medico
I rari cenni diretti di D. al praticante dell'arte della medicina (v.) sono permeati di perplessità che riguardano sia la sua preparazione teorica (discutendo delle età, e a proposito della seconda, D. sostiene la sua opinione lasciando ciò che ne scrivono li filosofi e li medici, e tornando a la ragione propria, Cv IV XXIV 3; ma cfr. Alb. Magno luvent. et Senect. I 4), sia il suo ruolo sociale (Né si dee chiamare vero filosofo colui che è amico di sapienza per utilitade, sì come sono li legisti, [li] medici e quasi tutti li religiosi, che non per sapere studiano ma per acquistare moneta o dignitade, Cv III XI 10) e quindi la sua responsabilità morale. C'è forse un cenno ai grossi compensi dei m. in un tratto di Cv IV XXVII 8 Potrebbe qui dire alcuno medico o legista: ‛ Dunque porterò io lo mio consiglio e darollo eziandio che non mi sia chesto, e de la mia arte non averò frutto? Il termine ricorre anche in Cv I VIII 5 (due volte) e XII 4.