MANCA, Mauro
Nacque il 23 dic. 1913 da Luigi e Antonietta Dessena a Cagliari, dove il padre, proveniente da un'agiata famiglia sassarese, era magistrato militare. Dopo un soggiorno a Venezia la famiglia si stabilì a Sassari, dove il M. frequentò il liceo classico. Si iscrisse poi alla facoltà di medicina, che subito dopo lasciò per giurisprudenza, conseguendo la laurea nel 1937. A partire dal 1934 frequentò - seppure sporadicamente - la scuola comunale di incisione diretta da Stanis Dessy e, dall'anno successivo, i corsi serali di nudo della R. Scuola d'arte. Espose alle mostre sindacali del 1934 e del 1935; nel 1936 partecipò ai Littoriali di Venezia e alla I Mostra del Movimento d'arte moderna mediterranea, suscitando l'interesse della critica, e particolarmente di Eugenio Tavolara. Trasferitosi a Roma con la madre e la sorella Lina nel 1938, entrò subito in contatto con l'ambiente artistico romano, frequentando soprattutto lo studio di Gino Severini e stringendo relazioni con Giuseppe Capogrossi ed Emanuele Cavalli.
I molteplici interessi e stimoli determinarono una certa erraticità dei risultati, orientati talvolta verso esiti metafisici o anche verso l'avanguardia espressionista: le prove di questo periodo, selezionate ed esposte ai prelittoriali dal 1939 al 1941, mostrano debiti soprattutto nei confronti di C. Cagli, ma anche di Severini e M. Sironi.
Richiamato in Sardegna per il servizio militare, rinsaldò i legami con Tavolara e con altri esponenti della vita intellettuale sassarese, tra i quali Giuseppe Biasi e Giuseppe Dessì. Verso la fine del 1942 il M. tenne una personale al dopolavoro Aldo Solinas nella quale espose numerose opere, tutte chiaramente memori dell'esperienza espressionistico-tonalista della prima Scuola romana. Nel 1943-44 insegnò storia dell'arte presso il liceo Canopoleno e l'istituto d'arte di Sassari e allestì una seconda personale (giugno 1944) alla galleria L'acquario: le posizioni assunte dal M., e in particolar modo il suo esplicito rifiuto di riconoscere i valori di una pretesa scuola regionale innescarono una polemica con l'ambiente artistico cittadino e in particolare con il pittore Pietro Antonio Manca; benché eletto nel luglio membro del consiglio del nuovo Sindacato artisti, il M. maturò comunque la decisione di rientrare a Roma, dove erano rimaste la madre e la sorella.
L'8 sett. 1946 sposò Francesca Binna, figlia di un noto avvocato sassarese, conosciuta già molti anni addietro: dall'unione nacquero Luigi, Giuseppe e Giovanni. Stabilitosi con la famiglia a Roma, dove aveva ottenuto, grazie all'intervento del suocero, un impiego presso il ministero della Guerra, riallacciò i rapporti con Capogrossi, S. Monachesi e A. Corpora e iniziò un periodo di studio sulla pittura tra postimpressionismo e fauvisme, maturando un'attenta riflessione su P. Picasso, P. Bonnard, A. Derain e H. Matisse.
La prima esposizione romana (galleria Il cortile, giugno 1946, presentazione di A. Trombadori) era tuttavia ancora incentrata sulle opere dei tre anni precedenti; e la critica, pur apprezzandone le capacità figurative, ne rimarcò l'inattualità e l'estraneità al dibattito culturale corrente, teso invece a sottolineare l'urgenza di un'arte di tema sociale. Sostanzialmente sordo a tali sollecitazioni, il M., pur non aggiornando il proprio repertorio iconografico (i modelli restarono soprattutto le nature morte e le figure femminili), si avvicinò allo stile neocubista, anche sulla scorta dell'impressione suscitata dalla mostra "Pittura francese d'oggi", tenutasi alla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma alla fine del 1946. Gli esiti di questa riflessione sfociarono nella personale tenuta alla Galleria di Roma (marzo 1947, presentazione di M. Venturoli), replicata presso la galleria L'acquario di Sassari.
In risposta al celebre articolo di Palmiro Togliatti sul realismo in arte, nel dicembre 1946 il M. aveva firmato (con A. Vangelli, G. Stradone, Monachesi e R. Vespignani) l'antimanifesto della Giovane pittura italiana, in cui si rivendicavano più ampi spazi per la ricerca artistica contro le forzature ideologiche del dibattito. Il M. infatti, seppur politicamente orientato a sinistra, rifiutò ogni appartenenza schierata, e la sua espressione artistica oscillò ancora a lungo fra modi e tematiche neocubisti e approdi più compiutamente astratti, secondo un percorso sperimentato negli stessi anni - seppure con esiti differenti - da Giulio Turcato.
Lasciato l'impiego presso il ministero per dedicarsi esclusivamente alla pittura, ottenne nel dicembre del 1947 il premio della Fondazione Umiastowska alla II Mostra annuale dell'Art Club presso la Galleria di Roma. Nel 1948 partecipò alla V Quadriennale di Roma, dove due suoi dipinti furono esposti nella sala XII, unitamente alle opere di R. Guttuso e di altri neocubisti.
Esemplare di questa fase di passaggio è il raffronto tra Natura morta con fichi (1947: Università di Cagliari, Collezione Piloni), nella quale le linee di scomposizione e compenetrazione definiscono comunque ancora in modo chiaro la struttura della figurazione e dei campi di colore e Insetti nel bosco (1948: Roma, Galleria nazionale d'arte moderna), dove invece si fa evidente la riduzione dell'impianto neocubista a struttura puramente cromatica e in cui ai riferimenti di matrice surrealista si affianca una ricerca sul colore già di tipo materico.
La varietà degli orientamenti della ricerca del M. e l'eclettismo degli esiti permasero nelle successive esposizioni e nelle opere che presentò a numerose collettive in Italia e all'estero, prevalentemente nell'ambito delle iniziative promosse dall'Art Club. Prese inoltre parte, nell'estate del 1949, alla Mostra d'arte moderna della Sardegna, organizzata a Venezia presso l'Opera Bevilacqua La Masa, e alla sua riedizione dell'anno successivo presso la Galleria nazionale d'arte moderna di Roma; partecipò inoltre a diversi premi in ambito nazionale (vinse, fra l'altro, il premio Sassari del 1950), e lavorò anche come grafico (affiches per le mostre regionali dell'artigianato, tavole per le riviste di turismo Vita italiana e Italy, realizzazione dell'agenda illustrata dell'Ente nazionale italiano per il turismo), vignettista (per il periodico Il Pensiero nazionale) e finanche scenografo, nel 1952, per la produzione del film La maschera nera. Assunto nel febbraio 1952 come operaio permanente presso la Galleria Borghese, collaborò - sotto la direzione di Paola Della Pergola - al riallestimento della collezione e svolse attività di restauratore; nello stesso anno assunse inoltre la direzione artistica della galleria L'Aureliana, al n. 29 di via Sardegna. Amico dell'architetto Ernesto Maria Rossi, progettò con questo la decorazione interna della Camera di commercio di Treviso (opera poi non realizzata); e insieme i due artisti curarono l'edizione della rivista Inchieste di urbanistica e di architettura, programmaticamente attenta allo sviluppo dei rapporti tra architettura e arti figurative. A partire dal 1954, anche sotto l'impressione prodotta dalle esposizioni dedicate a P. Picasso tenutesi a Roma e a Milano l'anno precedente, il M. passò dalla sperimentazione astrattista degli anni precedenti a una figurazione stilizzata e ispirata, sia nelle forme sia nei contenuti, alla mitologia mediterranea preclassica, in cui gli spunti vengono tratti dalla mitografia minoica (riletta talvolta alla luce di M. Campigli) e, successivamente e con maggior peso, dall'arte nuragica.
Gli esiti di questa fase, in cui le immagini tendono vieppiù a ridursi a cifre essenziali e archetipe, furono presentati nel 1955 a L'Aureliana; e lo scarso riscontro critico evidenziò l'eccentricità del M. rispetto al panorama contemporaneo, ormai focalizzato su un'avanguardia compiutamente astratta e già impegnata nelle prime esperienze informali.
Nel 1955 ricevette dall'amico Tavolara, impegnato con l'architetto Ubaldo Badas nella riorganizzazione dell'artigianato sardo che sfocerà nella creazione dell'ISOLA (Istituto sardo organizzazione lavoro artigiano), l'incarico di progettare - per conto dell'ENAPI (Ente nazionale artigianato e piccole industrie) - gioielli e tappeti, che verranno poi eseguiti dall'orafo sassarese R. Deliperi e dalla manifattura di Emilia Musio Vismara di Dorgali. I rapporti con la terra d'origine si facevano sempre più stretti: insieme con Tavolara elaborò un progetto di istituzione di un Ufficio autonomo per le belle arti in Sardegna che non venne però accolto. Il M. nel medesimo periodo suggerì a Fernanda Wittgens, organizzatrice della Triennale di Milano delle arti decorative, l'idea di allestire all'interno della rassegna del 1957 una mostra dell'artigianato sardo, che riscosse un buon successo.
Il M. partecipò quindi alla prima Biennale di Nuoro, aggiudicandosi il primo premio con l'opera astratta L'ombra del mare sulla collina (Nuoro, Museo d'arte della Provincia di Nuoro): l'assegnazione del premio a un'opera di netta rottura con la tradizione artistica isolana suscitò interminabili polemiche tra i critici; mentre la reazione del pubblico fu di perplessità, se non di vero e proprio rifiuto.
Il dibattito scaturito, coerente in fondo con quanto avveniva in ambito nazionale intorno al corso filoastrattista impresso da Palma Bucarelli all'attività della Galleria nazionale d'arte moderna, indusse il M. a chiarire la propria posizione: nell'articolo Storicità dell'astrattismo (pubblicato in Inchieste di urbanistica e di architettura, novembre-dicembre 1957, pp. 135 s.) egli rivendicava il valore semantico dell'arte astratta e la sua capacità di sondare, per il tramite di materia e forma, le profondità enigmatiche del reale. In aderenza a questa posizione si sviluppò il lavoro successivo, a partire dalle opere esposte alla rassegna "Nuove tendenze dell'arte italiana", organizzata da Lionello Venturi alla Rome-New York Art Foundation.
La svolta verso l'informale fu poi ribadita nella personale tenuta nel maggio del 1959 alla galleria Selecta di Carlo Cardazzo: le opere esposte si liberano dalle architetture segniche e cromatiche e la materia rimane protagonista, mostrata, più che nella sua fisicità, nel suo divenire metamorfico, nella sua capacità di disgregarsi per ricostituirsi in nuovi corpi (Modificazioni del reale, 1959: collezione della Provincia di Sassari). Si tratta dell'ultima mostra romana, seguita subito dopo dall'aggiudicazione del premio Michetti; quindi il M. si trasferì a Sassari, dopo aver ottenuto la direzione dell'Istituto d'arte della città, incarico per il quale aveva concorso l'anno precedente. Il M. si concentrò sull'attività didattica, con l'obiettivo di modernizzare l'indirizzo pedagogico dell'Istituto d'arte, favorendo il comparto delle arti applicate e attivando un'organica collaborazione con l'ISOLA.
Il M. riteneva che si potesse orientare la produzione artistica artigiana da un ambito di derivazione popolare a quello del design, e in tal senso curò e promosse, specie nei settori orafo e tessile, la realizzazione di manufatti innovativi, dal disegno anche estraneo alla tradizione regionale. Promotore dell'avanguardia artistica in Sardegna, il M. richiamò intorno a sé, inserendoli nel corpo docente della scuola, i più promettenti giovani artisti sardi, divulgandone l'attività attraverso la fondazione e il sostegno di due gallerie, ambedue denominate "A" e ubicate ad Alghero e a Sassari: in questo clima le mostre degli artisti di Realtà nuova (in seguito Gruppo A) e le stesse personali del M. - la cui ricerca rimase sempre incentrata, con esiti significativamente risolti, sul nodo problematico segno/materia - costituirono momenti di vivo dibattito, di riflessione e di formazione. Il M. fece anche parte del Consiglio superiore dell'ANISA (Associazione nazionale insegnanti di storia dell'arte), contribuendo attivamente alla formulazione di proposte didattiche assai innovative. Di questo ampio progetto culturale, che a uno sguardo odierno appare sicuramente come il contributo più originale del M., sono efficace testimonianza i disegni forniti per la tessitura di tappeti del Centro tessile di Aggius, presso Sassari (anni 1958-60: oggi, Collezione ISOLA di Sassari), che aggiornano gli schemi tessili alle coeve sperimentazioni in campo pittorico: il M. delineò per le tessitrici soggetti astratti differenziati, dal pattern segnico al dripping sino alla inedita trasposizione sul tessuto di effetti di sovrapposizione o di velatura dei colori e alla rottura del tradizionale impianto simmetrico. Nel segno di questa evoluzione si annoverano anche i modelli ideati per la produzione di gioielli, i quali passano da un iniziale arcaismo mediterraneo a forme sempre più aeree ed essenziali, che evocano le ricerche di Lucio Fontana.
Il M. morì a Sassari il 22 febbr. 1969.
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