Mauritania
Geografia umana ed economica
di Riccardo Martelli
Stato dell'Africa nord-occidentale, affacciato sull'Oceano Atlantico. Al censimento del 2000 la popolazione era di 2.508.159 ab. (3.069.000 secondo una stima del 2005). Nel giro di quarant'anni il Paese ha vissuto un certo processo di trasformazione: il nomadismo, che nel 1965 interessava i due terzi degli abitanti, ha assunto dimensioni residuali (128.000 persone nel 2000); l'urbanizzazione, stimata in un 3% nel 1962, interessa quasi 6 abitanti su dieci; e Nouakchott, capitale e unica grande città del Paese, dai 6000 ab. del 1962 è passata a 558.195 ab. al censimento del 2000 (ma i nove comuni della Communauté urbaine de Nouakchott ne comprendono un milione). L'analfabetismo è regredito (89% nel 1965 e 49% nel 2003), la speranza di vita alla nascita è aumentata, mentre il tasso di natalità ha manifestato un piccolo contenimento (45‰ nel 1965 e 42‰ nel 2003).
Nonostante questi mutamenti il Paese è rimasto sostanzialmente povero, pur in presenza di qualche fenomeno di modernità. Il settore primario ha ormai un ruolo marginale, mentre hanno assunto grande importanza le risorse ittiche: la M. possiede acque molto pescose, ma non è in grado di sfruttarle. Negli anni Novanta sono stati stipulati accordi di pesca con l'Unione Europea, la Russia e il Giappone, i cui proventi costituivano nel 2004 un quarto delle entrate dello Stato. Nel settore estrattivo il ferro mantiene una forte incidenza (rappresentava nel 2005 il 40% delle esportazioni). Negli anni Novanta alcune miniere sono state abbandonate a causa dell'esaurimento delle risorse, con una progressiva perdita di importanza del comparto (la sua quota nel PIL è passata dal 36% del 1965 al 10% del 2004). Nel 2001 sono stati scoperti nuovi giacimenti di altri minerali, il cui sfruttamento è iniziato nel 2005: oro, rame e diamanti, ma soprattutto petrolio, le cui riserve sono valutate a un miliardo di barili.
Storia
di Paola Salvatori
Nei primi anni del 21° sec. la situazione della M. era ancora caratterizzata dalla politica autoritaria del presidente della Repubblica M.O.S. Taya (salito al potere con un incruento colpo di Stato nel 1984, e dal 1992 ripetutamente eletto) e dall'egemonia del partito a questi legato, il PRDS (Parti Républicain Démocratique et Social). Il potere di Taya poggiava sulla tradizionale rete di obbedienza tribale, regionale ed etnica e, quindi, su una gerarchia sociale che vedeva la maggioranza arabo-berbera dominare la scena politica ed economica a spese delle etnie nere, tradizionalmente confinate in uno stato di povertà ed emarginazione.
La gestione sempre più personalistica del potere comportò tuttavia un crescente isolamento del capo dello Stato, e i margini di consenso cominciarono a ridursi anche tra i suoi più convinti sostenitori. Ad alimentare il malcontento contribuì la politica estera di Taya, che nell'ottobre 1999 aveva allacciato relazioni diplomatiche complete con Israele, rompendo invece, un mese dopo, quelle con l'Irāq. Avversata dalla popolazione, in stragrande maggioranza musulmana, tale linea divenne particolarmente invisa a partire dal settembre 2000, quando si riacutizzò lo scontro tra il governo israeliano e i palestinesi. Per fronteggiare la protesta dell'opinione pubblica, che si era mobilitata per chiedere la rottura delle relazioni diplomatiche con Israele, l'esecutivo inasprì le misure repressive e accentuò i controlli nei confronti delle organizzazioni islamiche più intransigenti.
Le elezioni legislative dell'ottobre 2001 ribadirono l'egemonia del PRDS, ma in seguito la tensione continuò a crescere, e giunse al culmine nella primavera-estate del 2003: alle manifestazioni di piazza contro la mancata reazione del governo, sul piano diplomatico, all'intervento armato anglostatunitense (marzo) in ̔Irāq, fece seguito in novembre un tentativo di colpo di Stato che provocò per due giorni scontri armati nella capitale. Sebbene Taya venisse rieletto (novembre), l'ostilità nei suoi confronti continuò a crescere, alimentata anche dalla gestione privatistica e clientelare delle risorse provenienti dagli accordi con le compagnie occidentali per lo sfruttamento dei nuovi giacimenti petroliferi rinvenuti a partire dal 2001. Un nuovo colpo di Stato fu tentato nell'agosto 2004, ma venne stroncato sul nascere. Seguì una vasta epurazione delle forze armate; tuttavia il declino di Taya era ormai inarrestabile. Nell'agosto 2005, mentre questi era in Arabia Saudita per assistere ai funerali di re Fahd, un incruento colpo di Stato, accolto favorevolmente dalla popolazione, lo destituì; venne formato un Comitato militare per la giustizia e la democrazia, sostenuto dallo stesso PRDS, che insediò un governo di transizione, costituito da civili, con il compito di emendare la costituzione e indire nuove elezioni. Nel giugno 2006 un referendum costituzionale sancì, tra l'altro, la riduzione del mandato presidenziale da 6 a 5 anni e l'impossibilità di essere eletti in carica più di due volte.