Vedi Mauritania dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Ex colonia francese indipendente dal 1960, la Mauritania è stata governata negli ultimi anni da un’alternanza di governi militari e civili. Nel 2005, dopo più di vent’anni, il regime militare di Maaouya Ould Sid’Ahmed Taya si è concluso con un colpo di stato, che ha poi visto i militari restituire il potere a un governo civile. Peraltro, già all’inizio degli anni Novanta, sotto il regime di Taya, era stata approvata una Costituzione ed erano stati legalizzati i partiti. Le elezioni presidenziali del 2007, considerate libere dagli osservatori internazionali, hanno portato alla vittoria di Sidi Mohamed Cheikh Abdallahi. La transizione democratica è stata tuttavia interrotta nell’agosto 2008, quando il generale Mohamed Ould Abdel Aziz ha preso il potere con un nuovo colpo di stato, salvo poi accettare di ricorrere alle urne ed essere eletto presidente nel luglio del 2009, ruolo in cui è stato poi riconfermato anche con le elezioni presidenziali del 21 giugno 2014.
Con il ritorno alla democrazia, il paese sta uscendo lentamente dall’isolamento internazionale. L’Unione Africana (Au) ha tolto le sanzioni, il Fondo monetario internazionale (Imf) e la Banca mondiale hanno riavviato i programmi di aiuti e i rapporti con l’Unione Europea (Eu) sono notevolmente migliorati. Con Bruxelles la Mauritania intrattiene da diversi anni accordi riguardanti le questioni dei flussi migratori e dei diritti civili nell’ambito del progetto ‘Dialogo 5+5’, un importante foro di dialogo politico-strategico istituito nel 1990 tra l’Eu e gli stati della sponda nordafricana del Maghreb. Anche le relazioni con Spagna e Francia sono andate migliorando negli anni di presidenza Abdel Aziz, tanto da far diventare la Mauritania un alleato strategico nella riduzione dell’immigrazione clandestina, nella lotta alla criminalità organizzata e nel contenimento del terrorismo islamista nella regione. Anche gli Usa hanno rafforzato le proprie relazioni con il paese, in particolare nell’ambito della lotta al terrorismo internazionale come dimostra l’importanza del ruolo assunto dalla Mauritania all’interno del programma Trans-Sahara Counterterrorism Partnership. In virtù di ciò il paese ha assunto un ruolo importante anche come mediatore nelle crisi regionali come nel caso del Mali. Abdel Aziz ha favorito il dialogo tra le parti e si è proposto come attore principale nelle trattative tra governo di Bamako e insorti tuareg, che hanno portato alla firma di un cessate il fuoco ad Algeri, il 19 febbraio 2015. La Mauritania partecipa anche alla missione di peacekeeping a guida delle Nazioni Unite in Mali (Minusma).
Negli ultimi anni sono andati intensificandosi i rapporti con la Cina, interessata soprattutto all’importazione di minerali e di idrocarburi per soddisfare la crescente domanda interna di energia. I legami con Israele, che fornisce aiuti e assistenza tecnica, creano tensioni sia in ambito interno, sia nei rapporti con i paesi arabi che hanno cominciato a investire nelle risorse minerarie mauritane. Di rilievo sono le relazioni con gli stati confinanti. Tra queste riveste particolare importanza il rapporto altalenante con il Senegal a causa di alcune dispute sui diritti di sfruttamento delle acque della valle del fiume Senegal, cruciale per uno stato dalle scarse riserve idriche come la Mauritania. Infine, la radicata presenza al confine tra Mali, Algeria, Niger e Mauritania di al-Qaida nel Maghreb islamico (Aqim) ha indotto Nouakchott ad operare un rafforzamento della cooperazione regionale in materia di sicurezza. Aqim rimane a oggi la principale minaccia alla stabilità politica del paese.
La popolazione moresca e la discendenza arabo-berbera rappresentano circa il 70% della popolazione mauritana, mentre gli altri gruppi africani, tra i quali fulbe, toucouleur, soninke, wolof e bambara costituiscono il 27%. Infine, esiste un’esigua minoranza di francesi. I Mori sono a loro volta suddivisi in bianchi (bidan) di origine arabo-berbera e neri (haratin, ‘uomini liberati’). A loro volta, i Mori bianchi sono suddivisi in due classi: una più nobile, costituita da guerrieri (hassan) e religiosi (zwaya) e una di secondo livello, gli zenaga, pastori vassalli La società è caratterizzata da un sistema di caste rigido e gerarchico e da divisioni tribali interne al contesto islamico: zwaya e hassan sono ai vertici della scala gerarchica, mentre gli haratin sono ai gradini più bassi.
Nel novembre 2013 si sono tenute le elezioni parlamentari contrassegnate da accuse di brogli da parte delle formazioni islamiste nei confronti del partito-regime di Abdel Aziz. In base ai dati ufficiali diffusi dalla Commission Électorale Nationale Indépendante (Ceni), l’Union Pour la République (Upr) si è confermato il partito di maggioranza nell’Assemblea nazionale con 75 seggi, seguito dagli islamisti di Tewassoul con 17 seggi. Le consultazioni del novembre 2013 – le prime votazioni dal golpe dell’agosto 2008 – hanno rappresentato le prove generali per le elezioni presidenziali del giugno 2014, che hanno visto una netta affermazione di Abdel Aziz. Nonostante il voto quasi plebiscitario (82% dei consensi), il nuovo mandato del leader mauritano potrebbe essere contrassegnato da alcune difficoltà in materia economica (disoccupazione galoppante, in particolare quella giovanile, giunta quasi al 43%) e di sicurezza (rivendicazioni delle minoranze tuareg e insorgenza jihadista).
La popolazione urbana rappresenta ancora oggi la maggioranza (59%). Sul piano religioso, la quasi totalità della popolazione è di religione musulmana sunnita, a eccezione di una piccola comunità cristiano-cattolica. La Costituzione mauritana definisce il paese ‘una repubblica islamica’ e l’islam ‘religione di stato’. Il sistema giuridico, infine, è basato sul diritto francese e sulla sharia.
Sul piano economico la Mauritania è uno dei paesi meno avanzati al mondo: secondo i dati dell’Indice di competitività globale, elaborato dal Foro economico mondiale, il paese si situa al 141° posto su 144. Tuttavia, secondo le Nazioni Unite, se nel 2008 il 42% della popolazione viveva sotto la soglia di povertà, oggi questa percentuale si è ridotta al 28,3%. L’80% del territorio è costituito dal deserto e le risorse agricole sono molto limitate (solo l’1% delle terre è coltivabile). Tuttavia, la Mauritania possiede notevoli risorse minerarie, in particolare ferro, rame, diamanti, oro, fosfati, gesso e anche uranio, grazie all’attività di prospezione portata avanti dalle aziende internazionali (in particolare australiane e cinesi). Inoltre, nel 2001 sono stati scoperti giacimenti di petrolio e dal 2006 sono state avviate la produzione e l’esportazione di greggio. Nel complesso la Mauritania si configura come uno stato esportatore di minerali e di risorse naturali (circa l’80% delle esportazioni totali è derivante da attività estrattive), le quali hanno contribuito a una crescita generale del pil. L’economia mauritana è cresciuta del 4,1% nel 2015, con un leggero rallentamento rispetto agli anni precedenti, causato dalla rapida discesa dei prezzi dei minerali. Il governo potrebbe dunque decidere di mettere in atto per il 2016 tagli alla spesa statale per compensare le mancate entrate dell’export e mantenere fede agli impegni presi con l’Imf, che prevedono il consolidamento delle finanze nazionali.
I principali prodotti esportati sono il ferro e, in minor misura, il pescato. Grazie alla produzione petrolifera, la Mauritania intrattiene ottimi rapporti commerciali con l’Unione Europea e in particolar modo con la Francia. Negli ultimi anni, in misura sempre maggiore, ha scambi con la Cina, divenuta primo partner commerciale mauritano e destinataria di più della metà delle esportazioni (prevalentemente di idrocarburi).
Il settore dei servizi, che pesa per oltre il 40% del pil, si è sviluppato di recente e prevalentemente negli ambiti del commercio, dei trasporti e delle telecomunicazioni.
Con il ritorno alla democrazia, la Mauritania ha potuto beneficiare degli aiuti internazionali: la Banca mondiale ha fornito circa 14 miliardi di dollari per le infrastrutture rurali e l’Imf ha approvato un accordo per il prestito di 118 milioni di dollari, finalizzato alla realizzazione di un programma di riforme economiche. La corruzione diffusa e la generale debolezza delle istituzioni costituiscono tuttavia ancora un freno allo sviluppo economico.
La difesa della Mauritania è guidata dal presidente, che è anche comandante delle forze armate. La leva obbligatoria di due anni è stata introdotta nel 1962 ed è ancora vigente. Le forze armate hanno una grande influenza nel paese, che è stato governato più volte da regimi militari. Tuttavia, le dimensioni piuttosto ridotte e l’equipaggiamento dell’esercito mostrano come sia orientato soprattutto verso operazioni di mantenimento della sicurezza interna. Lo sradicamento del gruppo terroristico Aqim è una delle priorità dell’attuale presidente Aziz.
In quest’ottica si è recentemente rafforzata la cooperazione con Algeria e Mali per il controllo delle rispettive zone di frontiera al fine di bloccare il flusso illegale di rifornimenti e di arruolamenti degli affiliati ad Aqim. La Mauritania fornisce anche truppe per la missione di peacekeeping a guida Un in Mali. L’attuale esecutivo mauritano ha inoltre rafforzato la propria cooperazione in ambito di sicurezza sia con gli Usa che con la Francia, soprattutto nell’ambito della formazione e dell’ammodernamento delle truppe nazionali in operazioni di counterterrorism/counterinsurgency. Anche la Cina, attore rilevante in Africa, si è impegnata a donare 1,5 milioni di dollari a sostegno dell’ammodernamento delle forze militari mauritane. Sempre in tale ambito il paese fa parte insieme a Marocco, Mali, Burkina Faso e Ciad di una missione regionale mirata alla messa in sicurezza delle frontiere dell’Africa sahelo-occidentale. La nuova sigla ha base a N’Djamena, capitale del Ciad, ed è stata ribattezzata G5 del Sahel.
Al-Qaida nel Maghreb islamico (in acronimo Aqim) è un gruppo terroristico che opera in Nord Africa e nel Sahel. Aqim trae le sue origini dall’algerino Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento (Gspc), già Gruppo islamico armato (Gia), movimento islamista di resistenza contro il governo laico algerino. Il gruppo salafita-jihadista è sorto nel 2002 e dal 2004 è guidato dall’emiro algerino Abu Musab Abdel Wadoud, altresì noto come Abdelmalek Droukdel. Il gruppo dal 2006 è entrato ufficialmente a far parte del network di al-Qaida centrale. Aqim ha come obiettivo il rovesciamento di tutti i governi nell’area per creare una teocrazia basata sulla legge islamica. Le principali fonti di finanziamento del movimento sono il contrabbando di armi e di droga, facilitati dalla porosità dei confini della regione sahariana. Altri finanziamenti arrivano dalle attività illegali delle cellule basate in Europa. Molto attivo nel Sahel, Aqim è ben radicato lungo i confini tra Mauritania, Algeria e Mali. Negli ultimi anni l’organizzazione ha condotto numerosi attacchi contro cittadini e attività occidentali e nel 2009 ha portato a termine un attentato suicida contro l’ambasciata francese a Nouakchott. Dalla crisi maliana del 2012-13, i rischi di instabilità per la Mauritania sono aumentati considerevolmente tanto che, per combattere la minaccia qaidista, il governo partecipa alla missione di stabilizzazione internazionale Minusma in Mali. Nonostante la firma del cessate il fuoco tra le parti in lotta (Algeri, febbraio 2015), infatti, sporadici attacchi continuano a verificarsi in tutta la regione.