Mediazione e alternative dispute resolution
Nel corso del 2016 prosegue l’intensa opera di assestamento della normativa sulla mediazione ad opera della giurisprudenza di merito, specie per quanto concerne la mediazione demandata dal giudice, in bilico tra l’inquadramento come fase pre-processuale e quale metodo che possa prevenire il contenzioso giudiziario per le sue caratteristiche intrinseche rispetto a certi tipi di conflitto. Accanto alla mediazione si discute ormai di ADR (alternative dispute resolution) in genere, acronimo inserito nel tessuto normativo interno dalla disciplina che ha attuato la direttiva europea sulla soluzione alternativa delle controversie dei consumatori. Iniziano anche a profilarsi i primi problemi di coordinamento tra le varie forme di ADR.
3.3 Mediazione e opposizione decreto ingiuntivo 3.4 Improcedibilità giurisprudenziali 3.5 Mediazione e patrocinio a spese dello Stato 3.6 Sanzioni 3.7 Problemi di coordinamento tra varie forme di ADR
Le novità dell’anno riguardano soprattutto le elaborazioni della giurisprudenza. La tendenza più vistosa riguarda l’impiego sempre maggiore della mediazione demandata da parte dei giudici, con intrecci variegati rispetto al processo1. Si tratta di un movimento in crescita2, indice rivelatore, da un punto di vista qualitativo, di una tendenza culturale che potrebbe avere importanti effetti a medio e lungo termine, come vedremo oltre in modo più dettagliato.
Torna ad occuparsi di mediazione anche la giustizia amministrativa con importanti decisioni. Va ricordato che il TAR del Lazio, con sentenza 23.1.2015, n. 1351 aveva annullato alcune disposizioni del d.m. 18.10.2010, n. 180 che avevano previsto anche per gli avvocati (mediatori di diritto) l’obbligo di svolgere la formazione obbligatoria prevista per i mediatori in generale, nonché la disposizione che prevedeva il pagamento delle spese di avvio della mediazione (art. 16, co. 2 e 9). Il Consiglio di Stato, con la sentenza 17.11.2015, n. 5230, oltre a confermare la costituzionalità della cd. mediazione obbligatoria, poiché «non è dato rinvenire manifesti e significativi profili di violazione dell’art. 24 Cost. ovvero di altri parametri di rango costituzionale»3, ha confermato altresì la legittimità delle spese di avvio e dell’art. 4, co. 3, lett. b), d.m. n. 180/2010 in tema di formazione. Al riguardo il C.N.F., con la propria newsletter n. 305 del 7 giugno 2016, ha affermato che, pur dopo tale pronuncia, devono ritenersi «tuttora valide le indicazioni del CNF sulla formazione degli Avvocati mediatori» e quindi la previsione di modalità differenti e meno onerose di adempimento dell’obbligo formativo. La delicata questione della formazione degli avvocati, mediatori di diritto, ma provenienti da una tradizionale formazione avversariale, sembra dunque ancora non compiutamente risolta, dato che il Consiglio di Stato sembra considerare solo «eventuale e aggiuntivo, rispetto alla formazione specifica che la normativa primaria richiede per i mediatori», il percorso di formazione offerto dal sistema ordinistico specifico dell’avvocatura.
Cade sotto la scure del TAR Lazio l’art. 14 bis d.m. 180/2010 in tema di Incompatibilità e conflitto di interessi che conteneva alcune limitazioni all’attività del mediatore (specie all’avvocato-mediatore): con sentenza 1°.4.2016, n. 3989 il TAR afferma, in modo tranchant, che «non vi è spazio in materia per una decretazione ministeriale, se non per quanto previsto dall’art. 16, comma 2»4.
Infine, va ricordato che il 26 agosto 2016 la Commissione europea ha presentato la relazione sull’applicazione della direttiva 2008/52 al Parlamento e al Consiglio. La Commissione ha ritenuto di non modificare la direttiva, ma di migliorarne l’applicazione, affermando che gli Stati dovrebbero promuovere e incoraggiare l’utilizzo della mediazione. In particolare, è stato ritenuto appropriato l’art. 5, par. 2, della direttiva, relativo alla possibilità per i legislatori nazionali di prevedere il ricorso alla mediazione obbligatorio o soggetto a incentivi o sanzioni.
Se la mediazione resta l’istituto su cui si concentra la maggiore attenzione, ormai il quadro complessivo è mutato e l’espressione alternative dispute resolution (ADR) è entrata anche nel lessico del legislatore con il d.lgs. 6.8.2015, n. 130, fondato sulla delega contenuta nell’art. 8 della l. 7.10.2014, 154 che attua la direttiva 2013/11 sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori.
Si tratta di procedure volontarie di risoluzione extragiudiziale delle controversie, anche in via telematica, nazionali e transfrontaliere, tra consumatori e professionisti residenti e stabiliti nell’Unione europea attraverso l’intervento di un organismo ADR che «propone una soluzione o riunisce le parti al fine di agevolare una soluzione amichevole». Il legislatore italiano non recepisce invece un’opzione, pure prevista dalla direttiva 2013/11 e cioè quella delle procedure in cui l’organismo ADR «impone una soluzione». La novella è stata introdotta integrando e modificando il codice del consumo (d.lgs. 6.9.2005, n. 206 - c. cons.), con la sostituzione dell’art. 141 e l’inserimento di altri nove articoli, dall’art. 141 bis all’art. 141 decies. Oltre agli organismi di mediazione, sono ora previsti gli organismi ADR che dovranno avere determinati requisiti e obblighi (art. 141 bis c. cons.) e dovranno essere iscritti negli appositi elenchi istituiti presso ciascuna autorità competente per le diverse materie. Le autorità individuate dall’art. 141 octies c. cons. sono: il Ministero della giustizia, unitamente al Ministero dello sviluppo economico, per la mediazione in materia di consumo, la Consob per le controversie insorte tra investitori e intermediari per la violazione da parte di questi degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas, il sistema idrico, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e la Banca d’Italia per i rispettivi settori di competenza. Spetta al Ministero dello sviluppo economico, designato quale unico punto di contatto con la Commissione europea, il compito di coordinamento. Le procedure di risoluzione alternativa delle controversie dovranno essere indipendenti, imparziali, trasparenti, efficaci, rapide ed eque e dovranno avere una durata massima di novanta giorni; inoltre, dovranno essere gratuite o disponibili a costi minimi per i consumatori. Secondo il decreto le parti potranno partecipare alle procedure ADR senza obbligo di assistenza legale (e tale norma riguarda anche la mediazione nel medesimo ambito di rapporti consumeristici). Le attese disposizioni regolamentari, affidate alla stesura delle diverse autorità competenti, saranno comunque determinanti per un quadro di riferimento più dettagliato della nuova disciplina.
Nell’ambito delle ADR si indicano comunemente anche le misure adottate con il d.l. 12.9.2014, n. 132, Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile, convertito con l. 10.11.2014, n. 162 e cioè la negoziazione assistita5 e il cd. arbitrato di prosecuzione, a cui il decreto dedica solo l’art. 1, relativo al Trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria.
Si tratta delle misure destinate a ridurre l’arretrato della giustizia civile. In realtà, in base alla definizione di ADR offerta dal d.lgs. n. 130/2015 la negoziazione non potrebbe considerarsi tale, in mancanza della figura del terzo (v. art. 4, lett. g, della direttiva europea e art. 141, co. 1, lett. g, c. cons.); si tratta di una negoziazione diretta tra le parti, disciplinata dal legislatore nell’intento di incentivare per tale via il raggiungimento dell’accordo. Dai dati statistici risulta che le negoziazioni abbiano avuto applicazione soprattutto in materia di famiglia e un marginale rilievo nelle altre materie per cui è condizione di procedibilità6. In mancanza di ogni dato o notizia, si ritiene che non vi siano stati casi di impiego dell’arbitrato di prosecuzione, istituto per il quale era facile immaginare uno scarso successo, come predetto da quasi tutti i commentatori7. In ogni caso, la legge di stabilità 2016 (l. 28.12.2015, n. 208) interviene anche sugli incentivi agli strumenti di degiurisdizionalizzazione (con entrata in vigore dal 1° gennaio 2016) e rende permanente la previsione già contenuta nel d.l. 27.6.2015, n. 838.
Come si è già accennato, si consolida sempre di più l’orientamento della giurisprudenza di merito, affermatosi a partire dal marzo 2014, secondo cui quando il giudice ordina la mediazione ex art. 5, co. 2, d.lgs. 4.3.2010, n. 28, le parti non possono limitarsi a un incontro informativo, ma devono svolgere effettivamente la procedura di mediazione, salva l’esistenza di questioni pregiudiziali che lo impediscano.
I giudici precisano anche che le parti dovranno presentarsi dinanzi al mediatore personalmente e munite di assistenza legale di un avvocato iscritto all’albo9. Anche in sede di appello si inizia a impiegare la mediazione demandata, a volte in modo consapevole con accurata valutazione degli indici di mediabilità della lite e si aderisce al principio di effettività della mediazione, richiedendosi lo svolgimento della mediazione e la presenza personale delle parti, salvo gravi e giustificati motivi10. L’effettività dell’esperimento della mediazione ha un effetto benefico: in generale, i dati forniti dal Dipartimento di statistica (vedi in webstat.giustizia.it le rilevazioni dal 21 marzo 2011 al 31 marzo 2016), indicano che nell’8% delle materie elencate nel co. 1-bis dell’art. 5 d.lgs. n. 28/2010 si registra una diminuzione di nuove iscrizioni pari al 16% rispetto all’8% di riduzione del rimanente 92% delle controversie civili.
Nel 2015 e primo trimestre del 2016 il dato degli accordi raggiunti in generale è all’incirca il 23% nei casi di aderente comparso, ma la percentuale degli accordi raggiunge il 43% nei casi in cui la mediazione si svolga effettivamente.
Se il principio di effettività della mediazione sembra trovare concorde la maggioranza dei giudici, almeno per la mediazione demandata ex art. 5, co. 2, d.lgs. n. 28/2010, restano invece aperte altre questioni interpretative. L’impiego della mediazione da parte dei giudici, specie in certi settori, inizia a porre un delicato problema di delimitazione dei ruoli rispettivi del giudice e del mediatore. Infine, il proliferare di ADR pone problemi di coordinamento, che cominciano ad essere affrontati dalla giurisprudenza, in attesa di interventi di armonizzazione che si renderanno probabilmente necessari11. Procediamo quindi a esaminare più specificamente i principali problemi.
La diffusione della mediazione demandata si accompagna al tentativo di attrarre quest’ultima nella sfera processuale, concependola a volte come fase che debba rendere più agevole lo svolgimento successivo del processo – in caso di mancato raggiungimento dell’ accordo – se non addirittura lo svolgimento dei processi tout court, enfatizzando in modo rilevante la asserita funzione deflativa della mediazione. Funzione che viene esaltata in una recente pronuncia della Corte n. 24629/2015 in tema di opposizione a decreto ingiuntivo (sulla decisione infra, § 3.3). In tale ottica, alcune pronunce dei giudici impongono determinati comportamenti al mediatore e alle stesse parti. Ad esempio, il Trib. Vasto, ord. 15.6.2016, impone la formulazione della proposta al mediatore anche qualora le parti non la chiedano congiuntamente e dispone il nuovo invio delle parti in mediazione, non ritenendo concluso il tentativo per mancanza, appunto, della proposta che il mediatore, «contravvenendo ad una puntuale prescrizione del giudice», aveva omesso di formulare12.
Anche Trib. Firenze, sez. imprese, 16.2.2016, impone al mediatore di formulare una proposta, pur senza richiesta delle parti, sulla base della lettura degli atti messi a disposizione dalle parti stesse (se del caso previa nomina da parte dell’organismo di mediazione di ausiliario o avvalendosi di esperto iscritto all’albo) e impone a queste ultime il deposito presso l’organismo di mediazione di copia di tutti gli atti e i documenti di causa almeno quindici giorni prima della data fissata per il primo incontro. Per Trib. Bari, ord. 19.10.2015, è opportuno che il mediatore conosca lo stato del processo e quello che sarebbe il successivo svolgimento (disposizione di una consulenza tecnica d’ufficio) e Trib. Roma, ord. 1.2.201613, ritiene utile segnalare «alle parti ed al mediatore i punti fondamentali sui quali è opportuno orientare e centrare la discussione nella ricerca dell’accordo».
I giudici, in qualche modo, ritengono di potere e dovere dettare «i temi della conciliazione»: l’espressione è ripresa dall’ordinanza del Trib. Bari, articolazione territoriale di Altamura, 26.2.201614, la quale richiama «il generale potere di direzione del procedimento spettante al giudice ex art. 175 c.p.c. e volto al suo più “sollecito e leale svolgimento” (per il quale spetta all’Ag l’individuazione delle questioni rilevanti per il processo in punto di allegazione, prova ed oggi – alla luce delle più recenti riforme – anche di sbocco alternativo della controversia)» nonché gli «obblighi collaborativi gravanti sulle parti». Nello stesso senso, anche Trib. Bari, articolazione territoriale di Modugno, 10.3.2016. Ancora: il Trib. Ascoli Piceno, ord. 22.12.201515, invita il mediatore designato a nominare eventualmente un professionista iscritto all’Albo dei consulenti tecnici d’ufficio del Tribunale utilizzando il “prospetto” in uso per i quesiti, affinché rediga un elaborato peritale nel contraddittorio con i consulenti di parte, su cui formulare la proposta ai sensi dell’art. 11 d.lgs. n. 28/2010; infine prescrive che il mediatore provveda comunque alla formulazione di una proposta di conciliazione, anche in assenza di una concorde richiesta delle parti. Le indicazioni di direttive e precisazioni da parte del giudice si riflettono sull’ulteriore esigenza che il verbale di mediazione rispecchi in qualche modo gli elementi ritenuti importanti dal giudice. Così Trib. Lecco, ord. 13.4.2016, nel disporre la mediazione, «evidenzia che ai sensi e per gli effetti dell’art. 116 c.p.c. la parte che non aderisca alla mediazione dovrà esporre le ragioni di tale condotta al mediatore e comunque al giudice nella successiva prosecuzione del giudizio». Anche per Trib. Roma, ord. 25.1.201616, pur precisandosi che il mediatore non è un collaboratore del giudice né un suo ausiliario, tuttavia, in ragione dello stretto collegamento tra mediazione e processo, si richiede al mediatore di trascrivere ogni circostanza utile per le valutazioni di competenza del giudice. Nell’ordinanza si legge che «in mancanza di qualsiasi dichiarazione, autorizzativamente verbalizzata, della parte, sulla ragione del rifiuto di proseguire nel procedimento di mediazione, tale rifiuto va considerato non giustificato». In sostanza sembrerebbe che il momento dell’allegazione delle motivazioni per non procedere alla mediazione venga ancorato alla sede mediativa, pena l’automatica valutazione di non giustificatezza.
La tendenza evidenziata pone la necessità di verificare, alla luce della disciplina contenuta nel d.lgs. n. 28/2010, cosa il giudice possa pretendere e valutare. L’art. 8, co. 4-bis, d.lgs. 28/2010 prevede che il giudice condanni alla sanzione ivi prevista la parte «costituita» che non ha partecipato senza giustificato motivo al procedimento: questo comporta che la parte che si costituisca in giudizio ben possa allegare fatti a sua giustificazione rilevanti in merito alla mancata partecipazione all’effettivo svolgimento della mediazione, senza che debbano essere necessariamente contenuti nel verbale di mediazione. E ancora: l’art. 13 d.lgs. n. 28/2010, afferma che il giudice può e deve avere contezza del rifiuto di una proposta effettuata dal mediatore, ma l’art. 11 prevede che tale proposta debba essere formulata dal mediatore quando le parti ne facciano concorde richiesta; oppure possa essere formulata se il mediatore lo ritenga opportuno. L’art. 14, co. 2, lett. c), prevede come unico limite per la formulazione delle proposte di conciliazione il rispetto dell’ordine pubblico e delle norme imperative. Non è previsto che il giudice possa imporre la formulazione della proposta al mediatore, né tantomeno che possa imporre alle parti di chiedere la formulazione della proposta. Per tale aspetto, l’ordinanza del giudice che contenga l’imposizione sembra destinata a rimanere del tutto inefficace perché pronunciata in carenza del potere di disporre. Alla luce dell’art. 1 d.lgs. n. 28/2010 la mediazione è l’attività del terzo, cioè del mediatore, volta ad assistere le persone nella ricerca di un accordo amichevole: è dunque un’attività del mediatore (così come la ricerca è e resta propria delle parti) e non del giudice, attività da svolgersi con particolari garanzie di autonomia e imparzialità del mediatore stesso. Il giudice non può integrare impropriamente tale attività, imponendo attenzione sui temi della mediazione che restano di esclusiva autonomia del mediatore e delle parti. Altro è ovviamente fornire all’attenzione delle parti e del mediatore elementi che potrebbero influire sul raggiungimento dell’accordo: una mera collaborazione facilitativa, che non può mai trasformarsi in profili impositivi, diretti o indiretti. Occorre dunque assicurare un corretto equilibrio tra processo e mediazione ed evitare che quest’ultima diventi la stampella di una giurisdizione in crisi profonda, tutelando l’autonomia del mediatore e delle parti rispetto a un sistema giudiziario che cerca impropriamente nella mediazione quel sostegno che non trova nell’apparato organizzativo suo proprio: andrà quindi delimitato l’ambito della preziosa e indispensabile collaborazione tra mondo della mediazione e mondo giudiziari o rispetto a prassi invasive dell’autonomia del primo, caratterizzate da indebite prescrizioni dei giudici.
Uno dei problemi più spinosi posti dal d.lgs. n. 28/2010 era ed è quello relativo all’incidenza della condizione di procedibilità in caso di cumulo di domande.
L’art. 5, co. 1-bis, impone il preventivo esperimento del procedimento di mediazione a chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia nelle materie specificamente indicate, ma nulla dice sulle ipotesi in cui il giudizio, dopo la proposizione della domanda giudiziale, si arricchisca di nuove domande o di nuove parti. Si pone al riguardo l’esigenza di non ostacolare eccessivamente lo svolgimento del processo, ostacolo che sembrerebbe profilarsi se ogni domanda (riconvenzionale, trasversale nei confronti di altro convenuto, del convenuto nei riguardi del chiamato in causa) dovesse essere preceduta dallo svolgimento effettivo della fase di mediazione (art. 111 Cost.).
Al riguardo non si registra ancora una posizione del tutto omogenea. Alcuni giudici del Tribunale di Verona, ritengono che la domanda riconvenzionale debba essere assoggettata a mediazione se la domanda principale non era soggetta alla condizione di procedibilità (ord. 18.12.2015), ovvero se, pur essendo stata preceduta dalla mediazione, le parti non avevano discusso dei profili oggetto della riconvenzionale, cd. riconvenzionale inedita (ord. 12.5.2016)17. Al contrario, il Trib. Palermo, ord. 27.2.201618, esclude che sia necessario esperire la mediazione per le domande proposte nei riguardi di terzi chiamati in causa e afferma che sia preferibile intendere l’espressione «chi intende esercitare in giudizio un’azione» come «chi intende instaurare un giudizio». Tale interpretazione, che esclude la mediazione obbligatoria rispetto alle domande proposte da e nei confronti dei terzi oltre che rispetto alle cd. domande riconvenzionali inedite e alle domande trasversali, è ritenuta maggiormente conforme alla direttiva 2008/52, che si prefigge lo scopo di garantire un miglior accesso alla giustizia garantendo un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario (art. 1). L’allungamento dei tempi di durata del processo connesso ai nuovi tentativi di mediazione, secondo i giudici palermitani, contrasterebbe con il diritto alla ragionevole durata del processo sancito dall’art. 6 CEDU e dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Nello stesso senso si espresso Trib. Mantova, ord. 14.6.201619 e Trib. Verona, ord. 24.3.201620.
Si continua a discutere se l’onere del tentativo obbligatorio di mediazione nell’opposizione a decreto ingiuntivo sia posto a carico dell’opposto ovvero dell’opponente. Sulla questione è intervenuta Cass., sez. III, 3.12.2015, n. 2462921, la quale ha affermato che nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segue l’opposizione, la parte su cui grava l’onere di introdurre il percorso obbligatorio di mediazione è la parte opponente: infatti, è questa che ha il potere e l’interesse ad introdurre il giudizio di merito, «cioè la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore». È dunque sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria, pena il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex art. 653 c.p.c., perché «intende precludere la via breve per percorrere la via lunga». Secondo la Corte la soluzione contraria sarebbe palesemente irrazionale perché premierebbe la passività dell’opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice. La Corte sottolinea anche come «non si vede a quale logica di efficienza risponda una interpretazione che accolli al creditore del decreto ingiuntivo l’onere di effettuare il tentativo di mediazione quando ancora non si sa se ci sarà l’opposizione allo stesso decreto ingiuntivo».
In aperto e consapevole contrasto con quanto stabilito dalla Cassazione Trib. Firenze, sez. imprese, ord. 17.1.2016, rileva che il procedimento di mediazione deve necessariamente essere introdotto dopo che il giudice abbia emesso le ordinanze interinali sulla provvisoria esecutività del titolo e dunque dopo la proposizione dell’opposizione. Proprio perché, come sottolineato dalla stessa Corte, le parti riprendono in sede di opposizione la «normale posizione» di attore e convenuto in senso sostanziale, onerato per l’avvio della mediazione deve considerarsi l’attore-opposto. Sempre Trib. Firenze, sez. II, ord. 15.2.2016, conferma tale orientamento, soffermandosi anche sull’asserita funzione deflativa che la Suprema Corte attribuisce alla mediazione e ponendo l’accento, al contrario, sulla funzione propria della mediazione quale sistema, per certi casi, più adeguato rispetto allo strumento giudiziario: è dunque l’opposto, colui che intraprende l’azione, che per primo deve riflettere sulla possibilità di una più adeguata soddisfazione dei suoi interessi, secondo le finalità proprie della mediazione cd obbligatoria22.
Anche Trib. Busto Arsizio, sent. 3.2.2016, n. 19923, si pone in contrasto con le conclusioni della Suprema Corte, dubitando della loro compatibilità costituzionale con il principio di cui all’art. 24 Cost., in quanto appaiono «ricollegare l’onere di intraprendere la mediazione alla scelta della parte di instaurare un giudizio di opposizione avverso un provvedimento reso in assenza di contraddittorio e sulla base di un’istruzione sommaria, quasi come se la mediazione fosse una sorta di sanzione nei confronti di chi agisce in giudizio». Nello stesso senso ancora, si segnalano Trib. Grosseto, 7.6.2016; Trib. Benevento, ord. 23.1.2016; Trib. Milano, ord. 13.6.201624. In conformità invece alla pronuncia della Cassazione si pongono altre decisioni tra cui Trib. Reggio Emilia, ord. 3.2.2016; Trib. Vasto, 30.5.2016; Trib. Cosenza, 5.5.201625; Trib. Verbania, 22.03.2016 nonché Trib. Nola, 3.3.201626. La querelle dunque è più che mai aperta e bisognosa di una nuova pronuncia della Suprema Corte, che tenga conto dei rilievi mossi dalla giurisprudenza di merito e in particolare del fatto che la condizione di procedibilità non opera ancor prima che si conosca se vi sarà un’opposizione – come argomentato dalla sentenza n. 24629/2015 – ma solo dopo le pronunce dei provvedimenti interinali: si presuppone dunque
un’opposizione già avviata.
La prospettiva che accentua la funzione deflativa della mediazione, fatta propria dalla pronuncia della Suprema Corte prima citata, sembra alla base delle decisioni che prevedono la sanzione dell’improcedibilità della domanda anche per casi non espressamente previsti dalla disciplina. Il d.lgs. n. 28/2010 prevede, infatti, la sanzione dell’improcedibilità solo per il caso in cui la domanda non sia stata preceduta dall’esperimento della mediazione.
In particolare, rilevata l’improcedibilità alla prima udienza, d’ufficio o su eccezione del convenuto, quando la mediazione non sia già stata avviata, il giudice «assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione» (art. 5, co. 1-bis). Nello stesso modo provvede quando dispone la mediazione demandata (art. 5, co. 2). La sanzione di improcedibilità resta comunque ancorata al mancato esperimento della mediazione. Alcuni giudici hanno, tuttavia, ritenuto di ipotizzare ulteriori ipotesi di improcedibilità non previste espressamente dalla legge. Secondo Trib. Milano, ord. 27.11.201527, il termine di quindici giorni di cui si è detto deve ritenersi perentorio «risultando univocamente ancorato alla “sanzione” dell’improcedibilità della domanda» e di conseguenza va dichiarata l’improcedibilità della domanda per inosservanza del predetto termine. Per Trib. Pavia, ord. 14.10.201528, il termine avrebbe natura ordinatoria, in quanto quelli perentori devono essere espressamente dichiarati tali dalla legge; infine Trib. Firenze, sez. II, ord. 11.7.2015 e Trib. Roma, ord. 14.7.201629 escludono in radice che il termine abbia natura processuale, essendo volto a permettere una fase di mediazione stragiudiziale nell’ambito del processo.
In ogni caso, la sanzione della improcedibilità sarebbe prevista esclusivamente per il caso in cui all’udienza fissata con il provvedimento che assegna il termine le parti non abbiano svolto la mediazione30.
Altra figura di improcedibilità di origine giurisprudenziale è individuata per il caso in cui il procedimento di mediazione sia stato avviato presso un organismo territorialmente “incompetente”, in violazione dell’art. 4, co. 1, d.lgs. n. 28/2010. Tale norma ha dato origine ad alcuni dubbi interpretativi, specialmente perché non è chiara la conseguenza del ricorso ad un organismo “incompetente”. Secondo alcuni giudici in tal caso non sarebbe avverata la condizione di procedibilità e, pertanto, la domanda deve essere dichiarata improcedibile (così Trib. Milano, 26.2.201631; Trib. Napoli Nord, 14.3.2016)32. Di diverso avviso è parte della dottrina che non ritiene l’indicazione dell’organismo «competente» di cui all’art. 4, co. 1, d.lgs. n. 28/2010 condizione di improcedibilità, non trattandosi, tra l’altro, di incompetenza in senso tecnico, essendo il concetto di competenza riservato agli uffici giudiziari.
L’art. 4, co. 1, d.lgs. n. 28/2010 non conterrebbe nessuna sanzione nel caso di domanda presentata ad un organismo incompetente, mentre la mancata partecipazione della parte invitata alla mediazione dovrebbe considerarsi giustificata33.
Sul punto, si ricorda che, con ordinanza del 13.1.2015, il Tribunale di Firenze34 aveva sostenuto che il patrocinio a spese dello Stato fosse applicabile per ogni fase e grado del procedimento ivi comprese, tra le fasi «connesse» (art. 75 d.P.R. 30.5.2002, n. 115), la fase della mediazione obbligatoria preprocessuale anche quando non fosse seguita dal processo poiché aveva avuto esito positivo. Nella giurisprudenza di merito non risultano pronunce analoghe. In senso contrario, si registra, invece, Trib. Tempio Pausania, ord. 19.7.201635, la quale ha affermato che il patrocinio a spese dello Stato non possa applicarsi al caso in cui la mediazione, prevista come condizione di procedibilità, si concluda con il raggiungimento dell’accordo. Secondo il Tribunale, quando alla mediazione non segua un processo ordinario, difetterebbe il mandato alle liti conferito per la rappresentanza e difesa in giudizio.
Inoltre «la mediazione avrebbe potuto svolgersi in via informale tra le parti, senza l’indispensabile adesione ad un organismo di mediazione e l’assistenza di un legale». Considerata la delicatezza della materia sarebbe auspicabile che sul punto si intervenisse con normazione specifica: la previsione del patrocinio a spese dello Stato anche per la mediazione cd. obbligatoria che si concluda con accordo appare l’unica soluzione che riporti coerenza in un sistema che tende a promuovere i metodi di soluzione dei conflitti al di fuori delle aule giudiziarie, unico luogo in cui, tuttavia, è riconosciuto il patrocinio a spese dello Stato.
I giudici tornano sulla questione del momento processuale idoneo a irrogare la sanzione prevista dal d.lgs. n. 28/10, che pone a carico della parte che non abbia partecipato al procedimento di mediazione senza giustificato motivo il pagamento di una somma pari al contributo unificato relativo a quel procedimento.
Per il Tribunale di Mantova, ord. 22/12/15, dato che la sanzione non è collegata alla soccombenza nella causa, può essere disposta anche alla prima udienza. Per il Tribunale di Verona, la sanzione è applicabile anche per il caso di mediazione volontaria sulla base della considerazione che è prevista all’interno di una norma – l’art. 8, comma 4 bis, secondo periodo – ‘che regola il procedimento di mediazione in generale’ (ord. 16.2.2016)36.
La pluralità di previsioni in tema di ADR pone e porrà sicuramente dei problemi di coordinamento e l’esigenza di ricostruzione di un quadro unitario.
Alcune decisioni dei giudici iniziano ad affrontarle. Trib. Verona, ord. 28.1.201637, ha posto alla Corte di giustizia dell’Unione europea due questioni pregiudiziali sull’interpretazione delle fonti eurounitarie in un caso in cui si verificava in astratto un concorso tra la normativa consumeristica e quella sulla mediazione obbligatoria. Non è chiaro, sostiene il Tribunale, se la direttiva 2003/11 abbia inteso far salvo il diritto degli Stati membri di prevedere la mediazione obbligatoria in sostituzione delle ADR per i consumatori. Inoltre la procedura della mediazione secondo il d.lgs. n. 28/2010 pare in contrasto con la direttiva 2013/11: nella procedura per i consumatori non vi è obbligo dell’assistenza del difensore e le parti sono completamente libere di partecipare o di ritirarsi dal procedimento o di rifiutare o aderire alla proposta dell’organismo. Pertanto la Corte dovrà chiarire se i singoli Stati membri possano prevedere la mediazione obbligatoria per le sole ipotesi che non ricadono nell’ambito di applicazione della direttiva 2013/11, e se tale direttiva osta ad una norma nazionale che prevede il ricorso alla mediazione, in una delle controversie assoggettate alla disciplina dei consumatori, quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale della parte qualificabile come consumatore, e, in ogni caso, ad una norma nazionale che preveda l’assistenza difensiva obbligatoria (ed i relativi costi) per il consumatore, nonché la possibilità di non partecipare alla mediazione se non in presenza di un giustificato motivo.
Trib. Verona, ord. 6.5.2016 afferma che, se la controversia rientra tra quelle soggette allo svolgimento della mediazione quale condizione di procedibilità, deve escludersi che essa sia soggetta anche alla negoziazione assistita che risulti del pari astrattamente applicabile in virtù dell’art. 3, co. 1, d.l. n. 132/2014 (il caso riguardava una domanda di risarcimento del danno per condotta diffamatoria di importo pari ad euro 20.000). Altro problema di coordinamento è stato da più parti sollevato con riferimento al rapporto tra negoziazione assistita e procedura della cd. messa in mora dell’assicuratore per i casi di responsabilità civile da circolazione di veicoli e natanti. A questo riguardo si è pronunciata di recente la Corte costituzionale (C. cost., 7.7.2016, n. 162), che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata al riguardo dal giudice di pace di Vietri di Potenza il quale aveva prospettato la violazione degli artt. 2, 3 e 24 Cost. per la sovrapposizione della condizione di proponibilità e la condizione di procedibilità di nuovo conio. La Corte rileva che le norme contenute nel c. assicurazioni e la disposizione in tema di negoziazione assistita, hanno contenuto e assolvono funzioni diverse e, utilmente, complementari. La tutela garantita dall’art. 24 Cost. d’altronde, nota la Corte, non comporta l’assoluta immediatezza dell’esperibilità del diritto di azione (C. cost., 28.10.2014, n. 243 e C. cost. 13.7.2000, n. 276 per tutte) e la previsione della negoziazione come condizione di procedibilità «riflette un ragionevole bilanciamento tra l’esigenza di tutela del danneggiato e quella (di interesse generale), che il differimento dell’accesso alla giurisdizione intende perseguire, di contenimento del contenzioso, anche in funzione degli obiettivi del “giusto processo”, per il profilo della ragionevole durata delle liti, oggettivamente pregiudicata dal volume eccessivo delle stesse».
Note
1 I provvedimenti, numerosissimi, sono pubblicati sui principali siti internet. Nel testo si richiameranno solo quelli più significativi. Tra i contributi pubblicati in tema di mediazione e in generale di ADR segnalo: giordano, R.-Vaccari, M.-Masoni, R., Arbitrato deflattivo, negoziazione assistita e mediazione, Milano, 2016; Del Prato, E., Fuori dal processo: studi sulle risoluzioni negoziali delle controversie, Torino, 2016; Id., Gli strumenti contrattuali di negoziazione della lite: tratti di incidenza della dottrina sulla giurisprudenza, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2016, 164; La giustizia sostenibile, Scritti vari, a cura di M. Marinaro, IX, Roma, 2016; Rapporto sui conflitti e sulla conciliazione, a cura di M. Bresciano e A. Sterpa, Roma, 2016; Scannicchio, N., Accesso alla giustizia e attuazione dei diritti: la mediazione delle controversie di consumo nella Direttiva europea 2013-11, Torino, 2015; Varano, V., Una cultura dell’ADR: una comparazione tra modelli, in Riv. crit. dir. priv., 2015, 495 ss.; Lupoi, M.A., Sui rapporti tra mediazione e processo civile dopo le ultime riforme, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2016, 12; De la Oliva Santos, A., ADR o la riscoperta dell’acqua calda, ivi, 2016, 507; Carpi, F., La metamorfosi del monopolio statale sulla giurisdizione, ivi, 2016, 811; Irti, C., Gestione condivisa della crisi familiare: dalla mediazione familiare alla negoziazione assistita, in Dir. fam., 2016, 665; Lorenzetti, A., Il tessuto costituzionale della mediazione, in Costituzionalismo.it, (19 febbraio) 2016.
2 Nel 2014 e 2015 si è registrato un notevole aumento delle mediazioni demandate da parte dei magistrati, passate da 489 nel 2013 (0,5% del totale) a 18.062 nel 2015 (10% del totale): v. webstat.giustizia.it.
3 In Guida dir., 2015, fasc. 49, 88, con nota di M. Marinaro. Il Consiglio di Stato afferma che il primo incontro di mediazione «non costituisce un passaggio esterno e preliminare della procedura di mediazione»: secondo l’annotatore, la chiave interpretativa indicata dal Consiglio non entrerebbe nella problematica affrontata in dottrina e nella giurisprudenza di merito circa il corretto esperimento del primo incontro e delle conseguenze che ne derivano.
4 Sul tema si veda Valerini, F., Illegittima la norma sulle incompatibilità dei mediatori, in Dir. giust., 2016, fasc. 17, 26.
5 Su cui vedi Dalfino, D., La procedura di negoziazione assistita, in Libro dell’anno del Diritto 2015, Roma, 2015, 571 ss.
6 In riferimento alla negoziazione assistita l’unico dato disponibile a livello nazionale è stato fornito, per il 2015, dal Ministro della giustizia Orlando il 3 marzo 2016 all’inaugurazione dell’anno giudiziario del C.N.F.: «I dati comunicati dal Consiglio Nazionale su un campione di 3019 accordi andati a buon fine attestano … un buon utilizzo dei nuovi strumenti, specie della negoziazione assistita, con particolare incidenza in materia di separazione, divorzio e modifica delle relative condizioni».
7 Si veda Dalmotto, E., L’arbitrato deflativo dei processi pendenti e la classe forense, in Giur. it., 2015, 124, specie nt. 1 e 2.
8 Tale decreto, recante Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria, convertito con modificazioni dalla l. 6.8.2015, n. 132, prevede all’art. 21 bis, incentivi fiscali nella forma di «credito d’imposta» nei procedimenti di negoziazione assistita, nonché di conclusione dell’arbitrato con lodo, ai sensi del d.l. n. 132/2014.
9 Da ultimo, ex multis, Trib. Roma, ord. 28.4.2015, in Quotidiano del diritto (quotidianodeldiritto.it); Trib. Reggio Calabria, ord. 5.10.2015, in arcadiaconcilia.it; Trib. Ascoli Piceno, ord. 22.12.2015; Trib. Siracusa, ord. 30.3.2016; Trib. Roma, 28.4.2016, n. 8554; Trib. Roma, 14.7.2016, tutte rinvenibili in 101mediatori.it; Trib. Milano, 17.2.2016, in adrmaremma.it.
10 In tal senso, si vedano le ordinanze di App. Firenze, 13.1.2016 e App. Firenze, 2.10.2015; App. Milano, ord. 22.3.2016 prescrive la presenza personale delle parti; tutte le pronunce sono inserite in 101mediatori.it.
11 Proprio ai fini di una riforma organica degli strumenti stragiudiziali di soluzione delle controversie, il Ministro della giustizia, con Dm. del 7.3.2016 ha istituito una ‘Commissione di studio per l’elaborazione di ipotesi di organica disciplina e riforma degli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita e all’arbitrato’.
12 In Il quotidiano giuridico (quotidianogiuridico.it).
13 Tutte in adrmaremma.it.
14 In Il Caso (ilcaso.it).
15 In Quotidiano del diritto (quotidianodeldiritto.it).
16 Entrambe in adrmaremma.it.
17 In 101mediatori.it.
18 In La nuova procedura civile (lanuovaporceduracivile.com).
19 In Il Caso (ilcaso.it).
20 In adrintesa.it.
21 In Foro it., 2016, I, 1319, con nota di Dalfino, D., Mediazione e opposizione a decreto ingiuntivo: quando la Cassazione non è persuasiva; in Giur. it., 2016, 71, con nota di Benigni, E., Mediazione e opposizioni a decreto ingiuntivo: onerato dell’avvio è l’opponente.
22 Sui provvedimenti in questione si veda Marinaro, M., Mediazione e decreto ingiuntivo. Brevi note a margine dell’improcedibilità, in Judicium (judicium.it), (25 agosto) 2016.
23 Sul provvedimento, in senso critico, vedi D’Elia, g., La mediazione obbligatoria nel procedimento di ingiunzione, in Il Caso (ilcaso.it), (7 marzo) 2016.
24 In 101mediatori.it.
25 Tutte in mondoadr.it.
26 In expartecreditoris.it.
27 In arcadiaconcilia.it; in tal senso già Trib. Firenze, sez. III, 4.6.2015, in Giur. it., 2015, 2374, con nota critica di Benigni, E., L’avvio ‘‘tardivo’’ della mediazione determina l’improcedibilità della domanda?
28 In adrintesa.it. Nello stesso senso App. Bologna, 26.1.2016, in 101mediatori.it.
29 In 101mediatori.it.
30 In tal senso, anche Lupoi, M.A., op. cit., 9.
31 In medyapro.it.
32 In concilialex.it. Nel caso di specie il Tribunale ha rilevato che «la domanda di mediazione è stata proposta dagli attori nel rispetto del termine ma dinanzi ad un organismo di mediazione esistente presso la Camera di Commercio di Napoli, e quindi al di fuori della circoscrizione del Tribunale di Napoli Nord, nonostante la lite fosse pendente presso quest’ultimo circondario e non presso il Tribunale di Napoli».
33 In tal senso Besso, C., La novellata mediazione e due precetti con sanzione positiva, in Giur. it, 2014, 91. Sul punto si veda anche Lupoi, M.A., op. cit., 3, il quale distingue varie ipotesi.
34 Su cui vedi Breggia, L., La mediazione demandata dal giudice, in Libro dell’anno del Diritto 2016, Roma, 2016, 583.
35 Su cui vedi Marinaro, M., Mediazione, niente gratuito patrocinio se si trova l’accordo, in Quotidiano del diritto, (4 agosto) 2016.
36 In adrmaremma.it.
37 In altalex.com, con commento di Spina, g., Mediazione obbligatoria e adr consumatori: sussiste il concorso? La parola alla Corte di Giustizia, (22 febbraio) 2016.