BONI, Mauro
Nato a Mozzanica (Bergamo) il 3 nov. 1746 da Giovanni Bono e da Stefana Sangiovanni, modesti possidenti, completò gli studi, iniziati con Mauro Bettolini, nei collegi dei gesuiti a Cremona e poi a Roma, ove entrò nel noviziato il 21 ott. 1763. Discepolo del Lagomarsini e in familiarità con gli ingegni più brillanti del Collegio Romano, studiò teologia e storia ecclesiastica, antichità e belle lettere, eloquenza e retorica, eccellendo talmente in questa ultima materia da venirne inviato, quale maestro, in Germania, in attesa della professione religiosa. A causa dello scioglimento della compagnia di Gesù - avvenuta nel 1773, quando a Ragusa iniziava la sua attività di antiquario, ordinando il museo del conte Durazzo - dovette ritornare a Mozzanica privo di mezzi e, solo per l'interessamento di alcuni concittadini e grazie all'austerità dei costumi e alla religiosità di vita, gli venne affidata la cappellania di S. Marta e, in seguito, concessa l'ordinazione sacerdotale. Per invito del vescovo di Crema, M. A. Lombardi, diventò professore di belle lettere in quel seminario e poi vicerettore del collegio di educazione a Bergamo.
Da qui iniziano i suoi attivissimi ed eruditi scambi epistolari con gli studiosi più noti del tempo che, anche se spesso in disaccordo con le sue opinioni, lo onorarono di affettuosa amicizia: Lanzi, Morcelli, Draghetti, Andres, Tiraboschi.
Verso il 1799 Giacomo Giustiniani lo scelse come precettore del figlio: così il B. rimase per più di sedici anni a Venezia, ricoprendo la carica di segretario dell'Ateneo veneto e svolgendo un'opera attivissima, anche se non priva di ombre, di erudito, ricercatore, consulente per le opere a stampa, le incisioni, la pittura e le antichità veneziane, editore e scrittore. Già nel 1793 aveva pubblicato, a Venezia, con B. Gamba, Degli autori classici sacri e profani greci e latini biblioteca portatile,ossia il prospetto del dr. Eduardo Arwood.
Presa conoscenza delle correzioni e aggiunte di Maffeo Pinelli allo stesso prospetto, pur mantenendone la divisione originale in classi e materie, ne completava la serie delle opere greche e latine fino al "Risorgimento delle Lettere", aggiungendo altri autori in ordine cronologico e raccogliendo notizie di nuove edizioni e scoperte. Nonostante le imperfezioni e le manchevolezze, il B. e il Gamba riuscirono a farne un'opera sostanzialmente pregevole, tanto che, più di trent'anni dopo, Ch. Nodier ne riprese la parte sacra nella 1 e 2 edizione della sua Bibliothèque sacrée grecque et latine (Paris 1826 e Bruxelles 1828). Di suo il B. aggiunse, nella seconda parte, il Quadro critico tipografico..., pp. III-LXX, dove, dopo un catalogo ragionato di bibliografia ed una dissertazione critica sull'origine della tipografia e della stampa, rivendicò l'autenticità della data 1461 sull'edizione del Decor Puellarum di Nicolò Jenson, riaprendo la polemica sul primo libro stampato in Italia e, in particolare, a Venezia. Già nel 1743 il de Boze aveva negato l'autenticità del 1461 sostituendovi il 1471, contraddetto da G. Paitoni (in Venezia,1 Città fuori dalla Germania dove si esercitò l'arte della stampa, Venezia 1756) e nel 1776 da P. A. Crevenne; agli argomenti del de Boze si appellarono, negli anni successivi, K. H. Heinecken e G. B. Mittarelli, ma il B., pur conoscendone le varie teorie e proposte, persistette nel ritenere non esservi alcun errore, né volontario né involontario, nella data in questione, tentò inutilmente di eliminare le difficoltà, inserendo "hos" davanti a "libros" dei versi finali dell'edizione delle Familiari di Cicerone per ridimensionare l'affermazione di priorità di Giovanni da Spira, e riscaldò il tono della polemica con affermazioni sempre più definitive e, a dir suo, inconfutabili. Nel generale coro di disapprovazione che seguì apparirono contemporaneamente la trattazione di M. Denis (Suffragium pro Iohanne da Spira primo Venetiarum tipographo, Wien 1794) e un foglio volante a stampa anonimo, ma opera di I. Morelli (ristampato in B. Gamba, Operette di I. Morelli, Venezia 1820, III, p. 407), con i versi finali, relativi all'attività dello stampatore, di alcune edizioni veneziane e il testo integrale del privilegio concesso a Giovanni da Spira nel 1469 per la stampa in Venezia. Nonostante l'inoppugnabilità dell'evidenza documentaria, il B., nelle sue Lettere sui primi libri a stampa di alcune città e terre dell'Italia superiore parte finora sconosciute parte nuovamente illustrate, Venezia 1794, pur pregevoli per informazioni e notizie (v. recensione nel Giornale della letteratura italiana di Mantova, III [1794], pp. 116-136), dichiarò tali argomenti insufficienti e invitò a "provarne altri" (p. VIII). Solo la pronta ed esauriente replica di D. M. Pellegrini (Della prima origine della stampa in Venezia per opera di Giovanni da Spira, Venezia 1794), che dimostra l'imprecisione del B. nella raccolta dei testi, il suo servirsi di fonti di seconda e terza mano (p. 37), l'inconsistenza delle ragioni capricciose e fantastiche, tanto da fare di uno degli argomenti decisivi, la gelosia dei copisti, un "bibliografico romanzetto" (p. 42), chiuse definitivamente la polemica. Altrettanto demolitori i giudizi espressi dal Morelli (Operette, pp. 90 s., 302), da G. Vernazza (C. Frati, Corrispondenti piemontesi di I. Morelli, in La Bibliofilia, XXI [1919], pp. 35, 37) e dal non sempre attendibile D. M. Federici (Memorie trevigiane sulla tipografia del sec. XV, Venezia 1805, p. 14 in nota).
Nella sua attività successiva, sempre in maggior numero, si avvertono imprecisioni e confusioni, anche se riscattate talora dal merito di porre in luce cose del tutto nuove o trascurate (v. alcune notizie sui pittori friulani riportate da L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, Bassano 1795-96, II, p. 36 n.; Sula pittura di un gonfalone della Confraternita di S. Maria di Castello e su d'altre opere fatte nel Friuli da Giovanni da Udine, Udine 1797). Indicativa è la Notizia di una cassettina geografica opera di commesso d'oro d'argento all'agemina, Venezia 1800.
Come fece osservare l'abate D. Francesconi in un suo lungo saggio (Illustrazione di un'urnetta lavorata d'oro, Venezia 1800), il B. sbagliò già nel darne la descrizione, omettendo la ben visibile rappresentazione dell'America e, poi, fondando su questa omissione un suo ragionamento; non si accorse che la cassettina era stata manomessa e che il coperchio era d'altra epoca; confuse, facendo erronee etimologie e derivazioni, la lavorazione all'agemina con quella al niello; infine non validi risultano i suoi raffronti con altre mappe e la designazione dell'autore (ed anche l'autenticità della cassettina verrà poi messa in dubbio: v. A. Sagredo, recensione a Raccolta veneta, in Arch. stor. italiano, XIII, [1866], 4, p. 160).
Ma se i giudizi dei contemporanei furono generalmente positivi, almeno sulle sue qualità umane e sull'operosità scientifica (v. lettere del Vernazza, in C. Frati, cit., p. 37; lettere di F. Novelli, G. de Lazara, P. Zani, in G. Campori, Lettere artistiche inedite, Modena 1866, pp. 307-329, 343 ss.) e anche il Morelli, estensore dei più feroci ma azzeccati giudizi sul B., non ne mise mai in dubbio la buona fede (Operette, p. 63, e lettera al Bettio nel Bibliofilo, VIII [1887], p. 72), riserve assai gravi sulla sua onestà professionale provocarono, in seguito, la sua assiduità alla bottega dei Meneghetti, orefici e mercanti d'antichità di cui almeno il figlio era noto come falsario (A. Sagredo, ibid.; F.Zanotto, I.R. Pinacoteca, Venezia 1832-37, II, n. 13, a Luigi Vivarini seniore), e la sua attività di segnalatore e consulente presso le famiglie Correr, Giustiniani e Molin nella formazione delle loro raccolte d'arte, in cui si ravvisarono numerosi falsi. Per quanto riguarda le antichità veneziane esiste una accusa specifica del Sagredo (pp. 159-61;cfr. E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni veneziane, I, Venezia 1824, p. 313; IV, ibid. 1834, p. 520), che dice di aver personalmente veduto, alla morte del B., tra le sue carte, una gran quantità di manoscritti e anticaglie false e di esser sicuro della consorteria con il Meneghetti, cui il B. avrebbe fornito i particolari tecnici e scientifici per i falsi. Per quanto riguarda la pittura, in cui il B. ebbe parte importante per la scoperta e segnalazione di molte opere dei primitivi veneziani (v. Di alcune pitture antiche nuovamente scoperte in Venezia, Venezia 1806) visono casi in cui l'impostura e la frode, di cui egli sembrava più sprovveduta vittima che abile propalatore, furono apertamente denunciate, tra l'ironia e il ridicolo, dai suoi stessi amici.
Famoso fu il caso del quadro acquistato dal Molin, garante il B., di Giovanni Vivarini, pittore inventato per puro compiacimento patriottico, equivocando sul sodalizio Giovanni d'Alemagna-Antonio Vivarini, la cui firma, falsa, fu accertata con una perizia di P. Brandolese, del de Lazara e dello stesso B., sia pure riluttante (v. lettera del Brandolese al Lanzi, 16 dic. 1807, ined. alla Bibl. di Macerata; L. Lanzi, Storia, p.17 n. 1; J. A. Crowe-G. B. Cavalcaselle, A history of painting in North Italy, London 1912, I, pp. 20 s.; S. Moschini-Marconi, Gallerie dell'Accademia di Venezia, Roma 1955, n. 33). Delle S. Caterina e S. Barbara, con firma di Tommaso da Modena, una del Molin, l'altra del B., già il Lanzi apertamente dubitava (III, p. 15 n. 1, cfr. Moschini-Marconi, n. 210). Ma accanto agli evidenti casi di falso (v. per il falso Alvise Vivarini, G. Mariacher, Il Museo Correr di Venezia, Venezia 1957, p. 162; per Filippo Esegrenio, L. Testi, Storia della pittura veneziana, Bergamo 1909, I, p. 306; per l'Angelus, G. Mariacher, p. 150) imputabili alla mano dei Meneghetti, ve ne sono altri in cui l'esistenza storica degli artisti e l'autenticità delle opere e stata rivendicata dagli studiosi moderni (per Stefano Plebano, cfr. S. Moschini-Marconi, n. 21, e G. Mariacher, p. 216; per Iacopo Alberegno, S. Moschini-Marconi, n. 2; per Lorenzo Veneziano, G. Mariacher, pp. 99-101 e S. Moschini-Marconi, n. 9) dopo il giudizio demolitore dei critici ottocenteschi (L. Testi, I, p. 306; A Della Rovere, Dell'importanza di conoscere le firme autogr. dei pittori, in Arch. ven., XVII[1887], pp. 315-322).
Ricostituitasi la Compagnia di Gesù negli Stati estensi, il B. vi rientrò trasferendosi nel 1815a Reggio Emilia, dove morì il 3 genn. 1817, bibliotecario del Comune e maestro dei novizi.
Collaboratore all'edizione italiana di Bassano del Dictionnaire des hommes illustres di D. Chaudon e del Nuovo diz. storico di F. Carrara, lasciò oltre agli inediti della bibl. Campori (G. Lodi-R. Vandini, Cat. dei cod. e degli autogr. possed. dal march. G. Campori, I, Modena 1875 pp. 361 ss., 653) una notevole quantità di scritti storici, poetici e agiografici per cui si rimanda alla bibliografia di C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus. Qui è opportuno ricordare che il B. partecipò alla campagna pubblicistica controrivoluzionaria con la Confutazione dello spirito di Elvezio (Venezia 1798) e la traduzione, da G. F. La Harpe, Il fanatismo della lingua rivoluzionaria (Cristianopoli 1798).
Parte dell'epistolario del B. viene oggi conservato nella Biblioteca universitaria di Pisa (vedi G. Mazzatinti-A. Sorbelli, Inventari dei manoscritti delle Biblioteche d'Italia, XXIV, p.62, nn. 727-733) e nella Biblioteca Civica di Bassano del Grappa (ibid., LV, p. 64, nn. 1331-1332, p. 136, nn. 991-1116; LVIII, p. 29, nn. 2246-2249, p. 136, nn. 1627-1655, p. 153, nn. 3368-3458); le lettere indirizzate al conte Iacopo Durazzo sono nell'archivio di famiglia a Genova. Per altre lettere sparse v. G. Campori, pp. 307-309; e Sommervogel, VIII, col. 1864, nn. 24, 25; XII, p. 963, n. 3716.
Bibl.: R. Caballero, Bibliothecae Scriptorum Societatis Iesu supplementa, Romae 1814-16, I, pp. 103 s.; II, p. 13; necrologio in Lo Spettatore Italiano, VII, Milano 1817, p. 276; epitaffio in G. Petrucci, Selecta carmina, Romae 1822, p. 1-50; V. Lancetti, Biografia cremonese, II, Milano 1820, pp. 428-430; Biografia universale antica e moderna..., VII, Venezia 1822, pp. 448-450; E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri…, II, Venezia 1883, pp. 163 s. (questi ultimi tre biografi segnano il 1744 come data di nascita del B.; gli altri, come si ricava dal necrologio e dall'epitaffio, il 1746); C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jesus, I, Bruxelles-Paris 1890, coll. 1717-1722; M. E. Cosenza, Biographical and Bibliographical Dictionary of the Italian Humanists,1300-1800, Boston 1962, I, pp. 657 s.; V, p. 83 n. 308; G. Prevital, La fortuna dei primitivi dal Vasari ai neoclassici, Torino 1964, pp. 149, 153, 157, 161-163, 246.