MEDICO (dal lat. medicus; fr. médecin; sp. medico; ted. Arzt; ingl. physician)
È colui che esercita la medicina. Attraverso i varî tempi e nei diversi popoli l'evoluzione del concetto di "medico" ha seguito quello della medicina stessa (v. medicina). La quale, sorta da tradizioni puramente empiriche, ha assunto sempre maggiore dignità scientifica col progredire delle scienze biologiche e in generale di tutte le scienze alle quali la medicina nei suoi diversi campì attinge i vari insegnamenti. Per comprendere la formazione culturale del medico moderno bisogna considerare lo sviluppo e l'ordinamento delle scienze cliniche (v. cliniche, scienze). In Italia l'abilitazione all'esercizio della professione di medico-chirurgo si ottiene con gli esami di stato, indetti in unica sessione annuale, e ai quali possono essere ammessi soltanto coloro che abbiano superato gli esami di profitto in determinati insegnamenti (anatomia, fisiologia, patologia generale, anatomia patologica, igiene, farmacologia, patologia speciale medica, clinica chirurgica, clinica ostetrica, clinica pediatrica, medicina legale) e abbiano conseguito la laurea in medicina e chirurgia. Per il medico civile e il medico militare (v. sanità), sono numerosi e diversissimi i doveri e i compiti nel campo della medicina propriamente detta e della chirurgia.
Si chiama deontologia medica l'insieme delle norme riguardanti i diritti e i doveri del medico nei suoi rapporti con le autorità, col pubblico e con i colleghi. In Italia la deontologia non costituisce branca d'insegnamento a sé, come in altre nazioni (p. es., Francia), bensì è un ramo della medicina legale. Le origini della deontologia sono antichissime: si trovano già riassunte le regole morali che debbono imporsi tutti i medici, in termini immortali, nel celebre giuramento d'Ippocrate. Anche la medicina indiana insegnava principî di deontologia nello Āyur- Veda o "Veda della longevità", che sono e saranno sempre d'attualità, essendo palpitanti di vita moderna. La deontologia, trattando dei diritti e dei doveri dei medici, s'occupa della retribuzione, del segreto professionale, delle responsabilità, ecc. Oltre ai comuni diritti e doveri, il medico ne ha alcuni speciali, nei confronti delle autorità, derivanti dalle sue eventuali funzioni pubbliche di medico militare, provinciale, d'ufficiale sanitario, di perito giudiziario o di medico condotto. In ognuno di questi casi v'è un regolamento o capitolato che regola i rapporti con le autorità e con il pubblico. Rispetto al pubblico, il medico ha diritto a una retribuzione, che viene in diverso modo corrisposta, secondo le consuetudini locali, la posizione del medico e le possibilità del cliente. Rispetto ai colleghi ha diritto a certi riguardi che vengono consacrati nel cosiddetto Galateo medico e che sostanzialmente comprendono norme di educazione civile e di sana convivenza sociale. Di fronte ai diritti, si trovano, poi, gravi doveri, alcuni dei quali sono imposti dalla legge, p. es., il mantenimento del segreto medico, che è, fra le prerogative della professione sanitaria, la più nobile e la meglio consacrata dalla tradizione. La vecchia facoltà di medicina di Parigi, faceva prestare ai suoi giovani dottori la seguente formula di giuramento aegrorum arcana visa, audita, intellecta eliminet nemo, pari all'altra d'Ippocrate: quaecumque vero inter curandum videro aut audiero... tacebo. Infatti ha valore di segreto non solo ciò che il medico ode a titolo di confidenza, ma anche ciò che vede e scopre durante le sue investigazioni. In certi paesi la legge al riguardo è severissima, come p. es., in Francia, dove l'art. 378 del cod. pen., colpisce con forti pene i medici che svelino un segreto indipendentemente da qualsiasi intenzione di nuocere, eccetto i casi in cui la legge li obbliga a farsi denunziatori. In Italia l'art. 163 dell'attuale cod. pen., non riguarda in modo speciale gli esercenti l'arte salutare e colpisce il rivelatore di un segreto professionale, solo se la rivelazione venga fatta senza una giusta causa e possa cagionare nocumento. E la pena consiste nella detenzione sino a un mese o nella multa da lire cinquanta a mille. Anche in Italia vi sono dei casi in cui la legge obbliga il medico a farsi denunziatore: la denunzia delle malattie infettive e diffusive (art. 45 della legge di sanità pubblica) e della sifilide trasmessa per baliatico mercenario; e il referto, che rimane sempre un mezzo utilissimo per attirare l'attenzione della giustizia sul delitto e sul delinquente. Quanto alla responsabilità del medico, essa è indubbiamente grandissima: è evidente che i sanitarî hanno "l'obbligo di subire la conseguenza di certi sbagli commessi nell'esercizio della loro professione" (Lacassagne), né la laurea può costituire un brevetto d'impunità. Gli attributi della responsabilità sono: 1. un danno materiale bene accertato (prolungamento di malattia, debilitamento, morte); 2. un errore grossolano che abbia prodotto il danno stesso e che con una maggiore diligenza o perizia si sarebbe potuto evitare. Tuttora controversi sono i pareri sui limiti di tale responsabilità, non avendo la legislazione, all'infuori delle disposizioni generali contenute precisamente negli articoli 371, 372, 375 del cod. pen., potuto fissarne esatte basi. All'art. 371 è detto: "chiunque con imprudenza, negligenza, ovvero imperizia nella propria arte o professione cagiona la morte di alcuno è punito con la detenzione da 3 mesi a 5 anni e con la multa da lire 100 a 3000".
Le professioni sanitarie. - Il numero delle professioni sanitarie, per il progresso delle scienze e per la specializzazione del lavoro è sempre in aumento. Di tali professioni il legislatore e la pubblica amministrazione si occupano con cura particolare, al fine di evitare danni individuali e sociali (v. polizia sanitaria). Nell'estrinsecazione di tale attività, gli enti pubblici, in primo luogo, circondano di limitazioni e di garanzie l'inizio della professione e dell'arte sanitaria; in secondo luogo ne vigilano l'esercizio, ne circoscrivono le manifestazioni, ne reprimono gli abusi.
Numerosi testi di legge e di regolamento si occupano della materia; qui accenneremo ai principali: 1. testo unico delle leggi sanitarie (1° agosto 1907, n. 636), art. 52 e segg., e i regolamenti sulla sanità (3 febbraio 1901, n. 45; 19 luglio 1906, n. 466); 2. la legge sulle farmacie (22 maggio 1913, n. 468), e il relativo regolamento (13 luglio 1914, n. 829); 3. la legge 23 giugno 1927, n. 1264, sulla disciplina delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie e il regolamento relativo (31 maggio 1928, n. 1334); 4. la legge 6 maggio 1928, n. 1070, sulla repressione dell'esercizio abusivo delle professioni sanitarie; 5. la legge 31 marzo 1912, n. 298, sull'esercizio dell'odontoiatria.
La più importante delle professioni sanitarie è quella del medico-chirurgo. A esso spetta l'accertamento diagnostico delle malattie dell'uomo, la prescrizione delle cure e, quando del caso, ls stessa esecuzione della cura. Soltanto per atti di manifesta semplicità, che la legge e i regolamenti enumerano, è consentito ad "artisti minori" (ernisti, infermieri, massaggiatori, ecc.) di compiere medicazioni, massaggi, manovre o trattamenti di varia specie.
Il titolo di medico specialista, secondo una provvida legge del 1923, n. 2909, può essere assunto solo da chi abbia conseguito apposito diploma.
Fra i professionisti sanitarî vanno inoltre annoverati: a) i dentisti od odontoiatri: essi, dopo la menzionata legge del 1912, confermata da disposizioni successive, debbono essere muniti della laurea in medicina e chirurgia, oltre che aver frequentato appositi corsi di odontoiatria e protesi dentaria. Da non confondersi coi dentisti, od odontoiatri, sono i meccanici dentisti, od odontotecnici: questa seconda categoria può unicamente costruire apparecchi di protesi dentaria su impronte fornite dal medico-odontoiatra. Gli odontotecnici non possono eseguire alcuna manovra sulla bocca del paziente (art. 11 citata legge 6 maggio 1928, n. 1334, sulle arti ausiliarie delle professioni sanitarie); b) i farmacisti: giusta la legge 22 maggio 1913, n. 468, la vendita al pubblico di medicinali a forma e dose di medicamento è permessa ai soli farmacisti; è vietata anche ai medici (v. farmacia), c) i veterinarî o zooiatri: le leggi sanitarie si occupano anche della cura degli animali, sia perché molte malattie di questi potrebbero contagiare l'uomo, sia perché l'uso di carni provenienti da animali ammalati sarebbe nocivo. In conseguenza valgono per gli zooiatri in linea generale i principî stabiliti per le altre professioni sanitarie: necessità di conveniente titolo di studio, vigilanza, ecc.; d) le levatrici: esse sono abilitate alla sola ostetricia minore (r. decr. 28 maggio 1914, n. 589; legge 23 giugno 1927, n. 1070, art. 10); cioè possono prestare assistenza ai soli parti svolgentisi naturalmente, con divieto di usare strumenti chirurgici ed effettuare operazioni manuali sul feto che si trovi ancora nell'utero. A tali più difficili compiti sono abilitati i soli medici-chirurghi; salvi i casi di assoluta urgenza, ossia d'impossibilità di attendere un medico. Gli obblighi delle levatrici sono diffusamente esposti nel regolamento sul servizio ostetrico (6 dicembre 1928) e nelle istruzioni del decr. min. 17 maggio 1930.
Dopo le professioni sanitarie vere e proprie, vanno ricordate le cosiddette arti ausiliarie; tali sono quelle degli odontotecnici, degli ottici, dei meccanici ortopedici ed ernisti, degl'infermieri, dei massaggiatori, dei capibagnini degli stabilimenti idroterapici.
Per esercitare tali arti occorre una speciale licenza, rilasciata da appositi istituti o scuole. Ancora è necessario diploma o licenza, a seconda dei casi, per coltivare, raccogliere, utilizzare piante medicinali, aromatiche e da profumo (legge 6 gennaio 1931, n. 99; regolamento 19 novembre 1931, n. 1793). Infine lo stesso testo unico sanitario del 1907, all'art. 52, sottopone a vigilanza, nell'interesse della sanità pubblica, i droghieri, i confettieri, i fabbricanti e negozianti di prodotti chimici, di acque minerali, ecc.
Condizioni per l'esercizio della professione o arte. - In primo luogo occorre il possesso del titolo di capacità o di studio: laurea, diploma, licenza, a seconda dei casi. È da notare che dopo il 1925 non è più sufficiente, per i medici, veterinarî e farmacisti il possesso della laurea o diploma; occorre aver superato l'esame di stato (regio decr. 31 dicembre 1923, n. 2909). In secondo luogo occorre la registrazione del titolo presso l'ufficio comunale (art. 53 t. u. sanitario del 1907). In terzo luogo occorre, poi, per i medici, veterinarî, farmacisti, l'iscrizione all'albo presso l'ordine provinciale della categoria. Per l'iscrizione è richiesta la buona condotta morale e politica; non è ammesso chi abbia svolto attività contrastante con l'interesse della nazione. Possono essere iscritte anche le donne; sono altresì ammessi gli stranieri, che abbiano conseguito un diploma equipollente in uno stato estero, quando fra l'Italia e tale stato sia stato stipulato un accordo sulla base della reciprocità (r. decr. 26 aprile 1928, n. 1313; regolamento 21 marzo 1929, n. 547).
Obblighi dei sanitarî. - La legge sanitaria e altre leggi impongono ai sanitarî e ai medici in particolare, numerosi obblighi, nel pubblico e anche nel privato interesse. Così i medici e i veterinari debbono denunciare al podestà le malattie infettive o diffusive (articoli 123, 193 testo unico sanitario del 1907), i medici debbono denunciare la causa della morte delle persone da loro assistite (art. 55 testo unico predetto); debbono, in caso di epidemia, prestare servizio ove l'autorità li destini (art. 124 testo unico, n. 1907, modif. col decr. 1923, n. 2881). Numerosi obblighi sono imposti alle levatrici dalle disposizioni che ad esse si riferiscono. Infine, su tutti i sanitarî in genere incombe l'obbligo del segreto professionale, salva l'ipotesi di "giusta causa" (art. 622 cod. pen. del 1930).
Esercizio abusivo della professione. - L'illecito esercizio di alcune professioni sanitarie, in specie di quella del farmacista e dell'odontoiatra, non è raro, sia perché esistono ancora persone che usavano dedicarsi in passato a tale attività senza il titolo di studio, che successivamente la legge ha richiesto, sia perché la frode è agevolata da professionisti muniti di titolo che prestano il proprio nome per l'esercizio di gabinetti o di farmacie. Per combattere energicamente tali abusi, il legislatore ha di recente introdotto nuove e ben più rigorose sanzioni: mentre il testo unico sanitario del 1907, art. 53, comminava soltanto la tenue ammenda di L. 100, la legge 6 maggio 1928, n. 1074, commina non solo rilevanti multe, ma, per i recidivi, anche la detenzione da uno a tre mesi. A tali pene soggiace non solo l'esercente abusivo, ma anche chi presta il proprio nome perché sia frodata la legge.
Sanitari condotti. - Si deve aggiungere che la pubblica amministrazione, e in particolare il comune, non si limitano a vigilare e regolare l'attività dei sanitarî che liberamente esercitano la professione; ma istituiscono appositi organi e retribuiscono, come proprî impiegati, non pochi professionisti, sia perché non manchi in alcun centro di una certa importanza colui che eserciti la necessaria attività sanitaria, sia perché di questa non rimangano privi i poveri, sforniti di mezzi per compensare l'opera del sanitario.
Così, giusta l'art. 24 del testo unico sanitario del 1907, ogni comune deve avere un medico condotto e una levatrice condotta, salvo che la cura dei poveri gravi su opere pie locali. Parimenti, i comuni in cui vi sia notevole quantità di bestiame, debbono avere un veterinario condotto (art. 50 testo unico); e i comuni, in cui non si stabilisca alcun farmacista privato, debbono nominare, se le condizioni topografiche locali lo esigano, un farmacistȧ condotto (art. 13 legge sulle farmacie, del 1913). Qualora si tratti di centri abitati molto esigui, più comuni finitimi possono riunirsi o essere riuniti coattivamente in consorzio perché la spesa del sanitario (medico, levatrice, farmacista, ecc.) possa essere ripartita fra i vari comuni.
I sanitarî condotti, di cui si è fatta parola, hanno uno stato giuridico minutamente determinato dalla legge, dai regolamenti generali e dai regolamenti locali o capitolati sanitarî. Ci limitiamo qui a ricordare le norme fondamentali: a) è vietata la cosiddetta condotta piena; e cioè, l'assistenza gratuita del medico condotto va limitata ai soli poveri: gli abbienti debbono corrispondere al medico gli emolumenti di tariffa e non è consentito per essi il forfait e l'accollo della spesa al comune; b) i sanitarî, come tutti gl'impiegati comunali, sono nominati mediante concorso; dopo un biennio di esperimento, acquistano diritto alla stabilità, e non possono essere licenziati se non per ragioni disciplinari o gravi motivi di pubblico interesse (es., soppressione di posto); c) per il trattamento di quiescenza dei sanitarî condotti esiste apposita cassa di previdenza (testo unico 1° maggio 1930, n. 680); l'iscrizione alla cassa è obbligatoria.
Non esiste, invece, ancora un organo per la previdenza obbligatoria dei medici liberi professionisti: mentre esiste una Cassa nazionale di previdenza per i farmacisti (r. decr. 7 novembre 1929, n. 2174). Tuttavia, il progressivo rapido sviluppo che l'attività assistenziale e previdenziale sta assumendo (in questi ultimi anni sono state create casse di previdenza per i giornalisti e per gli avvocati) fa ritenere che anche per i sanitarî liberi professionisti sarà creato quanto prima un adatto sistema previdenziale.
Medico di bordo. - Sulle grandi navi da guerra e sui piroscafi per passeggeri delle linee oceaniche sono imbarcati uno o più medici, che dispongono d'infermerie per morbi comuni e infettivi dotate dei mezzi di diagnosi, cura e profilassi più necessarî e sono coadiuvati da un personale d'assistenza adeguato.
Il primo medico, oltre alla missione di curare i malati, ne ha un'altra, non meno importante, quella di vigilare sullo stato igienico della nave e della popolazione navale. Sotto questo punto di vista, il suo compito corrisponde a quello dell'ufficiale sanitario delle città e, analogamente a questo verso il podestà, egli rappresenta il consigliere tecnico del comandante a cui la legge conferisce il potere esecutivo di attuare le dispozioni proposte dal medico.
Sulle navi minori vi è soltanto una dotazione di disinfettanti e di medicinali e medicature per i primi soccorsi che sono prestati dai comandanti, addestrati a questo compito da un apposito insegnamento nelle scuole nautiche.
Medico di porto. - Il medico di porto è un organo dell'ordinamento sanitario dello stato. Egli ha la missione di vigilare alla difesa delle frontiere marittime contro l'introduzione dei morbi infettivi e principalmente delle grandi infezioni esotiche (colera, peste e febbre gialla) che formano oggetto della Convenzione sanitaria internazionale di Parigi del 1912. A tal uopo riferisce all'organo esecutivo (prefetti e Ministero dell'interno) che emette le relative ordinanze.
Bibl.: F. Cammeo e C. Vitta, Sanità pubblica, in Trattato di dir. amministrativo di V. E. Orlando, Milano 1900 segg., IV, parte 2ª; S. Lessona, Trattato di dir. sanitario, Torino 1914 e 1921; C. Melograni, Codice sanitario, Napoli 1921; Ziino, Sanità pubblica, in Enc. giur. ital.; Ministero dell'interno, Repressione dell'abusivo esercizio delle professioni sanitarie, Roma 1928.