MACCHI, Mauro
Figlio di Francesco e di Angela Fontanella, nacque a Milano il 1( luglio 1818. Di umile famiglia, compì i primi studi in seminario; passò poi alle scuole pubbliche, conseguendovi il diploma di ragioniere, e quindi all'Università di Pavia, dove si laureò in lettere e giurisprudenza. Fin da giovanissimo prese a frequentare ambienti liberali e patriottici, legandosi soprattutto a C. Cattaneo, del quale divenne il più fedele discepolo e uno fra i più stretti collaboratori.
Il M. fu il segretario di redazione della prima serie de Il Politecnico, un'esperienza nata nel 1839, interrotta nel 1844 e messa a frutto quando diresse Lo Spettatore industriale (1844-46). L'attività pubblicistica gli attirò i sospetti della polizia austriaca, che lo arrestò più volte e nel gennaio 1848 lo costrinse a emigrare in Piemonte, dove collaborò al Messaggiere torinese di A. Brofferio, cui lo avvicinava la fede democratica e la condivisione del principio federalistico cattaneano.
Riparato a Torino nell'agosto del 1848 dopo la vittoriosa controffensiva austriaca, il M. - tornato a Milano all'indomani dell'insurrezione del marzo precedente - cominciò a interessarsi di problemi sociali. Fra luglio e settembre del 1849 redasse il foglio popolare Il Proletario, fondando inoltre una scuola domenicale per gli operai, nella quale impartì gratuitamente lezioni di storia politica e di morale. Nel febbraio 1850, dopo aver tentato invano di dar vita allo Stendardo italiano, un giornale democratico che avrebbe dovuto succedere al Messaggiere torinese, pubblicò un opuscolo polemico contro il governo dei moderati (La vita politica di Massimo d'Azeglio, Torino 1850) e si trasferì a Genova. Qui fra marzo e agosto del 1850 fondò e diresse - con l'aiuto di G. Asproni - il quotidiano L'Italia, cui conferì uno spiccato carattere repubblicano con qualche apertura alle idee socialiste.
Il giornale, che rappresentò in quei mesi una fra le principali voci della democrazia italiana, vide il M. adoperarsi per tentare di comporre il dissidio crescente fra G. Mazzini e Cattaneo sui metodi e gli obiettivi della strategia rivoluzionaria. Rivelatasi tuttavia impraticabile ogni ipotesi di conciliazione, il M. sposò in pieno le tesi cattaneane sulla priorità da dare alla lotta per le libertà rispetto a quella per l'indipendenza e alla soluzione federale rispetto a quella unitaria. A Cattaneo del resto fu nuovamente vicino a partire dall'autunno 1850, quando, espulso dagli Stati sardi per i suoi articoli sulla stampa d'opposizione, trascorse alcuni mesi a Capolago coadiuvando il maestro nella redazione dell'Archivio triennale delle cose d'Italia. Nel Canton Ticino ebbe inoltre frequenti contatti con G. Ferrari e C. Pisacane, dalle cui idee fu molto influenzato e sospinto verso una ulteriore presa di distanza da Mazzini.
Tale dissidio divenne più netto dopo l'espulsione del M. dalla Svizzera, nel giugno 1851, e il ritorno a Genova. In particolare, in un lungo articolo pubblicato dopo il colpo di Stato di Luigi Napoleone del 2 dic. 1851 (Il colpo di Stato e la democrazia europea. Lettera di un italiano all'avv. A. Brofferio, Genova 1852), egli contestò la tesi mazziniana di un'iniziativa rivoluzionaria esclusivamente italiana e riaffermò la propria fiducia nella Francia democratica, idee che poi sviluppò nel volume Le contradizioni di V. Gioberti. Osservazioni critiche sull'opera Del rinovamento civile (Torino 1852). La rottura dei rapporti con il campo mazziniano si ebbe dopo il fallimento del moto milanese del 6 febbr. 1853, che, oltre a costringerlo a fuggire per qualche mese dall'Italia, lo convinse definitivamente della necessità di evitare sterili sollevazioni popolari e di concentrare piuttosto gli sforzi sull'attività propagandistica e organizzativa. Rientrato a Genova verso l'agosto 1853, dopo i brevi soggiorni a Firenze e a Ginevra, riallacciò i rapporti con Ausonio Franchi (conosciuto durante la precedente dimora genovese) e fra il 1854 e il 1857 collaborò assiduamente a La Ragione, il periodico da lui diretto, che professava un razionalismo anticattolico e un democratismo sociale avverso a Mazzini.
Il M. condensò le sue opinioni in un volume di Studj politici (Genova 1854) e nell'opuscolo Le armi e le idee (Torino 1855), nei quali ribadì la sua condanna del metodo cospiratorio e insurrezionale, l'impossibilità di separare la causa dell'indipendenza da quella della libertà, la certezza del primato della Francia in campo rivoluzionario, la superiorità della repubblica rispetto ad altre forme di Stato, la fede in una idea di socialismo che non sfociasse nell'"irreligione" e nell'abolizione della proprietà.
Dal 10 ag. 1855 diresse Il Movimento, giornale genovese di opposizione, dalle cui pagine criticò sia la politica estera di Cavour, ritenuta contraria agli interessi nazionali, sia l'atteggiamento troppo acquiescente della Sinistra parlamentare. Pur riprendendo e pubblicando vari interventi di Mazzini e difendendo costantemente i repubblicani contro la repressione governativa, il M. restò fermo nel rifiuto della prospettiva insurrezionale e polemizzò ripetutamente con il foglio mazziniano L'Italia e popolo. Nel 1856 avversò l'idea, avanzata da D. Manin, di dar vita a un "partito nazionale" nel quale avrebbero dovuto confluire repubblicani e monarchici costituzionali (La pace, Genova 1856), così come, alla vigilia della spedizione di Sapri, respinse, contro gli equivoci di un compromesso tra la rivoluzione e la monarchia, la formula mazziniana della "bandiera neutra" (La conciliazione dei partiti. Risposta a G. Mazzini, Genova 1857). Tuttavia nel 1859, superata qualche iniziale perplessità sulla politica piemontese, abbracciò convinto la causa della lotta per l'indipendenza e, chiamato dal dittatore L.C. Farini, tenne l'ufficio di segretario del ministero della Guerra a Modena. Sempre nel 1859 tornò a Milano, dove diresse il periodico La Libertà; nel 1860 subentrò ad A. Bertani nella direzione del Comitato di provvedimento costituito a sostegno della spedizione garibaldina nel Sud e divenne il principale redattore del quotidiano Il Diritto, portavoce della sinistra parlamentare. Nel 1860, inoltre, fu eletto deputato nel collegio di Cremona, mandato confermato ininterrottamente fino alla XIII Legislatura (elezioni del 1876).
Prese parte molto attiva ai lavori della Camera, dove sedette a sinistra, impegnandosi in un'opposizione non pregiudiziale al governo moderato e cercando di promuovere la laicizzazione dello Stato, la soppressione degli ordini religiosi e la liquidazione dell'asse ecclesiastico, l'istruzione elementare obbligatoria, l'abolizione dell'esercito stanziale e la sua sostituzione con la nazione armata.
Nell'ottobre 1860 partecipò a Milano all'VIII congresso delle società operaie italiane, di cui fu eletto vicepresidente. Ebbe una parte di rilievo anche nel successivo congresso di Firenze del settembre 1861, quando, in polemica con la corrente mazziniana che riuscì a far approvare la tesi della politicità delle associazioni operaie, abbandonò la sala. Due mesi dopo fu tra gli animatori del congresso di Asti, dove si raccolsero le società operaie di orientamento più moderato e dove egli si batté per impedire propositi scissionisti. Criticato da vari esponenti del fronte democratico, argomentò la sua difesa della natura apolitica delle società operaie con un lungo saggio (Le associazioni operaie di mutuo soccorso, in Riv. contemporanea, X [1862], pp. 342-382) e nel frattempo proseguì la sua attività conciliatrice fino al congresso di Parma dell'ottobre 1863, che sancì l'ineluttabilità della scissione fra mazziniani e moderati e lo costrinse a dimettersi dalla commissione permanente. Negli anni seguenti non modificò la propria avversione per l'indirizzo che Mazzini intendeva imprimere all'associazionismo mutualistico italiano, e nel novembre 1871 abbandonò i lavori del XII congresso operaio di Roma, quando fu approvata l'adesione esplicita ai principî politici e sociali di Mazzini. Il gesto, che ricalcava quello compiuto da due rappresentanti delle sezioni internazionaliste, indusse qualche giornale a etichettare tout court il M. come internazionalista, cosa che non aveva alcuna rispondenza con la realtà. Egli, pur sensibile ad alcune istanze del nascente movimento socialista, che lo portarono per esempio a schierarsi a favore della Comune di Parigi, continuò infatti a militare nelle file della Sinistra democratica, accantonando la pregiudiziale repubblicana, accettando le istituzioni monarchiche e distinguendosi semmai per un'accentuazione delle tendenze razionaliste e anticlericali oltre che per l'impegno sul fronte europeista e pacifista, in piena sintonia con gli ideali cattaneani.
Tali principî lo portarono ad aderire alla massoneria, cui fu iniziato nel 1862 nella loggia "Dante Alighieri" di Torino, e a ricoprire importanti incarichi direttivi nel Grande Oriente d'Italia. Fu inoltre un esponente di spicco del movimento del libero pensiero e fra i più assidui collaboratori del suo principale organo di stampa, la rivista Il Libero Pensiero, pubblicata a Milano dal gennaio 1866. Il M. impresse un forte accento democratico e anticlericale anche all'Almanacco istorico d'Italia, continuato dall'Annuario istorico italiano, che pubblicò per l'editore milanese Battezzati dal 1868 al 1880.
Sulle pagine di questo periodico egli ebbe modo di sviluppare uno dei temi che già da tempo erano al centro dei suoi interessi, ossia l'impegno per una riforma della scuola e dell'istruzione (introduzione dell'obbligo scolastico, abolizione di ogni insegnamento religioso, miglioramento delle condizioni dei maestri, ecc.) intese come strumento per ampliare e irrobustire le basi laiche dello Stato. Coerentemente con tali posizioni, nel 1869 partecipò all'anticoncilio di Napoli convocato da G. Ricciardi e, nel novembre 1871, aderì alla Società universale dei razionalisti promossa da L. Stefanoni. Il M. sostenne le sue battaglie anticlericali anche alla Camera e nel 1876, fra l'altro, riuscì a far approvare una riforma del codice di procedura penale che eliminava l'obbligo di prestare giuramento in nome dei principî religiosi.
L'impegno del M. sul versante pacifista si concretizzò nella partecipazione al congresso internazionale della pace, a Ginevra nel settembre 1867, nel corso del quale fu eletto vicepresidente.
Atto fondativo del moderno pacifismo democratico, il congresso segnò la nascita della Lega internazionale della pace e della libertà, del cui comitato direttivo egli fece parte fino alla morte.
Sui periodici del movimento pacifista ribadì le proprie idee intorno alla necessità di trasformare l'esercito in nazione armata, di costituire organismi di arbitrato per dirimere le controversie internazionali senza ricorrere alla guerra, di perseguire l'obiettivo degli Stati Uniti d'Europa, di cui la Lega latina, che tentò di costituire negli anni successivi, avrebbe dovuto rappresentare una sorta di tappa intermedia.
Per larga parte della sua vita il M. accompagnò l'impegno politico e giornalistico a un'intensa attività pubblicistica nel campo storico, letterario ed economico-sociale. La sua opera maggiore fu la Storia del Consiglio dei dieci (I-II, Torino 1847-49), una storia della Repubblica di Venezia dalle origini fino al trattato di Campoformio, più volte ristampata. Oltre ai già menzionati almanacchi e annuari, merita di essere ricordata la Storia del Parlamento subalpino, pubblicata a Milano fra il 1867 e il 1870 in continuazione di quella di A. Brofferio.
Nominato senatore il 16 marzo 1879, morì a Roma il 24 dic. 1880.
Fonti e Bibl.: L'archivio del M., che consta di 14 buste e 2700 fra lettere e documenti, è conservato a Milano presso la Fondazione G. Feltrinelli. Un elenco dei suoi scritti è in F. Della Peruta, I democratici dalla Restaurazione all'Unità, in Bibliografia dell'età del Risorgimento in onore di A.M. Ghisalberti, I, Firenze 1971, pp. 292 s.
Su di lui si vedano: M.-A. Gromier, M. M. In memoriam, Milano 1881; Id., M. M. et la "Lega latina". Esquisse biographique, Florence 1882; G. Ricciardi, Biografia di M. M., Milano 1882; Inaugurazione del monumento eretto in Campo Varano alla memoria di M. M., Roma 1883; U.F. Saffiotti, Lettere inedite di M. M. a C. Cattaneo (1842-1867), in Rass. storica del Risorgimento, XII (1925), pp. 721-800; E. Michel, in Diz. del Risorgimento nazionale, III, Milano 1933, s.v.; L. Bulferetti, Socialismo risorgimentale, Torino 1949, pp. 263, 355, 359-361, 363; Id., Le ideologie socialistiche in Italia nell'età del positivismo evoluzionistico (1870-1892), Firenze 1951, pp. 108, 115, 156, 206, 232, 279; F. Della Peruta, I democratici e la rivoluzione italiana (Dibattiti ideali e contrasti politici all'indomani del 1848), Milano 1958, ad ind.; G. Manacorda, Il movimento operaio italiano attraverso i suoi congressi. Dalle origini alla formazione del Partito socialista (1853-1892), Roma 1963, pp. 58, 73, 79, 85-88, 90, 97, 99, 102; E.R. Papa, Origini delle società operaie, Milano 1967, pp. 56, 114 s., 156, 163, 167, 259, 263, 267; N. Rosselli, Mazzini e Bakunin. Dodici anni di movimento operaio in Italia (1860-1872) (1927), Torino 1967, ad ind.; A. Scirocco, I democratici italiani da Sapri a Porta Pia, Napoli 1969, ad ind.; N. Bobbio, Una filosofia militante. Studi su C. Cattaneo, Torino 1971, pp. 14, 27, 32, 35, 50 s., 94, 165; L. Cecchini, Unitari e federalisti. Il pensiero autonomistico repubblicano da Mazzini alla formazione del PRI, Roma 1974, pp. 23, 40 s., 76 s.; E. Cantarella, in Il movimento operaio italiano. Diz. biografico, a cura di F. Andreucci - T. Detti, III, Roma 1977, s.v.; U. Puccio, Introduzione a Cattaneo, Torino 1977, pp. 4, 43, 49, 65, 77; N. Rosselli, C. Pisacane nel Risorgimento italiano, Torino 1977, ad ind.; F. Della Peruta, Il giornalismo dal 1847 all'Unità, in La stampa italiana del Risorgimento, a cura di V. Castronovo - N. Tranfaglia, Roma-Bari 1979, pp. 328, 495, 502, 505, 510, 518; M. M. nel centenario della morte, in Boll. della Domus Mazziniana, XXVII (1981), 2, pp. 7-195 (con saggi di F. Della Peruta, T. Tomasi, C.G. Lacaita, L. Russi, G. Armani); G. Verucci, L'Italia laica prima e dopo l'Unità, 1848-1876. Anticlericalismo, libero pensiero e ateismo nella società italiana, Roma-Bari 1981, ad ind.; B. Montale, L'emigrazione politica in Genova e in Liguria (1849-1859), Genova 1982, ad ind.; G. Armani, Notizie su C. Cattaneo, Roma 1987, pp. VI, 111-124, 131, 167; F. Della Peruta, M. M. e la democrazia, in Id., Conservatori, liberali e democratici nel Risorgimento, Milano 1989, pp. 207-284; M. Fugazza, C. Cattaneo. Scienza e società, 1850-1868, Milano 1989, pp. 64 s., 68, 74, 84, 116, 163, 238, 241; G. Ferrari e il nuovo Stato italiano, a cura di S. Rota Ghibaudi - R. Ghiringhelli, Varese 1992, pp. 19, 105, 235, 264, 268, 330, 389 s., 397-400, 409; A.A. Mola, Storia della massoneria italiana dalle origini ai nostri giorni, Milano 1992, pp. 66, 69, 115 s., 158, 160, 174, 182, 186, 207; R. Zangheri, Storia del socialismo italiano, I, Dalla Rivoluzione francese a Andrea Costa, Torino 1993, pp. 45, 65, 216, 258 s., 385; F. Conti, Storia della massoneria italiana. Dal Risorgimento al fascismo, Bologna 2003, pp. 41, 56, 76, 89, 94, 103, 368, 370, 401; D. Maldini, La stampa moderata e democratica, in La nascita dell'opinione pubblica in Italia. La stampa nella Torino del Risorgimento e capitale d'Italia (1848-1864), a cura di V. Castronovo, Roma-Bari 2004, pp. 25, 79; E.R. Papa, La stampa torinese e la questione operaia (1861-1864), ibid., pp. 327-332, 342, 350; F. Conti, De Genève à la Piave. La franc-maçonnerie italienne et le pacifisme démocratique, 1867-1915, in Les États-Unis d'Europe. Un project pacifiste, a cura di M. Petricioli - A. Anteghini - D. Cherubini, Berne 2004, pp. 219, 221, 229.