Scheler, Max
Filosofo tedesco (Monaco di Baviera 1874 - Francoforte sul Meno 1928). Fu prof. nelle univv. di Jena, di Monaco e, dopo un periodo lontano dall’insegnamento trascorso a Berlino (1910-19), nelle univv. di Colonia e di Francoforte. Dopo un saggio ispirato ancora alle prospettive del suo maestro Eucken (Die transzendentale und die psychologische Methode, 1900), S. si avvicinò alla fenomenologia husserliana, sviluppandola anzitutto in direzione dell’etica con una serie di scritti tra cui il più celebre e importante è Der Formalismus in der Ethik und die materiale Wertethik (1916; trad. it. Il formalismo nell’etica e l’etica materiale dei valori). Il metodo fenomenologico consente infatti, secondo Sch., d’individuare oggetti completamente inaccessibili all’intelletto e disposti tra loro in un ordine eterno e gerarchico: i valori. L’accertamento del loro ordine mediante un’intuizione «sentimentale» ‒ qualcosa di simile alle «ragioni del cuore» di cui aveva parlato Pascal ‒ porta alla scoperta di leggi altrettanto precise ed evidenti di quelle della logica e della matematica e tali da rendere possibile la fondazione dei fenomeni morali. Proprio per non aver riconosciuto i valori come contenuto a priori originario del sentire umano, Kant, secondo S., ha travisato la morale in senso «formalistico» e ha ridotto il volere a semplice applicazione della logica, sacrificando così la persona umana e la sua effettiva autonomia a una legge formale impersonale. I valori devono poi essere accuratamente distinti nei loro diversi piani (o modalità), che vanno da quello dei valori connessi alla sensibilità (come il gradevole e lo sgradevole), a quelli vitali (come il benessere, il malessere, la salute, ecc.), a quelli spirituali (il bello, il giusto, il vero, i valori culturali in generale) e infine a quelli religiosi (il sacro). All’approfondimento di quest’ultimo tipo di valori tende la filosofia della religione sviluppata soprattutto in Vom Ewigen im Menschen (1921; trad. it. L’eterno nell’uomo), dove S. si avvicinò al cattolicesimo mettendo al centro della sua filosofia la concezione dell’amore come rapporto essenziale della persona umana con il Dio-persona. Su questa centralità della persona e dell’amore è pure fondata la sociologia di S., trattata soprattutto nell’opera Die Wissensformen und die Gesellschaft (1926) e rivolta a una critica serrata della civiltà moderna, accusata di aver rovesciato in modo utilitaristico e pragmatistico quei valori di corresponsabilità e solidarietà sui quali soltanto si può sviluppare una «comunità personale» autentica. Negli ultimi anni della sua vita S. lavorò alla costruzione di un’antropologia filosofica, di cui pubblicò i primi risultati nel volume Die Stellung des Menschen im Kosmos (1928; trad. it. La posizione dell’uomo nel cosmo), e che rimase interrotta per la sua morte. In quest’ultima fase del suo pensiero S. si allontanò dalla concezione cristiana di Dio come pura trascendenza, attribuendo anche alla divinità quella dualità e quell’opposizione tra lo spirito, come razionalità, e l’istinto, come impulso, che sono costitutive dell’uomo, e considerando la storia come sviluppo del loro conflitto in vista della piena realizzazione del divino attraverso l’uomo e nell’uomo. Tra le altre sue opere vanno ricordate: Vom Umsturz der Werte (1915; trad. it. Il risentimento nella edificazione delle morali); Wesen und Formen der Sympathie (1923; trad. it. Essenza e forme della simpatia); Schriften zur Soziologie und Weltanschauungslehre (1923-24), oltre a una numerosa serie di inediti pubblicati nei Gesammelte Werke (1954 segg.).