SODERINI, Mauro Maria
– Primogenito di quattro figli maschi (Marrini, 1764, p. XL, nota 3), nacque il 15 gennaio 1703 a Firenze, nel popolo di Santo Stefano a Ponte, da Francesco di Giovanni Filippo e da Caterina Angiola di Francesco Carnesecchi, come attesta la fede di battesimo registrata presso l’Archivio dell’Opera di S. Maria del Fiore (Leonelli, 2007, p. 218, nota 38).
Nonostante le pionieristiche ricerche condotte da Silvia Meloni Trkulja (1990), la piena conoscenza dell’attività pittorica di Soderini risale a tempi recenti e per merito principalmente di Lisa Leonelli che, a più riprese (2005-2006; 2007; 2009) e in base a inedite notizie d’archivio, ne ha ricostruito la carriera e il folto catalogo delle opere, distinguendo nettamente la sua produzione da quella del padre Francesco (1673-1735), pittore formatosi con Alessandro Gherardini e noto soprattutto per le numerose tele di soggetto sacro ordinategli da Anna Maria Luisa de’ Medici per villa La Quiete (Casciu, 1990, pp. 250 s.; Leonelli, 2006).
Del precoce alunnato di Soderini nella bottega paterna accenna Francesco Maria Niccolò Gabburri, autore nel 1739 di un profilo biografico dell’artista – allora al colmo della carriera – prodigo di lodi sia per il «perfetto disegno e buon gusto di colore» delle sue pitture «a fresco e a olio», sia per le importanti cariche assunte all’interno dell’Accademia Fiorentina, dove risulta immatricolato il 2 gennaio 1728 (Gli accademici del Disegno, 2000, p. 302; Leonelli, 2007, p. 219, nota 40). Negli anni che precedettero tale iscrizione e la contestuale nomina ad accademico (11 gennaio 1728) si susseguirono, a detta di Gabburri, i due viaggi di studio intrapresi da Soderini: dapprima a Bologna presso un discepolo di Gian Gioseffo Dal Sole, Felice Torelli; in seguito, dopo una breve parentesi fiorentina, a Roma sotto la guida del toscano Benedetto Luti, già allievo a Firenze di Anton Domenico Gabbiani e all’epoca esponente di punta della corrente classicista romana nel solco di Carlo Maratti. Il soggiorno di Soderini nell’Urbe, protrattosi per «alcuni anni» e trascorso «disegnando indefessamente dalle statue e dalle migliori pitture», è documentato da una serie di lettere da cui si evince che l’artista, previa supplica al granduca Cosimo III – ove si autodefiniva «giovane di anni diciannove studente di pittura» –, era giunto a Roma alla metà di gennaio del 1722 e aveva ricevuto ospitalità nel palazzo Medici in Campo Marzio (Leonelli, 2009, pp. 124 s.). La scomparsa di Luti nel 1724 e la coeva esposizione a Firenze, alla mostra degli accademici del disegno, di una perduta Rachele di Soderini (Borroni Salvadori, 1974, p. 124), portano a ritenere che il pittore fosse già rientrato da Roma in quell’anno, anziché protrarvi il soggiorno come da altri asserito (Leonelli, 2007, p. 219). Inoltre, l’assoluta mancanza di notizie relative al triennio 1725-27 attesta una sua prolungata assenza da Firenze, che potrebbe spiegarsi solo invertendo l’ordine dei viaggi dichiarato da Gabburri – e finora accolto unanimemente – e facendo quindi slittare l’alunnato con Torelli a Bologna dopo il tirocinio accademico a Roma. E sebbene il linguaggio di Luti abbia rappresentato un modello costante per Soderini, una conoscenza diretta del classicismo emiliano sperimentata in età più matura giustificherebbe le affinità stilistiche palesate da Soderini fin dagli esordi con un altro pittore fiorentino parimenti educatosi alla scuola bolognese di Dal Sole: quel Vincenzo Meucci (1694-1766) con il quale avrebbe spesso collaborato a partire dal 1728 (decorazioni della distrutta chiesa di S. Elisabetta dei Preti della Carità a Firenze: cfr. Lenzi Iacomelli, 2014, p. 28, nota 60).
Dal 1728 Soderini operò in pianta stabile a Firenze, come testimoniano il regolare pagamento delle tasse e i ruoli di perito e di maestro di nudo esercitati all’Accademia del disegno per diversi anni consecutivi (Gli accademici del Disegno, 2000, p. 302; Leonelli, 2007, p. 215, nota 26). Dopo le prime commissioni note – l’ottagono con l’Anima purgante eseguito nel 1729, in serie con altri tre del padre Francesco, per l’elettrice palatina a villa La Quiete (Casciu, 1990, pp. 251, 262, nota 24; Branca, 2006, p. 93, fig. 7); una Strage degli Innocenti esposta, sempre nel 1729, alla mostra degli accademici del disegno (Borroni Salvatori, 1974, p. 124); e i disegni, allogatigli da Gabburri, per l’antiporta e altre incisioni ne Il Riposo di Raffaello Borghini, riedito a Firenze nel 1730 (Leonelli, 2009, p. 122, nota 8) –, Soderini si cimentò nella pittura ad affresco nel chiostro grande di S. Maria Novella, dipingendovi nel 1731 due lunette raffiguranti S. Tommaso d’Aquino dinanzi a papa Urbano IV e S. Antonino che rimprovera due finti ciechi. La chiarezza di eloquio (che ben si adatta al prevalente accento riformato del ciclo domenicano) e la fedeltà agli eventi storici narrati (da vedersi in rapporto con le coeve indagini storiografiche di Ludovico Antonio Muratori; pp. 127 s.) si ripresentarono l’anno successivo, insieme al rigore nel disegno e alla tavolozza impostata su tinte chiare, nel salone di palazzo Della Gherardesca, dove Soderini, autore del riquadro con La chiamata di Gaddo della Gherardesca al governo di Pisa nel 1316 e di due ovati a monocromo, operò in squadra e in misura paritetica con Meucci e Giovan Domenico Ferretti (Chiarini, 1990, pp. 332 s.; Leonelli, 2009, p. 127; Lenzi Iacomelli, 2012, p. 153, nota 31; Ead., 2014, pp. 31 s.). La triade di frescanti operò con successo in altre due occasioni: nel 1736 nel ciclo dell’ex chiesa di S. Domenico al Maglio (a Soderini spettano tre lunette; cfr. Leonelli, 2007, p. 214, nota 23; Lenzi Iacomelli, 2014, p. 44) e, nel 1738, in S. Salvatore al Vescovo (dove firmò e datò la Deposizione di Cristo; cfr. Barletti, 1989, pp. 44 s., 56 s.; Lenzi Iacomelli, 2014, pp. 44 s.). In coppia con il solo Meucci, Soderini lavorò nel 1737 nella cappella di S. Mauro alla Badia fiorentina con l’esecuzione delle tele laterali raffiguranti S. Geltrude in estasi e S. Geltrude in atto di scrivere (Leonelli, 2007, p. 220; Ead., 2009, pp. 129, 135, fig. 5), e di nuovo nel 1741, su incarico del marchese Francesco Maria Frescobaldi, nella cappella di S. Teresa d’Avila nella tenuta I Bibbiani a Capraia (Firenze), all’interno della quale Soderini, coadiuvato dal quadraturista Anton Domenico Giarrè, svolse un ruolo preponderante quale artefice dello sfondato nella volta con la Gloria della Ss. Trinità e delle quattro storie della santa a grisaille. Nel medesimo anno, sempre a Capraia, Soderini partecipò insieme a Meucci alla realizzazione degli affreschi, oggi deperiti, del cosiddetto Porto dei Frescobaldi (Leonelli, 2007; Ead., 2012, pp. 139 s.; Lenzi Iacomelli, 2014, pp. 60 s.). A testimonianza, invece, dell’avvenuta collaborazione con Ferretti – perduto l’affresco documentato nel 1740 nel distrutto oratorio di S. Maria di Candeli (Valentini, 2003) –, rimangono solo le due grandi tele a pendant eseguite nel 1741 per la cappella di S. Giuseppe nel duomo fiorentino (di cui Soderini dipinse lo Sposalizio della Vergine; cfr. Leonelli, 2007, p. 220).
In parallelo con l’attività in équipe, Soderini affrescò a Prato la Vergine in gloria nella cappella della Madonna di Loreto nel monastero di S. Vincenzo, documentata nel 1743, e lo sfondato coevo con S. Nicola di Bari in gloria nella sacrestia del monastero di S. Nicola (p. 213); inoltre prese parte a Firenze alle campagne decorative promosse in alcune nobili residenze, come attestano gli affreschi di tema profano recentemente attribuitigli nei palazzi Peruzzi Bourbon del Monte (1735 circa; cfr. Maccioni, 2016), Del Sera Pitti (1743 circa; cfr. Lenzi Iacomelli, 2015) e di Baldaccio di Anghiari (Betti, 2016, pp. 30 s., tavv. II-III), ai quali si aggiunge un perduto sfondo di alcova documentato nel 1741 in palazzo Panciatichi, in contemporanea con gli interventi ivi eseguiti da Meucci e Ferretti (Leonelli, 2012, p. 126). Dei tanti incarichi professionali svolti da Soderini fra il 1746 e il 1751 nel palazzo del marchese Folco Rinuccini – affreschi in nove sale al pianterreno e nella cappella al mezzanino – sopravvive solo la pala per l’Accademia della Crusca a nome Il Lambiccato, saldata all’artista nel marzo del 1750 (Ciardi - Tongiorgi Tomasi, 1983; Leonelli, 2007, p. 221).
Fra le pale d’altare realizzate in più tempi da Soderini si ricordano S. Zanobi che resuscita un fanciullo (1745) per l’altare Girolami in S. Stefano a Ponte (Firenze, Museo diocesano; cfr. Leonelli, 2009, pp. 128 s.), unica opera citata da Luigi Lanzi (1795), e S. Michele Arcangelo che sconfigge Satana, lavoro documentato fin dal 1751 nella chiesa dei Ss. Lucia e Michele a Monte Orlando a Lastra a Signa (Firenze; cfr. Romagnoli, 1990).
Morì a Firenze il 12 maggio 1752, a quarantanove anni, e fu sepolto nella chiesa di S. Simone. Nel testamento, dettato cinque giorni prima al notaio Cosimo Braccini nella propria abitazione in S. Croce, aveva nominato curatori del patrimonio e tutori degli otto figli i nobili Bandino Panciatichi, Francesco Maria Frescobaldi e Folco Rinuccini, già suoi committenti (Leonelli, 2007, p. 212, nota 16; Ead., 2012, p. 126).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Notarile moderno, 27521, Testamenti notaio Cosimo Braccini (1747-1765), cc. 30r-31r.; Ufficiali, poi Magistrato della Grascia, 202 (1750-1759), Morti della città di Firenze dal 1750 al 1759, Quartiere di Santa Croce, c. 515r (ad datam 12 maggio 1752); Firenze, Archivio dell’Opera di S. Maria del Fiore, Registri dei battezzati maschi, 74 (1702-1704), lettera M, c. 73r, n. 1030; Biblioteca nazionale centrale, ms. Pal. E.B.9.5: F.M.N. Gabburri, Vite di pittori (1719-1743), IV, 1739, c. 1889r.
G.G. Bottari, Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura..., II, Roma 1757, p. 207; O. Marrini, Serie di ritratti di celebri pittori..., I, parte II, Firenze 1764, pp. XXXIX s., nota 3; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia..., I, Bassano 1795, p. 199; F. De Boni, Biografia degli artisti, Venezia 1840, p. 959; F.M.N. Gabburri, Descrizione dei disegni della Galleria Gabburri in Firenze, in Raccolta di cataloghi ed inventarii inediti..., a cura di G. Campori, Modena 1870, p. 585; F. Borroni Salvadori, Le esposizioni d’arte a Firenze dal 1674 al 1767, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XVIII (1974), pp. 1-166 (in partic. pp. 124, 138, 147); R.P. Ciardi - L. Tongiorgi Tomasi, Le pale della Crusca. Cultura e simbologia, Firenze 1983, pp. 448 s.; L. Sebregondi Fiorentini, La Compagnia e l’Oratorio di San Niccolò del Ceppo, Firenze 1985, pp. 15, 44, 71 s., n. 22; E. Barletti, Il palazzo arcivescovile di Firenze. Vicende architettoniche dal 1533 al 1895, Firenze 1989, pp. 44-48, 56 s.; M. Chiarini, La pittura del Settecento in Toscana, in La pittura in Italia. Il Settecento, a cura di G. Briganti, I, Milano 1989, pp. 301-351; S. Meloni Trkulja, S., M., ibid., II, Milano 1989, pp. 868 s.; S. Casciu, Vicende settecentesche della Villa della Quiete. L’elettrice palatina e la Congregazione delle Signore Montalve, in Arte cristiana, LXXVIII (1990), 739, pp. 249-266; G. Romagnoli, Itinerari storico-artistici, in Lastra a Signa. Percorsi storici e turistici ad uso di viaggiatori attenti, a cura di G.B. Ravenni, San Giovanni Valdarno 1990, p. 57; Gli accademici del Disegno. Elenco alfabetico, a cura di L. Zangheri, Firenze 2000, p. 302; F. Baldassari, Giovan Domenico Ferretti, Milano 2002, pp. 24, 164 s.; F. Farneti - S. Bertocci, L’architettura dell’inganno a Firenze. Spazi illusionistici nella decorazione pittorica delle chiese fra Sei e Settecento, Firenze 2002, p. 206, nota 28; A. Valentini, La caserma dei carabinieri “Vittorio Tassi”. L’antico monastero di Santa Maria di Candeli al Canto di Monteloro, Firenze 2003, pp. 61 s.; L. Leonelli, M.M. S. (Firenze, 1703-1752): un pittore fiorentino che «cercò in dipingere la vaghezza e l’effetto», tesi di laurea, Università degli studi di Firenze, a.a. 2005; M. Branca, Le meditazioni di Anna Maria Luisa alla Quiete. Influssi della spiritualità gesuitica nella quadreria delle Montalve, in La principessa saggia. L’eredità di Anna Maria Luisa de’ Medici elettrice palatina (catal., Firenze), a cura di S. Casciu, Livorno 2006, pp. 88-93 (in partic. pp. 92 s., fig. 7); L. Leonelli, Schede nn. 213-214, ibid., pp. 386-389, ; Ead., Due inediti cicli di affreschi per la famiglia Frescobaldi: Giuseppe Zocchi, Vincenzo Meucci e M. S. nel marchesato di Capraia, in Arte musica spettacolo. Annali del dipartimento di Storia delle arti e dello spettacolo, VIII (2007), pp. 208-230; S. Bellesi, Catalogo dei pittori fiorentini del ’600 e ’700. Biografie e opere, I, Firenze 2009, pp. 253 s., III, figg. 1533-1540; L. Leonelli, Nuove scoperte sul soggiorno romano di M. S. e alcune precisazioni sulla prima attività fiorentina, in Arte musica spettacolo. Annali del dipartimento di storia delle arti e dello spettacolo, X (2009), pp. 121-140; C. Lenzi Iacomelli, Verso il nuovo gusto, in Fasto privato. La decorazione murale in palazzi e ville di famiglie fiorentine, I, Quadrature e decorazione murale da Jacopo Chiavistelli a Niccolò Contestabili, a cura di M. Gregori - M. Visonà, Ospedaletto 2012, pp. 147-184 (in partic. pp. 153 e nota 31, 179); L. Leonelli, Il primo Settecento, ibid., pp. 69-146 (in partic. pp. 93, 119, 126, 139-146, note 298 e 300), figg. 56-57, tavv. XCVI-XCIX; C. Lenzi Iacomelli, Vincenzo Meucci (1694-1766), Firenze 2014, pp. 28, 31 s., 44 s., 60 s., 188, 194, 255-259; Ead., Palazzo Del Sera Pitti, in Fasto privato. La decorazione murale in palazzi e ville di famiglie fiorentine, II, Dal tardo barocco al romanticismo, a cura di M. Gregori - M. Visonà, Ospedaletto 2015, pp. 57-61, figg. 49-51, tav. XXIV; L. Leonelli, Palazzo Sforza Almeni, ibid., pp. 211-214, figg. 196-198, tavv. CIV, CVI; M. Betti, Palazzo di Baldaccio d’Anghiari, ibid., III, Dal tardo barocco al romanticismo, a cura di M. Gregori - M. Visonà, Ospedaletto 2016, pp. 30 s., fig. 9, tavv. II-III; P. Maccioni, Palazzo Peruzzi Bourbon Del Monte, ibid., pp. 49-52, figg. 25-28, tavv. IX-XI.