MAUSOLEO
. Tomba monumentale di Mausolo, satrapo della Caria, eretta in Alicarnasso. L'armonica bellezza delle linee architettoniche, congiunta alla ricca decorazione sculturale, hanno fatto annoverare il mausoleo fra le sette meraviglie del mondo antico, sì che il nome di mausoleo passò poi a designare qualsiasi sepolcro monumentale (mausoleum Augusti, mausoleum Hadriani).
In questo significato più generico il mausoleo, nella sua struttura architettonica, era costituito da un massiccio in muratura o in pietra, adorno di nicchie, statue ed epigrafi dedicatorie; talvolta conteneva anche locali interni destinati al culto o a funzioni puramente utilitarie. Nell'architettura italiana ogni qualvolta per le sue proporzioni il monumento funerario poté ospitare nel suo interno, oltre alla cella per la tumulazione, un altro locale, questo fu destinato al culto, se pure occasionale, e l'edificio si chiamò cappella funeraria. Altrimenti fu detto genericamente tomba. Perciò, salvo eccezioni, non sarebbe esatto conservare la denominazione di mausoleo a edifizî posteriori alla fine del paganesimo.
La tomba di Mausolo.
La tomba era ancora incompiuta alla morte della moglie-sorella di Mausolo, Artemisia, succeduta sul trono del marito (351); sembra però che la parte architettonica fosse già finita e non restasse da completare che la decorazione sculturale. Secondo una tradizione tramandataci da Plinio, questa sarebbe stata affidata a quattro dei maggiori artisti viventi, ognuno dei quali si era riserbato un lato: Scopa, il maggiore fra i quattro, ebbe il lato d'onore, quello orientale, o d'ingresso; Leocare, il lato opposto; Briasside il settentrionale e Timoteo il meridionale. Nel 1856 l'archeologo inglese C. T. Newton rinvenne numerosi frammenti di un fregio rappresentante la Amazonomachia; essi sono oggi al British Museum, ma difficile è stabilire con esattezza a quale mano debbano essere assegnate le singole lastre: una, la migliore, è stata attribuita a Scopa con quasi unanimità di consensi. Sembra certo che i rilievi decorassero l'esterno della cella non la facciata dell'edificio, il quale era una creazione di due architetti, Satiro e Pitide.
Secondo la ricostruzione (v. figura), su un basamento di quasi ventidue metri, che in basso si profilava in uno zoccolo assai semplice e discreto, s'innalzava un colonnato ionico di nove colonne per undici, alto poco più di tredici metri, e su questo una piramide di ventiquattro gradini, alta sette metri; infine era la quadriga, alta, con lo zoccolo; sette metri: il tutto avrebbe perciò raggiunto l'altezza di quarantanove metri. Nella ricostruzione del Krischen, tanto l'insieme quanto i particolari sono legati da un sistema di proporzioni assai semplice, basato sui multipli del piede e del cubito samî, che a loro volta sono congiunti dal rapporto di due a tre; e questi due elementi fondamentali sono moltiplicati quasi sempre per due o per potenze di due, secondo una regola costante nell'architettura greca. E poiché Pitide ci è noto come autore di scritti teorici sull'architettura, e gli avanzi del tempio di Atena a Priene, pure opera sua, ci attestano che egli si atteneva costantemente a un sistema semplice e chiaro di proporzioni e che questo applicava con logica e costanza incrollabili, la ricostruzione del Krischen appare, fra le varie tentate, come la più semplice e convincente. Essa ha inoltre il pregio di accordarsi con le misure delle fondamenta, e soprattutto con quelle delle singole parti architettoniche, quali ce le hanno restituite gli scavi del Newton. Non va taciuto però che, per colpa soprattutto della scarsa chiarezza e dell'eccessiva concisione delle parole di Plinio, esistono numerose altre ricostruzioni, che differiscono in molti elementi, anche di carattere fondamentale. Primeggiano fra le sculture due statue rappresentanti probabilmente il re Mausolo e la regina Artemisia, che alcuni hanno voluto sovrapporre alla quadriga che coronava il monumento, altri invece collocano, forse con più ragione, nell'interno della cella sepolcrale.
Il mausoleo esercitò un grande influsso sull'architettura tombale posteriore: in Asia Minore, in Africa, in Sicilia, in Gallia, in Germania abbiamo tombe di età ellenistica e romana che a esso si riattaccano (v. tomba).
Nel sec. XII sembra che il monumento sussistesse ancora. Ma nel 1402 serviva già di cava di marmo per la costruzione del Castello di San Pietro eretto dai Cavalieri di Rodi; nel 1522 la distruzione fu completata con lo stesso scopo dal comandante De la Tourrette, che ci ha lasciato, per mezzo del suo interlocutore, Monsieur D'Alechamps, una descrizione dello scempio compiuto. Gli scavi del 1856, condotti con un metodo che ora sembrerebbe insufficiente, hanno lasciato sul luogo ben pochi elementi per trarne maggiore luce.
Bibl.: A. Mau-E. Mercklin, Katalog der Bibliothek des deutschen archaeologischen Instituts, Roma 1913, I, i, p. 203, s. v. Halikarnassos: A. Mau-E. Mercklin-F. Matz, Katalog, ecc., Ergänzungen zu Band I., i, Berlino 1930, p. 126, s. v. Halikarnassos. Per le varie ricostruzioni: E. Krüger, in Bonner Jahrb., 1922, p. 84; per la ricostruzione di F. Krischen, Archäol. Anzeiger (Suppl. zum Jahrb. des Arch. Inst.), 1927, col. 161 segg. Per la questione dei rilievi e dei loro autori, C. Neugebauer, in Arch. Anz., 1923-24, col. iii; uno schizzo schematico dei frammenti conservativi, in Ant. Denkmäler, II, 2, tavole 16-18.