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MAETERLINCK, Maurice

di Silvio D'Amico - Enciclopedia Italiana (1934)
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MAETERLINCK, Maurice

Silvio D'Amico

Poeta belga, nato a Gand il 29 agosto 1862, da antica e agiata famiglia fiamminga. Passò l'infanzia in campagna e l'adolescenza in un collegio di gesuiti, studiò diritto in Belgio e da ultimo a Parigi. Nel 1889 pubblicò un volume di versi, Les Serres chaudes, e un dramma d'argomento fiabesco, La Princesse Maleine: quest'ultimo suscitò la più alta ammirazione nello scrittore francese Octave Mirbeau, il quale non esitò ad avvicinare il nome del nuovo giovane drammaturgo a quello di Shakespeare. Altri drammetti o drammi del M., in uno o più atti, furono rappresentati da Lugné-Poë nel Théâtre d'Art di Parigi (L'Intruse, 1890; Les aveugles, Les sept princesses, 1891), in quello dei Bouffes-Parisiens (Pelléas et Mélisande, 1892, musicato poi da Debussy), e al Théâtre de l'0euvre (Intérieur, 1894). A questi seguirono, fra il crescente interesse del pubblico e della critica di Francia e d'Europa, nuovi drammi dal soggetto di fiaba (Alladine et Palomides, 1894; Aglavaine et Selysette, 1896; Ariane et Barbebleu, 1902), alternati con volumi di liriche (Douze chansons, 1896), e di saggi sulla vita e sul destino degli uomini (Le Trésor des humbles, 1896; La sagesse et la destinée, 1898). Al M., studioso dei mistici medievali e traduttore di J. Ruysbroek, l'esistenza umana appare come un labile e sonnambolico variare di fenomeni appariscenti ma vani, di cui l'uomo comune non afferra se non le forme esteriori, mentr'essi non sono che le effimere manifestazioni di un'anima segreta, essenzialmente unica, universale ed eterna, ch'è al fondo di tutti gli esseri e di tutte le cose: illusoria è pertanto la credenza delle creature nella propria libertà e volontà, laddove esse sono fatalmente schiave d'una forza oscura, insondabile e irresistibile, da cui tutte sono tratte nel gorgo della morte. Per il poeta, che non crede a "rivelazioni" trascendenti, ma solo alle lente e meditate conquiste della ragione, una tale forza è assai meno dissimile dal fato dell'antica tragedia che non dalla Provvidenza cristiana: donde il suo pianto atterrito sulla debolezza e impotenza delle vittime (Intérieur rappresenta l'inconsapevolezza degl'innocenti davanti all'appressarsi di un'immensa sciagura; La mort de Tintagiles [1894], la vanità della resistenza all'inimicizia schiacciante del Fato-Moloch; Les aveugles, l'irrimediabile solitudine degli abbandonati senza conforto; L'intruse, l'impercettibile e ineluttabile avvento della morte; Pelléas et Mélisande, e gli altri drammi d'amore, l'amore fabbro di sventura e di lutto, ecc.). In queste opere, il M. è il poeta degl'incubi, delle ombre evanescenti, dei paesaggi amorfi e dei climi malati; i suoi esangui personaggi vagano in una atmosfera stupefatta, esprimendosi in cadenze di sogno, con insistenze e ripetizioni d'allucinati. E si comprende facilmente come al primo-apparire di un'arte siffatta su quei teatri fine-di-secolo dominati da un indirizzo crudamente veristico e fotografico, essa parve "antiteatrale" a molti, che la vollero idealmente respinta dalla scena drammatica, per confinarla nel regno della poesia lirica. Invece, bastarono pochi anni (e cioè che si capovolgessero i gusti teatrali, e col principio del Novecento s'iniziasse su tutte le scene europee, nei modi più diversi, la crociata antiverista), per scoprire come l'arte del M. drammaturgo non difettava, anzi, se mai, eccedeva in teatralità; una teatralità che, essendo affidata a suggestioni di silenzî, scaltrezze di minimi cenni, creazioni d'atmosfere rarefatte, contava precisamente su una raffinata interpretazione scenica, per giungere a quegli allettamenti, a quei consensi, a quei brividi e a quei terrori, cui il poeta aveva mirato.

Ma intanto, anche insistendo nel suo radicale agnosticismo circa i fini ultimi dell'individuale esistenza umana, il M. abbandonò il vero pessimismo della sua primitiva concezione, per assumerne una essenzialmente ottimistica: ammettendo cioè che la forza misteriosa di cui tutti gli esseri sono partecipi, agisce per un comune bene: v'è un segreto per superare il dolore, ed è la Saggezza. In tale senso, mentre pubblicava nuovi saggi sul destino degli uomini, sul mondo, sulla morte, ecc., e sull'intelligenza degli esseri inferiori e sino delle piante (La vie des abeilles, 1901; L'intelligence des fleurs, 1907; La vie des termites, 1927; La vie des fourmis, 1930), il M. dava al teatro una serie d'altri drammi attinti ancora alla fiaba (L'oiseau bleu, 1909), alla leggenda medievale (Søur Béatrice, 1901; Monna Vanna, 1902), a un alterato Vangelo (Marie Magdeleine, 1913); né rifuggiva, talvolta, dalle note dell'ironia (Le miracle de Saint Antoine, 1920; M. Berniquet, 1923).

Sulla figura del M. - la cui notorietà in Europa e in America crebbe anche durante la guerra mondiale, quando egli si fece pellegrino in cerca di simpatie al Belgio invaso - si è voluta gettare, nel 1931, una luce diversa, da un libro riguardante la sua vita privata: i Souvenirs della nota attrice, e lodata interprete del M., Georgette Leblanc, che essendo stata intima compagna del poeta per ventitré anni e cioè sino al 1919, intese tra l'altro rivendicare a sé stessa anche un vero e proprio compito di collaboratrice. Nel 1911 fu assegnato a M. il premio Nobel. Nell'agosto 1932, per il settantesimo anno del poeta, Re Alberto del Belgio lo creò conte.

Opere: Oltre a quelle citate: Lirica: Chansons (1910), L'infidèle (1923), Oraison (1926). Drammi: Joyzelle (1903), Le bourgmestre de Stilmonde (1919), Le sel de la vie (1920), Les fiançailles (1922). Saggi: Le temple enseveli (1902), Le double Jardin (1904), La mort (1913), Les débris de la guerre e Le massacre des innocents (1916), L'hote inconnu (1917), Les sentiers dans la montagne (1919), Le grand secret (1921), En Sicile et en Calabre (1927), La vie de l'espace (1928), La grande féerie (1929), L'araignée de verre (1932), Le grande loi (1933). Le opere sono tutte edite a Parigi.

Bibl.: A. Pastore, L'evoluzione di M. M., in La Nuova Antologia, 1° maggio 1903; Schuré, Précurseurs et révoltés. M. et le théâtre du rêve, Parigi 1904; J. Schlaf, M. M., Berlino 1906; B. Timmermans, L'évolution de M., Bruxelles 1912; M. Esch, L'Øuvre de M. M., Parigi 1912; MacDonald Clark, M. M. poet and philosopher, Londra 1915; A. Pastore, Filosofia e poesia nell'opera di M. M., in Rivista di filosofia, 1915; L. Le Sidaner, M. M. son øuvre, Parigi 1928; G. de Giuli, M. M., Torino 1931; A. Bailly, M., Parigi 1931; G. Leblanc, Souvenirs, Parigi 1931; G. Harry, La vie et l'øuvre de M., Parigi 1932.

Vedi anche
Belgio Stato dell’Europa occidentale compreso fra le coste sud-occidentali del Mare del Nord e il massiccio delle Ardenne; confina con i Paesi Bassi (N ed E), la Germania e il Lussemburgo (E), la Francia (S e O). ● Dal 1993 è uno Stato federale, nel quale trovano riconoscimento le regioni autonome di Fiandra, ... Konstantin Sergeevič Stanislavskij Stanislavskij ‹stën'islàfsk'i›, Konstantin Sergeevič. - Pseudonimo dell'attore e regista K. S. Alekseev (Mosca 1863 - ivi 1938); proveniente da un teatro d'amatori, dopo aver conosciuto la scena parigina e frequentato i corsi della scuola teatrale moscovita, esordì come regista (1889) ispirandosi ai ... Claude-Achille Debussy Debussy ‹dëbüsì›, Claude-Achille. - Musicista francese (Saint-Germain-en-Laye 1862 - Parigi 1918). Figura geniale di innovatore, profondamente anticonvenzionale, rivoluzionò l'armonia, il ritmo, la sonorità e la forma della musica occidentale della seconda metà del XIX secolo. Vita. Studiò con varî maestri, ... Vsevolod Emil´evič Mejerchol´d Mejerchol´d ‹m'ii̯irkℎòl't›, Vsevolod Emil´evič (propr. in tedesco: Karl Theodor Kasimir Meyerhold). - Attore, regista e teorico del teatro russo (Penza 1874 - Mosca 1940). Tedesco per parte di padre, assunse la cittadinanza russa nel 1895, adottando il nome di Vsevolod. Allievo di V. I. Nemirovič-Dančenko ...
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