Mauro Felicori
Il direttore che lavorava troppo
Non è uno storico dell’arte e i sindacati lo accusano di fare tardi in ufficio. Ma con la sua guida la Reggia di Caserta ha registrato una crescita record di visitatori.
Mauro Felicori, bolognese, classe 1952 e una laurea in filosofia conseguita con 110 e lode all’università della sua città, dall’ottobre 2015 alla guida della Reggia di Caserta come nuovo direttore, passerà sicuramente alla storia del costume italiano per un’accusa documentata nero su bianco e sottoscritta da sigle sindacali regolarmente rappresentate: quella di ‘lavorare troppo’. Il 23 febbraio 2016 alcuni esponenti di UIL, USB e UGL hanno inviato ai più stretti collaboratori del ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, una nota per protestare contro l’inedita abitudine adottata da Felicori di lavorare fino a notte alta, tenendo aperti gli uffici e «mettendo così a rischio l’intera struttura museale». Un’espressione che, da sola, ha giustificato la selezione internazionale vinta da Felicori insieme con altri 19 colleghi per ottenere la guida dei 20 maggiori musei italiani. Una modalità voluta da Franceschini proprio per sradicare vecchie mentalità e abitudini superate.
La lettera del 23 febbraio 2016 segna una svolta nella storia della gestione del nostro patrimonio culturale.
Non solo per i contenuti ma anche perché mostra la distanza tra 2 mondi: quello dei vecchi riti sindacali consociativi e l’altro, legato a una visione internazionale del bene culturale. Dopo quella lettera Felicori ha ricevuto valanghe di messaggi di solidarietà, inclusa una telefonata del presidente del Consiglio Matteo Renzi (che, in un primo momento, l’interessato ha attribuito a uno scherzo di amici). Soprattutto, significativa per il suo lavoro, è arrivata una nota del segretario della CGIL Susanna Camusso che prendeva le distanze da quella protesta sindacale. Un attacco che si è trasformato in una clamorosa vittoria personale.
Felicori è indubbiamente un personaggio anomalo nel panorama museale italiano. Non è uno storico dell’arte, e lui stesso non fa che ricordarlo proprio per evitare equivoci sul ruolo. Ha sì una laurea in filosofia ma anche una specializzazione in economia della cultura. Ha lavorato per lunghi anni per il comune di Bologna – con la qualifica di dirigente dal 1986 –, guidando dal 2011 il Dipartimento economia e promozione della città dopo aver diretto l’Area cultura del comune, i Musei civici e il settore Cultura e rapporti con l’Università, dove ha insegnato gestione e organizzazione delle imprese culturali. Sotto la sua gestione, Bologna ha ottenuto nel 2000 la nomina a capitale europea della cultura con altre 8 città dell’Unione, risultato che lo inorgoglisce ancora moltissimo.
Felicori appare a tutti come un personaggio assai poco attento all’immagine (i vestiti e la pettinatura non sono il suo forte) ma molto legato ai risultati e ai contenuti. Si ritiene un «dirigente di idee» e crede profondamente nella forza dell’esempio dall’alto: ha raccontato a molti giornali di essere il primo a entrare negli uffici della Reggia di Caserta e l’ultimo a uscire, un’arma personale che usa per creare motivazione tra i dipendenti. Ha scritto di lui Roberto Saviano su l’Espresso dell’11 marzo 2016: «Di Mauro Felicori mi interessa il modo che ha di comunicare, perché è una comunicazione concreta e quindi è una comunicazione vincente. Non promette cambiamenti ma cambia le cose in tempi record e poi ne comunica i risultati». Già nel febbraio 2016 lo straordinario complesso vanvitelliano ha registrato una crescita record del 70% di visitatori in più rispetto allo stesso mese del 2015. Tra le scelte che hanno colpito di più gli addetti ai lavori e il mondo culturale campano è stata la decisione di riallestire dal 1° giugno 2016 la storica mostra Terrae motus, la famosa collezione progettata dal gallerista napoletano Lucio Amelio e realizzata chiedendo agli artisti suoi amici una testimonianza sul terremoto che devastò il Sud nel 1980: Andy Warhol, Robert Rauschenberg, Julian Schnabel ma anche Enzo Cucchi, Mario Merz, Mimmo Paladino, Michelangelo Pistoletto. Il messaggio è chiaro: una Reggia resta una Reggia anche oggi, se espone la contemporaneità.
3 settembre 2016: si supera il 2015
Il 3 settembre 2016 la signora Gill Wattam è stata la visitatrice numero 483.990 alla Reggia di Caserta. Con Gill sono stati superati i visitatori alla Reggia dell’intero 2015 (483.989) e Mauro Felicori ha voluto celebrare l’avvenimento. A Gill, di Bristol, in vacanza in Italia insieme al marito e ai figli, il direttore della Reggia ha consegnato l’attestato con cui la informa di essere il visitatore ‘in più’ della Reggia e il biglietto omaggio per lei e i familiari. Felicori auspica di raggiungere la cifra record di visitatori nel 2016 con 650.000 presenze.