QUADRIO, Maurizio
Patriota, nato a Chiavenna, in Valtellina, il 6 settembre 1800, morto a Roma nella notte dal 13 al 14 febbraio 1876. Compiuti gli studî secondarî a Vimercate, nel 1819 vinse per concorso un posto al collegio Ghislieri di Pavia, iscrivendosi ad un tempo alla facoltà di lettere in quell'università, dove fu alunno di Adeodato Ressi e del Romagnosi, e al pari di essi entrò nelle società segrete come membro della Federazione italiana. Non appena avuta notizia dei moti piemontesi del marzo 1820, insieme con altri condiscepoli, s'iscrisse nel battaglione della Minerva (15-16 marzo), e andato in Piemonte, assisté a Torino al fallimento di quel moto rivoluzionario. Da Genova s'imbarcò per la Spagna e scese a Tarragona (14 aprile), donde, dopo breve dimora a Cadice e a Barcellona, si recò in Svizzera, tentando di raggiungere la casa paterna. Colà poté rimanere nascosto per alcuni giorni, infine emigrò in Russia, dove rimase fino al 1833, vivendo col provento di lezioni private. Partecipò all'insurrezione polacca del 1830, e rimase ferito in uno scontro con i Russi. Fatto prigioniero, riuscì a fuggire e a riparare a Odessa (metà luglio 1831), dove fu precettore dei figli di quel governatore. Nel giugno del 1833 tornò nella nativa Valtellina, ma il 1° gennaio 1834 fu arrestato a Tirano e dopo lungo processo, con sentenza del 6 maggio successivo, fu condannato a morte. Commutatagli la pena in quella di sei mesi di carcere, dopo che l'ebbe scontata fu sottoposto a severa vigilanza nel paese nativo, fino all'amnistia del 1838. Ma fin d'allora fu seguace delle dottrine del Mazzini, del quale fu poi sempre il più devoto discepolo. Insorta la Valtellina alla notizia delle Cinque Giornate, il Q. ebbe incarico di recarsi a Milano (25 marzo 1848) presso il governo provvisorio, che lo elesse suo commissario per la Valtellina. A lui si debbono tutte le previdenti misure di difesa sul confine tirolese e quelle relative all'armamento dei volontarî valtellinesi. Fu favorevole al voto di fusione della Lombardia col Piemonte; poi, quando i disastri decisero delle sorti della guerra, il Q., tentata l'ultima difesa nell'alta Valtellina, andò esule in Svizzera e a Lugano s'incontrò col Mazzini, cooperando con lui al moto insurrezionale di Val d'Intelvi (ottobre 1848). Nel gennaio del 1849 si recò in Toscana e dal Guerrazzi fu nominato segretario del governo provvisorio, quindi, andato a Roma, fu segretario privato del triumvirato. Esule di nuovo a Marsiglia dopo la caduta della Repubblica romana (luglio 1849), poi a Ginevra e a Losanna, dove fu collaboratore dell'Italia del Popolo, infine a Londra, visse d'allora in poi sempre nell'intimità col Mazzini, che lo soccorse in difficili frangenti. Partecipò al tentativo rivoluzionario del 6 febbraio 1853, per cui si recò furtivamente a Genova, dove collaborò all'Italia e Popolo, e a quelli di Sarzana e della Valtellina degli anni successivi, infine al moto livornese del giugno 1857. Costretto a riprendere la via dell'esilio, andò a Londra (gennaio 1858), e di là accettò una missione affidatagli dal Mazzini a Malta, in previsione di un moto rivoluzionario in Sicilia; quindi, tornato in Inghilterra, collaborò attivamente al periodico Pensiero ed Azione. Durante la guerra del 1859 rientrò in Italia e fu a Milano, a Bologna, a Genova, dove diresse Pensiero ed Azione, che aveva trasportato colà la redazione, e quando i Mille salparono per la Sicilia, succedette al Savi nella direzione dell'Unità Italiana, prima a Genova, poi a Milano. Ardente polemista, ebbe un duello col suo conterraneo Emilio Visconti Venosta; e più tardi ebbe una dolorosa polemica con Garibaldi, a proposito d'una lettera del generale al Petroni, in cui accennava al suo dissidio col Mazzini, e la polemica fu ribadita, quando Garibaldi pubblicò il suo romanzo I Mille, a cui il Q. rispose con un opuscolo (Roma 1874). Rimase alla direzione dell'Unità Italiana fino al 1871; l'anno dopo andò a Roma a dirigervi l'Emancipazione; e colà visse gli ultimi anni della sua vita operosa.
Bibl.: E. Michel, L'ultimo moto mazziniano, Livorno 1903; S. Pelosi, Della vita di M. Q., voll. 2, Sondrio 1921-22; M. Levi Della Vida, in Nuova Riv. stor., XVIII (1934), n. 6, pp. 526-554.