BUFALINI, Maurizio
Nato a Cesena il 4 giugno 1787, dopo aver frequentato i ginnasi di Cesena e di Rimini studiò medicina nell'università di Bologna. Passò a Pavia, dove insegnava A. Scarpa, e risale a questi anni il primo abbozzo del Saggio sulla dottrina della vita, critico verso la teoria vitalistica e verso quella del Brown, allora predominanti. Dopo una breve sosta a Milano, dove seguì le lezioni del Rasori, che col Tommasini era il principale esponente del brownianismo in Italia, ritornò a Cesena dove esercitò la professione e completò il Saggio, che fu pubblicato a Forlì nel 1813. Lo stesso anno era chiamato a Bologna come assistente alla cattedra di clinica medica.
Nel Saggio aveva sostenuto come la vita sia un complesso fenomeno che non può essere definito se non attraverso una precisa conoscenza di tutti i fatti minori che ad esso concorrono. Nei Fondamenti della patologia analitica (Pavia 1819) ribadiva la necessità che alla base della scienza medica fosse l'esame dei fatti. Tale metodo si articolava in quattro indicazioni di lavoro e momenti: per l'esame scrupoloso, classificare le malattie (nosologia); per conoscerle, dirigere l'attenzione ai loro segni o sintomi (semeiotica); indi indagare le cause (etiologia); e, per meglio ravvisare il morbo e i suoi mutamenti, osservare se alla qualità dei farmachi corrispondeva l'effetto sperato (terapeutica). Questo metodo, da lui chiamato "sperimentale", è analitico e in pari tempo sintetico, perché bisogna ricongiungere in un ordine chiaro ciò che è stato distinto ai fini di una attenta osservazione (così svolgeva il suo pensiero nelle Istituzioni di patologia analitica, pubblicato, a Firenze nel 1863).
Se si richiamava all'esempio dato dal Condillac di un uomo che affacciandosi a una finestra vede confusamente una grande campagna, poi discerne le singole parti e attinge alla fine l'idea differenziata dell'insieme totale, censurava nondimeno il francese per non avere sufficientemente valutato la funzione del pensiero come effetto immediato della virtù originaria dello spirito.
Il B., che fin da giovane si era interessato agli studi filosofici, veniva anche ricollegandosi agli insegnamenti della scuola salernitana, e in un'epoca in cui i pur incoraggianti progressi della chimica e della fisiologia non permettevano però ancora di mettere in luce l'importanza dei fenomeni fisico-chimici nella materia vivente, a riprendere la problematica del metodo sperimentale iniziato con Galilei e la sua scuola. Il suo metodo positivo, anche se anticipava il positivismo, non ne precorreva lo spirito scientista.
Il B. non disgiungeva affatto la scienza positiva dalla religione e dalla metafisica, e poteva rispondere con piena coscienza alle accuse di materialismo e di ateismo che gli vennero rivolte nel 1826dall'abate Fabriani nelle Memorie di religione. Egli respingeva semplicemente una scienza ambiziosa che a priori volesse dominare tutta la scienza dei fatti e delle cose, ma poneva la religione alle origini della vita morale. Nel Breve avviso intorno alle proprie opere (Bologna 1827), anzi, delineava una prova dell'esistenza di Dio e della spiritualità dell'anima desunta dalle scienze fisiche e richiamante le argomentazioni tomistiche.
Amareggiato, durante l'insegnamento a Bologna, dalla ostilità dei vitalisti e dalle controversie, il B. ritornò a Cesena a esercitare la professione; qui scrisse le Cicalate contro la nuova dottrina italiana (1832), che suscitarono ulteriori acerbe polemiche. Infine nel 1835, trovandosi come medico primario a Osimo, fu chiamato a coprire la cattedra di clinica medica nella scuola di S. Maria Nuova a Firenze. In questa città entrò in contrasto con P. Betti. per la diversità d'idee sulle epidemie, contrasti culminati durante l'epidemia colerica del 1854-55, quando il Betti aveva la direzione di tutti i lazzaretti della Toscana. Quando a Firenze venne fondato il R. istituto di studi superiori, come conseguenza della legge Casati del 16 nov. 1859sulle università e del regolamento Mamiani del 20 ott. 1860, il B. conservò la cattedra di clinica medica, che tenne fino alla morte.
Il B. ebbe il merito di dare vita a una scuola medica che lasciò ampio retaggio sia negli istituti universitari sia nella classe dei medici e delle condotte mediche. Non mancarono tuttavia critiche alla sua opera. Il Mantegazza, che ne esaltò il valore, non nascose che qualche volta si affrettava troppo ad affermare un fatto prima di averlo appurato, e che era proclive a creare nuovi nomi presto abbandonati. Il Grassi e il Cappellini hanno osservato che nella seconda parte della sua vita alle enunciazioni sperimentali il B. non faceva seguire sperimentazioni effettive nuove e originali. Ma vale la pena di ricordare la splendida difesa che ne fece A. Murri, per il quale il B. aprì l'era della medicina che scrutava il paziente con l'osservazione, col coltello, col microscopio, con la storta, con le macchine.Il B. ha elaborato anche apprezzabili indirizzi nel campo pedagogico-sociale. Agli aspetti o implicazioni pedagogiche delle sue idee ha dedicato pagine efficaci il Capponi (nella introduzione ai Ricordi del B.), il quale ha colto le affinità fra il proprio pensiero e quello del Bufalini. Questi credeva alla virtù sintetica e suscitatrice del sentimento come fondamento dell'educazione; mentre la semplice istruzione non andava oltre l'esercizio della ragione e non aveva potere formativo dell'uomo morale, l'educazione consisteva essenzialmente nella "forza dei propositi e nella elevatezza degli affetti". Il B. prescriveva all'educatore di studiare attentamente gli umani sentimenti da cui riceve impulso tutta l'educazione morale. A tale fine invitava a ricercare un valido soccorso nella fisiologia e nella psicologia. Nel discorso Della benevolenza,dell'emulazione e della religione considerate come principii della morale educazione dei fanciulli (Firenze 1840)si occupava dei sentimenti di umanità e di fratellanza che si alimentano in seno alla famiglia in contrappunto ai sentimenti di emulazione e di competizione di cui si trae stimolo fuori della famiglia.
Compito dell'educazione è di dirigere l'emulazione in. modo che ecciti l'operosità degli uomini senza che venga a spegnere gli impulsi alla reciproca solidarietà. Il B. vedeva con favore gli asili infantili, perilvantaggio di promuovere l'educazione in comune e di creare un ambiente atto a conciliare l'amore e l'emulazione. Nel discorso Sulla influenza educatrice della popolare istruzione (Firenze 1850) considerava l'istruzione tecnica non solo per il fine professionale ma soprattutto come metodo formativo, in quanto, affermava, esercitando continuamente la mente nell'esperienza "vale altresì di più a meglio disporre l'intelletto alla più sana arte del ragionare".
Nella scia del Romagnosi affrontava il problema Dell'influenza della ragione sul progresso del bene sociale (Firenze 1841). Mentre secondo il Romagnosi il fattore diretto dell'incivilimento delle popolazioni era l'opinione, il B. metteva in evidenza che "l'opinione" constava di due elementi: cioè di persuasioni della mente e di sentimenti prevalenti nella totalità delle popolazioni. E, conforme il suo pensiero generale, faceva derivare il perfezionamento civile da "tutte le sollecitudini valevoli a rafforzare i sentimenti benefici generosi, che vuol dire di mantenere gli uomini nella cultura dei buoni sentimenti e della moralità".Tema più legato alla politica è quello del rapporto frg scienza e libertà (trattato nel discorso Intorno alle cagioni del perfezionamento civile dei popoli, Firenze 1837). Vivendo in un regime mite ma non liberale come il granducato di Toscana, e non senza rapporti professionali con la famiglia stessa del granduca, è significativo che il B. non esitasse ad affermare che le libertà di stampa e di associazione non solo non vanno negate, ma nemmeno tollerano di essere limitate. Premesso che la libertà è un diritto, "a che le leggi - si chiedeva - che ne temperano, infirmano e sospendono l'esercizio? Per me non significa altro che restringere il diritto stesso; e'di assoluto e generico che si riguarda nella dottrina, e talora viene anche sancito nella legge fondamentale dello Stato, farlo quindi diventare condizionato: ciò che per verità sembrami inammissibile".
Accademico dei Georgofili e dei Lincei, il B. fu altresì membro della Crusca, onde il segretario di questa, C. Guasti, commemorandolo poté rilevare che in lui "l'ottima scienza amò di far compagnia con la buona lingua".
Il B. fu eletto nel 1831 dalla nativa Cesena nell'Assemblea dei rappresentanti della Romagna e delle Marche. Nel 1848 venne eletto ancora da Cesena al Consiglio di Stato pontificio, e contemporaneamente nominato senatore nella Toscana costituzionale. Optò per quest'ultimo ufficio.
Nel Senato toscano parlò due volte (come risulta dalla Gazzetta di Firenze alle rispettive date, e dal vol. dei Ricordi, pp. 463 s.). Il 6luglio 1848, discutendosi l'indirizzo in risposta al discorso della corona, si oppose alla soppressione di un paragrafo riguardante le relazioni politiche con la Germania e fece prevalere una proposizione conciliativa rispetto a chi voleva sollecitarne una più stretta amicizia. La sua proposizione così si esprimeva: "Crediamo che la Germania, forte nella coscienza della sua nazionalità, sentirà nelle ragioni proprie l'inviolabilità dellenostre, e quindi si muoverà a risoluzioni degne del suo nobile carattere". Nel discorso del 10 ottobre.I'appoggiando la risposta di cambiare il nome di guardia civica con quello di guardia nazionale, esortava il governo a sollecitare le trattative per realizzare la Confederazione italiana che era nelle aspettative del neoguelfismo.
All'indomani dell'annessione della Toscana al Regno di Sardegna veniva nominato senatore del Regno, il 18 marzo 1860. Ma a questo consesso dette una partecipazione puramente morale anche negli anni di Firenze capitale, in conseguenza dell'avanzata età.
Ne è prova un gustoso episodio riferito da G. Finali. Un giorno, nel 1865, G. Lanza, che era medico e aveva grande venerazione per il D., andò a casa sua per rendergli omaggio e salutarlo, Questi chiese al visitatore: "Ella, signor dottore, si ferma a Firenze?". "Sissignore". "E, se è lecito, che cosa fa?". "Io faccio il ministro dell'Interno".
Morì a Firenze il 31 marzo 1875.
Fonti e Bibl.: Importanti sono i Ricordi di M. B., pubblicati da F. Mariotti con introduzione di G. Capponi a Firenze nel 1875; ivi èanche l'elenco completo degli scritti, non pochi dei quali sono raccolti nei Discorsi politico-morali, Firenze 1851. Oltre che dizionari e repertori (Diz. ill. di Pedagogia, I, s.l. né d., pp. 202-06; T. Sarti, Il Parlam. subalpino e nazionale, Roma 1896, pp. 183 s.; Diz. del Risorg. naz., II, pp. 440 s.; Enc. Ital., VIII, p.51; A. Mambelli, I Forlivesi nel Risorg. nazionale, Forlì 1936, p. 55; Pedagogisti ed educatori, Milano 1939, p. 100; A. Hirsch, Biographisches Lex. der hervorragenden Ärzte..., I, München-Berfin 1962, pp. 761 s.) e storie della medicina (F. Puccinotti, Storia della medicina, IV, Livorno 1866, pp. 28, 151; A. Castiglioni, Storia della medicina, Milano 1927, p. 713; A. Pazzini, Storia della medicina, II, Milano 1947, p.11; R. H. Maior, Storia della medicina, II, Firenze 1959, p. 908; G. Montalenti, Storia della biologia e della medicina, in N. Abbagnano, Storia delle scienze, III, 1, Torino 1962, p. 404), si vedano P. Mantegazza, M. B., Torino 1863; G. Finali, Memorie, a cura di G. Maioli, Faenza 1955, pp. 76, 92, 186, 332; C. Guasti, Commemorazione di M. B., in Atti della R. Accademia della Crusca (1875), I, pp. 27-50; M. B., in Lo Sperimentale, XXV (1875), pp. 359-458, 589-592; Esequie ed onoranze a M. B., Cesena 1875; P. Burresi, M. B. e la medicina contemporanea, Firenze 1878; O. Guerrini, I primi Passi di M. B.,in Nuova antol., 1º maggio 1881, pp. 40-77; A. Murri, Scritti medici, Bologna 1902, III, p. 1582; Id., Lezioni di clinica medica edite ed inedite, Milano 1908, p. 837; G. B. Gerini, Due medici pedagogisti. M. B. e L. Martini, in Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino, XLIV (1909), pp. 537-546; B. Grassi, Iprogressi della biologia e delle sue applicazioni pratiche, in Cinquant'anni di storia italiana, Milano 1911, I, pp. 31-33, 37-45; A. Murri, Pensieri e precetti, Bologna 1913, pp. 5-7, 8-12; L. Messedaglia, La giovinezzza di un dittatore. L. C. Farini medico, Città di Castello 1914; Carteggio inedito di N. Tommaseo e G. Capponi, Bologna 1914, II, p. 776; A. Murri, M. B. nel cinquantenario della sua morte, in Attività scientifiche, 38 (1923), estratto; C. Garin, M. B., in Lo Sperimentale, LXXVIII (1924), pp. 337-403; C. Giachetti, M. B., in Rivista di storia delle scienze mediche e naturali, XV (1924), pp. 257-299; A. Cazzaniga, La grande crisi della medicina ital. del primo Ottocento, Milano 1951, pp. 91-109; Onoranze a M. B., in Rivista di storia delle scienze mediche e naturali, XLII (1951), 2, pp. 131-215; A. Gasbarrini, Le grandi figure della clinica medica ital. nell'ultimo secolo,ibid., XLIII (1952), fasc. 2-4; I. Cappellini, Gli inizi dell'ortopedia in Italia, in Atti e mem. dell'Accad. di storia dell'arte sanitaria, XIX (1953), pp. 151-77; L. Messedaglia, In difesa della memoria di M. B., in Studi romagnoli, V (1954), pp. 413-26; P. Zama, L. C. Farini nel Risorgimento italiano, Faenza 1962, ad Indicem;R.Fantini, Antiche diatribe imiversitarie. La controversia tra B. e Tommasini, in Studi romagnoli, XVI (1966), pp. 159-66; A. Mambelli, Ilgiornalismo in Romagna, Forlì 1966, pp. 10-13, 54.