Vedi MEGARA HYBLAEA dell'anno: 1961 - 1973 - 1995
MEGARA HYBLAEA (v. vol. iv, p. 967)
Dal 1949, gli scavi della Scuola Archeologica francese di Roma si sono svolti ogni anno nei luoghi in cui sorgeva la città di M. Hyblaea. Essi consentono oggi di dare un certo numero di indicazioni sulle principali fasi della sua storia, sulla città di epoca ellenistica e, in particolare, sulla città di epoca arcaica.
I risultati degli scavi, ad eccezione di un punto, confermano i dati della tradizione letteraria: la colonia di M. H., fondata a 16 km in linea d'aria a N di Siracusa, venne distrutta da Gelone nel 483 a. C.; questa indicazione, così come è possibile dedurla da Erodoto, è confermata da tutti i dati dell'archeologia, in particolare dalla improvvisa cessazione di tutte le importazioni attiche.
La Megara, di cui Livio ci dice essere stata presa d'assalto e distrutta dall'esercito di Marcello, è stata ugualmente riportata alla luce. Si tratta di una colonia fondata da Timoleonte nel periodo posteriore alla seconda metà del IV sec. a. C., che ebbe una certa espansione. La sua distruzione avvenuta nel 213 è confermata dalla scoperta di due ripostigli di monete di bronzo, la cui data di sotterramento è immediatamente posteriore alla morte di Ieronimo. La data di fondazione della città arcaica, stabilita in base alle indicazioni fornite da Tucidide all'inizio del VI libro (al 728-727) è invece messa in dubbio dalla missione archeologica francese: difatti, gli scavi hanno rivelato la presenza di un'abbondante serie di ceramica geometrica protocorinzia e di alcuni frammenti attici che risalgono all'inizio del geometrico recente, di un tipo che non si trova a Siracusa (compresi i più recenti ritrovamenti d'Ortigia, dove la ceramica greca, la più antica, è a contatto diretto con gli strati del villaggio siculo di epoca immediatamente anteriore) e che, invece, si ritrova sui luoghi della colonizzazione calcidese (Ischia, Nasso, Lentini). D'altronde, per lo meno per quel che concerne la Sicilia, la tradizione letteraria (Tucidide, Eforo, Polieno) è unanime nel ricollegare la fondazione di M. H. a quella delle città calcidesi. Di conseguenza, è stata proposta per tutte queste colonie una cronologia che risale maggiormente nel tempo rispetto a quella di Tucidide (Nasso: 757; M. H.: 750) in relazione con la data indicata da Diodoro per Selinunte (650 a. C.).
Tutta la zona circostante l'agorà ellenistica è stata riportata alla luce: essa comprendeva alcuni edifici pubblici. Sul lato N, una grande stoà e, sul retro, un tempio dorico in antis con modanature ioniche scolpite, grondaie a teste leonine e un'aquila come acroterio centrale. È probabile che questo santuario, eretto verso il 330-320, fosse dedicato ad Afrodite (una testa della stessa epoca sembra raffigurare questa divinità). A E dell'àgorà, in un santuario dedicato probabilmente a una divinità ctonia (Persefone?), è stata rinvenuta tutta una serie di oggetti di culto: bacini, altari. A S, un complesso termale con diverse stanze a mosaico di opus signinum ed un laconicun; gli ambienti erano riscaldati mediante un praefurnium centrale; un altro, più piccolo era collocato al disotto d'una vasca da bagno per riscaldarne l'acqua.
Più a S, a 100 m circa dall'agorà, è stata scoperta una palestra con diverse stanze che davano su di un cortile situato a S di esse. L'abitato era piuttosto irregolare. Uno dei risultati più salienti ed inattesi degli scavi è stato quello di dimostrare che la pianta della città ellenistica era molto meno regolare di quella della città arcaica, per lo meno da come essa si presenta nella zona dell'agorà.
Gli scavi effettuati nella città arcaica hanno infatti consentito di giungere a conclusioni più interessanti. Queste conclusioni si riferiscono essenzialmente all'assetto della città fin dal VII sec. a. C. e alle forme originali dell'arte locale al VII e VI sec. a. C.
Cercheremo di tracciare rapidamente un quadro delle recenti scoperte per quel che riguarda l'agorà. Una cosa è certa: nella seconda metà del VII sec. a. C. venne costituita un'agorà monumentale la cui forma trapezoidale era delimitata da strade del tutto rettilinee ma non parallele. Due strade orientate grosso modo in direzione NS, ma non parallele, e una strada orientata in direzione EO formano tre dei lati di questo trapezio e costituiscono i limiti dell'agorà. A S invece, la piazza non è delimitata da una strada e sono i monumenti stessi che, da questo lato delimitano l'agorà. È da notare che il complesso degli edifici situati sul lato O dell'agorà sorge, rispetto a quest'ultima sul bordo esterno della strada, la quale quindi ne percorre la parte più occidentale. Gli edifici a N e a O invece, sorgono sul bordo interno della strada, separandola in un certo modo dalla piazza.
È difficile stabilire una cronologia precisa e quindi l'ordine di successione nella costruzione dei monumenti che nella seconda metà del VII sec. a. C. sorgevano intorno all'agorà. È possibile affermare, difatti, che questi edifici furono eretti in un arco di tempo abbastanza breve e che rientravano nell'ambito di un programma definito. D'altra parte, ad eccezione di alcuni di essi, situati sul lato O, essi non subirono modifiche fino alla distruzione della città da parte di Siracusa, avvenuta nel 483.
Quest'agorà aveva dunque l'aspetto di una piazza di forma trapezoidale, con una superficie approssimativa di circa 4.200 m2 e con un suolo di terra battuta. La sua descrizione negli anni 600 potrebbe essere la seguente: sul lato S due templi; rispettivamente sui lati E e N due lunghi portici; sul lato O un susseguirsi di edifici religiosi e civili. È interessante notare che i templi e i portici sussisteranno tali e quali fino al 483 a. C., mentre le modifiche e le innovazioni interverranno solo per i monumenti civili. In altri termini, le trasformazioni che vennero effettuate non implicarono un'alterazione della configurazione della piazza. Ci si limitò a sostituire uno o due degli edifici preesistenti con dei nuovi monumenti concepiti e costruiti in funzione delle nuove necessità civili e amministrative.
Lo stato di conservazione dei due portici che sorgono sui lati E e N non è buono e perfino la loro configurazione geometrica in pianta è incerta. Il portico situato sul lato N (5) rivela un particolare che merita di essere segualato: la sua ubicazione e le sue dimensioni precludevano l'accesso alla piazza dalla strada proveniente da N. Si noterà sulla pianta che nel muro di fondo di questo portico fu praticato un passaggio pedonale. A questo scopo fu lasciato libero un varco, presumibilmente con tre colonne di legno destinate a sostenere, mediante una trave, il carico del tetto.
Lo stato di conservazione dei due templi situati sul lato S è pur esso precario. Tuttavia, la loro pianta è chiara: quello situato più a E (m 14,50 × 6) è indubbiamente il più antico (2). Nell'interno è stato rinvenuto un abbondante materiale votivo che risale agli anni 640 (in particolare un bell'avorio dedalico). L'altro tempio (1), di dimensioni più notevoli (m 20,30 × 7,65), aveva un colonnato centrale.
Per il lato O, il più complesso, ci limiteremo in questa sede a porre in rilievo i monumenti più chiari e importanti: a N, all'angolo delle due strade, un santuario (3) composto da due camere (a, b), circondato da una zona sacra (c), dotato di bacini per i sacrifici. Sulla facciata, il muro, costituito da blocchi, si fermava all'altezza del suolo. In questi blocchi sono stati ricavati delle specie di vaschette per le libazioni. In base ai suggerimenti di G. Pugliese Carratelli, il santuario che dava sull'agorà era probabilmente dedicato all'eroe fondatore della città.
Verso il 530, all'altra estremità del lato O, nel punto in cui sorgevano edifici più antichi, fu costruito il pritaneo (m 14 × 11). Lo stato di conservazione delle tre camere quadrate di cui esso è composto è relativamente buono.
Per concludere l'argomento relativo all'assetto della città arcaica nel quartiere dell'agorà, basterà sottolineare brevemente i due punti seguenti: verso la fine del VII sec. a. C. con ogni probabilità, le strade subirono a loro volta un assetto da ricollegare al nuovo aspetto monumentale dell'agorà. Esse furono affiancate da muri più o meno spessi, più o meno ben costruiti. Sembra che gli angoli di questi muri furono oggetto di particolare cura. In tutti i casi, questi muri confermano ciò che ha rivelato lo scavo effettuato altrove un po' dappertutto: le strade della città arcaica non sono la risultante di un allineamento di case strette una contro l'altra, ma il limite di proprietà che includeva la casa in mezzo ad un terreno in cui si potrebbe immaginare il cortile, il giardino e le dipendenze domestiche.
D'altro canto, l'agorà non è il punto geometrico in cui sono accentrati tutti i monumenti della pòlis; non solo perché altri santuari esistevano in altre zone, ma perché nelle vicinanze immediate dell'agorà vi erano altri grandi edifici; a N, a meno di 25 m dietro la stoà, un tempietto della metà del VII sec. a. C. (4); a SE un altro tempio, esso pure dell'VIII sec. a. C.; in particolare, la messa in luce non ancora ultimata del settore a S del lato O dell'agorà ha rivelato di recente la presenza di un grande edificio press'a poco contemporaneo al pritaneo (con ogni probabilità un monumento civile) (9).
Gli scavi hanno permesso inoltre di giungere ad importanti conclusioni per quel che concerne l'esistenza di un'arte locale nei secoli VII e VI a. C. In primo luogo nella ceramica: artigiani locali, ispirandosi, all'inizio, ai modelli protocorinzî, svilupparono su grandi vasi uno stile subgeometrico, poi orientalizzante, in cui si avvertono influenze cicladiche; nel secondo e terzo venticinquennio del VII sec. a. C., è possibile seguire l'evoluzione di un'importante serie di scene con figure eseguite mediante una tecnica policroma: si tratta di vere megalografie, con numerosi personaggi, prive di elementi decorativi accessorî.
Nell'ambito dell'architettura, elementi sparsi qua e là attestano l'esistenza di edifici di stile ionico, eretti nella seconda metà del VI sec.; uno di essi era dotato di un cornicione in marmo pario. L'influenza ionica, come d'altronde alla stessa epoca in Occidente, si avverte anche nei monumenti di stile dorico.
Bibl.: G. Vallet - F. Villard, Mégara Hyblaea, 2, La Céramique archaîque, Parigi 1964, 2 voll.; Mégara Hyblaea, 4, Le temple du IVéme siècle, Parigi 1966 (Suppl. ai Mélanges de l'École française de Rome); Mégara Hyblaea, VI, in Mél. Éc. Française Rome, lxxx, 1958, pp. 39-59; VII, ibid., LXXIV, 1962, pp. 61-78; VIII, ibid., LXXVI, 1964, pp. 25-42; ibid., LXXVII, 1965, pp. 303-314; LXXVIII, 1966, pp. 277-292; Comptes-rendus Acad. Inscript., 1960, pp. 98-104; Κώκαλος, 1958, pp. 100-106; ibid., 1964-65, pp. 603-608.