PICONE, Mauro
– Nacque a Palermo il 2 maggio 1885, terzogenito di Alfonso e Anna Bongiovanni, nativi e residenti a Lercara Friddi.
La crisi dell’industria zolfifera siciliana, causata dalla scoperta di ricche miniere negli Stati Uniti, significò per la famiglia Picone l’inizio di un periodo di serie difficoltà economiche. Il padre, ingegnere minerario, abbandonò la libera professione e scelse la strada dell’insegnamento che lo portò dapprima ad Arezzo e poi a Parma e a Torino.
Nella città toscana, Mauro Picone arrivò all’età di 5 anni, con le sorelline Clelia e Orsolina. Alle scuole elementari palesò forti difficoltà di apprendimento, soprattutto in aritmetica. La situazione si sbloccò solo negli anni della scuola tecnica e poi dell’istituto tecnico, quando l’interesse e la passione per la matematica e le materie scientifiche crebbero grazie a un corpo docente nel quale figurò per qualche anno il matematico palermitano Michele De Franchis.
Gli studi di Mauro Picone continuarono con l’ammissione alla Scuola normale di Pisa, dove si laureò in matematica nel 1907 con Luigi Bianchi. Al concorso di ammissione alla Normale, nel 1903, si era classificato al primo posto. A Pisa, strinse in particolare un’affettuosa amicizia con Eugenio Elia Levi, più anziano di lui solo di due anni ma già inserito nell’ambiente universitario matematico, che gli sarebbe stato prodigo di consigli e insegnamenti fino alla tragica morte nei pressi di Caporetto, durante la prima guerra mondiale, nel 1917.
Dopo la laurea, Picone fu assistente di Ulisse Dini a Pisa presso la cattedra di analisi infinitesimale, succedendo in tale incarico proprio a Eugenio Elia Levi. Il 30 settembre 1913 sposò la pisana Maria Iole Agonigi. La coppia si trasferì subito a Torino dove Picone fu assistente di meccanica razionale e di analisi infinitesimale, all’Università e al Politecnico, per poi ottenere nel ’15 la libera docenza in analisi infinitesimale.
Terminata la guerra, fu chiamato a Catania per tenere per incarico gli insegnamenti di analisi infinitesimale e di analisi superiore. Nel 1920 vinse il concorso a cattedra di analisi infinitesimale e insegnò poi nelle Università di Cagliari, di Catania (dal ’21 al ’24), di Pisa, di Napoli (dal ’25 al ’32) e infine di Roma che fu la sua sede definitiva. Nel 1955, raggiunti i 70 anni, andò fuori ruolo; nel ’60, collocato a riposo, fu nominato professore emerito dall’Università di Roma.
Morì a Roma l’11 aprile 1977.
Picone fu un valente matematico, autore di quasi trecento articoli scientifici e di numerosi trattati. L’apprezzamento per la sua attività di ricercatore è testimoniato dai premi conferitigli e dai riconoscimenti che gli pervennero dalle più importanti accademie italiane e da accademie di altri paesi. Dalla sua scuola uscirono matematici del valore di Renato Caccioppoli, Lamberto Cesari, Ennio De Giorgi.
Negli anni tra le due guerre mondiali e nel dopoguerra, la scuola di Picone fu uno dei due principali poli dell’analisi matematica italiana e dalla sua «fucina sono direttamente o indirettamente usciti almeno i tre quarti dei professori di Analisi delle università italiane» (Tricomi, 1977, p. 574). L’altro polo, quello pisano, era diretto da Leonida Tonelli con cui Picone condusse una dura polemica originata da una recensione non proprio benevola di Tonelli ad un suo trattato. Si trattava in realtà di idee divergenti sul livello di generalità che deve assumere l’impianto teorico nella ricerca matematica, sul ruolo delle applicazioni e anche sullo stile con cui articoli e monografie vanno redatti. Quello di Picone è inconfondibile: molto personale, appassionato, non sempre chiaro: fu «scrittore poco indulgente verso il lettore per la Sua intransigente e costante aspirazione verso un assoluto rigore, anche formale, ed una generalità massima» (Fichera, 1978, p. 7).
Sin dalla tesi di abilitazione all’insegnamento, pubblicata nel 1910, la ricerca di Picone si indirizzò verso lo studio delle equazioni differenziali ordinarie e alle derivate parziali. Nella memoria Sui valori eccezionali di un parametro da cui dipende un’equazione differenziale ordinaria del secondo ordine (in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Classe di Scienze, s. 1, 1910, vol. 11, pp. 1-144) si trova in particolare dimostrata la cosiddetta 'identità di Picone' per le equazioni differenziali ordinarie lineari del secondo ordine dipendenti da un parametro, da cui l’autore ricavò una semplice dimostrazione del teorema di confronto di Sturm. Altri risultati ottenuti nel calcolo delle variazioni, sull’esistenza del minimo per un funzionale, lo portarono a significative estensioni a proposito dell’esistenza e unicità delle soluzioni di equazioni o sistemi di equazioni alle derivate parziali non lineari di tipo variazionale.
La svolta maturata negli anni della prima guerra mondiale aggiunse una crescente sensibilità – da analista numerico – per la costruzione di metodi di calcolo per l’approssimazione delle soluzioni di equazioni alle derivate parziali e la maggiorazione dell’errore così introdotto. In questo campo, sviluppò un complesso di indagini volte a confrontare i procedimenti classici con altri metodi da lui formulati o adattati (metodo variazionale, metodo delle equazioni integrali di Fischer-Riesz, trasformata di Laplace a intervallo di integrazione finito) che funzionarono da incubatore per una serie di studi sviluppati poi dalla sua scuola. Oltre che dei temi citati, la ricerca di Picone si occupò di equazioni alle derivate parziali totalmente paraboliche e ellittico-paraboliche, delle singolarità isolate delle funzioni armoniche, delle funzioni iperarmoniche, dell’approssimazione lineare in insiemi illimitati, dell’analisi dei periodi.
Nella storia della matematica italiana del Novecento, Picone è ricordato, ancor prima che come caposcuola e ricercatore, per le sue eccelse doti di organizzatore e di manager scientifico, che lo portarono alla progettazione e gestione del suo 'gioiello', l’Istituto nazionale per le applicazioni del calcolo (INAC; adesso IAC, Istituto per le applicazioni del calcolo).
Le lontane origini dell’Istituto risalgono alla svolta maturata durante la prima guerra mondiale quando a Picone, chiamato alle armi con il grado di sottotenente di artiglieria, fu chiesto di rivedere le tradizionali tavole di tiro dell’artiglieria. Si trattava di adeguarle alle particolari condizioni in cui, sulle Dolomiti, si svolgeva la guerra contro l’Austria. Qui il dislivello tra il pezzo che sparava e l’obiettivo da colpire era dello stesso ordine di grandezza della gittata e finiva per rendere inutile e controproducente il ricorso alle vecchie tavole di tiro. Picone si mise subito al lavoro e il suo impegno fu coronato da successo; nel 1917 fu promosso al grado di capitano di artiglieria, ricevendo l’anno successivo la croce di guerra e la Croix de guerre francese. Soprattutto - per usare le parole dello stesso Picone - l’esperienza bellica gli fece capire che la matematica non è solo bella ma può risultare anche utile.
Nacque pertanto in lui l’idea di un istituto dove le competenze analitiche dei matematici fossero messe al servizio di fisici e ingegneri per la soluzione di problemi che non sorgevano più solo dalla testa del matematico ma anche da esigenze concrete. Quando poi in Italia cambiò il regime politico, la propensione del fascismo (cui Picone aderì sin dall’inizio) per una scienza orientata a soddisfare le esigenze 'pratiche' del Paese gli suggerì la discutibile identità 'matematica fascista = matematica applicata'. Nel 1927 fondò a Napoli un Istituto di calcolo dotato di macchine calcolatrici ancora di potenza modesta. Decisivo fu poi il trasferimento a Roma dove, nel 1932, l’Istituto di Picone venne inserito all’interno del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR). Picone lo diresse fino al 1960. L’obiettivo fu subito individuato nel conseguimento di una maggiore sinergia con le discipline sperimentali e applicative. L’INAC diventò organo di certificazione, sviluppando nel contempo tutta una serie di consulenze per ministeri e diverse industrie di costruzioni civili e del comparto elettrico.
Lo sviluppo dell’INAC, adesso IAC, continuò dopo la guerra. L’autorevolezza acquisita è testimoniata dalla scelta dell’UNESCO quando, negli anni della ricostruzione, pensò di realizzare un grande laboratorio di ricerca con annesso centro di calcolo che servisse alla comunità internazionale. Per l’Europa si fecero avanti la Danimarca, l’Olanda e la Svizzera ma alla fine furono l’Italia e l’IAC di Picone a vincere la competizione. Il grande centro di calcolo sarebbe insomma dovuto sorgere a Roma. Il fatto che alla fine non fu realizzato, perché nel frattempo i più importanti Stati occidentali si orientarono verso centri di calcolo nazionali, nulla toglie al riconoscimento ottenuto.
Se la questione del centro di calcolo promosso dall’UNESCO si rivelò una vittoria di Pirro, nessuna nube può invece offuscare il successo di Picone a metà degli anni ’50, quando la comunità scientifica comprese la necessità e l’urgenza di dotarsi dei nuovi calcolatori elettronici. Quello messo in funzione a Roma presso l’IAC, acquistato in Inghilterra, fu il secondo calcolatore elettronico attivo in Italia dopo la macchina del Politecnico di Milano e conferma ancora una volta la lungimiranza dell’organizzazione scientifica messa in campo da Picone.
Fonti e Bibl.: Le principali notizie sulla vita di P. si trovano nella sua autobiografia La mia vita, Roma, 1972. Ulteriori informazioni si ricavano dall'archivio personale, conservato presso l'Accademia dei Lincei (www.lincei.it/files/archivio/Picone_inventario, 27 giugno 2018).
Altre notizie, analisi della sua personalità scientifica e dei suoi lavori si possono rinvenire in F. Tricomi, M. P., in Atti dell'Accademia delle Scienze di Torino, 1977, vol. 111, pp. 573-576; G. Cimmino, M. P. (1885-1977), in Bollettino dell'Unione Matematica Italiana, s. 5, 1978, vol. XV-a, pp. 261-277 (con bibliografia completa della produzione sientifica di P.); G. Fichera, L’opera scientifica di M. P., in Rendiconti di Matematica, s. 6, 1978, vol. 11, 1, pp.1-14; A. Guerraggio, L’Analisi, in La matematica italiana dopo l’unità. Gli anni tra le due guerre mondiali, a cura di S. Di Sieno - A. Guerraggio - P. Nastasi, Milano 1998, pp. 1-158; L’IAC e l’affaire UNESCO: i documenti, a cura di A. Guerraggio - M. Mattaliano - P. Nastasi, in Pristem/Storia. Note di matematica, storia, cultura, 2008, nn. 21-22.