Filosofo francese (Rochefort-sur-Mer 1908 - Parigi 1961), professore all'univ. di Lione (1945-49) e al Collège de France (1952). Discepolo e amico di J.-P. Sartre, con questo fondatore nel 1945 della rivista Les temps modernes, se ne distaccò nel 1953, non approvandone i tentativi di approcci col partito comunista. Risentì profondamente l'influsso della fenomenologia husserliana: il tema husserliano della Lebenswelt, di un mondo originario, cioè, legato a un'esperienza percettiva originaria, che fonda e precede sia le sistematizzazioni scientifiche sia le categorizzazioni del senso comune, è al centro della riflessione di M.-P., il quale rivendica tuttavia contro Husserl l'esistenza di una realtà che trascende la coscienza (reinterpretando quindi la nozione di riduzione fenomenologica e sottolineando il "primato della percezione"). In La structure du comportement (1942; trad. it. 1963), attraverso una serrata critica delle concezioni causalistiche e behavioristiche in psicologia, critica che attinge largamente alla teoria della Gestalt e all'organicismo di K. Goldstein, M.-P. tende a proporre una nuova interpretazione delle distinzioni tra biologico e mentale, da lui concepite come livelli diversi di concettualizzazione del comportamento umano. In Phénoménologie de la perception (1945; trad. it. 1965) elabora su queste basi una teoria generale dell'oggettività, che si avvicina per qualche aspetto alla posizione di Sartre. Scartata la nozione di "sensazione pura", M.-P. privilegia invece il ruolo che il corpo svolge nel condizionare la nostra percezione della realtà. La Phénoménologie de la perception contiene in germe tutti i temi del suo pensiero (etico, politico, linguistico). Gli accenni a una teoria della libertà, intesa come libertà mai totale ma sempre vincolata a un sistema di significati collettivamente condivisi (di qui l'insistenza degli ultimi saggi sul tema del linguaggio, visto come depositario dei modi sociali di concettualizzazione dell'esperienza), vengono sviluppati in Humanisme et terreur (1947) e Les adventures de la dialectique (1955; trad. it. dei due saggi in vol. unico, 1965), in cui affiora una concezione della storia che rifiuta, in polemica con Sartre, la dialettica del marxismo, pur accogliendone la concezione del condizionamento materiale della coscienza. Notevoli anche i saggi d'estetica. Altre opere: Sens et non sens (1948; trad. it. 1962); Éloge de la philosophie (1953; trad. it. 1957); Les relations avec autrui chez l'enfant (1953; trad. it. Il bambino e gli altri, 1968); Signes (1960; trad. it. 1967); Le visible et l'invisible (incompiuto, post., 1964; trad. it. 1969).