Vedi MEANDRO dell'anno: 1961 - 1961
MEANDRO
Motivo ornamentale, la cui forma tipica si è cristallizzata, in età classica, nella successione di elementi costituiti da una linea, o da più linee parallele, che ripiegano ad angolo retto formando una serie continua di motivi iscritti entro uno spazio quadrato o rettangolare e che, nel suo insieme, forma una fascia a bordi paralleli, ad andamento di regola orizzontale, ma anche verticale. L'intreccio delle linee può essere talora reso più complesso (cosiddetto doppio m.). Nella forma tipica il m. è anche detto greca, appunto per la sua frequenza nella decorazione classica. Il nome è derivato da quello del fiume Meandro (o Grande Meandro) nell'Anatolia occidentale (v. magnesia; mileto) caratterizzato, in pianura, da un andamento serpeggiante singolarmente regolare e sinuoso. (Per la personificazione mitologica del fiume, v. più avanti). Il motivo, con varianti, compare in culture diverse, assumendo particolare importanza e forma rigorosa nella decorazione geometrica (v. geometrica, arte). Dalla ceramica e dall'arte tessile dove forse appare originariamente (v. più avanti), il m. si trasferisce alla decorazione di oggetti in metallo, in legno, in osso, ecc. e all'architettura, sia come ornamento dipinto, sia in rilievo.
Come per altri motivi decorativi apparsi coi primi inizî della ceramica, si è tentato anche per il m. di spiegarne l'origine nell'imitazione da tecniche di altre industrie praticate nel Neolitico, come quelle dell'intrecciare e del tessere (così Schuchhardt, Wilke, ecc.). Ma il m. appare già, sia pure sporadicamente, in una versione piuttosto complessa, fin dal Paleolitico Superiore (tavolette di osso da Mezin, nella Russia meridionale). Non si vede però una connessione con il m. neolitico: esso appare inciso in forme elementari, per lo più oblique, nella cosiddetta Bandkeramik (v.), dovè è associato con semplici ornati spiraliformi, dai quali presumibilinente ha preso origine come loro traduzione in motivo rettilineo. Si ritrova nella Bandkeramik dipinta e, di qui, nelle varie culture a ceramica dipinta delle zone che ne hanno subito l'influenza; così a S nella cultura di Tripolje (v.) e a S-E in quella tessala di Dimini (v.). Il m. appare sporadicamente anche nel Neolitico di Creta e di Malta; ma senza una chiara connessione col centro danubiano-balcanico; verso O nelle culture del territorio iugoslavo, dove è anche tradotto (a Vinča; ma manca a Butmir) nel locale stile di bande punteggiate incise. Dalla penisola balcanica esso passa, insieme agli altri motivi associati, nel repertorio della ceramica dipinta àpulo-materana ("stile di Serra d'Alto"), ma a Lipari lo si ritrova inciso nella versione lineare in una fase immediatamente precedente.
Nella zona originaria il m., trasmesso alle culture succedute alla Bandkeramik lineare (Hinkelstein, Stichbandkeramik), si va corrompendo fino a ridursi a semplici motivi angolari. Da quella tradizione danubiano-balcanica discendono invece senza dubbio, anche se non è chiaro per quali vie, i pochi gruppi isolati a decorazione meandrica nell'Età del Bronzo: la ceramica incisa del "secondo" (Rey) e "terzo" (Heurtley) stile nella Macedonia; e quella della coeva civiltà appenninica nell'Italia peninsulare. Le notevoli affinità tra questi due gruppi non solo nella versione del m. ma in gran parte del repertorio decorativo (non però nelle forme vascolari) fanno pensare ad una fonte comune. La frequenza nella ceramica appenninica (v. appenninica, civiltà) del m. a bande riempite a punteggio (ma non sono meno frequenti quelle a tratteggio, che costituisce un'innovazione), ricordano lo stile di Vinča, ma una connessione diretta non è pensabile a causa del forte divario cronologico; anche però la tesi (Rellini) di un'origine locale dalla tradizione della ceramica dipinta àpulo-materana urta contro difficoltà cronologiche: vedere, ad esempio, le molte fasi frapposte nella stratigrafia di Lipari; un caso di continuità si avrebbe invece ad Avetrana (Puglisi).
Più difficilmente spiegabile è la presenza del m. nel mondo minoico, in due diversi momenti del suo sviluppo culturale. I sigilli d'avorio e le cretule di Cnosso, di Haghìa Triada e di Asine (presso Nauplia) appartengono all'Antico Minoico III, ed in parte ancora all'Antico Minoico II. Significative appaiono alcune connessioni con la contemporanea arte egiziana (sigilli, ceramica ed altri oggetti della VI dinastia e di quelle immediatamente precedenti e seguenti). Il m. fa una nuova isolata apparizione in un affresco del Medio Minoico III nel Palazzo di Cnosso, in una forma molto più sviluppata che non negli avorî ed altri sigilli dell'Antico Minoico III. Anche qui sembra esservi una qualche connessione con l'Egitto: in una tomba dell'inizio della XII dinastia, due soffitti recano motivi simili.
Una grande diffusione del m. nelle più svariate forme si ha con l'Età del Ferro. Il suo massimo sviluppo ha luogo nel Geometrico greco, e particolarmente nello stile del Dipylon, dove normalmente viene riempito a tratteggio; ma nel Protogeometrico esso compare già formato in una versione a bande punteggiate, che può essere considerata indicativa per una provenienza balcanica, se si ammette una nuova introduzione del m. dall'esterno. L'altra ipotesi, sostenuta dal Wickhoff, è quella della trasformazione in m. della spirale micenea e degli altri inotivi affini, attraverso la traduzione nello stile rettilineo proprio del Geometrico.
Un altro gruppo che utilizza, sui bronzi e sulla ceramica, il m. in molte varianti (per esempio la svastica, ecc.), spesso complesse, è quello villanoviano: qui i motivi sono eseguiti con fasce di linee parallele. Questa tecnica ha per analogia indotto l'Akerström all'ipotesi di una derivazione degli ornamenti villanoviani dallo stile subgeometrico greco, dove essa sostituisce la versione tratteggiata propria del Geometrico puro. Ma una tale teoria urta contro difficoltà cronologiche. Nell'Età del Ferro dell'Italia centromeridionale, il m. compare invece, insieme alla svastica, in versioni piuttosto semplici a bande tratteggiate, presenti sui bronzi e, limitatamente alla zona laziale, sulla ceramica (riguardo a quest'ultima, anche per la particolare tecnica ad incisione profonda, il Puglisi ha pensato ad ascendenze nella civiltà appenninica, alle quali si potrebbe forse ricorrere anche per alcune forme elementari di m. lineare nella ceramica villanoviana).
Il m. tratteggiato si ritrova nell'area orientale della cultura di Hallstall, il cui inizio è però alquanto posteriore a quello della nostra Età del Ferro. Che tale fattore cronologico si possa invocare per una derivazione dal m. villanoviano a fasce di linee attraverso la tappa intermedia della civiltà di Este, è stato negato dal Merhart in base a molteplici considerazioni tipologiche; del resto il m. a N delle Alpi ha un suo precedente nella ceramica delle palafitte svizzere appartenenti all'età dei Campi di Urne. Il Merhart, che ha messo in rilievo i numerosi elementi culturali comuni all'area orientale della civiltà di Hallstatt e all'Età del Ferro nell'Italia centro-meridionale, crede ad una comune origine dalla zona danubiano-balcanica anche per il m. tratteggiato delle due culture.
Nel mondo classico il m. sopravvive all'avvento dell'orientalizzante, pur facendosi alquanto raro nella ceramica di questo periodo (vasi del Falero e protocorinzi: la forma più frequente è quella del m. inclinato ed interrotto; subgeometrico beota); ma una o due forme appaiono anche nelle fabbriche ioniche, rodie e samie, e nei vasi detti pontici.
Col periodo arcaico si ha una nuova fioritura del m. in molti campi dell'arte decorativa, alla quale non è estranea una forte reviviscenza di tradizioni che si riferiscono all'età minoico-micenea. Sulle monete di Cnosso si ha un m. come rappresentazione del Labirinto (v.), dal VI sec. fino all'età imperiale romana; così spesso sui vasi attici un pilastro decorato a m. sta ad indicare il Labirinto; ed a Mileto il soffitto di marmo di una scala interna del Didymaion è decorato con un grosso m., e la scala è descritta nell'iscrizione come labỳrinthos.
A partire dalla fase arcaica il m. si trova dipinto sulle terrecotte architettoniche dei templi nella Magna Grecia, ma anche in ambiente etrusco-italico, dove si incontra pure in affreschi tombali (Tomba dei Tori). Nel campo dell'industria ceramica, oltre che sui vasi, il m. è anche presente nella decorazione dei sarcofagi di Clazomene, dove è usualmente in due file, alternato con stelle e rosette. Nella ceramica a figure nere ha una funzione decorativa accessoria al di sopra o al di sotto delle zone a riquadri figurati. Nella fase a figure rosse il m. è molto frequentemente usato per incorniciare il tondo centrale all'interno delle kỳlikes, dove presenta uno sviluppo così costante da offrire un elemento di datazione. Dopo lo stile severo, il suo uso viene esteso anche alla decorazione delle altre forme vascolari, su fasce in cui è alternato ad altri motivi. Una forma analoga di m. è comune nelle fabbriche italiote; anche la ceramica àpula presenta talvolta una decorazione meandriforme. Così anche, sempre in ambiente italiota, il m. trova applicazione nei fregi pittorici di tombe (fregio con guerrieri da Paestum), come del resto in Etruria (Tomba François, tutt'intorno al grande fregio). Un'altra applicazione del m. in età classica ed ellenistica si ha come fregio scolpito, sia in architettura (sime della thòlos di Epidauro, ed il già citato soffitto della scala del Didymaion di Mileto) sia in altri monumenti (sarcofago di Alessandro). Con l'età romana, il m. continua per un certo tempo a far parte del repertorio pittorico (secondo stile, grande fregio della Villa dei Misteri); più tardi, con l'epoca imperiale, appare sui pavimenti musivi nello schema a labirinto; scolpito lo si incontra nella decorazione di alcuni sarcofagi ed in architettura (basilica Emilia, Ara Pacis, Anaglypha Traiani e, più tardi, nel Tempio di Giove a Baalbek).
Fuori dal mondo classico, il m. fa una comparsa del tutto sporadica nella ceramica della Civiltà di La Tène, al cui gusto decorativo poco si adatta; costituisce invece un motivo quasi costante sulle urne cinerarie germaniche, spingendosi fino all'inizio della nostra èra.
Bibl.: M. Hoernes, Urgeschichte der bildenden Kunst in Europa2, Vienna 1915, p. 284 ss., 350 s., 480 ss., 604; O. Kunkel, Der Mäander in den vor-und frügeschichtlichen Kulturen Europas (Diss.), Marburg 1925; F. A. von Scheltema, in M. Ebert, Reallexicon der Vorgeschichte, vol. VII, Berlino 1926, s. v. Mäander. Per il m. nel Neolilico: G. Wilke, Spiral-Mänder, Keramik und Gefässmalerei: Hellenen und Thraker, Würzburg 1910. Per il m. nell'Età del Bronzo: W. A. Heurtley, Prehistoric Macedonia, Cambridge 1939; G. von Merhart, Donauländische Beziehungen der früheisenzeitlichen Kulturen Mittelitaliens, in Bonner Jahrbücher, CXLVII, 1942, p. 31 ss. Per il m. nell'Età del Ferro: J. Sundwall, Villanovastudien, in Acta Academiae Aboensis, V, 1928, p. 14 ss.; A. Akerström, Der geometrische Stil in Italien, in Skrifter Svenska Institutet i Rom, VIII, 1943; G. von Merhart, Studien über einige Gattungen von Bronze-gefässen, in Festschrift des röm.-german. Zentralmuseums in Mainz, II, 1952, p. 8 ss.