazioni riguardo ai suoi compiti di governo e ai comportamenti ai quali attenersi.
Pur non tralasciando gli studi, il M. si impegnò nel nuovo incarico, partecipando alle riunioni della Consulta (organo con competenza istruttoria su istanze e suppliche dei sudditi) e dando periodicamente pubblica udienza. Come appare dal suo carteggio, egli era altresì frequentemente impegnato in cacce e intrattenimenti, come pure in cerimonie pubbliche, civili e religiose. Subito intrecciò rapporti con il mondo teatrale: il M. assisteva a «virtuose musiche» (cit. in Minucci Del Rosso, p. 82) e alle commedie degli albori del melodramma; inoltre, sin dal settembre 1629, invitò in città noti comici fiorentini della commedia dell’arte. Persino le sue pratiche religiose si contraddistinguevano per i «sermoni pieni di devozione, di dottrina e di leggiadria, accompagnati da altre devozioni e musiche» (il M. alla madre, 26 febbr. 1630, cit. in Solerti, p. 224).
Il 29 sett. 1631, insieme con il fratello Francesco, il M. iniziò il viaggio per accompagnare la madre che si recava presso la corte del proprio fratello, l’imperatore Ferdinando II d’Asburgo. La missione, portata a termine nonostante l’improvvisa morte di Maria Maddalena, avvenuta durante il viaggio, a Passavia, aveva soprattutto il compito di ribadire la solidità dei legami tra Firenze e Vienna: all’imperatore fu offerta la partecipazione del M. e di Francesco nelle file dell’esercito imperiale.
I due principi, che avrebbero militato accompagnati soltanto dal personale di servizio e da alcuni esperti nobili militari, mossero da Firenze ai primi di luglio 1632. All’inizio di agosto entrarono a Vienna, dove furono accolti da Ferdinando II. Quindi raggiunsero nei pressi di Norimberga l’armata imperiale guidata da Albrecht von Wallenstein. Il M., che accompagnava Wallenstein nelle manovre di controllo della ritirata dell’esercito del re svedese Gustavo Adolfo, premeva per avere il comando di un reggimento assoldato sul posto. Tuttavia, quando una rapida manovra svedese costrinse gli eserciti avversari alla battaglia (presso Lützen, il 16 nov. 1632), egli ebbe il battesimo del fuoco da semplice «venturiere».
Dopo la successiva ritirata in Boemia dell’esercito imperiale, il M., indignato per la decisione di Wallenstein di non affidargli un reggimento di 600 cavalleggeri, si ritirò prima a Brno, poi, dal febbraio 1634, a Neustadt, nel castello dell’imperatore. Quindi, dopo l’assassinio di Wallenstein (il 25 febbraio), tornò nell’esercito imperiale guidato da Mattia Galasso (Mathias Gallas) e impegnato dal maggio 1634 nell’assedio di Ratisbona. Durante queste operazioni, suo fratello Francesco, con cui aveva condiviso tutte le principali scelte, morì di peste (26 luglio 1634).
Anche se con crescente incertezza sull’opportunità di restare in Germania dopo aver speso più di 60.000 scudi, il M. continuò la campagna nell’esercito del figlio dell’imperatore, il re d’Ungheria Ferdinando, fino alla vittoria di Nördlingen, all’inizio di settembre 1634. Nominato generale dell’artiglieria imperiale, passò poche settimane a Firenze e tornò subito in Germania, preparandosi alla campagna del 1635. Incontrato in Baviera il re d’Ungheria e ottenuto il comando di un reggimento di fanteria tedesco, alla fine di agosto si scontrò fra Magonza e Francoforte con truppe francesi, e risultò vittorioso. Dal bagaglio dei nemici sconfitti recuperò alcune bandiere perdute durante la battaglia di Lützen.
Trascorso l’autunno in inconcludenti manovre in Palatinato e in Lorena, nel dicembre 1635 il M. organizzò i quartieri d’inverno del proprio reggimento a Worms, dove dovette affrontare seri problemi di approvvigionamento e di pagamento delle truppe; fu anche accusato, di malversazioni, dal governo locale.
A metà maggio del 1636 il M. si recò a Spira, sede del comando generale dell’Armata imperiale, allo scopo di richiedere assistenza per le proprie truppe e programmare l’imminente nuova campagna, che intendeva portare l’attacco nel cuore della Francia, dal 1635 in guerra aperta contro la Spagna.
Le truppe del M. si diressero verso Digione, in Borgogna, e durante la marcia subirono pesanti perdite per fame e per malattie. Il M. non nascondeva il proposito di rientrare a Firenze, e la morte dell’imperatore Ferdinando II, nel febbraio 1637, affrettò i suoi disegni: quando il successore, Ferdinando III, lo escluse dal novero dei generali convocati in una riunione dello stato maggiore a Vienna, il M. prese la strada per Firenze, dove soggiornò nella prima metà di giugno del 1637. Poco dopo, però, la nomina a mastro di campo generale (altrimenti detto maresciallo di campo) lo fece tornare al servizio dell’imperatore. Il M. passò in Pomerania e diresse le operazioni di assedio dell’isola di Usedom, nel mar Baltico: se ne impadronì all’inizio di dicembre del 1637, con la conquista del castello di Wolgast. Seguì, alla vigilia di Natale, l’occupazione di Demmin. Trovate le consuete difficoltà nel sistemare le proprie truppe per i quartieri d’inverno, nel 1639 il M. ottenne il permesso di rientrare definitivamente in patria. Su questa decisione pesarono indubbiamente le spese sostenute: in sei anni avevano raggiunto l’ingente somma di 341.718 lire fiorentine.
Il viaggio di ritorno del M., intrapreso nell’aprile 1639, fu ostacolato da una malattia, che lo indusse a rientrare a Vienna. Riprese la via dell’Italia solo in giugno e all’inizio di agosto raggiunse Firenze, per poi rioccupare il suo ufficio di governatore di Siena. Nello stesso 1639 corsero voci di un suo ingaggio al servizio dei Francesi, ma i primi contatti allacciati non ebbero seguito.
Nel 1641 compì un viaggio nelle principali città del Norditalia: Milano, Genova, Ferrara e Venezia, dove ebbe modo di approfondire i suoi interessi per il teatro, in particolare per il melodramma. Strinse amicizia con il compositore e impresario Francesco Sacrati, che nel febbraio 1645 avrebbe allestito a Siena la rappresentazione della Finta pazza di Giulio Strozzi, a opera dell’Accademia dei Febiarmonici.
Il M. tornò presto al servizio militare attivo: dopo che il papa Urbano VIII aveva fatto occupare il Ducato di Castro (27 sett. 1641), conteso al duca di Parma Odoardo Farnese, nel 1642 era stata conclusa un’alleanza di Stati italiani (il Granducato di Toscana, Venezia, il Ducato di Modena) che intendeva opporsi al papa. Le ostilità tra gli eserciti pontificio e toscano, di cui il M. fu nominato comandante generale, iniziarono nell’estate del 1643.
Nella conduzione delle operazioni il M. si distinse per la sua determinazione e ottenne buoni risultati. Le truppe sotto il suo comando invasero l’Umbria: Città della Pieve si arrese in giugno, seguita da Castiglione del Lago. Nella battaglia di Mongiovino, in settembre, il M. sconfisse le truppe papali. In autunno, dopo nuove vittorie a Radicofani e a Pitigliano, il M. chiuse felicemente le operazioni del conflitto.
Come ricompensa, nel 1644 il granduca Ferdinando II gli diede in feudo Monte San Savino e gli fece dono della villa di Lappeggi, che il M. fece ristrutturare dall’architetto Antonio Ferri. Lappeggi, che era spesso luogo di feste mascherate e battute di caccia, divenne la sede delle sue collezioni d’arte.
Il M. aveva un gusto eclettico, incline alle arti minori e alla collezione di pezzi rari e curiosi. Spiccavano i 27 vasi d’avorio presi come bottino di guerra a Coburgo, in Sassonia (attualmente a Firenze, Museo degli argenti). La collezione comprendeva anche reperti naturalistici, orologi e strumenti scientifici. Vi erano inoltre una biblioteca e una fornita armeria, allestita secondo precisi canoni espositivi. Il M. aveva altresì dotato la villa di una fornita quadreria, che comprendeva scene di battaglia, nature morte e quadri a soggetto religioso: erano presenti opere del fiorentino Giovan Battista Vanni (tra cui un ritratto del M. a cavallo, oggi disperso), di due specialisti della caricatura e delle invenzioni estemporanee come Stefano Della Bella e Baccio Del Bianco, del pistoiese Giacinto Gimignani (che dipinse 12 tele a soggetto mitologico), di Gian Domenico Cerrini (4 opere, tra cui Giuseppe che spiega i sogni, ora a New York, Collezione Spark), di Salvator Rosa (tra cui una Battaglia, ora a Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina), di Jacques Courtois e Livio Mehus. Di questi due ultimi artisti il M. era aperto estimatore e mecenate. Incoraggiò e sostenne in particolare l’attività dell’ex soldato borgognone Courtois, in Italia sin dal 1636 e conosciuto dal M. nello scorcio degli anni Quaranta. Courtois fu attivo presso il M., che gli assegnò una provvisione mensile, nella prima metà del successivo decennio e dipinse tele con soggetti bellici, come le quattro battaglie alle quali il M. aveva preso parte: l’Assedio di Radicofani, la Battaglia di Mongiovino (Firenze, Galleria degli Uffizi), la Battaglia di Lützen, la Battaglia di Nördlingen (Ibid., Palazzo Pitti, Galleria Palatina).
A Siena, intanto, il M. si fece promotore di iniziative teatrali: in vista della destinazione a sala per le opere melodrammatiche, continuò e ampliò la ristrutturazione della sala del Consiglio generale del palazzo pubblico di Siena, inaugurata nella seconda metà di maggio 1647. Protesse il castrato Atto Melani, attivo anche alla corte di Parigi e a Firenze; incoraggiò l’attività del teatro del Cocomero, dove un gruppo accademico, detto dei Sorgenti, allestiva produzioni operistiche.
Nel 1647 parve di nuovo vicina l’ipotesi di un ingaggio del M. nell’esercito francese, ma il progetto fallì. Dal 1649 egli fu in carica come generale delle bande granducali, ordinamenti militari territoriali non professionali con il compito di custodire i confini toscani in occasione della seconda guerra di Castro (che oppose Innocenzo X a Ranuccio II Farnese e che portò all’incameramento del Ducato nello Stato della Chiesa). Stessi compiti di coordinare la sorveglianza delle frontiere furono affidati al M. nel 1656, quando una pestilenza colpì l’Italia centrale. In quell’occasione al M. fu affidata la soprintendenza di tutte le milizie e fortezze dello Stato.
Almeno dal 1663 il M. non nascose le sue ambizioni di ricevere il cappello cardinalizio. Forse interessi in tal senso erano nati addirittura prima, se una versione di un noto testo che descriveva lo stato delle fazioni in corte di Roma, la Giusta statera de’ porporati, fu dedicata appunto al M. intorno al 1655. Contatti per elevare il M. alla porpora furono avviati nel 1667 tra il granduca Ferdinando II e papa Clemente IX. Il compimento di questi disegni fu però impedito dal peggioramento delle condizioni di salute del Medici.
Il M. morì l’11 ott. 1667 a Siena e fu sepolto a Firenze nella cappella gentilizia di S. Lorenzo.
Fonti e Bibl.: P. Minucci Del Rosso, La giovinezza del principe M. dei M., in Miscellanea storica senese, III (1895), pp. 17-22, 33-37, 49-53, 65-70, 81-85; M. Nardi-Dei, Precetti materni al principe d. M. de’ M., governatore di Siena (1629), in Bullettino senese di storia patria, IV (1897), pp. 211-235; A. Solerti, Musica, ballo e drammatica alla corte medicea dal 1600 al 1637, Firenze 1905, pp. 215-228; G. Pieraccini, La stirpe de’ Medici di Caffagiolo, II, Firenze 1925, pp. 579-602; S. Rudolph, A Medici general, prince M. and his battle-painter il Borgognone, in Studi secenteschi, XIII (1972), pp. 183-191; A. Maretti, Dal teatro del principe alla scena dei virtuosi. Indicazioni sul mecenatismo di M. dei M. (1629-1666), in Medioevo e Rinascimento, VI (1992), pp. 195-209; E. Gavilli, Lappeggi, luogo di delizie del serenissimo principe M., in Arte, musica, spettacolo, I (2000), pp. 257-286; S. Mamone, Il sistema dei teatri e le accademie di Firenze sotto la protezione di Giovan Carlo, M. e Leopoldo principi impresari, in Teatro e spettacolo nella Firenze dei Medici. Modelli dei luoghi teatrali (catal.), a cura di E. Garbero Zorzi - M. Sperenzi, Firenze 2001, pp. 83-97; C. Sodini, L’Ercole tirreno. Guerra e dinastia medicea nella prima metà del ’600, Firenze 2001, ad indicem.
G. Brunelli
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