Linder, Max
Nome d'arte di Gabriel-Maximilien Leuvielle, attore, regista e sceneggiatore cinematografico francese, nato a Caverne presso Saint Loubès (Gironde) il 16 dicembre 1883 e morto a Parigi il 31 ottobre 1925. Con la serie di film incentrati sul personaggio di Max, che allo stile elegante e compassato del dandy univa passioni comuni in cui facilmente s'identificava il grande pubblico, L. s'impose come uno dei grandi comici dell'epoca del muto e costituì uno primi fenomeni divistici su scala internazionale (al di qua e al di là dell'oceano) della storia del cinema.
Cresciuto in una famiglia di viticoltori, dopo aver frequentato per due anni il Conservatorio d'arte drammatica di Bordeaux si trasferì nel 1904 a Parigi al seguito di uno dei suoi insegnanti, Adrien Caillard, diventato direttore di scena del Théâtre de l'Ambigu, dove L. cominciò a ricoprire ruoli secondari in drammi passionali, passando poi al Théâtre des variétés e avvicinandosi quindi al genere comico. Contemporaneamente ottenne alcune parti nelle produzioni allestite dalla Pathé negli studi di Vincennes, sotto la direzione di Ferdinand Zecca, Lucien Nonguet e Louis J. Gasnier (il suo primo film da protagonista fu La première sortie d'un collégien, 1905, di Gasnier). Fu appunto grazie ai ruoli comici che, dopo tanti personaggi secondari, egli riuscì a emergere in film come Les débuts d'un patineur (1907), Une jeune fille romanesque (1909) e Le duel du Monsieur Myope (1910), tutti per la regia di Gasnier.Max, il personaggio di dandy che ne consacrò il successo, cominciò a definirsi con precisione a partire dal 1909: la sua singolarità consiste nel mantenere portamento e attitudini formalmente raffinate ed eleganti nonostante le situazioni grottesche in cui la sua indole finisce per cacciarlo. Debitore, come del resto i suoi colleghi, della tradizione teatrale del vaudeville, L. per la costruzione del suo ruolo riprese alcuni tratti del personaggio di Gontran, cavallo di battaglia di René Gréhan, l'attore che L. sostituì quando costui abbandonò la Pathé per l'Éclair. Una volta raggiunto il successo, L. dovette sottoporsi a un ritmo lavorativo frenetico, girando in media un film alla settimana della lunghezza variabile tra i 150 e i 300 metri (a partire dal 1910 fu anche sceneggiatore e regista dei suoi film) e gestendo la sua immensa popolarità con trionfali tournée in Spagna, Germania e Russia. Tra i film girati prima della guerra si citano alcuni di quelli distribuiti anche in Italia: Max victime du quinquina (1911; Max vittima della china), nel quale ormai il suo stile comico risulta perfettamente definito; Max se marie (1910; Max e le nozze) seguito poi da numerosi titoli sulle disavventure del matrimonio; Max et l'inauguration de la statue (1910; Max e il cavaliere Bayardo); Max lance la mode (1911; Max e la nuova moda); Oh! les femmes (1912; Max e le donne); Mariage imprévu (1913; Due matrimoni imprevisti); L'anglais tel que Max le parle (1914; L'inglese tale e quale lo parla Max Linder) che è sicuramente una delle performances in cui diede il meglio delle sue capacità mimiche.
Durante la Prima guerra mondiale, alla quale partecipò contraendo una malattia che ne determinò il congedo, venne scritturato dalla società americana Essanay con un contratto per dodici film. Ne realizzò, a causa delle precarie condizioni di salute, soltanto tre: Max comes across (1917; Max in America); Max wants a divorce (1917; Il divorzio di Max) e Max in a taxi (1917; Max in taxi). Sciolto il contratto con la Essanay e rientrato in Francia, interpretò, per la regia di Raymond Bernard, Le petit café (1919; Il piccolo caffè) prima di tornare nuovamente negli Stati Uniti dove realizzò tre film: Be my wife (1921; Siate mia moglie), Seven years bad luck (1921; Sette anni di guai) e The three must-get-theres (1922; Vent'anni prima), spassosissima parodia dei The three musketeers (1921) diretto da Fred Niblo, con Douglas Fairbanks, considerato il suo capolavoro.Dopo il suo definitivo rientro in Europa, interpretò ancora, non senza qualche difficoltà, due film: il primo, Au secours! (1924; Max nel castello degli spettri), ebbe la regia di Abel Gance e uscì in una versione notevolmente ridotta (da 900 a 500 metri); l'altro, Der Zirkuskönig (1924; Max domatore per amore), fu diretto da lui stesso in collaborazione con Édouard Violet. La depressione, che accompagnò la sua esistenza nonostante ricchezza e successi, ebbe alla fine il sopravvento portandolo a una tragica fine assieme alla giovanissima moglie, Ninette Peters. La fama di L. è rimasta viva anche grazie all'appassionato lavoro della figlia Maud che, oltre a dedicargli alcuni libri biografici, ha curato due antologie che raccolgono il meglio della sua produzione: En compagnie de Max Linder (1963) e L'homme au chapeau de soie (1983).
Ch. Ford, Max Linder, Paris 1966; J. Mitry, Max Linder, in "Anthologie du cinéma", 2, 1967, pp. 291-348; M. Linder, Max Linder était mon père, Paris 1982.