Meccanismi molecolari della memoria
Apprendimento e memoria sono le funzioni fondamentali del cervello che permettono a un individuo di adattarsi all’ambiente che lo circonda, costruire una propria storia personale e acquisire la consapevolezza di sé. In maniera approssimativa, la memoria può essere classificata come implicita o esplicita, sulla base delle modalità mediante le quali l’informazione è im-magazzinata e richiamata.
La memoria implicita, o non dichiarativa, è quella che si riferisce tipicamente all’apprendimento di riflessi motori o percettivi, conoscenza che si esplica nella realizzazione di compiti senza scopi consci e non può essere espressa verbalmente con facilità (per es., quando leggendo, s’indovina una parola solo attraverso la visualizzazione della prima lettera). La memoria implicita richiede l’attivazione delle aree del cervello che governano sistemi motori e sensoriali specifici per un dato avvenimento appreso. La forma più semplice di memoria implicita può essere studiata negli invertebrati attraverso i meccanismi di riflesso di tipo difensivo. L’indagine sui meccanismi molecolari di questo tipo di memoria è stata condotta nei molluschi, in modo particolare nella lumaca di mare Aplysia californica. Questo animale ha un sistema nervoso centrale molto semplice, costituito da poche migliaia di neuroni, sufficiente a consentire un classico tipo di memoria implicita di un riflesso: la retrazione della branchia in seguito a contatto.
La memoria esplicita, o dichiarativa, sottende all’apprendimento di fatti ed esperienze ed è una forma di conoscenza flessibile, che può essere richiamata consciamente ed essere riferita verbalmente (per es., i ricordi concernenti le vacanze trascorse). Tale memoria, che coinvolge l’integrazione di input sensoriali multipli, ha bisogno della complessità del sistema nervoso dei mammiferi, che consiste, nel cervello umano, di 1011-1012 neuroni. Gli studi volti alla comprensione dei meccanismi molecolari di questo tipo di memoria sono stati condotti soprattutto sui roditori (topi e ratti), che mostrano caratteristiche corticali simili a quelle del cervello umano. Per la memoria esplicita è necessaria la presenza dei lobi temporali della corteccia cerebrale, incluso l’ippocampo. Nell’uomo, la diretta evidenza del coinvolgimento di queste aree proviene da studi su pazienti che hanno subito la rimozione bilaterale dell’ippocampo e delle regioni vicine nei lobi temporali come trattamento per forme di epilessia resistenti ai farmaci. Il primo e più noto caso di rimozione bilaterale dell’ippocampo riguarda il paziente H.M., studiato negli anni Cinquanta del 20º sec., che mostrò dopo l’intervento un deficit di memoria esteso e altamente specifico. H.M. aveva ancora un’ottima memoria per gli eventi che erano accaduti prima dell’operazione, ma mancava completamente della capacità di formare nuovi ricordi. La scoperta del ruolo rilevante dell’ippocampo in questo paziente e in molti altri casi simili ha fornito un forte incentivo agli studi su questa struttura per riuscire a identificare i meccanismi molecolari che sottostanno alla formazione della memoria.
Sebbene diverse aree del cervello prendano parte a differenti forme di memoria, i meccanismi molecolari e cellulari che si trovano alla base delle forme di memoria, dalle più semplici alle più complesse, si sono altamente conservati attraverso il processo evolutivo. Questi meccanismi consistono di una prima fase a breve termine (da alcuni minuti a un’ora) durante la quale si verificano rapide alterazioni locali di comunicazione neuronale causate dalla modificazione nella posizione e nella funzione di proteine sinaptiche preesistenti, e di una fase successiva a lungo termine (da alcune ore a qualche giorno) durante la quale avvengono modifiche neuronali più sostanziali, come la crescita di nuove connessioni neuronali, attraverso una trascrizione genica de novo.
Saranno qui riassunti i progressi compiuti negli ultimi dieci anni nell’identificazione dei protagonisti molecolari che giocano un ruolo centrale in questo processo, focalizzando in particolare l’attenzione sul sistema dell’ippocampo dei mammiferi. Inoltre, si discuterà brevemente l’impatto di tali scoperte sul trattamento della perdita di memoria.
Le basi della comunicazione neuronale
I neuroni sono le principali unità di comunicazione del segnale nel sistema nervoso. Un tipico neurone ha quattro regioni morfologicamente distinte e definite: corpo cellulare, dendriti, assone e terminali presinaptici (fig. 1). Il corpo cellulare è il centro metabolico della cellula; contiene il nucleo dove sono presenti i geni per la loro trascrizione in proteine. Dal corpo cellulare prendono il via due diversi prolungamenti: i numerosi corti dendriti e un unico, lungo assone. I dendriti si ramificano ad albero verso l’esterno, e rappresentano l’apparato più importante per la ricezione dei segnali dagli altri neuroni. L’assone costituisce la principale unità di conduzione dei segnali elettrici, i cosiddetti potenziali d’azione, verso gli altri neuroni. In prossimità della sua parte terminale, l’assone si divide in sottili ramificazioni che formano le strutture di comunicazione con gli altri neuroni. Questi snodi di comunicazione sono detti sinapsi, dal termine greco sínapsis («collegamento»). L’input dello snodo appartenente al neurone che trasmette il potenziale d’azione è detto terminale presinaptico, e l’output, che appartiene invece al neurone che riceve il segnale, è detto terminale postsinaptico. Nei principali neuroni del cervello, questo terminale postsinaptico risulta in genere situato all’interno di piccole protrusioni membranose, chiamate spine, poste sui dendriti del neurone ricevente. I due neuroni in realtà non si toccano, ma sono separati dallo spazio sinaptico. Il sito presinaptico contiene vescicole piene di un neurotrasmettitore chimico. Quando un potenziale d’azione che ha viaggiato lungo l’assone raggiunge il terminale, il neurotrasmettitore è rilasciato nello spazio sinaptico attraverso un processo detto esocitosi vescicolare. Il neurotrasmettitore allora si lega a specifici recettori presenti sulla membrana del terminale postsinaptico. A seconda del neurotrasmettitore rilasciato, questo legame risulterà in modificazioni postsinaptiche che aumenteranno o, al contrario, inibiranno l’attività del neurone postsinaptico.
Plasticità sinaptica nell’ippocampo
L’ippocampo è una parte del telencefalo (fig. 2A) ed è strutturalmente allocato all’interno del lobo temporale mediano. Esso forma parte del sistema limbico e gioca un ruolo determinante nella formazione della memoria e nell’orientamento spaziale. L’uomo e gli altri mammiferi hanno due ippocampi, uno in ogni parte del cervello. Il nome deriva dalla sua forma curva nelle sezioni coronali del cervello, che ricorda un cavalluccio marino o ippocampo. Nel morbo di Alzheimer l’ippocampo è una delle prime regioni del cervello a subire un danno; problemi di memoria e disorientamento appaiono già tra i primi sintomi.
L’ippocampo consiste di due principali tipi di neuroni: i neuroni eccitatori, che rilasciano glutammato a livello dei loro terminali presinaptici, e i neuroni inibitori, che invece rilasciano acido γ-amminobutirrico (GABA, Gamma-AminoButyric Acid). In generale, gli assoni dei neuroni inibitori entrano in contatto con i neuroni vicini, sia inibitori sia eccitatori, e localmente modulano l’attività della rete neuronale, mentre gli assoni dei neuroni eccitatori raggiungono i neuroni più distanti e conducono il segnale di uscita dalla struttura del cervello in cui hanno sede ad altre aree cerebrali, vicine o distanti. La regolazione dinamica delle connessioni sinaptiche, anche detta plasticità sinaptica, è ritenuta il cuore del processo molecolare di formazione della memoria.
L’ippocampo forma una rete per lo più unidirezionale, composta di tre principali tipi di cellule eccitatorie, piramidali o granulari, localizzate in tre distinte sottoregioni ippocampali: il giro dentato (DG, Dentate Gyrus) e le aree del corno di Ammone (CA1 e CA3, Cornus Ammon). I neuroni della corteccia entorinale (EC, Entorhinal Cortex), il più importante centro relay tra la corteccia e l’ippocampo, formano connessioni sinaptiche eccitatorie sulle cellule granulari del DG, attraverso la via perforante. Queste cellule estendono gli assoni che costituiranno la via delle fibre muscoidi che formano sinapsi con i neuroni piramidali della CA3. Questi neuroni, a loro volta, proiettano verso i neuroni piramidali attraverso la via collaterale di Schaffer (SC, Schaffer Collateral). Gli assoni dei neuroni della CA1 forniscono il principale output dalla struttura dell’ippocampo verso la corteccia, ancora attraverso la corteccia entorinale (fig. 2B). Questa struttura laminare, nella quale i neuroni pre- e postsinaptici sono chiaramente distinguibili, ha rappresentato un substrato ideale per lo studio dei meccanismi molecolari che orchestrano la regolazione dinamica della forza sinaptica. In particolare, questa struttura mostra la forma di plasticità neuronale attività-dipendente meglio conosciuta e più estesamente studiata, ossia il potenziamento a lungo termine (LTP, Long Term Potentiation) della forza sinaptica. Il concetto, molto semplificato, che è alla base del ruolo della LTP nella formazione della memoria, può essere riassunto come segue: un’esperienza, per es. la formazione di un nuovo ricordo, attiverà uno specifico set di connessioni sinaptiche che, di conseguenza, si rafforzeranno, come mostrato dalla LTP di queste sinapsi. La LTP è così considerata come il più importante correlato cellulare di una traccia di memoria, e la sua ampiezza e longevità come i parametri che probabilmente determinano la robustezza della traccia. Sebbene sia stato un compito gravoso dimostrare che tale rafforzamento di modificazioni sinaptiche avviene effettivamente in vivo in risposta all’apprendimento, due recenti studi hanno focalizzato il ruolo diretto della LTP ippocampale nella formazione di un ricordo. In questi studi, fenomeni del tipo LTP sono stati registrati a livello dei collaterali di Schaffer nelle sinapsi della CA1 (SC-CA1) in roditori coscienti sottoposti a un esercizio di apprendimento. Sebbene la prima dimostrazione della LTP sia stata descritta all’inizio degli anni Settanta da Tim V.P. Bliss e Terje Lømo nel giro dentato di conigli anestetizzati (Long-lasting potentiation of synaptic transmission in the dentate area of the anaesthetized rabbit following stimulation of the perforant path, «Journal of physiology», 1973, 232, pp. 331-56), l’identificazione dei protagonisti molecolari della plasticità fu ottenuta principalmente a livello delle sinapsi SC-CA1. Questa connessione sinaptica mostra una robusta LTP con componenti sia precoci sia tardivi, fenomeno tipico del meccanismo che soggiace alla formazione della memoria come si osserva nel corso dell’evoluzione.
Dissezione molecolare di una comunicazione sinaptica SC-CA1
Una sinapsi SC-CA1 è una tipica sinapsi glutamatergica: il glutammato, rilasciato dal terminale presinaptico, si lega ai recettori glutamatergici presenti sulla membrana postsinaptica. Questa sinapsi ha una struttura molto complessa composta da centinaia di diverse proteine, a livello sia del terminale presina-ptico sia di quello postsinaptico. La densa concentrazione di proteine presente nel terminale postsinaptico è detta densità postsinaptica (PSD, PostSynaptic Density). La sinapsi SC-CA1, fortemente organizzata, contiene un’alta concentrazione di recettori per il glutammato che sono attivati quando questo neurotrasmettitore è rilasciato dal terminale presinaptico, ma contiene anche varie proteine di segnale associate a recettori e proteine strutturali. È questa intricata interazione regolatoria tra recettori e proteine che permette a una sinapsi di mostrare plasticità sinaptica attività-dipendente, come la LTP. La complessità di questa struttura è venuta alla luce alla fine degli anni Novanta del 20° sec. grazie alle continue scoperte di nuove proteine. Sarà qui focalizzata l’attenzione sui recettori e sulle proteine presenti nella densità postsinaptica che sono caratterizzati come mediatori, piuttosto che come modulatori, della plasticità sinaptica nella connessione SC-CA1.
Sono presenti due tipi di recettori ionotropici del glutammato nella PSD del terminale postsinaptico: i recettori acido α-ammino-3-idrossi-5-metilisoxa-zolo-4-propionico (AMPA, α-Amino-3-hydroxy-5-Methylisoxazole-4-Propionic Acid) e N-metil-D-aspartato (NMDA, N-Methyl-D-Aspartate). Il sottotipo più numeroso di recettori AMPA (AMPAR) presente in questa sinapsi è costituito da canali ionici permeabili al sodio (Na+) e al potassio (K+), che si aprono in seguito al legame del glutammato. I recettori NMDA (NMDAR), come gli AMPA, si aprono quando si lega il glutammato; essi sono canali ionici permeabili al calcio (Ca2+), così come al Na+ e al K+. I recettori NMDA possiedono anche la caratteristica unica di aprirsi solo quando il terminale postsinaptico è sufficientemente depolarizzato (cioè si carica positivamente). Ciò si ottiene generalmente grazie a un ingresso sufficiente di ioni Na+ attraverso il recettore AMPA durante un intenso rilascio di glutammato dal terminale presinaptico. Tale meccanismo attività-dipendente assicura che l’ingresso del calcio attraverso i recettori NMDA avvenga solo in seguito a un forte rilascio di glutammato nella specifica sinapsi. L’ingresso del calcio nel terminale postsinaptico, attraverso i recettori NMDA, è l’innesco necessario per la LTP. Una tipica LTP in questa sinapsi è evidenziata da un incremento di lunga durata della corrente eccitatoria postsinaptica (EPSC, Excit-atory PostSynaptic Current) del recettore AMPA a seguito di un breve periodo di forte stimolazione del rilascio di glutammato presinaptico. Tale incremento dell’EPSC mediato dal recettore AMPA può essere ottenuto in vitro nel tessuto di ippocampo con forte stimolazione elettrica dei terminali presinaptici. Il segnale registrato per la corrente mediata dal recettore AMPA è una flessione negativa verso il basso della EPSC. Essa normalmente mostra un’ampiezza massima di 50-200 picoampere (pA) e dura pochi millisecondi (ms) dopo ogni stimolazione (fig. 3A). L’ingresso del calcio nel neurone postsinaptico conduce all’attivazione di diverse proteine calcio-dipendenti, con conseguenti rapidi riarrangiamenti sinaptici locali (LTP precoce) e alterazioni neuronali dipendenti dalla trascrizione genica (LTP tardiva). Il potenziamento a lungo termine (LTP) della corrente EPSC mediata dal recettore AMPA può essere indotto da forte stimolazione elettrica della via SC con depolarizzazione del neurone postsinaptico. Nella fig. 3B è mostrato un esempio di traccia. Si misura l’ampiezza di base della corrente EPSC di AMPA (misurata in pA sull’asse delle ordinate) per 5 minuti (da −5 a 0 sull’asse delle ascisse). L’induzione della LTP è indicata dalla freccia. Il potenziamento dell’ampiezza della corrente EPSC mediata dal recettore AMPA, evidenziata da un aumento nella magnitudo (negativa), viene monitorata per alcuni minuti oppure alcune ore dopo l’induzione della LTP. Nel riquadro della fig. 3B sono rappresentate l’ampiezza di base della corrente EPSC del recettore AMPA (1) e l’ampiezza 40-60 minuti dopo l’induzione della LTP (2).
Meccanismo molecolare del potenziamento a lungo termine
Un’esperienza conduce a un’appropriata attivazione di specifici circuiti neuronali. Quest’attività neuronale dà inizio a risposte biochimiche alle sinapsi dei neuroni attivati che portano a un rapido au-mento nella forza sinaptica. Se l’attività neuronale (ossia l’ingresso del calcio nel neurone postsinaptico) risulta sufficiente, le risposte biochimiche raggiungono il nucleo della cellula e attivano fattori di trascrizione, come la proteina CREB (CAMP Responding Element Binding), che regolano l’espressione dei geni. La cascata di espressione ge-nica si traduce in riarrangiamenti a lungo termine dei circuiti e in crescita del numero di sinapsi, che cambiano la connettività del circuito attivato (fig. 4).
LTP precoce
Nello spazio di alcuni ms, l’ingresso del calcio nel terminale postsinaptico attiva diverse chinasi, enzimi che aggiungono gruppi fosfato da molecole donatrici ad alta energia, come l’adenosina trifosfato (ATP, Adenosine-TriPhosphate), a specifiche molecole bersaglio. In particolare, la proteina chinasi II calcio calmodulina dipendente (CaMKII, Calcium calmodulin-dependent protein Kinase II), attraverso la fosforilazione del recettore AMPA stesso, così come di altri substrati, conduce a un aumento della funzionalità del canale dei recettori AMPA e a un incremento del loro numero sulla membrana; la fig. 4B mostra la crescita per: aumento della conduttanza del recettore AMPA per Na+ (a); esocitosi del recettore AMPA verso l’esterno del PSD (b); diffusione laterale del recettore AMPA dai siti extra-sinaptici verso la PSD (c); rilascio dei messaggeri retrogradi che aumentano il rilascio di glutammato pre-sinaptico (d). I recettori AMPA sono dimeri composti di subunità diverse o uguali tra loro. Alterazioni nella loro composizione a livello delle subunità modificano le loro proprietà biofisiche e la loro permeabilità ai cationi. Alcuni studi recenti suggeriscono che durante la fase iniziale della LTP, i nuovi recettori AMPA inseriti nella membrana hanno una composizione specifica di subunità che li rende permeabili al calcio. Un intenso aumento di questa permeabilità nella sinapsi potenziata può facilitare ulteriormente alterazioni cellulari calcio-dipendenti, necessarie per consolidare questo rafforzamento sina-ptico. L’esatto meccanismo che media e regola tale inserimento attività-dipendente dei recettori AMPA nella membrana cellulare è ancora sotto attento esame. L’esocitosi di recettori in siti extrasinaptici, seguita da diffusione laterale dei recettori stessi verso la PSD, appare essere il meccanismo più probabile.
Sebbene sia stato dimostrato che CaMKII è una delle principali chinasi promotrici di tali cambiamenti sinaptici durante la fase iniziale della LTP, con ogni probabilità anche altre chinasi calcio-attivate sono importanti protagoniste di questo processo. Inoltre, affinché una sinapsi accolga questi nuovi recettori, le strutture deputate all’immagazzinamento e alla trasmissione del segnale devono essere sintetizzate e indirizzate. Prove recenti suggeriscono che le proteine necessarie possono essere sintetizzate localmente a richiesta, utilizzando un apparato di sintesi proteica locale strettamente regolato.
Infine, è stato ipotizzato che l’ingresso locale del calcio possa anche promuovere la generazione e il rilascio di messaggeri retrogradi. Questi messaggeri sono sintetizzati e rilasciati dal terminale postsinaptico e viaggiano all’indietro verso il terminale presinaptico incrementando il rilascio di neurotrasmettitori in risposta ai potenziali d’azione. L’identità dei messaggeri retrogradi è ancora in discussione, ma se tale fenomeno avviene, esso con ogni probabilità contribuisce ulteriormente al rafforzamento della sinapsi stimolata.
È così diventato sempre più chiaro negli ultimi decenni che il meccanismo molecolare alla base dell’intenso aumento locale di forza sinaptica alla giunzione SC-CA1 è estremamente complesso, e coinvolge numerosi protagonisti e diversi modi di regolazione. Inoltre, la LTP iniziale in altri tipi di sinapsi può essere espressa attraverso differenti mezzi, suggerendo così che nei mammiferi ogni tipo di sinapsi si è evoluto con il suo proprio macchinario molecolare altamente specifico, per eseguire un compito essenziale nelle funzioni cerebrali.
LTP tardiva
Mentre molti studi sono stati dedicati alla scoperta dei meccanismi responsabili dell’aumento iniziale della forza sinaptica durante i primi 30-60 minuti, i meccanismi che permettono alla LTP di durare ore, giorni o addirittura settimane rivestono un’uguale importanza, se non addirittura maggiore. Questa fase tardiva della LTP richiede una trascrizione genica de novo, che avviene all’interno del nucleo del neurone. Alcune molecole agiscono come segnale tra l’attività locale induttrice della LTP, ovvero l’ingresso postsinaptico del calcio e la trascrizione genica. Tra queste molecole, le chinasi attivate dal calcio (PKA, Protein Kinase A; CaMKIV; ERK, Extracellular signal-Regulated Kinase) sembrano avere un ruolo determinante. L’esatto contributo di ciascuna chinasi all’innesco della trascrizione genica è ancora dibattuto, ma è chiaro che tutte e tre queste proteine possono fosforilare il fattore chiave di trascrizione CREB. L’attivazione di CREB attraverso la sua fosforilazione conduce alla trascrizione di numerosi geni quali quelli che codificano il fattore di trascrizione c-fos, un’altra proteina che regola la trascrizione di geni specifici, e il fattore neurotrofico BDNF (Brain-Derived Neurotrophic Factor), una proteina che favorisce la sopravvivenza dei neuroni. La trascrizione di questi geni CREB-dipendenti porta ad alterazioni a lungo termine nella funzione neuronale che si pensa siano alla base della formazione della memoria. Poco si sa circa l’identità di queste alterazioni. Recentemente, nuovi esperimenti suggeriscono che i neuroni soggetti a un aumento relativamente acuto (12 ore) dell’attività di CREB contengano nuove spine dendritiche con sinapsi che ospitano solamente recettori NMDA (fig. 4C; v. Marie, Morishita, Yu et al. 2005). Questi neuroni mostrano anche una LTP più forte e sono maggiormente eccitabili (Marie, Morishita, Yu et al. 2005; Dong, Green, Saal et al. 2006). Gli esatti protagonisti molecolari che associano l’attivazione di CREB a queste modificazioni neuronali sono ancora sconosciuti, ma tali modificazioni alterano la rete neuronale circostante per promuovere il rafforzamento della traccia di memoria. La creazione di nuove spine attraverso l’attivazione di CREB supporta fortemente l’idea, suggerita per la prima volta nel 1899 dal medico e patologo spagnolo Santiago Ramón y Cajal, e poi confermata da diversi studi (Bonhoeffer, Yuste 2002), che il numero, la grandezza e la forma delle spine sono modulati dall’attività neuronale, e che questi cambiamenti strutturali indotti dalla LTP devono, almeno in parte, essere alla base della formazione della memoria. Inoltre, l’aumento dell’eccitabilità neuronale CREB-dipendente conferma il nuovo concetto che le alterazioni dell’eccitabilità, come anche della forza sinaptica, possono sottostare agli adattamenti neuronali apprendimento-dipendenti.
Sebbene CREB abbia ricevuto la maggior parte dell’attenzione come fattore chiave di trascrizione durante la formazione della memoria, anche altre proteine che regolano la trascrizione genica, come Zif268, sono attivate da chinasi calcio-dipendenti in seguito all’ingresso del calcio nella sinapsi. L’importanza di questi altri fattori e la trascrizione genica risultante, nel processo di formazione della memoria, non sono ancora stati chiariti. Possiamo comunque aspettarci che la fase tardiva della LTP e la codifica di un ricordo siano mediate da una regolazione della trascrizione di geni neuronali di cui si è appena iniziato a comprendere la complessità.
La punta dell’iceberg
In questo saggio si è focalizzata l’attenzione sui cambiamenti molecolari essenziali della sinapsi SC-CA1 che mediano, almeno in parte, la formazione di un ricordo nel cervello dei mammiferi. Vorremmo comunque puntualizzare il fatto che la descrizione di tale meccanismo molecolare, sebbene già in apparenza complesso, è solo la punta dell’iceberg.
Per prima cosa, questo fenomeno calcio-dipendente può essere modulato da varie molecole endoge-ne di segnale. Infatti, i neurotrasmettitori ‘regolatori dell’umore’ dopamina e serotonina, il neurotrasmettitore acetilcolina (sostanza naturale del cervello con proprietà simili alla nicotina, il principio attivo del tabacco) e gli endocannabinoidi (con proprietà simili al THC, TetraHydroCannabinol, il principio attivo della marijuana) modulano tutti la forza della LTP e influenzano la formazione della memoria. E si è solo all’inizio dell’individuazione degli esatti meccanismi grazie ai quali queste sostanze del cervello strettamente controllate regolano la LTP e la formazione della memoria. Secondariamente, la LTP delle risposte dei recettori AMPA qui descritte non è assolutamente l’unico meccanismo in grado di spiegare la formazione della memoria. È soltanto uno dei meccanismi che il cervello utilizza per promuovere la plasticità delle sue connessioni neuronali. Infatti, la LTP delle risposte mediate dai recettori AMPA promossa da differenti meccanismi molecolari è stata evidenziata in diverse aree cerebrali, alcune delle quali, come la neocorteccia, sono anche associate alla formazione della memoria (Kim, Linden 2007). Inoltre, all’inizio degli anni Novanta del 20° sec. è stato scoperto un meccanismo correlato, detto depressione a lungo termine (LTD, Long Term Depression), in diverse aree del cervello, in cui le sinapsi riducono le loro risposte mediate dai recettori AMPA e il potenziale sinaptico. I meccanismi molecolari della LTD, sebbene coinvolgano ancora la regolazione dei recettori AMPA di membrana nell’ippocampo, utilizzano differenti protagonisti molecolari (Malenka, Bear 2004). La LTD, anche se è al momento meno studiata della LTP, potrebbe comunque avere pari importanza nella codifica della memoria. Infine, anche se il concetto di plasticità della trasmissione sinaptica eccitatoria attraverso la regolazione dei recettori AMPA e NMDA è accettata come la componente principale della formazione della memoria, altre plasticità di recente definizione, quali, per es., la regolazione dell’eccitabilità neuronale e la trasmissione inibitoria GABAergica, assumeranno con ogni probabilità un ruolo altrettanto importante. Sarà interessante ridefinire nella prossima decade il ruolo di ogni tipo di plasticità nella formazione della memoria, quando la valutazione scientifica del meccanismo molecolare alla base sarà più estesa rispetto a quella attuale incentrata sulla plasticità sinaptica glutamatergica SC-CA1.
Una prospettiva ai trattamenti per la perdita di memoria
Ci si potrebbe chiedere quale possa essere la rilevanza della chiarificazione di tali intricati e complessi meccanismi. Diviene sempre più chiaro che la loro stretta regolazione è difettosa in diverse e devastanti malattie del cervello quali l’epilessia, la depressione, le dipendenze, le malattie di Parkinson e di Alzheimer. In effetti, l’invecchiamento stesso porta a riduzione della plasticità sinaptica incluse LTP e LTD, particolarmente nella corteccia cerebrale e nell’ippocampo (Mora, Segovia, del Arco 2007). Per quanto riguarda la malattia di Alzheimer è diventato sempre più evidente che i difetti irreversibili nelle modificazioni sinaptiche attività-dipendenti dell’ippocampo qui descritte precedono una diffusa morte neuronale e sono quindi probabilmente tra i maggiori responsabili della progressiva perdita di memoria che affligge i malati. Infatti, nei malati di Alzheimer, si osserva una precisa correlazione tra deficit di memoria e perdita di struttura e funzione delle sinapsi glutamatergiche. Nel cervello degli individui affetti si osserva l’aumento di una molecola detta Aβ (β-amiloide), che forma nel tempo depositi a placche; nei modelli murini la LTP dell’ippocampo è compromessa prima che si possano osservare i depositi di Aβ. Inoltre, un’intensa esposizione ad Aβ blocca selettivamente la LTP dell’ippocampo di topo in vitro e dopo infusione di Aβ nel cervello di topo si hanno alterazioni nella formazione della memoria. Aβ inoltre si lega selettivamente ai neuroni eccitatori piramidali, ma non ai neuroni GABAergici. Insieme, queste evidenze suggeriscono che la riduzione della funzione sinaptica è un evento precoce nella patogenesi della malattia di Alzheimer. La ricerca dei meccanismi attraverso i quali Aβ induce deficit sinaptici è ancora a un livello iniziale, e al momento non c’è accordo sui precisi percorsi molecolari coinvolti.
Una migliore comprensione dei meccanismi molecolari della plasticità sinaptica in condizioni di salute e di malattia permetterà di trovare nuove terapie che possano prevenire o almeno ritardare la progressione della malattia. Di recente la ricerca di trattamenti volti al rafforzamento naturale o farmacologico della plasticità sinaptica si è molto intensificata.
Arricchimento ambientale e memoria
L’arricchimento ambientale è stato scoperto recentemente come naturale rafforzativo della plasticità sinaptica e della formazione della memoria (Mora, Segovia, del Arco 2007). Sono stati utilizzati per la sperimentazione gruppi di animali tenuti in grandi gabbie contenenti tunnel, piattaforme, giocattoli e ruote mobili, invece che le tipiche gabbie vuote in cui si allevano normalmente. Numerosi studi hanno mostrato cambiamenti significativi a livello molecolare, cellulare e comportamentale, particolarmente nell’ippocampo. Tali condizioni di stabulazione di ratti e topi hanno migliorato l’apprendimento e la memoria, incrementato la neurogenesi (cioè la formazione di nuovi neuroni) nel giro dentato dell’adulto e mostrato un aumento nel numero di contatti sina-ptici a livello dell’ippocampo, oltre a una LTP più efficace. Ciò è stato correlato a un incremento nel livello del BDNF, fattore neurotrofico e bersaglio del CREB. L’arricchimento ambientale ha anche ridotto nei roditori le alterazioni della plasticità sinaptica e dei deficit di memoria età-dipendenti. Sebbene i meccanismi molecolari associati a questo tipo di sperimentazione e la plasticità sinaptica che ne deriva non siano stati chiariti, questi dati avvalorano la recente idea che un ambiente arricchito possa aiutare a ritardare i deficit di memoria legati all’età e, forse, a riparare i danni a carico della memoria. Nell’uomo, un arricchimento equivalente si può ottenere con l’esercizio fisico, ma anche con il coinvolgimento intellettivo. Infatti, i dati dimostrano che le funzioni esecutive associate con le regioni corticali e ippocampali possono essere mantenute selettivamente o aumentate con maggiori livelli di adattabilità. Inoltre, il coinvolgimento intellettivo nel corso della vita è significativamente correlato a una riduzione del declino cognitivo legato all’età.
Farmaci e memoria
La comprensione dei meccanismi molecolari alla base della formazione della memoria ha permesso lo sviluppo di nuovi farmaci che favoriscono la memoria attraverso l’induzione e l’aumento della LTP (Lynch 2002). Per incrementare l’induzione di LTP, è stata investigata la modulazione della funzione dei recettori AMPA. Le ampachine sono state i primi modulatori allosterici dei recettori AMPA scoperti. Esse riducono la desensitizzazione e la deattivazione dei recettori AMPA, con il risultato di un aumento e un prolungamento delle correnti sinaptiche generate dal rilascio di glutammato. L’uso di questi farmaci ha migliorato la performance nei test di memoria in modelli animali. Essendo modulatori, le ampachine agiscono solo su quei recettori AMPA attivati da trasmettitori rilasciati per via endogena e quindi solo su quelle reti coinvolte in quel momento nell’attività cerebrale. Questo aspetto, insieme all’assenza di bersagli esterni al sistema nervoso, presumibilmente spiega l’effetto positivo delle ampachine sulla memoria a dosaggi molto più bassi di quelli che producono notevoli effetti collaterali (gli attacchi epilettici rappresentano i fattori di rischio più importanti). Sono stati scoperti ulteriori modulatori dei recettori AMPA con strutture chimiche alternative, che hanno dato origine a un gran numero di promettenti candidati a farmaci per la memoria, al momento sotto valutazione clinica in soggetti sani o con memoria danneggiata. I primi risultati mostrano che questa strategia terapeutica conduce a miglioramenti da modesti a moderati nei test di memoria. L’altro approccio, logico e alternativo a un miglioramento nella codifica della memoria, è aumentare l’espressione di LTP. A questo riguardo il fattore di trascrizione CREB ha ricevuto una particolare attenzione. Tali sostanze hanno fornito risultati incoraggianti nei modelli murini per varie malattie collegate alla memoria (malattia di Alzheimer, sindrome di Rubinstein-Taybi), ma nell’uomo non sono stati ancora valutati in test clinici. Per disporre di potenziatori efficaci della memoria occorrerà sviluppare una specificità di bersaglio (cervello-specifico o anche ippocampo-specifico).
Lo sviluppo di queste nuove sostanze dimostra che la ricerca di base sui substrati della codifica della memoria ha raggiunto il punto in cui può fornire nuove strade terapeutiche. Un giorno, il nostro medico potrà indicarci una clinica specializzata in ‘terapia per l’aumento della memoria’, in caso di una sospetta disfunzione, dove noi potremo essere valutati con una serie di test cognitivi per definire in maniera specifica la natura della disfunzione. Sui risultati di tali test, ci saranno prescritti ‘esercizi per il cervello’ altamente specifici, con la contemporanea somministrazione di stimolatori della memoria in grado di recuperare la funzione cognitiva deficitaria. È una prospettiva realistica? Solo il tempo ce lo potrà dire.
Cosa ci riserva il futuro
Il francese François Jacob, premio Nobel per la medicina nel 1965, ha scritto: «Il secolo che sta per concludersi si è molto occupato di acidi nucleici e proteine. Il prossimo si concentrerà su ricordi e desideri. Saprà risolvere tali questioni?» (La souris, la mouche et l’homme, 1997; trad. it. 1998, p. 147). Nel corso degli ultimi decenni la comunità delle neuroscienze ha compiuto progressi incredibili nella comprensione delle relazioni tra processi molecolari intracellulari, plasticità neuronale e memoria; ma la ricerca di tali conoscenze costituirà certamente una sfida per i neuroscienziati degli anni a venire. In particolare, l’identificazione biologica dei meccanismi della memoria è stata affrontata da diverse angolazioni, dalla dettagliata dissezione molecolare a livello di specifiche sinapsi, alla simulazione della rete neurale dei processi della memoria. La sfida più grande da affrontare nel 21° sec. è integrare queste scoperte tra loro indipendenti in una teoria unificata che spieghi la memoria. Solo allora saremo in grado di diagnosticare e trattare con precisione le diverse forme di disfunzioni della memoria che affliggono così profondamente la nostra società. Come ha eloquentemente scritto il maestro del cinema Luis Buñuel, «Una vita senza memoria non sarebbe una vita, così come un’intelligenza senza possibilità di esprimersi non sarebbe un’intelligenza. La nostra memoria è la nostra coerenza, la ragione, l’azione, il sentimento. Senza di lei, siamo niente» (Mon dernier soupir, 1982; trad. it. 1983, p. 8).
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