FILIPPA, Maurizio
Nacque attorno al 1600 da Giovanni Antonio, auditore di rota a Bologna e poi senatore nel Senato di Torino, e da Lucrezia Borgarelli, appartenente a una famiglia del patriziato chierese. Rimasto orfano di padre all'età di undici anni, si laureò in legge nel 1620 e di lì a tre anni iniziò la carriera nella magistratura sabauda con la nomina a prefetto di Ceva, ossia a giudice ducale di seconda istanza per le terre di tale provincia. Di particolare rilievo, anche per gli sviluppi della carriera del F., furono nel febbraio 1635 le nozze con Antonia Gentile, figlia del generale delle Finanze Bernardino, proprio allora all'apice delle proprie fortune economiche e politiche.
La cospicua dote di 18.000 lire non fu peraltro mai interamente versata, anche per la successiva caduta in disgrazia del Gentile, i cui beni vennero sequestrati dal Fisco ducale, tanto che, nel 1643,la reggente Cristina di Francia avrebbe devoluto al F. le ragioni del Fisco stesso su una parte del patrimonio del suocero.
Una svolta decisiva alle fortune del F. fu impressa dalla guerra civile fra i sostenitori della reggente Cristina di Francia e quelli dei principi cognati Maurizio e Tommaso di Savoia, scoppiata nell'autunno del 1638. Schieratosi fin dal primo momento col partito della duchessa, iniziò in quel periodo un'intensa attività di provveditore delle armate ducali e francesi e di intermediario e coordinatore dei servizi di vettovagliamento. I servigi da lui resi alla reggente furono ricompensati, al momento del ritorno di quest'ultima in Piemonte dalla Savoia, con la nomina a referendario di segnatura nel Consiglio di Stato (25 nov. 1640).
Da quel momento, e fino alla morte, tenuto conto delle successive promozioni (il 17 agosto 1643 fu infatti nominato terzo presidente della Camera dei conti, carica alla quale affiancò temporaneamente, a partire dal gennaio 1644, quella di auditore generale di Guerra, quindi, il 6 genn. 1652, divenne infine primo presidente della Camera stessa), l'ambito nel quale continuò pressoché esclusivamente ad operare fu quello della finanza militare. Fino al 1659, infatti, lo Stato sabaudo fu impegnato, a fianco della Francia, in una guerra contro la Spagna combattuta in gran parte nel Piemonte orientale; il F. dovette perciò affrontare il grave problema di alloggiare e rifornire in territorio piemontese non solo le truppe sabaude, ma anche quelle d'Oltralpe. Egli fu chiamato a vario titolo (intendente generale di giustizia nelle armate, direttore del compartimento generale dei grani, direttore del quartiere d'inverno), a ripartire le imposizioni tra le varie comunità dello Stato e ad assicurare gli approvvigionamenti cerealicoli.
Dalle numerosissime lettere da lui indirizzate in quegli anni alla duchessa Cristina e a varie personalità del gruppo dirigente sabaudo si ricava un quadro di prima mano delle crescenti e inestricabili difficoltà incontrate da chi era obbligato a garantire sul piano materiale l'efficace conduzione di una campagna che si trascinava senza apprezzabili risultati militari e incideva sempre più pesantemente sulle finanze dello Stato. La posizione del F. è in tal senso emblematica della più generale condizione politica e sociale di buona parte del ceto burocratico sabaudo, chiamato a tutelare le esigenze dell'amministrazione nel momento in cui spazi di potere e di intervento sempre più ampi venivano riconosciuti all'aristocrazia. I margini di manovra del funzionario erano così sempre più erosi, tanto che non solo il F. si vide più volte costretto a minacciare le dimissioni dai propri incarichi finanziari, ma fu anche protagonista di uno scontro diretto col conte Filippo d'Agliè, il potente favorito della duchessa che presiedeva il Consiglio delle finanze (agosto 1654).
Durante la sua pluriennale attività il F. mise insieme un consistente patrimonio, da lui stesso denunciato in una lettera nella quale mirava a discolparsi dalle accuse di malversazione. Il 31 ott. 1648 era stato infeudato, col titolo comitale, dei luoghi di San Michele, Prazzo e Ussolo; nel 1655, alla morte del fratello maggiore, il senatore Giovanni Battista, deceduto senza figli, ereditò da lui anche il feudo di Martiniana.
Morì a Torino il 26 febbr. 1656 e fu sepolto nella chiesa di S. Maria di Piazza.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Arch. di Corte, Lettere ministri, Francia, mazzo 43, fasc. 2; ibid. Tutele e reggenze, mazzo 4, fasc. 17; ibid. Negoziazioni, Francia, mazzo 11, fasc. 13; ibid. Lettere di particolari, F, mazzo 43; Ibid., Arch. Camerale, Patenti controllo finanze, regg. 1624/1º, ff. 12, 127; 1631 in 32, f. 63; 1632 in 33, f. 247; 1635/1º, ff. 21, 64; 1635 in 36, ff. 126, 127; 1636 in 37, f. 154; 1637 in 38, f. 4; 1638/2º, ff. 78, 106; 1639, f. 101; 1639 in 41, f. 68; 1641 in 42, ff. 40, 86; 1642 in 43, ff. 24, 13 1, 206, 222, 300; 1643 in 44, ff. 181, 301; 1644 in 45, f. 420; 1646 in 47, ff. 92, 93, 168, 308, 387, 405; 1647 in 48, f. 76; 1648, f. 179; 165 1, f. 11; 1652, ff. 6, 78; 1653, f. 92; 1655, f. 177; Ibid., Senato di Piemonte, Testamenti pubblicati, vol. VIII,f. 63; Ibid., Sez. IV, Patenti ducali, vol. VIII, f. 2; Insinuazione Torino, 1635, XI, f. 387, 1655; vol. VIII, f. 187; Roma, Bibl. d. Ist. d. Enc. Ital., A. Manno, Il patriziato subalpino, ad vocem;P. G. Galli della Loggia, Cariche del Piemonte e paesi uniti..., Torino 1798, I, pp. 387 s., II, p. 151; G. Claretta, Storia della reggenza di Cristina di Francia duchessa di Savoia, II,Torino 1869, pp. 390-399; Id., Storia del regno e dei tempi di Carlo Emanuele II, II, Genova 1878, pp. 79-81, 417 s.; C. Dionisotti, Storia della magistratura piemontese, II,Torino 1881, pp. 393 s.; E. Stumpo, Finanza e Stato moderno nel Piemonte del Seicento, Roma 1979, pp. 199 s.