REINHARDT, Max
Pseudonimo del regista Max Goldmann, nato a Baden presso Vienna il 9 settembre 1873, il quale per un trentennio, direttamente o indirettamente, ha dato all'arte scenica in Germania la propria impronta. Recitava nel 1894 allo Stadttheater di Salisburgo, quando lo scoperse Otto Brahm e lo impegnò come caratterista per il Deutsches Theater di Berlino. Nel 1899 fece le sue prime prove come regista, mettendo in scena per la Sezessionsbühne la Commedia dell'Amore di Ibsen. Amico di Morgenstern e di Kayssler, fu, subito dopo, uno dei "Galgenbrüder" che alla massiccia pesantezza della scena naturalistica si dilettavano di contrapporre la leggerezza fantasiosa dell'arte del "cabaret". Da queste esperienze nacque, nel 1902, quel Kleines Theater o "Schall und Rauch", che doveva significare nella storia del teatro tedesco l'aprirsi di una nuova epoca.
Friedrich Kayssler, Richard Vallentin, Rose Bertens, E. Reicher, Gertrud Eysoldt - per breve tempo anche Luise Dumont - vi furono i primi attori; lo Strindberg dei drammi mistico-simbolici, il Gor'kij dell'Asilo dei Poveri, Wedekind, O. Wilde e, poco dopo, Maeterlink e Hofmannsthal, ne costituirono il primo repertorio. Svincolandosi da ogni preoccupazione di problemi sociali e da ogni preconcetto di veristica aderenza alla realtà della vita immediata, il R. impostò la rappresentazione come libero giuoco della fantasia, interpretazione personale dei motivi poetici del testo, accordo e fusione di tutti gli elementi scenici nella totalità di un organico armonioso effetto di bellezza. La visione scenica apparve al di fuori e al disopra della realtà come un mondo "a sé stante", nel quale la vita "svela in pienezza di segni sensibili il suo eterno e sempre nuovo mistero" e il regista è non più soltanto interprete, ma creatore.
Già da anni la Duse, nelle sue interpretazioni personali, dava esempio di un'arte la cui "verità" era tutta interiore, creativa, "risolta senza residui in un miracolo di purezza di stile"; e ora era il tempo in cui, in tutta Europa, sotto l'impulso di artisti come Craig e Stanislavskij, l'intera rappresentazione in tutti i suoi elementi tendeva a rinnovarsi secondo un analogo indirizzo, come sintesi scenica che da una complessa unità di suggestioni stilistiche deriva la sua potenza. Per l'impressionistica scenografia, nella quale la linearità delle forme architettoniche e figurative si animava e ravvivava entro morbidi effetti di luce e rapporti di colore; per l'inventiva genialità di composizione nella delicata dinamica del quadro scenico; per la novità di valori ritmici, a cui la mimica e la recitazione domandavano la loro forza espressiva, il teatro del R. rappresentò, in Germania, l'avvento decisivo di questa nuova coscienza estetica. E i trionfi si susseguirono ai trionfi. Già nel corso dello stesso anno 1902 il R. si assicurava un nuovo teatro, il Neues Theater, allo Schiffbauerdamm a Berlino. Una rivista, Das Theater, sorse sotto la direzione di Morgenstern, per spiegare e propagare i nuovi ideali d'arte. Nuove grandi forze furono guadagnate all'intrapresa: Lucie Höflich, Agnes Sorma, Tilla Durieux. Nuovi espedienti tecnici furono introdotti, come la scena girevole. Essendosi ritirato Brahm, d'un balzo il R. giunse al supremo fastigio della sua potenza, assumendo, nell'ottobre del 1905, la direzione del Deutsches Theater. Tale direzione però significò per il R. anche l'inizio di un nuovo periodo, nel quale un illimitato ampliarsi e moltiplicarsi di esperimenti scenici diventò la caratteristica forse più spiccata della sua attività. Nei brevi anni dello Schall und Rauch e del Neues Theater egli era stato, sul teatro, l'interprete di quell'impressionismo neoromantico, che ispirò, in certo modo, tutta l'arte e la poesia dell'epoca: ora invece egli aperse bensì ancora, nel 1907, accanto al Deutsches Theater, i Kammerspielecome "teatro intimo" per "un pubblico di elezione"; ma si tenne per lo più fuori del travaglio spirituale, in cui la poesia e l'arte continuarono a cercar nuove espressioni alla nuova agitatissima vita. Solo di rado fu ancora l'interprete di opere nuove, nate dal cuore dei nuovi tempi. Andò per vie proprie verso proprie mete. Uomo di teatro nato, divenne il virtuoso dell'effetto scenico, che alla poesia drammatica d'ogni luogo e di ogni tempo domandò spunti e materia per esperimenti di realizzazione scenica. I molti teatri che ebbe a sua disposizione o che egli stesso creò ai proprî scopi - il Deutsches Theater (1905-20 e 1924-32), il circo Schumann a Berlino adattato a teatro di masse (1910), il Künstlertheater di Monaco (1909-11), la Berliner Volksbühne (1915-18), il Kleines Schauspielhaus (1918-19), il Grosses Schauspielhaus (1919-20), il teatro Komödie (1924-32), il Theater am Kurfürstendamm (1925-26), il Berliner Theater (1928-29), il Theater an der Josephstadt a Vienna (dal 1924 in poi), i Festspiele di Salisburgo (dal 1920 in poi), senza parlare delle intraprese minori e dei molti teatri d'Europa e d'America - gli offersero la possibilità delle più disparate e complicate esperienze. Da Edipo alla Bella Elena di Offenbach; dalle commedie di Molière alla Danza macabra di Strindberg; dal Faust di Goethe al Cadavere vivente di Tolstoi; dalla commedia galante a Frühlingserwachen di Wedekind; dalla rappresentazione sacra alla commedia dell'arte; dalla Lisistrata di Aristofane al dramma gesuitico; dalle commedie di Shakespeare ai poemi mistico-drammatici di Maeterlink; dalla tragedia religiosa di Calderón alla commedia di Goldoni; dall'Amleto di Shakespeare alla Santa Giovanna di Shaw; dal teatro all'aperto al piccolo e raccolto "teatro di poesia"; dal dramma di Ibsen alla pura pantomima di Vollmöller; da Lessing a Hofmannsthal, da Schiller a Čechov, da Hebbel a Hauptmann, da Wilde a Pirandello - quasi non c'è "modo di teatro" in cui egli non si sia più o meno a fondo impegnato. Qualche volta ostentò verso il testo un'intransigente fedeltà; altre volte lo rimaneggiò con discrezione cercando di conservarne quant'era possibile secondo i suoi fini; altre volte ancora - e col passar degli anni sempre più spesso - si permise tutti gli arbitrî. Non si arrestò davanti a Shakespeare più che davanti a Offenbach o a Maugham. Impostata la rappresentazione sopra una unitaria intuizione di stile, mirò esclusivamente, e con tutti i mezzi, a darvi risalto. Considerò il testo - dialogo e didascalie - essenzialmente come un insieme di stimoli e suggerimenti per la creazione di una sua propria visione scenica; e vi si attenne, quando gli parve; e quando gli parve, se ne allontanò. E poiché, nell'esperienza, venne sempre più arricchendo e perfezionando la propria abilità tecnica, raggiunse in realtà molte volte effetti sorprendenti: scene di masse di armonica complessità ed elementare potenza; visioni scenografiche ora di suggestiva poeticità, ora di un fasto abbagliante, visioni figurative ora di monumentale grandiosità ora di un gusto raffinato, prezioso di contrappunti dialogici d'infallibile sapienza; interpretazioni drammatiche di lineare semplicità e concentrata potenza; delicatezze di tono di una squisitezza rara. Dominò la tecnica della scena come un virtuoso e tutta una generazione di attori fu lo strumento necessario che egli si dovette formare e si formò e si educò: alcuni dei quali, come Moissi, P. Wegener, Pallenberg, la Thimig, furono o sono tra i più grandi dell'epoca.
Bibl.: S. Jacobson, M. R., Berlino 1910 e 1921, 5ª ed.; E. Stern, Reinhardt und seine Bühne, Berlino 1912; H. Carter, The theatre of M. Reinhardt, Londra 1914; A. Herald, M. R., Berlino 1915; P. Stefan, M. Reinhardt. Einer Künstlers Weg nach Wien, Vienna 1918; M. Epstein, M. R., Berlino 1918; O. M. Sailer, M. Reinhardt and his Theater, Londra 1924; F. Horch, M. Reinhardt, 25 Jahre deutsches Theater, Berlino 1930; F. Horch, Die Spielpläne M. Rheinardts 1905-30, ivi 1930. Cfr. inoltre Das deutsche Theater in Berlin, ed. P. Legband, Berlino 1909; Das Jahr der Bühne, ed. S. Jacobson, 1910-21; Die Schaubühne, ed. S. Jacobson, 1906-14; J. Bab, Das deutsche Theater der Gegenwart, Lipsia 1928; H. Böhm, Die wiener Reinhardtbühnen, Vienna 1926.