MEDAGLIA
È un pezzo di metallo, solitamente di forma analoga a quella delle monete, fuso o coniato, e destinato a ricordare una persona o un fatto determinati. Delle persone essa reca l'effigie e il nome nel diritto e rappresentazioni ad esse allusive o simboliche nel rovescio. In questo articolo si considererà la medaglia come opera d'arte; quindi si daranno cenni storici e descrizione delle decorazioni italiane di origine pubblica, rinviando alla voce decorazioni per le norme che le disciplinano. Per le decorazioni cavalleresche, v. ordini cavallereschi.
Arte.
Italia. - La medaglia è creazione del Rinascimento italiano, ché non si possono considerare veri precedenti i medaglioni romani, più affini alle monete sia perché recano soltanto le effigie d'imperatori o di membri della famiglia imperiale, sia per i rapporti quasi costanti che li legano alle vere e proprie emissioni monetarie. È tuttavia assai probabile che proprio i medaglioni romani, per il loro carattere commemorativo e per l'eccellenza della loro arte, ispirassero i primi medaglisti: non bastano infatti a spiegare l'origine delle m
edaglie italiane del '400 i pochi precedenti che se ne possono citare, quali le medaglie di Francesco da Carrara menzionate nell'inventario del duca di Berry (del 1402), coniate nel 1390, forse da qualcuno dei Sesto, zecchieri veneziani, o le medaglie, fuse e cesellate nella Francia settentrionale o nelle Fiandre alla fine del sec. XIV, di Costantino e di Eraclio, anch'esse citate in quell'inventario, e di cui ci sono giunte repliche antiche: le prime imitanti le monete imperiali romane nel diritto, ancora medievali d'ispirazione le seconde.
La prima vera medaglia italiana del '400 è quella che Antonio Pisano, detto il Pisanello, fece per Giovanni VIII Paleologo, imperatore d'Oriente, in occasione della sua venuta in Italia per il concilio tenutosi nel 1438 a Ferrara, e continuato a Firenze, per riunire la chiesa latina con quella orientale. A questa altre numerose ne seguirono dello stesso artista, non inferiori alla prima per finezza di composizione, o per bellezza dei ritratti; quella di Gianfrancesco Gonzaga, marchese di Mantova, del 1439; quelle di Filippo Maria Visconti, di Francesco Sforza e di Niccolò Piccinino, intorno al 1441; tra il 1441 e il 1448 quelle di Leonello d'Este, quelle dei Malatesta, Sigismondo e Malatesta Novello, quelle dei Gonzaga, Lodovico e Cecilia; e infine quelle di Alfonso d'Aragona e del marchese di Pescara, fatte a Napoli dove il Pisanello si recò alla fine del 1448. Il successo delle creazioni del Pisanello indusse immediatamente altri artisti a imitarlo: ma di nessuno si può dire che dipenda veramente da lui: mediocri in genere i medaglisti ferraresi, dei quali, più che Amadio da Milano o il medaglista che si firma Nicholaus, conviene rammentare Antonio Marescotti (v.), attivo dal 1446 al 1462: fra i minori Giacomo Lixignolo, il Petrecino, Baldassarre Estense, Lodovico Corradini e, più tardi, Costanzo, autore della bella medaglia di Maometto II. Dopo il Pisanello, il migliore dei medaglisti italiani del '400 fu Matteo de' Pasti, veronese, attivo dopo il 1441 a Ferrara prima (medaglie di Guarino Veronese, di Benedetto dei Pasti, di Gesù Cristo) e poi a Rimini (medaglie di Sigismondo Pandolfo Malatesta, di Isotta degli Atti, di Leon Battista Alberti); l'influsso del Pisanello è in lui evidente, assai più che in Pietro da Milano e in Francesco Laurana, attivi a Napoli e in Provenza tra il 1461 e il 1466 (medaglie di Renato d'Angiò e Giovanni di Laval, e di Margherita d'Angiò, di Pietro da Milano; medaglie di Luigi XI, di Giovanni Cossa, e di Ferry II di Lorena, del Laurana). L'esempio del Pisanello diede origine a una vera e propria scuola di medaglisti a Mantova: Bartolomeo Melioli nelle sue medaglie effigiò soprattutto personaggi gonzagheschi, mettendo nei ritratti un artificio che risente talvolta delle sue qualità di orafo; convenzionale è Bartolomeo Talpa (medaglie di Gianfrancesco e di Federico Gonzaga). Segnano il passaggio dal '4 al '500 Pier Iacopo Alari Bonacolsi detto l'Antico (circa 1460-1528), Gian Cristoforo Romano (circa 1465-1512) e Gian Marco Cavalli (attivo dal 1481 al 1506 circa). Il maggiore dei medaglisti mantovani fu senza dubbio Sperandio Savelli (circa 1425-1504), che ebbe tuttavia una popolarità superiore al suo merito e lavorò prima a Ferrara poi a Bologna, Padova e Venezia, sotto l'influsso evidente del Pisanello, mostrando solamente una vigoria nei ritratti, che spesso è volgarità, e una completa mancanza di gusto nelle composizioni dei rovesci. Gianfrancesco Enzola è il solo medaglista parmense del sec. XV (attivo 1456-78), notevole per avere fatto tentativi, sebbene non del tutto felici, di sostituire la coniazione alla fusione nella produzione delle medaglie: molto migliori sono infatti le sue medaglie fuse di Alessandro e Costanzo Sforza di Pesaro. Bartolomeo Bellano, lo scolaro padovano di Donatello, riecheggia nell'unica medaglia che si conosce di lui le tendenze del maestro, esagerandole curiosamente. A Venezia troviamo Pietro da Fano (medaglia di Pasquale Malipiero) e Marco Guidizani (medaglia del doge Malipiero e di Bartolomeo Colleoni); in quest'ultimo è già un po' di quell'ispirazione classica che si afferma soprattutto nelle medaglie di Giovanni Boldù (attivo 1454-1477: medaglia di Caracalla); lo stile si sviluppa pienamente in quelle di Vettore Camelio, che tentò, al pari dell'Enzola, le medaglie coniate riuscendo pur sempre migliore in quelle fuse, o in quelle del cosiddetto Fra Antonio da Brescia (attivo circa 1487-1513), notevoli per il realismo dei ritratti, sincere, ma prive di fantasia nelle composizioni. A Verona Giulio della Torre (circa 1480-1540) è semplice e sincero, nonostante la timidezza e la meschinità della sua modellatura; Giammaria Pomedelli (1478-1537) possiede uno stile più compiuto, ma meno vigoroso. L'influsso dell'attività dello Sperandio a Bologna scompare del tutto nelle medaglie del Francia e dello scolaro suo Giovanni Zacchi; il Caradosso, a Milano e poi a Roma, si allontana sempre più dallo spirito quattrocentesco.
Dei medaglisti che lavorarono a Roma il primo è un fiorentino, il Guazzalotti, che fa medaglie di Pio II, Callisto III e Sisto IV; sotto Paolo II lavorò invece Cristoforo di Geremia (1430-1476), che raggiunse una notevole efficacia nei ritratti e può considerarsi come il fondatore della scuola romana, in cui predomina l'ispirazione dei modelli antichi, e a cui appartengono anche Lisippo, nipote di Cristoforo, e Giovanni Candida. A Firenze una vera e propria scuola di medaglisti si ebbe solo negli ultimi decennî del '400, indipendente dalle altre: Bertoldo di Giovanni (circa 1420-91), scolaro di Donatello, firmò una medaglia di Maometto II e fece quella commemorativa della congiura dei Pazzi; Niccolò di Forzore Spinelli, detto Niccolò Fiorentino (1430-1514), è l'artista più rappresentativo della scuola che dette importanza quasi esclusivamente ai ritratti (medaglie di Lorenzo il Magnifico, di Alfonso d'Este, di Antonio di Borgogna, ecc.). Intorno a lui possono raggrupparsi moltissime altre medaglie fiorentine: quelle che raffigurano personaggi francesi, evidentemente connesse alla spedizione di Carlo VIII, i bellissimi ritratti di Giovanna Tornabuoni, di Giovanna Albizi, di Normina Strozzi, di Giovanni Pico della Mirandola, di Gioacchino della Torre, del Savonarola che tiene un crocifisso, la medaglia di Dante o quella di Cristo e S. Paolo; se ne scostano invece di più quelle attribuite ad Adriano Fiorentino.
Il Cinquecento porta in breve alla decadenza dell'arte della medaglia in Italia, col progressivo prevalere della coniazione, e con il predominio sempre maggiore di medaglie di carattere aulico (medicee, papali): i centri principali sono Firenze, Roma, Milano e, meno, Venezia. A Firenze troviamo attivi come medaglisti due scultori, Pietro Torrigiano e Francesco da Sangallo; altissime di rilievi e rozze di esecuzione le medaglie di quest'ultimo. Benvenuto Cellini esercitò un influsso notevole su quest'arte, più che con le sue medaglie fuse (del cardinale Bembo, di Ercole II di Ferrara), con quelle coniate (di Clemente VII) a rovesci allegorici di sapore classico; influsso che fu sentito ben presto anche fuori della regione. Particolarmente feconda fu l'attività del Pastorino da Siena (1508-1592), che ebbe grandissima fama e raggiunse un'estrema morbidezza nei ritratti, pure non riuscendo a esprimere l'intimo carattere e riuscendo banale nei rovesci, non numerosi, delle sue medaglie. A Firenze lavorarono per i Medici i due Poggini: Giampaolo (1518-82) e Domenico (1520-90), più felice nelle medaglie fuse che in quelle coniate, sebbene anche in queste superi tutti i suoi contemporanei; e Pier Paolo Galeotti detto Romano, assai accurato nell'esecuzione e pittorico nello stile dei rovesci. A Roma convengono artisti d'ogni parte d'Italia che lavorano alla zecca pontificia, e tra essi alcuni soltanto meritano qualche considerazione: Giampietro Crivelli, orafo milanese, Giovanni Bernardi di Castelbolognese, che porta nell'esecuzione e nei particolari la minuziosità e la durezza dell'incisore di gemme; Tommaso Perugino, che risente del Pastorino nella tecnica; Alessandro Cesati, anch'esso incisore di gemme, accuratissimo nell'esecuzione, è il migliore rappresentante della scuola romana, accademico e classicheggiante (medaglia di Paolo III con Ganimede nel rovescio); fece anche imitazioni di monete antiche, come allora si usava, e perfezionò l'incisione dei conî. Successe al Cesati nella zecca pontificia Giannantonio de' Rossi, milanese, assai più fine nelle medaglie coniate che nelle fuse: ma ormai i tipi e le composizioni sono monotone, come appare ancor meglio dall'opera dei Bonzagna, Giangiacomo e Gianfederigo, o di Giovanni Paladino.
Nel settentrione continua a prevalere la tecnica della fusione: fa eccezione solo la scuola padovana con Valerio Belli, incisore in cristallo, e Giovanni dal Cavino, ambedue imitatori di monete romane antiche e autori di medaglie coniate, prive di fantasia e secche nel loro stile accademico. Fuse invece sono le medaglie di un altro padovano, Lodovico Leoni (medaglia di Iacopo Sansovino), che si riattacca però piuttosto alla scuola milanese, e quelle di Giovanni Maria Mosca, che fu alla corte di Sigismondo I re di Polonia dove in quegli anni andò anche Gian Giacomo Caraglio, veronese. Non molto migliori sono i prodotti della scuola veneziana, in cui, a prescindere dalle medaglie di Andrea Spinelli, si nota un riflesso dell'arte di Iacopo Sansovino; neppure Alessandro Vittoria riesce a darci dei ritratti veramente forti, quali invece appaiono in un gruppo di medaglie che raffigurano personaggi veneziani e che sono circa della metà del secolo. Importantissima è invece la scuola milanese, fondata, si può dire, da Leone Leoni, e che risente delle qualità scultorie dei medaglisti del secolo precedente. Il Leoni, aretino di nascita, fu artista di meriti notevolissimi per la finezza della esecuzione, per la dignità dei ritratti, per la perfezione della tecnica (bellissime soprattutto le sue medaglie di Carlo V). Gli è vicino nello stile Iacopo Nizzola da Trezzo (circa 1515-1589), che fu anch'egli al servizio dell'imperatore, un po' più accademico del Leoni, ma non meno perfetto nella tecnica e nobile nelle composizioni; assai inferiore, invece, il figlio Pompeo Leoni, anch'egli medaglista alla corte spagnola. Fra gli altri settentrionali furono ottimi modellatori Alfonso Ruspaggiari di Reggio Emilia (1521-76) e Andrea Conti, detto il Bombarda, orafo cremonese (attivo 1560-1575); ma il maggiore rappresentante della scuola milanese è Antonio Abondio (1538-96), che dipende anch'egli dal Leoni e fu come lui al servizio dell'imperatore, a Praga e a Vienna, esercitando un notevole influsso sui medaglisti austriaci del tempo (medaglie di Niccolò Madruzzo, di Rodolfo II, Massimiliano II, dell'imperaratrice Maria, ecc.). Il figlio suo Alessandro lavorò alla corte bavarese e vi godette moltissimo favore.
Nella prima metà del sec. XVII la tradizione cinquecentesca continua ad affermarsi, soprattutto in Gasparo Mola (morto nel 1667), le cui medaglie medicee o pontificie sono, per la bellezza del modellato, per la composizione e per l'accuratezza dell'esecuzione, tra le migliori del tempo. Ma, subito dopo, quella tradizione viene a mancare e la medaglia diviene un mediocre esercizio di abilità tecnica e meccanica, dimentica ormai degli splendori dei secoli precedenti. Ciò vale anche per la serie pontificia, cui pure sono connessi talvolta nomi d'incisori non del tutto privi di senso artistico: da Gasparo Morone Mola, nipote dell'altro Mola, assai minuzioso nei rovesci, agli Hamerani che lavorano per due secoli circa alla zecca pontificia: Alberto Giovanni nel sec. XVII, Ermenegildo e Ottone nel successivo. Le loro medaglie hanno soprattutto interesse storico e iconografico; ma artisticamente sono fredde e di rado eleganti. In Roma lavorarono anche Giovan Francesco e Antonio Travani, autori pur essi di medaglie pontificie, e poi i fratelli Giuseppe e Stefano Ortolani e Filippo Crapanese, medaglista di Clemente XIV; tra i fiorentini meritano di essere citati Massimiliano Soldani Benzi, autore di numerose medaglie fuse di membri della famiglia granducale e di personaggi illustri della città, e il suo scolaro Antonio Selvi (morto nel 1755) che è assai meschino e artificioso nella sua vastissima produzione. Col cadere del secolo prevale l'influsso della medaglistica francese, che si manterrà nel periodo napoleonico e neoclassico e si prolungherà per buona parte dell'800. I maggiori rappresentanti ne sono Tommaso Mercandetti (1758-1821), Luigi Manfredini (nato nel 1774) incisore di conî alla zecca di Milano, Francesco Putinati e Giuseppe Girometti, e Amedeo Lavy (1777-1864) medaglista di casa Savoia nell'800.
Germania. - La sola nazione che possa vantare una medaglistica originale e indipendente, almeno per un certo tempo, da quella italiana è la Germania. La medaglia tedesca ebbe due centri ad Augusta e a Norimberga: nel primo prevalse la tecnica della fusione, nell'altro furono gli orefici a creare medaglie. I modelli si facevano in legno o in pietra: ai ritratti nel diritto corrispondono le armi nel rovescio, vivacissimi quelli, accurate queste nel disegno, e tutti eseguiti con una notevole maestria. Le prime medaglie di Peter Vischer il giovane e del fratello Hermann (1507-11) e quelle di cui Albrecht Dürer diede il modello non ebbero alcun influsso nel successivo sviluppo della medaglistica tedesca, che ha inizio da Hans Daucher, scultore di Augusta (attivo dal 1515 al 1529), più scultore che medaglista; di lui sono caratteristici i ritratti di fronte con un busto molto grande, e con un ampio berretto alla foggia di Enrico VIII. Il primo medaglista vero e proprio fu Ulrich Schwarz, pure di Augusta (attivo 1516-27); cui si attribuiscono più di 130 medaglie, per lo più semplici ritratti senza rovescio, forti di espressione realistica e non volgari. Assai numerose sono le medaglie di Christoph Weiditz (attivo 1523-36), di stile assai ampio e scultorio, non sempre felice nei rovesci, e non scevro d'influsso italiano. Friedrich Hagenauer di Strasburgo fu anch'egli uno dei più fecondi (attivo 1525-46): ma le sue medaglie, se rivelano un'abilità, una finezza, una cura non comuni, sono assai inferiori a quelle dello Schwarz e più pittoriche nelle composizioni; anche inferiori nei ritratti quelle di Hans Kels attivo 1529-1565 circa). Se i medaglisti della scuola di Augusta hanno contatti con la scultura, quelli di Norimberga dipendono invece di più dalla tecnica dell'oreficeria: in essi l'individualità dello stile è soverchiata dall'abilità tecnica, come in Ludwig Krug (fiorito intorno al 1525), in Mathes Gebel (attivo 1526-1544), le cui medaglie sono tuttavia fra le più belle del '500 tedesco per la modellatura e per la delicatezza del sentimento. Alcune delle medaglie attribuite al Gebel si davano prima a Peter Flötner, la cui opera di medaglista è invece del tutto secondaria. Hans Reinhart il Vecchio (not. 1539-1581), Ludwig Neufarer (attivo 1530-62), Hans Bolsterer (attivo a Norimberga dal 1540 al 1567), Joachim Deschler (circa 1500-1572), segnano la decadenza della medaglia tedesca, soprattutto per il prevalere di un gusto artificioso, per la sempre maggiore importanza data alla tecnica, e per la sempre più scarsa immaginazione che essi dimostrano. Segnano la transizione al sec. XVII medaglisti come Tobias Wolff (notizie di lui 1561-1604), Valentin Maler (attivo 1563-1593) assai vicino agl'Italiani nel suo stile, Baldwin Drentwett (1545-1627) e Mathias Carl (attivo 1584-1608 circa) sotto l'influsso dell'Abondio e degli Olandesi. Ma l'interesse delle medaglie tedesche del '500 è in sostanza prevalentemente iconografico.
Col sec. XVII sparisce quasi del tutto la medaglia fusa e pochi sono gli artisti non insignificanti: Sebastiano Dadler di Augusta (not. 1619-1653), di un gusto narrativo tutto suo; Johann Blum di Brema, nella prima metà del secolo; nella seconda, Raimund Faltz svedese (morto 1703); Johann Höhn, che lavorò per la corte dell'elettore di Brandeburgo; J. Bernhard Schultz, J. Georg Breuer, Gottfried Leygebe; e a Norimberga Georg Schweicker, Daniel Sigmund Dockler, J. Jakob Wolrab e i suoi scolari Georg Hautsch e Martin Bruner; migliore di tutti Philipp Heinrich Müller (morto nel 1718), nativo di Augusta. Il periodo barocco segna un miglioramento nelle medaglie tedesche rispetto al puro interesse documentario delle precedenti: i ritratti sono eleganti e ricercati, la superficie è di una levigatezza raffinata. Fra i più fecondi è da notare Christian Wermuth (1661-1839), il suo scolaro Johann Christian Koch, Peter Paul Werner di Norimberga, Wigand Schäfer e il figlio suo Anton. Dalla scuola del medaglista svedese Karlstén esce intorno al 1700 Ehrenreich Hannibal; dalla Svizzera vengono i Dassier, Jan e Jacques Antoine (quest'ultimo molto meno convenzionale del padre), e Johann Karl Hedlinger, educato in Francia e che soggiornò anche a Roma, dove studiò molto le antichità; fu suo scolaro Daniel Fehrmann. In Sassonia lavorarono i due Krüger; alla corte prussiana Daniel Friedrich Loos, che s'ispirò agli antichi e che ebbe a scolari Anton König e J. J. G. Stierle. Tipico rappresentante dello stile aulico del periodo rococò è Franz Andreas Schega (1711-1787). Joseph Schaufel (1733-90), J. Martin Bückle e il suo scolaro J. Heinrich Boltschhauser segnano il passaggio all'indirizzo classico, che si afferma col principio del sec. XIX, specialmente a Berlino (H. F. Brandt), a Monaco (F. X. J. Losch 1770-1826, J. B. Stiglmayer e K. F. Voigt) e a Dresda (A. F. König e K. R. Krüger). In Austria lavorano in questa tendenza L. Heuberger e J. D. Böhm, già sul principio del secolo XIX.
Fiandre. - Nelle Fiandre fino dal '400 si recano dei medaglisti italiani; ma l'arte della medaglia si può dire che vi cominci solo con Quintin Metsys (medaglia di Erasmo da Rotterdam), poi con Jean Second (1511-1536): di questo si conoscono alcune medaglie assai sincere nel sentimento dei ritratti, e sommarie, impressionistiche nell'esecuzione, con qualche ricordo di quelle del Hagenauer. Più fecondo di ogni altro fu Giacomo Jonghelinck (1531-1606), che mostra tracce evidenti d'italianismo nel suo stile, ma è privo di originalità e meccanico nell'esecuzione; molto superiore è il cosiddetto Stefano d'Olanda (notizie 1559-64), anch'egli sensibile all'influsso italiano, ma spontaneo e vivace nella sua creazione; di Conrad Bloc (attivo 1575-1602) sono notevoli soprattutto i ritratti. Nel Seicento uno dei più caratteristici è Adrian Waterloos (morto 1684), assai felice nei ritratti, e il nipote Denis; Jean de Montfort eccelle per la minuziosità della cesellatura; ma anche i migliori come Jan Smeltzing e Jan Boskam sono deboli di stile, se pure abili nelle composizioni.
Francia. - In Francia, nel '400, oltre alle medaglie già rammentate dagl'inventarî del duca di Berry, altre se ne conoscono, coniate, che tengono piuttosto della moneta: solo alla fine del secolo cominciano ad apparire vere e proprie medaglie, fra cui quelle di omaggio delle città in occasione di visite reali. Nel '500 Jacques Gauvain (nato dopo il 1547) e altri minori mostrano di avere subito l'influsso del Candida; per Francesco I lavorarono Matteo dal Nassaro e Benedetto Ramelli, per Enrico II Étienne de Laune, autore di medaglie coniate, quali prevalsero nella seconda metà del secolo, di carattere aulico. Fuse sono le migliori medaglie di Germain Pilon (morto 1590), un po' superficiali e monotone tuttavia; il rimanente della produzione francese di quel tempo è del tutto secondario. Artisti italiani lavorarono però ancora in Francia, come Iacopo Primavera (attivo 1568-1585). Nel 1600 comincia a lavorare Guillaume Dupré (morto 1647), insuperabile nella tecnica della fusione sì da far sembrare coniate le sue medaglie; accanto a lui è tutta una fioritura di valorosi artisti nella prima metà del sec. XVII da N. Briot a J. Richier, a J. Warin e C. Warin.
Alla fine del regno di Luigi XIV nasce la medaglia ufficiale con l'Histoire metallique, ossia una serie di medaglie che dovevano illustrare gli avvenimenti del regno, ma che mostrano in genere assai scarsa originalità. Degli artisti che allora lavoravano in Francia Francesco Bertinetti (Berthinet, 1653-86) è magniloquente e superficiale; fecondissimo lo Chéron, elegante, ma freddo nelle composizioni dei rovesci; i Roettiers, di origine fiamminga, raggiunsero un'abilità tecnica incomparabile; centro particolarmente attivo fu Lione.
Col Settecento si nota una certa tendenza a liberarsi dalle formule ufficiali che permette la realizzazione di bellissimi ritratti: fra i migliori artisti sono Ferdinand de Saint-Urbain, i Dassier, Simon Curé (nato 1734) e ancora i Roettiers, Jean Duvivier e il figlio Benjamin, Pierre Lorthier (1733-1813), Augustin Dupré, Nicolas Gatteaux. Spagna e Inghilterra. La Spagna non ebbe una scuola di medaglisti nel Rinascimento, come non l'ebbe l'Inghilterra. Medaglie di artisti inglesi, probabilmente incisori di conî, si hanno solo con Enrico VIII e con i suoi successori: fresche e ingenue quelle dei tempi di Elisabetta e di Giacomo I, artificiose e accurate nella tecnica quelle del periodo immediatamente successivo. Fra gli artisti stranieri che lavorarono allora in Inghilterra, meritano di essere menzionati Simon van de Passe, Nicolas Briot, Jean e Claude Warin; fra gl'inglesi, durante il regno di Carlo I, Thomas Rawlins e soprattutto Abraham e Thomas Simon (1623-1665), felicissimi nei ritratti, delicati nella modellatura e perfetti nella tecnica. In Scozia si hanno, a partire dai primi decennî del '500, medaglie coniate d'interesse prevalentemente storico. Dopo la restaurazione degli Stuardi, lavora in Inghilterra Jean Roettiers, di una fantasia assai meschina; con l'avvento al trono della casa di Hannover troviamo degli artisti tedeschi, e non riappaiono medaglisti inglesi che alla metà del Settecento; il solo che meriti di essere ricordato è però un oriundo italiano Thomas Pingo (morto 1776), incisore assai abile di ritratti, e pittoresco nelle composizioni dei rovesci.
Per la Spagna nel sec. XVII non è da rammentare che l'italiano Rutilio Gaci, allievo di Iacopo Nizzola da Trezzo, di cui non raggiunge la sicurezza di gusto decorativo e il vigore dei ritratti; e alla fine del '700 Geronimo Antonio Gil. Qualche medaglista notevole si trova invece nei paesi scandinavi, come Raimondo Faltz già ricordato, Arvid Karlstén (1654-1718), il norvegese Michele Rög che lavorò in Francia nel periodo della reggenza; e a partire dal regno di Pietro il Grande anche in Russia (Timoteo Ivanov, 1729-1802); in Svizzera fiorirono J. C. Hedlinger già ricordato (nato 1691) e il suo allievo Schwendimann, ma anche questi come altri già rammentati della stessa regione si riconnettono più ai loro maestri che al paese d'origine.
La medaglia nel sec. XX. - La rivoluzione francese portò a un rifiorire della medaglia commemorativa di avvenimenti del tempo (medaglie di Andrieu, Benjamin Duvivier, Augustin Dupré, J. P. Droz) e anche il Primo Impero l'incoraggiò largamente (Histoire métallique de Napoléon le Grand), senza tuttavia suscitare un solo capolavoro. Segue un periodo di assoluta decadenza e di freddo accademismo, che non trova eccezioni se non nei medaglioni di David d'Angers, o nelle medaglie di Oudiné, sotto la seconda repubblica, di Depaulis, di J. E. Gatteaux, di Barre, di Farochon. Ma un vero rinnovamento non avviene che nell'ultimo quarto del secolo, con le medaglie di Ponscarme, che torna a ispirarsi al 1400 per il suo realismo a ogni costo, di Degeorges, di Chaplain, del popolarissimo Roty, di Patey, di Bottée, di Vernon, maestri tutti di cui si ritrovano le tracce anche nei più recenti come Dammann, Dropsy o Herbemont. Anche in Austria e in Germania si ebbero nello scorcio del sec. XIX tentativi originali per opera dell'austriaco Scharff o di medaglisti come Lauer, Vogel, Lang, Hildebrand, ecc., mentre in Inghilterra, dopo l'opera di Benedetto Pistrucci, si trasse ispirazione soprattutto dai medaglisti francesi, come tuttora si fa in Belgio.
In Italia verso la fine del secolo XIX e sul principio del XX la medaglia seguì le tendenze pittoriche della scultura contemporanea; i rappresentanti più notevoli di questo indirizzo furono Egidio Boninsegna (nato nel 1869), Luigi Secchi, Angelo Cappuccio e Giannino Castiglioni milanesi, Albino Castagné trentino ed Enrico Saroldi piemontese. Una volontà di rinnovamento già si scorge prima della guerra nei lavori di Leonardo Bistolfi o di Leonardo Rubino, di Domenico Trentacoste, di Giuseppe Romagnoli, rinnovamento che più compiutamente si afferma dal 1915 in poi, con le medaglie fuse di Libero Andreotti, Eugenio Baroni, Publio Morbiducci, G. Prini, e con i medaglioni di R. Romanelli.
Tecnica. - Il tipo della medaglia veniva di solito modellato in cera su due dischi di lavagna, uno per il diritto e uno per il rovescio, o sui due lati di uno stesso disco. Talvolta la leggenda era modellata separatamente dal tipo, su un anello forse di metallo che conteneva esattamente il disco. I medaglisti tedeschi preferirono modellare le loro medaglie in legno o in pietra fine. Dai modelli venivano tratte le forme, poi riunite insieme, colandovi dentro il metallo. Nella seconda metà del '400 si cominciò a coniare le medaglie con un processo analogo a quello delle monete, e che è descritto dal Cellini e dal Vasari, cioè mediante conî d'acciaio che venivano incisi direttamente dall'artista in conformità del modello, o ottenuti mediante l'impressione di punzoni in rilievo. Dal conio si otteneva una prova in piombo o in cera che serviva per fare una forma di argilla fine, in cui veniva fuso il tondello di metallo che messo poi fra i due conî veniva battuto, a martello o mediante viti a leve; solo più tardi, nella seconda metà del sec. XVI, cominciò l'uso del bilanciere. I metalli usati dai medaglisti furono soprattutto oro, argento, bronzo o altre leghe di rame, piombo o peltro: rari i primi due prima del '500, comunissimo il bronzo, assai meno l'ottone e solo nel '500; il piombo è usato per gli esemplari di prova anche nel '400. Le medaglie di bronzo uscivano dalla fusione con una superficie scabra che veniva raffinata mediante le applicazioni d'incrostazioni (patine) o vernici o mediante una colorazione, secondo processi svariati, o anche mediante la doratura o l'argentatura.
Collezioni di medaglie. - Se ne hanno d'importanti in Italia a Bologna (Museo civico), Brescia (Museo civico), Ferrara (Museo di Schifanoia), Firenze (Museo Nazionale: è l'antica raccolta medicea), Milano (Castello Sforzesco), Modena (Galleria Estense), Napoli (Museo Nazionale), Padova (Museo civico), Roma (Biblioteca Vaticana), Venezia (Museo Correr). Le più importanti dell'estero sono a Berlino (Kaiser-Friedrich-Museum), Londra (British Museum e Victoria and Albert Museum), Parigi (Bibliothèque Nationale e Louvre), Vienna (Bundessammlung von Medaillen).
(V. tavv. CXXXIII-CXXXIX).
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Per le medaglie inglesi: A. W. Franks e H. A. Grueber, Medallic Illustration of the history of Great Britain and Ireland, Londra 1885-1911.
Medaglie militari.
Medaglie comuni a tutte le forze armate. - a) Medaglia al valor militare. - Il 21 maggio 1793 Vittorio Amedeo III di Savoia istituì, per coloro che avevano compiuto atti insigni di valore in guerra, una medaglia "distintivo d'onore", d'oro e d'argento, portante inciso da una parte il profilo del sovrano, e dall'altra "Al valore". Essa doveva essere conferita soltanto a ufficiali inferiori e soldati, non a compagnie o squadroni, come avvenne dopo il 1796. Riconfermata da Vittorio Emanuele I, nel 1815, veniva soppressa il 14 agosto dello stesso anno, in seguito all'istituzione dell'Ordine militare di Savoia. Re Carlo Alberto, riconosciuta la necessità di premiare molte azioni di vero valore, che non era possibile ricompensare con l'Ordine militare di Savoia, il 26 marzo 1833 istituì un nuovo distintivo d'onore, consistente in una medaglia che poteva essere o d'oro o d'argento.
Questa nuova medaglia, per la quale era stabilito apposito soprassoldo, portava nel recto lo scudo di Savoia sormontato dalla corona reale e circondato dal motto "Al valore militare" e nel verso due rami di alloro piegati a corona, in mezzo ai quali venivano incisi il nome del decorato e, nel contorno, il luogo e la data dell'azione. Tale distintivo poteva essere concesso a qualsiasi persona, anche immediatamente sul campo stesso di battaglia, dal re, dal generale in capo e anche dai generali di divisione a ciò debitamente autorizzati; poteva essere concesso anche in tempo di pace per atti di segnalato coraggio compiuti da militari "in servizio comandato".
Durante la campagna del 1848, per premiare quegli atti di "fermezza e di coraggio" che non avevano però gli estremi per meritare la medaglia al valore, lo stesso re Carlo Alberto istituì la "menzione onorevole" sostituita poi da Umberto I con la medaglia di bronzo al valor militare (r. decr. 8 dicembre 1887).
Nella campagna di guerra del 1895-96 contro gli Abissini, per premiare atti di valore i quali, sebbene non avessero gli estremi richiesti per conseguire la medaglia di bronzo al valor militare, meritavano tuttavia di essere pubblicamente riconosciuti, vennero decretati "encomî solenni". Di questi encomî i primi furono concessi nel 1898, ma senza motivazione, mentre quelli successivamente concessi per la battaglia di Adua furono iscritti nel Bollettino militare con la motivazione. Per le truppe indigene coloniali, con semplice disposizione regolamentare, fu istituita una speciale medaglia al valore, o di argento o di bronzo, simile alle precedenti.
Le medaglie al valore, mentre nel recto furono sempre uguali al modello stabilito col r. viglietto 26 marzo 1833, nel verso, invece, ebbero le diciture disposte in modo vario e portarono scritto a seconda dei casi: "Campagna d'Oriente 1855-56"; "Guerra contro l'Impero d'Austria, 1859"; "Cacciatori delle Alpi"; "Campagna d'Ancona 1860"; "Campagna della Bassa Italia 1860-61".
Un cenno speciale merita quella altissima tra le decorazioni militari che è la medaglia d'oro. Le prime medaglie d'oro per atti di valore collettivi furono concesse in occasione della campagna d'indipendenza del 1848-49, e precisamente alla bandiera del corpo reale di artiglieria e alle bandiere dei comuni di Venezia, Vicenza, Osoppo e Pieve di Cadore. Nelle successive campagne sostenute dall'esercito e dalla marina italiana vennero conferite medaglie d'oro collettive nella misura che segue: campagna del 1859, cinque; campagna del 1860-61, due; campagna del 1866, due; guerra italo-turca 1911-12, sei (due delle quali a unità della regia marina); guerra mondiale 1915-18, trentasei (una delle quali a unità della regia marina). Una medaglia d'oro, per affermare la solidarietà tra gli alleati, venne anche conferita alla città di Verdun.
Le medaglie d'oro individuali, invece, sono così distribuite nei singoli periodi della vita nazionale: per atti di valore compiuti prima delle campagne d'indipendenza, sette; campagna del 1848, venti; campagna del 1849, tre; campagna del 1859, undici; campagna del 1860-61, ventidue; episodio dell'Aspromonte (1862), una; campagna del 1866, trentasette; per atti di valore compiuti non in guerra, fra il 1852 e il 1867, due; campagna del 1870, una; campagna eritrea (dal 1887 al 1895), cinque; campagna d'Africa, 1895-96, quattordici; per atti di valore compiuti non in guerra, fra il 1870 e il 1909, sei; campagna di Cina, 1900-01, quattro; guerra italo-turca, 1911-13, trentasei.
Durante la guerra mondiale vennero conferite, oltre la medaglia d'oro al Milite ignoto, 336 medaglie d'oro a militari dell'esercito (53 nel 1915, 83 nel 1916, 116 nel 1917 e 85 nel 1918) e 18 a militari della marina; complessivamente, dunque, 354. Vennero inoltre conferite tre medaglie d'oro a militari di altre nazionalità, e precisamente a un ufficiale dell'aeronautica americana e a due ufficiali della marina francese. Vennero anche concesse, durante la guerra stessa, 3 medaglie d'oro per atti di valore compiuti da militari dell'esercito fuori del territorio d'operazioni. Dopo la guerra, finalmente, furono conferite le seguenti medaglie d'oro: per atti di valore compiuti in Albania, tre; per atti di valore compiuti nel paese, quattro; per atti di valore compiuti nelle colonie, nove (8 in Libia e 1 in Somalia).
Dei decorati di medaglia d'oro, novantadue sono tuttora viventi (1933). Di essi, due (il generale Gonzaga e il comandante Rizzo) sono insigniti di due medaglie d'oro. Le medaglie d'oro viventi costituirono nel 1925 un'associazione denominata "Gruppo medaglie d'oro al valore militare d'Italia", con sede in Roma e con il seguente programma: a) tenere uniti in un'unica famiglia tutti gl'insigniti dell'altissima decorazione; b) stringere e cementare tra essi i vincoli di cameratismo e di solidarietà sorti dal comune sacrificio e mettere tutti e ciascuno di essi in condizioni di meglio servire, in ogni circostanza, la patria; c) esaltare tutti gli ideali e gli eroismi delle guerre d'Italia; d) raccogliere e curare in un proprio museo ricordi e cimelî delle medaglie d'oro al valor militare d'Italia dal 1833 a oggi.
b) Croce al merito di guerra e croce di guerra al valor militare. - Sul finire del 1917 venne istituita una speciale decorazione, consistente in una croce al merito di guerra, per i casi in cui non ricorressero gli estremi per la concessione delle medaglie al valor militare. Questa decorazione sostituì l'encomio solenne, che venne abolito, pure costituendo, per coloro che l'avevano ottenuto, titolo per ottenere senz'altro la nuova decorazione. La croce al merito di guerra consiste in una croce di bronzo con scritto, nel recto, "Merito di guerra", sormontato dal monogramma "V. E. III" e dalla corona reale, e portante nel verso, al centro, una stella raggiata.
La croce doveva essere concessa a coloro che, nello svolgimento delle azioni belliche, avessero tenuto una condotta militare che li rendesse degni del pubblico encomio: o in trincea, o altrimenti a contatto col nemico, o feriti in combattimento, o per avere onorevolmente partecipato a più fatti d'arme di qualche importanza, o perché si fossero segnalati per atti di ardimento non tali però da raggiungere gli estremi per ottenere una medaglia al valor militare, o perché avessero conseguito una promozione o una nomina per merito di guerra. Da un militare se ne potevano ottenere, per successive azioni di merito, sino a tre; la croce, però, è una sola e, per indicare le altre, sono apposte sul nastrino tante piccole corone reali di bronzo quante sono le croci concesse in più della prima. Con decreto del 24 maggio 1919 venne concessa questa croce anche alla memoria dei caduti nella guerra mondiale.
Infine re Vittorio Emanuele III, nel 1922, istituì la croce di guerra al valor militare per atti di valore compiuti in combattimento, distinta dalla croce al merito di guerra, mediante uno speciale segno di bronzo che viene applicato sul nastro, e che consiste in una daga romana avente per impugnatura una testa d'aquila; la daga è intrecciata da un ramo di quercia, mentre l'impugnatura è dentro un rettangolo col motto Fert. Tanto la croce al merito di guerra quanto la croce di guerra al valor militare vennero concesse anche a bandiere, a città e a comuni italiani ed esteri.
c) Medaglia mauriziana. - Per premiare gli ufficiali che, fregiati dell'ordine equestre dei Ss. Maurizio e Lazzaro, contano dieci lustri di onorato servizio, nel 1839 fu istituita da Carlo Alberto la medaglia mauriziana per il merito militare di dieci lustri, in oro e di due dimensioni, la più grande per i generali, i quali la portano sul petto a modo di collana, la più piccola per gli altri ufficiali, che la portano sul petto, appesa a un nastro.
d) Medaglie commemorative e di benemerenza. - 1. Medaglia sarda di Crimea, per i militari che hanno combattuto nella campagna d'Oriente, 1855-56; 2. Medaglia dei Mille, conferita dal municipio di Palermo ai Mille sbarcati con Garibaldi a Marsala e sanzionata da Vittorio Emanuele II; 3. Medaglia commemorativa per l'indipendenza e l'unità d'Italia, conferita ai militari che parteciparono alle guerre del 1848, 1849, 1859, 1860, 1861; 4. Medaglia a ricordo dell'unità d'Italia, per i militari che presero parte a qualcuna delle guerre per l'indipendenza e l'unità d'Italia; 5. Medaglia a ricordo delle campagne d'Africa (Eritrea); 6. Medaglia commemorativa delle campagne dell'Estremo Oriente (Cina, 1900-1901); 7. Medaglia commemorativa della guerra italo-turca (1911-1912); 8. Medaglia commemorativa nazionale della guerra del 1915-1918; 9. Medaglia interalleata per la guerra 1914-1918, detta della Vittoria; 10. Croce per anzianità di servizio militare: d'oro per ufficiali che abbiano servito per 25 anni e più; d'argento per militari di truppa che abbiano servito per 16 anni e più: d'oro con corona per gli ufficiali che abbiano servito per 40 anni e più, d'argento con corona per i militari di truppa con 24 anni e più di servizio; 11. Medaglia dei veterani, ai veterani delle guerre per l'indipendenza e l'unità d'Italia e ai combattenti delle guerre coloniali e della guerra 1915-18 iscritti all'Istituto nazionale per la guardia d'onore alle reali tombe del Pantheon; 12. Croce al merito di servizio per le RR. Guardie di finanza: d'oro per gli ufficiali che abbiano servito per 25 anni e più, d'argento per i sottufficiali e le guardie dopo 16 anni di servizio; eccezionalmente conseguibile, all'infuori dell'anzianità, per replicati atti di valore compiuti durante il servizio; 13. Medaglia di benemerenza per i volontarî della guerra 1915-18, istituita il 24 maggio 1923 per i combattenti che parteciparono alla guerra senza averne obbligo o prima che l'obbligo si maturasse; 14. Medaglia commemorativa della Marcia di Ronchi, istituita da Gabriele D'Annunzio; 15. Medaglia commemorativa della Marcia su Roma: istituita il 23 ottobre 1923 dalla direzione del Partito nazionale fascista per tutti gl'iscritti al partito che parteciparono alla rivoluzione fascista culminata con la marica su Roma. Il r. decreto 1° novembre 1928, n. 2485, ha stabilito che gli ufficiali e i militari delle forze armate dello stato possono fregiarsene solo se il 28 ottobre 1922 non prestavano servizio effettivo.
Marina. - Le medaglie speciali per la marina da guerra sono: a) Medaglia al valor di marina. - Fu istituita da Vittorio Emanuele II con r. decr. del 15 aprile 1860, per ricompensare le persone che si erano segnalate "con atti di coraggio e filantropia compiuti in mare". È d'oro, d'argento o di bronzo, del diametro di 33 mm.; da un lato è effigiata la croce di Savoia con intorno il motto "Al valore di marina", dall'altro, in mezzo a due rami di quercia, è inciso il nome di colui al quale la medaglia è concessa con l'indicazione del luogo e della data del fatto. Per alcuni casi meritevoli di speciale considerazione, ma che escludono il conferimento della medaglia al valor di marina, è concesso un "attestato ufficiale di benemerenza".
b) Medaglia commemorativa per azioni generose compiute in mare. - Istituita col già menzionato decreto 15 aprile 1860, è destinata anch'essa a premiare azioni filantropiche compiute in mare, ma che escludano il conferimento della medaglia al valor di marina. Ha il diametro di 60 mm.: da una parte reca l'effigie del sovrano, dall'altra il nome del premiato e in succinto il fatto che ha dato luogo alla concessione. Essa non può essere portata appesa al petto.
c) Medaglia d'onore per lunga navigazione. - È stata istituita con r. decr. in data 27 novembre 1904, ed è conferita a quei militari della r. marina che abbiano compiuto 22 anni di navigazione su regie navi in armamento o in riserva e agl'inscritti della gente di mare di prima categoria che abbiano compiuto 24 anni di navigazione su navi mercantili, compresa la navigazione da essi fatta su regie navi. Reciprocamente, agli effetti del conseguimento della medaglia, per i militari della r. marina è computata la navigazione fatta da essi su navi mercantili nazionali.
Aeronautica. - Le medaglie speciali per l'areonautica militare sono: a) Medaglio militare aeronautica. - Istituita con r. decr. 2 luglio 1926, è di 1°, 2°, 3° grado (d'oro, d'argento, di bronzo). Può essere conferita ai militari di qualsiasi grado che abbiano compiuto rispettivamente 25, 15, 10 anni in servizio presso reparti militari o comandi aeronautici, nonché ai militari divenuti inabili al volo, mutilati o deceduti in servizio.
b) Medaglia al valore aeronautico e medaglia commemorativa d'imprese aeronautiche. - Sono state istituite con r. decr. 28 novembre 1927. Esse premiano "atti di singolare coraggio, perizia e filantropia compiuti a bordo di aeromobili in volo" (art. 1) e possono essere d'oro, d'argento e di bronzo. Le medaglie d'oro e d'argento al valore aeronautico "sono destinate a ricompensare coloro che, in circostanze particolarmente difficili, hanno compiuto atti di coraggio e dimostrata singolare perizia esponendo la loro vita, durante il volo, ad eccezionale pericolo" (art. 2). Questo non si richiede, invece, per il conferimento della medaglia di bronzo.
La medaglia al valore aeronautico ha il diametro di mm. 33; sopra da un lato vi è effigiata la croce di Savoia sormontata dall'aquila ad ali distese con intorno il motto: "Al valore aeronautico". Dall'altro lato, in mezzo a due fasci littorî, è inciso il nome del premiato, con l'indicazione del luogo e della data del fatto. La medaglia commemorativa ha il diametro di mm. 48. Da una parte ha l'effigie di S. M. il re fra due fasci littorî e la dicitura "Vittorio Emanuele III"; dall'altra parte la dicitura "Ministero dell'aeronautica", il nome del premiato e, in succinto, il fatto che ha dato luogo alla concessione di essa (art. 7).
Medaglie civili.
a) Medaglia al valor civile. - Istituita il 30 aprile 1851 da Vittorio Emanuele II, fu dapprima solo d'oro o d'argento; più tardi (29 aprile 1888) Umberto I decretò che si coniasse anche in bronzo.
Queste medaglie hanno un diametro di 35 mm.; da un lato recano la croce di Savoia circondata dal motto "Al valore civile", dall'altro due rami di quercia tra i quali viene inciso il nome del premiato con l'indicazione del luogo e del giorno in cui fu compiuta l'azione; il nastro ha i colori nazionali. La medaglia al valor civile viene accordata "a chi abbia evidentemente arrischiata la propria vita per salvare quella di altre persone, per impedire o diminuire i danni di un gran disastro pubblico o privato, per ristabilire l'ordine pubblico gravemente turbato e per arrestare malfattori che infestassero il paese".
La "menzione onorevole al valor civile", istituita in un primo tempo accanto alle medaglie d'oro e d'argento, venne poi sostituita dalla medaglia di bronzo. Nel 1889 venne istituito, peraltro, un "attestato di benemerenza al valor civile", per ricompensare quegli atti che non raggiungessero gli estremi per essere premiati con la medaglia di bronzo.
b) Stella al merito del lavoro. - Istituita da Vittorio Emanuele III il 30 dicembre 1923, è destinata a ricompensare i lavoratori manuali d'ambo i sessi occupati nell'industria, nel commercio e nell'agricoltura che si segnalino per meriti singolari di perizia, di fedeltà e di buona condotta morale. Consiste in una stella d'argento a cinque punte in smalto bianco. Il centro è in smalto color verde chiaro, e reca nel recto un rilievo in argento dorato, raffigurante la testa dell'Italia turrita. Sul rovescio porta il motto "Al merito del lavoro", con il nome della persona insignita.
c) Medaglie commemorative e di benemerenza: 1. Medaglia di benemerenza alla salute pubblica. - Due medaglie erano state istituite sino dal 13 settembre 1854 per gli stati del re di Sardegna, a premiare le persone e gli enti che si fossero segnalati per abnegazione e sacrifici in occasione di morbi epidemici pericolosi. Vittorio Emanuele II, il 28 agosto 1867, ordinava la coniazione di una nuova medaglia, d'oro, d'argento o di bronzo, da conferirsi con analoga motivazione. La medaglia porta da un lato l'effigie reale, dall'altro una corona di quercia con il motto "Salutis publicae benemerentibus". 2. Medaglia per i benemeriti dell'istruzione pubblica. - La medaglia d'oro detta "degli otto lustri", istituita nel 1902 per gl'insegnanti che avessero compiuto quarant'anni di servizio, venne sostituita, dopo varie vicende, da un'altra medaglia, d'oro, d'argento o di bronzo, istituita da Vittorio Emanuele III il 28 ottobre 1904. Questa viene conferita "alle persone segnalate per singolari prestazioni e per motivi di notevoli elargizioni a vantaggio dell'istruzione primaria e dell'educazione infantile". Tali medaglie recano da una parte l'immagine del sovrano, dall'altra una corona di quercia con l'iscrizione "Ai benemeriti della popolare istruzione"; hanno 35 mm. di diametro; 3. Medaglia di benemerenza in occasione del terremoto del 28 dicembre 1908 in Calabria e Sicilia. - Istituita da Vittorio Emanuele III il 6 maggio 1909 a rimunerare le persone o gli enti che avevano acquistato titolo di benemerenza in occasione del terremoto. D'oro, d'argento, o di bronzo secondo il grado di merito, è di 4 cm. di diametro per gli enti, di 35 mm. per le persone. Reca da un lato l'effigie del sovrano con la scritta "Vittorio Emanuele III", dall'altro una corona di quercia con l'iscrizione "Terremoto 28 dicembre 1908 in Calabria e Sicilia". 4. Medaglia commemorativa per il terremoto del 28 dicembre 1908. - Istituita da Vittorio Emanuele III il 20 febbraio 1910 e conferita a "tutte le persone nazionali e straniere che nei luoghi devastati dal terremoto e nel periodo di tempo dal 28 dicembre 1908 a tutto marzo 1909 prestarono opera soccorritrice" È d'argento, di 33 mm. di diametro; porta incisa da una parte l'effigie del sovrano con la scritta "Vittorio Emanuele III re d'Italia", dall'altra una corona di quercia con l'iscrizione "Medaglia commemorativa - terremoto calabro-siculo 28 dicembre 1908". 5. Medaglia di benemerenza in occasione del terremoto del 13 gennaio 1915. - Istituita l'8 agosto 1915 a rimunerare le persone o gli enti che avevano acquistato titolo di pubblica benemerenza in occasione di quel terremoto. D'oro, d'argento o di bronzo, reca da un lato l'immagine del sovrano con la scritta "Vittorio Emanuele III", dall'altro una corona di quercia con l'iscrizione "Terremoto 13 gennaio 1915". 6. Medaglia di benemerenza della Croce Rossa Italiana. - Istituita nel 1897 per compensare i benemeriti dell'associazione. È d'argento cerchiato d'oro, d'argento o di bronzo (la medaglia d'oro è stata abolita); di mm. 71, accompagnata da un esemplare piccolo di mm. 23. Nel 1919 la Croce Rossa Italiana istituì un'altra medaglia di benemerenza per ricompensare coloro che si erano resi benemeriti nel servizio e nell'assistenza dei prigionieri di guerra. 7. Ricompensa al merito della Croce Rossa Italiana. - Istituita nel 1913, comprende 5 gradi: croce al merito, medaglia d'oro, medaglia d'argento, medaglia di bronzo, attestato. La croce è di smalto bianco, sormondata da una corona reale; porta nel recto la croce rossa e nel verso l'aquila sabauda. Le medaglie, di mm. 35 di diametro, hanno nel recto la croce rossa circondata dalla leggenda "Croce Rossa Italiana", nel verso l'aquila sabauda sotto la quale è il motto "Benemeriti". Per i servizî prestati in tempo di guerra e alle dipendenze delle unità mobilitate la medaglia reca nel nastro una palma d'oro, d'argento o di bronzo. 8. Croce di anzianità per il personale della Croce Rossa Italiana. - Istituita nel 1917 per coloro che avessero compiuto 25 anni d'iscrizione nei ruoli di servizio della Croce Rossa Italiana, è d'argento dorato per il personale direttivo, d'argento per il personale d'assistenza. Porta nel centro un disco con l'emblema di neutralità dello stesso metallo della croce, dall'altro lato reca il numero XXV. 9. Medaglie municipali. - Sono medaglie riconosciute e istituite per fatti di guerra, ma rilasciate da municipî; si annoverano quelle relative ai seguenti fatti guerreschi: Difesa del Cadore (1848); Cinque giornate di Milano (1848); Difesa di Vicenza (1848); Dieci giornate di Brescia (1849); Presa di Roma (1870).
d) Medaglia al valore atletico e stella al merito sportivo. - La medaglia al valore atletico è stata istituita con Foglio d'ordini del P. N. F. il 20 dicembre 1933. Può essere d'oro, d'argento o di bronzo, e viene conferita dal Duce, su proposta del presidente del C. O. N. I., a chi abbia compiuto imprese sportive di particolare valore, specificamente elencate nel citato Foglio d'ordini. Essa reca da un lato l'effigie del Duce, con la dicitura "Al valore atletico"; dall'altro l'effigie di un atleta che impugna il fascio littorio, il nome del decorato, la competizione alla quale ha partecipato, la data e il risultato ottenuto.
La stella al merito sportivo, anch'essa istituita con l'anzidetto Foglio d'ordini del P. N. F., viene conferita dal Duce, su proposta del presidente del C. O. N. I., ai presidenti di federazioni sportive che si siano più distinte, durante un biennio, in affermazioni di carattere internazionale. Essa porta sul rovescio la dicitura "Al merito sportivo", il nome del decorato, la federazione sportiva da lui presieduta e le date delle affermazioni ottenute.
Le norme per l'uso delle decorazioni (medaglie e ordini cavallereschi) sono stabilite con i regi decreti 31 gennaio 1926, n. 273; 6 marzo 1927, n. 574; 19 gennaio 1928, n. 150; 1 novembre 1928, n. 2485. (V. tavv. CXL-CXLIV).
Medaglie devozionali.
La Chiesa, mirando a santificare quegli usi del paganesimo che difficilmente potevano svellersi dalla mente del popolo, trasformò gli amuleti in medaglie religiose, che ebbero lo scopo di assicurare la protezione celeste nei pericoli della vita terrena (malattie, ecc.), o della vita soprannaturale (tentazioni), e più tardi servirono anche a fomentare la devozione. Così si spiega che, quanto al soggetto rappresentato, le medaglie religiose abbiano una varietà di molto superiore alle profane. Generalmente a forma di moneta, in esse sono incise o rilevate non solo figure di persone (Cristo, la Vergine, i santi), di luoghi (santuari, altari celebri), di avvenimenti della storia ecclesiastica (definizioni dogmatiche, miracoli, scene di vite di santi), ma anche eventi personali (battesimo, prima comunione, sacra ordinazione, matrimonio), e molto spesso simboli relativi all'idea stessa della religione. Quanto fosse esteso l'uso di portare indosso croci o medaglie nei primi secoli del cristianesimo, non ci è noto; ma nessun dubbio vi può essere sulla sua esistenza, come è provato ampiamente da oggetti ritrovati nelle catacombe e negli scavi dell'Africa (cfr. G. B. De Rossi, Bullettino d'archeologia cristiana, 1869 e 1891). San Germano vescovo d'Auxerre (380-448) racconta d'avere imposto una medaglia al collo della pastorella che fu poi Santa Genoveffa. È facile comprendere come nel Medioevo, con lo svolgersi e ampliarsi delle idee religiose e soprattutto con i pellegrinaggi, le medaglie prendessero una diffusione sempre maggiore. Così nel sec. XII i pellegrini si recavano alla tomba di S. Tommaso di Canterbury "cum signaculis beati Thomae a collo suspensis", come scriveva Giraldo Cambrense (Gérald du Bary) nel 1180. Nello stesso secolo si ha notizia di medaglie benedette dai papi, che i pellegrini riportavano da Roma. Un nuovo impulso alla diffusione di questi oggetti di pietà venne dall'uso di applicarvi le indulgenze. Forse il primo a farlo fu Paolo IV (1555-1559; cfr. padre Theodoro dello Spirito Santo, De indulgentiis, II, 209); ma ad ogni modo Famiano Strada (Bellum Belgicum, V) scrive che nel 1566, durante la guerra di Fiandra, avendo i cattolici spagnoli fatto coniare una medaglia d'argento rappresentante la Madonna col Bambino, per contrapporsi agli ugonotti, Pio V accordò l'indulgenza plenaria a coloro che la portassero sul cappello. E Sisto V, con bolla 1° dicembre 1587, annesse indulgenze alle medaglie d'oro portanti una croce, ch'erano state trovate negli scavi per la fondazione della Scala santa al Laterano. Da allora i pontefici hanno sempre continuato a benedire i piccoli oggetti di devozione applicandovi le indulgenze, fissate da Benedetto XIII, che sono note col titolo d'indulgenze apostoliche. La medaglia si porta al collo, o indosso, o cucita nei vestimenti, ovvero attaccata alle corone: talvolta se ne vedono collocate sugli animali per proteggerli (medaglie di S. Antonio). Non vi sono speciali disposizioni canoniche riguardanti le medaglie: certamente ad esse vanno applicate le regole generali relative alle immagini sacre (Cod. iur. can., can. 1385 e 1399, 12°). Tuttavia è prescritto che non si possano applicare le indulgenze apostoliche a medaglie di santi, se questi non sono stati canonizzati o almeno riportati in qualche martirologio approvato. Tra le medaglie più diffuse e notorie citiamo: la Medaglia o croce di S. Benedetto, di origine antichissima; la Medaglia miracolosa (dell'Immacolata Concezione), che risale al 1830, e le cosiddette Medaglie dello scapolare, introdotte sotto il pontificato di Pio X.
Bibl.: F. Cabrol, Amulettes, in Dictionnaire d'archéologie chrétienne; F. Sav. Kraus, Geschichte der christlichen Kunst, Friburgo 1895, I, p. 195 segg.; A. von Sallet, Münzen und Medaillen, Berlino 1898.