MECCANICISMO
. Nel senso più generale significa concepimento del mondo come una grande macchina, e per conseguenza disegno d'una spiegazione dei fenomeni con pure ragioni di figura e di movimento. L'idea d'una tale spiegazione si esprime già nel pensiero antico, col sistema atomistico di Leucippo e di Democrito (circa 400 a. C.): la materia è costituita di atomi, elementi compatti e indivisibili, che si muovono, nel vuoto, in tutte le direzioni; e dai loro reciproci urti, e dai moti vorticosi degli atomi e gruppi di atomi, che ne derivano, hanno origine tutte le cose e le apparenze che esse presentano. Così la spiegazione generale dei fenomeni si riconduce alla forma geometrica degli atomi e al loro moto; le altre qualità sensibili sono pure apparenze e vanno appunto spiegate con ragioni meccaniche. "Apparenza (νόμῳ) il colore, apparenza il dolce, apparenza l'amaro; in realtà, soltanto gli atomi e il vuoto" (Dem., in Diels, Vors., fr. 125). Attraverso la polemica di Platone e d'Aristotele, e gli sviluppi del sistema d'Epicuro, esposto nel poema di Lucrezio, il meccanicismo democriteo ha assunto sempre più un significato metafisico, antagonistico alle filosofie che ricercano un significato del mondo, in rapporto agl'ideali morali e religiosi, o subordinano, comunque, l'ordine cosmico a una visione finalistica. In questo senso "meccanicismo" è sinonimo di "materialismo". Ma la stessa introduzione del nuovo termine (per lungo tempo, anche nell'epoca moderna, i "materialisti" sono stati designati come "mechanici") sta in relazione con gli sviluppi che il sistema meccanico ha ricevuto nel campo scientifico, mentre da molti filosofi - per esempio da Descartes, Pascal, ecc. - si tentava, in varî modi, di limitarne la portata al campo della fisica, ovvero di accordarlo col concetto di una Pruvvidenza ordinatrice del cosmo o, in genere, coi motivi della filosofia teologica, morale o religiosa. (V. materialismo; spiritualismo).
1. Meccanicismo cartesiano. - L'idea che i fenomem fisici dipendano, in ultima analisi, da ragioni di "figura e di moto", e in questo senso debbano essere spiegati, costituisce una premessa comune a tutti i fisici che, battendo in breccia il sistema aristotelico delle "qualità", imprendono a costruire la scienza fisica moderna, già alla fine del sec. XVI e agl'inizi del XVII. Galileo annuncia chiaramente la veduta che le qualità sensibili - sapori, odori, colori - per la parte del soggetto nel quale ci par che riseggano non sieno altro che puri nomi, ma tengano lor residenza solamente nel corpo sensitivo..." e soggiunge "che nei corpi esterni, per eccitare in noi i sapori, gli odori e i suoni, si richiegga altro che grandezze, figure, moltitudini e movimenti tardi o veloci, io non lo credo" (Saggiatore, in Opere, VII, p. 129). Descartes avverte esplicitamente che nella fisica non si devono introdurre altri principî di spiegazione che quelli pertinenti alla geometria (Principia philosophiae in Œuvres, VIII, p. 78), e abbozza il disegno d'un sistema meccanico universale che, solo per alcuni aspetti secondarî, differisce dal quadro democriteo. Precisamente il meccanicismo cartesiano postula che tutti i fenomeni si riducano al moto di una sostanza, riempiente senza vuoti tutto lo spazio, alcune parti della quale siano legate da vincoli geometrici (com'è, per esempio, l'invariabilità di forma dei corpi solidi): le azioni e reazioni di codesti legami - gli urti, ecc. - genererebbero le apparenti forze e darebbero origine, in generale, a tutti i fenomeni fisici. A prescindere dalla negazione del vuoto, che è infine una tesi accidentale, il sistema cartesiano si presenta dunque come un'estensione del sistema democriteo. Tuttavia esso non è svolto in modo da costituire una vera teoria scientifica, ma contiene piuttosto un programma ad orientare la ricerca della spiegazione fisica. Dice B. Pascal "Il faut dire en gros cela se fait par figure et mouvements, car cela est vrai; mais quant à dire quels et composer la machine, cela est ridicule...". Ciò non impedisce a qualche discepolo del Descartes di spingere avanti l'idea cercando di sviluppare la spiegazione meccanica di alcuni ordini di fenomeni. In questo senso procedono alcune teorie di Huygens: il suo tentativo di dedurre la gravitazione universale dalla rotazione di un mezzo fluido e la sua ottica ondulatoria. Una realizzazione interessante d'un meccanicismo cartesiano si ha poi nella teoria cinetica dei gas (almeno nei primi modelli che sviluppano l'idea affacciata da Daniele Bernoulli nel 1738), dove le proprietà del gas - volume, pressione, temperatura - si spiegano con gli urti di molecole liberamente mobili (v. gas).
2. Meccanicismo newtoniano. - Bisogna dire però che la fisica della scuola cartesiana - ancora sviluppata in Francia, per una buona metà del sec. XVIII - finisce per essere sopraffatta dalle dottrine newtoniane, scientificamente superiori; le quali vengono propagate nella stessa Francia, verso la metà del detto secolo, da matematici come A. Clairaut (che risolve secondo Newton e contro le ipotesi cartesiane il problema della forma della Terra), ed anche nella letteratura polemica popolare, da scrittori come il Voltaire.
Di fronte alla concezione meccanica cartesiana, che introduce soltanto le nozioni della figura e del moto e fa generare le forze mediante urti o pressioni, il meccanicismo di Newton postula come un fatto, non altrimenti spiegato, l'esistenza di forze centrali a distanza. L'autore non pretende dar ragione di tali forze, anzi dice esplicitamente: "Io non sono riuscito ancora a dedurre dai fenomeni il perché delle proprietà di gravitazione e non costruisco ipotesi (hypotheses non fingo). Tutto ciò che non si deduce dai fenomeni è un'ipotesi; e le ipotesi - metafisiche, fisiche, meccaniche o riguardanti le qualità occulte - non hanno luogo nella filosofia sperimentale" (Princ¡pia, cfr. Scolio generale).
Così il meccanicismo newtoniano rinunzia a soddisfare le esigenze dell'intelligibilità cartesiana, per dare forma positiva e compiuta alle leggi della dinamica. E riesce in tal guisa alla costruzione d'una teoria dei moti dei corpi celesti, che dovette apparire perfetta (v. Gravitazione). Il successo ottenuto in questo campo suscitava naturalmente il disegno più ambizioso di "comporre la macchina" che Pascal aveva ritenuto inaccessibile alla penetrazione degli uomini, descrivendo il sistema dell'universo, e così di spiegare i varî ordini di fenomeni fisici mediante un meccanismo, in cui operino forze centrali, di attrazione o repulsione, fra le particelle elementari della materia.
3. La fisica matematica del sec. XVII e il determinismo universale. - Questo diventa il programma della fisica matematica del sec. XVIII.R. Boscovich (1763) offre in tal senso il primo schema dl rappresentazione della materia in vista di spiegare i fenomeni di capillarità; e P.-S. Laplace e S.-D. Poisson spingono avanti la teoria. Frattanto la dinamica newtoniana si era fortificata delle più precise verifiche nel campo dell'astronomia, ed aveva ricevuto un completamento nella trattazione dell'equilibrio e del moto dei sistemi vincolati (principio dei lavori virtuali e principio di D'Alembert), che appare compiuta e ordinata nel modo più perfetto con la Meccanica analitica del Lagrange (v. meccanica): qui i due concetti fondamentali che figurano nel meccanismo cartesiano e nel newtoniano - legami e forze - sono simultaneamente introdotti, senza esigere una riduzione dell'uno all'altro; ad ogni modo il moto dei punti di un sistema qualsiasi viene a dipendere dall'integrazione di certe equazioni differenziali (o a derivate parziali) del secondo ordine, che ne esprimono il determinismo.
Appunto a questo determinismo meccanico accenna , il Laplace, in un passo celebre del suo Essay philosophique sur les probabilités (2ª ed., Parigi 1814, pag. 3): "Un intelletto che, a un certo momento, conoscesse tutte le forze che animano la natura e la rispettiva situazione degli esseri che la compongono e fosse del pari abbastanza vasto per sottoporre questi dati all'analisi, comprenderebbe nella medesima formula i moti dei massimi corpi dell'universo e quello del più leggiero fra gli atomi: nulla gli rimarrebbe incerto e l'avvenire sarebbe, come il passato, presente al suo sguardo. Lo spirito umano offre, con la perfezione che seppe dare all'astronomia, una pallida idea di siffatto intelletto".
4. Differenti mentalità scientifiche: l'esigenza visiva. - Ancora l'ipotesi meccanica porge, in gran parte, il quadro dei progressi della scienza durante il sec. XIX, sebbene,. a dir vero, essa non venga universalmente accettata, né sia compresa egualmente da tutti nello stesso significato. La critica rileva ora in modo esplicito che i diversi atteggiamenti dei fisici rispetto al meccanicismo, e i diversi significati che esso assume per i suoi interpreti, non dipendono soltanto da ragioni scientifiche positive, cioè dai successi o dagl'insuccessi delle teorie fisiche che ne esprimono lo sviluppo, sì anche dalle diverse esigenze d'intelligibifità che rispondono a differenze psicologiche dei pensatori e cultori della scienza. Si possono distinguere vari tipi d'intelligenza, in cui domina o rimane subordinata la qualità visiva. I "visivi" cercano nel meccanismo la rappresentazione intuitiva della macchina. Naturalmente questa intuizione può essere richiesta in un senso più o meno concreto. L'ideale della spiegazione fisica è chiarito nel senso della visione concreta da W. Thomson (lord Kelvin): "Mi sembra che il vero senso della domanda: comprendiamo o non comprendiamo un dato soggetto di fisica? - sia questo: possiamo costruire un modello meccanico corrispondente?" (in Lectures on Molecular Dynamics, Londra 1904, p. 131). "Appunto perché non riesco a farmi un modello meccanico corrispondente" dice più oltre "non capisco la teoria elettromagnetica della luce".
È chiaro che gl'intelletti visivi di questa natura, e similmente anche gli spiriti affini, che pur facciano appello a un'intuizione o rappresentazione immaginativa più astratta, male si possono appagare del meccanismo newtoniano, implicante la supposizione di forze istantanee a distanza (di cui non si concepisce la propagazione), e, quando pure l'accolgano come espressione provvisoria dei fatti, debbano ricercare, soggiacente ad esso, un meccanismo in cui le azioni si propaghino per contiguità nello spazio e nel tempo. Con ciò essi vengono ricondotti naturalmente al meccanismo cartesiano che deriva le forze dai legami, aggiungendo alle masse e ai moti visibili masse e moti nascosti. In quest'ordine d'idee il disegno più ampio della dinamica è svolto nell'opera postuma di H. Hertz.
5. L'esigenza del sapere positivo. - Ma, di fronte ai visivi, stanno altri intelletti psicologicamente diversi - sia auditivi, sia spiriti che intendono attraverso le analogie formali, ovvero logici astratti - per i quali le esigenze sopra accennate perdono di valore. Per queste menti assume importanza principale l'esigenza scientifica positiva, che abbiamo visto già espressa da Newton: la teoria deve descrivere semplicemente i rapporti tra i fatti osservabili o sperimentabili, o fra le quantità misurabili che ne costituiscono i dati. Dice A.-M. Ampère: "Il principale vantaggio delle formule così conchiuse, derivate immediatamente da alcuni fatti generali desunti da osservazioni in numero sufficiente a che la loro certezza risulti incontestabile, sta nel loro rimanere indipendenti sia dalle ipotesi di cui si fossero valsi i loro autori per la ricerca delle formule stesse sia dalle altre che eventualmente, in seguito, si sostituiscano a esse. (in Mémoires sur la théorie mathématique des phénomènes électrodynamiques uniquement déduite de l'expérience, Parigi 1826, p.3).
Il pensiero, procedendo in questo senso, arriva a negare addirittura ogni significato alle entità ipotetiche (eteri, fluidi, masse nascoste) che si introducono nella spiegazione fisica, rifiutando di ragionare su quantità che non siano definite in rapporto a corpi sensibili e ad esperienze di misura, almeno teoricamente possibili. Questa idea ha ricevuto la sua espressione più generale nella filosofia positiva di A. Comte, cui si riattaccano gli sviluppi più recenti della fisica senza ipotesi di E. Mach. Lo spirito di tale filosofia, fin dagli inizî del sec. XIX, alimenta le diffidenze verso la costruzione fantastica di meccanismi immaginati per spiegare varî ordini di fenomeni, e promuove l'emancipazione della teoria dall'esigenza meccanica: così, per esempio, nella teoria della propagazione del calore del Fourier, che il Comte considera come modello d'una descrizione matematica positiva dei fatti, indipendente da ogni ipotesi sulla natura del calore (fluido calorifico o moto molecolare, ecc.).
6. Meccanica analitica e meccanica fisica. - Inoltre lo spirito della filosofia positiva promuove anche un'evoluzione del meccanicismo nel senso della meccanica analitica: le forze centrali cedono a un'ipotesi più larga in cui si fanno giocare insieme forze e legami, applicando il principio dei lavori virtuali; acquista infine importanza essenziale la forma delle equazioni del Lagrange.
Il punto di vista della meccanica analitica si vede contrapposto a quello strettamente newtoniano della meccanica fisica del Poisson, nella teoria dell'elasticità dei solidi: l'ipotesi delle forze centrali conduce il Navier e il Poisson a trovare 15 coefficienti d'elasticità, che si riducono a uno solo per i corpi isotropi (1821), mentre G. Green - supponendo forze interne quali si vogliano il cui lavoro sia proporzionale alla deformazione di volume - trova in generale 21 coefficienti indipendenti, e due per i solidi isotropi. L'esperienza mostra che la maggiore generalità della seconda teoria risponde veramente a casi possibili: accanto ai metalli vi sono solidi quasi incompressibili come la gelatina. Ma non si può dire che venga così condannata la rappresentazione della meccanica fisica, perché la teoria del Poisson ha assunto arbitrariamente che le molecole del corpo possono ritenersi come fisse, anziché mobili (W. Thomson).
7. La teoria fisica astratta. - La posizione delle mentalità opposte, che innanzi abbiamo descritto, non esclude che gl'intelletti visivi possano comprendere il valore dell'esigenza positiva, se pure il soddisfacimento di essa lasci sempre il posto per la ricerca ulteriore di una spiegazione rappresentativa delle cause. Così H. Hertz, che abbiamo veduto disegnare il tipo più generale di meccanismo cartesiano, atto a soddisfare lo spirito intuitivo, definisce e avvalora d'altra parte il contenuto positivo delle dottrine, indipendente dalla spiegazione meccanica: "Alla domanda: che cos'è la teoria di Maxwell? - non saprei dare risposta più netta e più corta di questa: è il sistema delle equazioni di Maxwell" (in Untersuchungen über die Ausbreitung der elektrischen Kräften..., Lipsia 1892, p. 23).
Invece la mentalità dei logici astratti considera come priva di senso ogni ricerca ulteriore, che tenda a superare la concatenazione o l'ordine delle proposizioni espresse dalle formule matematiche e in queste soltanto scorge le leggi fisiche, che appariscono dunque come pure relazioni simboliche, rappresentative dei fatti, oltre le quali non si deve chiedere una spiegazione causale. Per spiriti così costituiti la stessa ipotesi meccanica perde significato, riducendosi tutt'al più a un mezzo euristico o ad un soccorso per menti deboli. Questa evoluzione delle idee riporta, infine, a uno schema aristotelico o neoaristotelico della teoria, quale è la fisica delle qualità di P. Duhem: si assumono dall'esperienza diverse qualità suscettibili ciascuna di un grado d'intensità, e si legano questi gradi con relazioni matematiche, assunte ad esprimere le leggi naturali. "Una teoria fisica sarà pertanto un sistema di proposizioni logicamente concatenate e non un susseguirsi incoerente di modelli meccanici o algebrici; tale sistema avrà per oggetto non la spiegazione, ma la rappresentazione d'un complesso di leggi sperimentali" (in Théorie physique, Parigi 1915, p. 172). Concezione che potrà appagare un ordinatore o classificatore del fatti, ma difficilmente soddisferà l'intimo senso del ricercatore, che s'innalzi sulle ali della fantasia a esplorare la realtà ignota.
8. Il meccanicismo e i fenomeni irreversibili del calore. - Gli sviluppi delle diverse teorie fisiche, il loro accordo o disaccordo coi fatti, contribuiscono all'evoluzione del meccanicismo in un senso meno legato ai caratteri subiettivi della mentalità scientifica. Soprattutto giova esaminare l'influenza esercitata su tale evoluzione dalla costruzione della termodinamica, dalla considerazione dei lenomeni d'isteresi, e dagli svilvppi della teoria elettromagnetica.
La scoperta del prinȧpio d'equivalenza fra calore e iavoro (1842), appare strettamente legata alla spiegazione del calore come "moto molecolare", e anzi consegue da questa veduta, ove si supponga un meccanismo newtoniano retto da forze centrali; infatti si dimostra per tali meccanismi il teorema di conservazione dell'energia: la somma dell'energia potenziale e dell'energia cinetica rimane costante nelle trasformazioni del sistema.
È vero che il primo scopritore del principio d'equivalenza, il medico Roberto Mayer, rifiutava qualsiasi ipotesi sulla natura intima del calore (cfr. Kleinere Schriften und Briefe, p. 121, Stoccarda 1893); ma l'idea che forma il presupposto della sua scoperta - la aspettativa di trovare qualcosa di permanente nelle trasformazioni del lavoro in calore - gli era suggerita da tentativi precedenti (come quello di K.F. Mohr, 1837), ispirati all'ipotesi cinetica del calore.
In modo netto, J.P. Joule e L.A. Colding, che, indipendentemente dal Mayer, pervengono alla stessa scoperta nel 1843, ne vedono il legame con la teoria meccanica del calore. H. Helmholtz (1847) spiega meccanicamente, in tutta la sua generalità, il senso della conservazione dell'energia. Il primo passo della termodinamica portava così una brillante conferma all'ipotesi meccanica.
Ma, subito dopo, la scoperta del secondo principio - implicito nel teorema di Sadi Carnot (1824) e formulato col principio di Clausius (1850) - doveva suscitare un'inaspettata difficoltà.
Una delle proprietà elementari delle equazioni della dinamica del Lagrange è la reversibilità: se un sistema dinamico, passando per una certa serie di stati successivi, a partire da uno stato iniziale e da date velocità iniziali, perviene a un certo altro stato con determinate velocità, esso, viceversa, partendo da questo ultimo stato, con velocità invertite, percorrerà in senso inverso la medesima serie di stati. Invece il secondo principio della termodinamica esprime il carattere irreversibile dei fenomeni: la trasformazione del calore in moto è possibile solo in quanto una certa quantità di calore passi da un corpo più caldo a uno più freddo, sicché in ogni trasformazione di energia sempre una certa parte d'energia meccanica viene perduta, trasformandosi in energia termica.
Quando si è riflettuto sul significato di tale principio, si è dovuto riconoscere che esso esprime una conoscenza assai ovvia dell'andamento dei fenomeni più familiari, e che la sua negazione, se si portasse per esempio nell'ambito della vita, implicherebbe patenti assurdi: chi ha mai visto una pianta retrocedere nel suo sviluppo, offrendo lo spettacolo inverso del germogliare del seme e del crescere dell'arbusto?
Un interessante tentativo è stato fatto per accordare l'irreversibilità termodinamica con la reversibilità dinamica, invocando all'uopo i concetti del calcolo delle probabilità. Si consideri un fenomeno puramente meccanico, qual'è il miscuglio di due polveri, A e B. È chiaro che, se queste polveri vengono insieme agitate, esse tendono a mescolarsi sempre più intimamente: in pratica diventa poi impossibile di separarle con mezzi puramente meccanici. Eppure l'agitazione che ha portato a mescolare le due polveri è un fenomeno di moto, essenzialmente reversibile: per ogni sistema di moti delle particelle, che conduca dalle polveri separate al loro miscuglio, c'è pure un sistema di moti inversi, che condurrebbe dal miscuglio allo stato di separazione!
Come si spiega questo paradosso? Consideriamo i diversi stati in cui si può trovare l'insieme delle due polveri A e B: vi sono stati in cui esse sono separate e stati in cui le loro particelle sono, più o meno, mescolate. Ma il numero degli stati in cui sono mescolate è tanto più grande quanto più intimo è il miscuglio. Quindi, se si dà all'insieme un moto di agitazione, vale a dire una serie di moti senza un ordine prestabilito, il risultato probabile è di crescere tanto più la mescolanza, quanto più grande è il numero delle scosse o dei moti impressi. È pur vero che, di fronte ai moti che hanno per risultato il miscuglio, ci sono, come moti possibili, anche i moti che tendono alla separazione di A e B, ma questi costituiscono soltanto una minima parte dei moti possibili: sicché il computo dei casi, che si esprime con la probabilità, dà sempre un'enorme prevalenza di moti disordinati portanti il mescolamento, in confronto ai moti ordinati separatori. Anche qui s'incontra una nozione assai familiare: il risultato probabile di molti moti fatti a caso è sempre il prevalere del disordine sull'ordine delle cose.
Questo argomento ingegnoso fa scoprire nella realtà, governata da leggi dinamiche, leggi statistiche, le quali si traducono nella consueta conoscenza dei fenomeni e dànno loro l'apparenza dell'irreversibilità. Una pentola d'acqua è posta sul fuoco: dopo un certo tempo l'acqua bolle. È questa una conseguenza necessaria e immancabile del riscaldamento, ovvero l'effetto più frequente in una serie di casi teoricamente possibili, alcuni dei quali - per la loro minima probabilità - non vediamo mai realizzati nella pratica? Se si accetta quest'ultima veduta dovremo ritenere possibile anche ciò che si direbbe miracolo: l'acqua della pentola, messa sul fuoco, potrà congelarsi, invece di bollire.
A primo aspetto la mente si ribella ad ammettere una cosa di tal genere; ma la riflessione indica pure altri fatti, teoricamente possibili, che per la loro improbabilità ci apparirebbero egualmente assurdi. Citiamo, a questo proposito, il mito delle scimmie dattilografe di È. Borel: una moltitudine di scimmie pestano a caso sulle tastiere di tante macchine da scrivere: chi mai pretenderebbe di ottenere, in tal guisa, scritti foglio a foglio, tutti i libri che costituiscono la biblioteca del British Museum? La realizzazione di un tale concorso di circostanze fortuite, se pure teoricamente possibile, così assurdo come l'acqua che si congela nella pentola al fuoco.
9. L'isteresi e la dinamica ereditaria. - I fenomeni di isteresi (elastica e poi elettromagnetica) suscitano, in confronto della spiegazione meccanica, un'altra difficoltà: una molla tesa ritorna allo stato di equilibrio anteriore, ma poi si comporta, di fronte a successive tensioni, come se si ricordasse del trattamento subito nel passato. Un fenomeno di tal genere urta contro il principio della dinamica, che gli stati futuri d'un sistema (posizioni e velocità dei suoi punti materiali) dipendono soltanto dallo stato attuale, cioè - più precisamente - dalle posizioni e dalle velocità iniziali dei punti del sistema. In altre parole le leggi dinamiche escludono un'influenza del passato, che non si traduca, per contiguità, attraverso il presente. C. Robin esprimeva questo postulato dicendo che alla base della Meccanica classica sta un'ipotesi di non-eredità.
Ora, se si adotta la supposizione meccanica, come conciliare la non eredità del determinismo meccanico con l'apparente eredità dei fenomeni d'isteresi?
All'uopo si possono postulare masse e moti nascosti: per esempio nel caso della molla si è condotti ad ammettere che la prima tensione abbia modificato, in maniera non visibile, la struttura molecolare del corpo, sicché soltanto in apparenza sia tornata nelle condizioni di prima.
Tuttavia si può anche concepire una dinamica più generale, in cui lo stato attuale di un sistema venga dipendere non più dallo stato attuale, esclusivamente, ma dall'intera serie degli stati del passato: una siffatta dinamica ereditaria condurrà, anziché a semplici equazioni differenziali, a equazioni integrali (v. equazioni; ereditarietà meccanica). Indipendentemente dal suo valore metafisico (generalizzazione dell'ipotesi del meccanismo) questa costruzione avrà anche un valore positivo, che viene spiegato da P. Painlevé (in Les méthodes dans les sciences): "Consideriamo, ad esempio, due chiodi usciti dalla stessa fabbrica, dei quali uno sia stato ripetutamente martellato e l'altro sia rimasto in un cassetto. Il primo chiodo non si trova nello stesso stato molecolare del secondo, avendo subito deformazioni permanenti, come ci farebbe vedere un esame microscopico abbastanza preciso. Ma senza un microscopio sufficiente, i due chiodi ci appariranno identici e saremo incapaci di distinguere le differenze del loro attuale stato molecolare. Se però ci vien detto che il primo chiodo è stato martellato e in che modo, ecco che saremo informati del genere di deformazione che ha subito: la conoscenza del passato del chiodo supplisce provvisoriamente l'assenza del microscopio. La storia di un corpo soccorre l'impotenza attuale della nostra tecnica...".
Secondo quest'ordine di idee, il meccanismo ereditario può fornire lo schema d'una spiegazione provvisoria dei fenomeni, allo stesso modo che il meccanismo newtoniano sostituisce nella scienza positiva un soggiacente meccanismo cartesiano, per coloro che non ammettono azioni a distanza.
10. La teoria elettromagnetica e il superamento della meccanica classica. - Lo sviluppo della teoria elettromagnetica dei corpi, in quiete e in moto, ha posto al più largo cimento l'ipotesi meccanica, e ha condotto infine a rompere i quadri della dinamica classica. Non è qui il luogo per fare la storia di codesta teoria, da Ampère, a Faraday, a Maxwell, a Hertz, fino al Lorentz (v. elettricità; fisica; relatività). Ma rileveremo alcune difficoltà fondamentali che l'ipotesi meccanica incontra in quest'ordine d'idee.
1. Anzitutto la veduta di Faraday-Maxwell - che ha trovato la più brillante conferma nell'ottica elettromagnetica e nella successiva scoperta delle onde hertziane - fa dipendere tutti i fenomeni elettromagnetici da moti, propagantisi per contiguità, attraverso un mezzo fluido (l'etere) diverso dalla materia ponderabile. La trattazione di tali moti porta ora di conseguenza che i principî newtoniani, in specie il principio di azione e reazione, non possano più valere rigorosamente per la sola materia: i fenomeni di aberrazione, il trascinamento parziale delle onde luminose nei corpi in moto, la pressione della luce di Maxwell-Bartoli-Lebedev, fanno sorgere questa eccezione.
2. Un'altra difficoltà più grave proviene dallo studio delle radiazioni, in cui si è tratti a vedere il moto rapidissimo di particelle materiali o di elettroni; per queste alte velocità la dinamica classica non è più soddisfatta: la massa d'inerzia, anziché restare costante, cresce tendendo all'infinito, quando ci si accosta alla velocità della luce, che figura quindi come limite insuperabile.
3. La teoria elettromagnetica, costruita sul presupposto di un etere immobile, dovrebbe condurre a esperienze che valgano a distinguere e accertare il moto della materia rispetto all'etere stesso, che sarebbe il suo moto assoluto (v. moto); ma le esperienze immaginate a tale scopo hanno dato risultato negativo (Michelson, 1881).
In conseguenza di ciò il Lorentz è stato indotto a spiegare perché le nostre misure non ci diano mai questi moti assoluti, ammettendo che esse non portino sui veri spazî e sui veri tempi, ma soltanto su spazî e tempi apparenti, finché Einstein - rompendo l'idolo metafisico di tali moti, spazî e tempi assoluti - è riuscito a costruire la nuova dinamica relativistica, che ha condotto fra l'altro alla spiegazione d'una certa ineguaglianza del perielio di Mercurio, e si è dimostrata di valido ausilio anche nello studio dei moti intraatomici (v. atomo; relatività).
Dopo ciò il meccanicismo non può più conservare l'antico senso. Riformata la dinamica delle masse materiali, si chiede ora quali saranno le leggi soggiacenti per gli elementi dei corpi, che costituiscono il mondo infinitamente piccolo dell'atomo. Piuttosto che cercare di ricondurre i fenomeni elettro-magnetici a fenomeni di moto, si tratta qui di ridurre in qualche maniera al tipo elettro-magnetico gli stessi fenomeni di moto. La posizione del problema tradizionale del meccanicismo appare così nettamente invertita.
Bibl.: Th. Merz, A History of European Thought in the nineteenth Century, II, Londra 1903; H. Poincaré, Science et hypothèse, Parigi s.a., cap. 9ª, 11°, 12°, 13°; id., La valeur de la science, ivi, cap. 7°, 8°, 9°; É. Picard, La science moderne et son état actuel, ivi, cap. 3° e 4°; F. Enriques, Problemi della scienza, 3ª ed., Bologna 1923, cap. 6°; P. Duhem, La théorie phsyque, son objet et sa structure, 2ª ed., Parigi 1915. Inoltre: J. M. Rankine, Outlines of the Science of Energetics, in Proc. of the Phil. Soc. di Glascow, 2 maggio 1855; W. Thomson, Lectures on molecular Dynamics, Baltimora 1884; id., Conférences scientifiques et allocutions, trad. fr., Parigi 1893; E. Mach, Die Mechanik in ihrer Entwickelung, 1ª ed., Lipsia 1883 (trad. fr. e it.) in specie cap. 4°; G. Kirchhoff, Vorlesungen über mathematische Physik, I: Mechanik, Lipsia 1874. E per la meccanica ereditaria: É. Picard, La mécanique classique et ses approximations successives, in Scientia, I, 1907; V. Volterra, L'applicazione del calcolo ai fenom. di eredità (dalla Revue du Mois, 10 maggio 1912), in Saggi scient., Bologna 1920.