Vedi MEGARA HYBLAEA dell'anno: 1961 - 1973 - 1995
MEGARA HYBLAEA (Μέγαρα ἡ "Υβλα)
Città della Sicilia, fondata nel 728 a. C. dai Megaresi di Lamis sul suolo concesso da Hyblon re dei Siculi (Thucid., vi, 4), fu distrutta nel 483 dal siracusano Gelone. Ricostruita con piano regolare all'epoca di Timoleonte sui resti della città arcaica, ha appena un secolo di vita, e viene nuovamente distrutta da Marcello. Successivamente (sec. II a. C. - VI d. C.) sopravvive con piccoli gruppi di fattorie e di abitazioni isolate.
Nell'area della città antica sono state poste in luce dagli scavi le tracce di un villaggio trincerato di età neolitica, che tra i manufatti ha restituito ceramiche dipinte a fiamma. Della non grande città, di età greca, situata sulla spianata di S. Cusumano, terrazza compresa tra il mare e la riva destra dell'Alabon (Cantera), restano ad O tratti delle mura poderose in conci lapidei, attribuibili alla ricostruzione ellenistica: fuori la cinta, il cui perimetro era di m 3400, si esplorarono in parte le necropoli arcaiche. Di una fortezza, costruita in gran fretta dai Siracusani nel cuore della città, per fronteggiare Marcello, gli scavi recenti hanno messo in luce i resti delle muraglie di S e di O con le relative porte protette da torri quadrangolari; nell'ambito di questa sono state inoltre scoperte le vestigia dell'agorà ellenistica con un portico ed un tempio. L'esplorazione precedente ha riconosciuto, nel mandorleto di fronte a casa Vinci, le fondazioni di due templi dorici di tipo arcaico, da cui si recuperarono frammenti lapidei di colonne con scanalature appiattite, di capitelli dal largo echino e di triglifi; non lungi, verso S-E, è visibile la base di altro piccolo tempio aptero della fine del sec. VI a. C. Ai templi arcaici appartennero anche alcune serie di terrecotte architettoniche, ravvivate da policromia e rilievo (museo di Siracusa). Presso le mura superstiti si riconoscono gli avanzi di un edificio non completamente scavato, presentante un allineamento di pilastri ottagonali. Altro avanzo di costruzioni a blocchi squadrati, probabilmente fondazione di una stoà, si protende nel mare. Interessanti elementi architettonici sono stati restituiti dalle tombe arcaiche, quali il capitello ionico di anta, precorritore nei motivi vegetali del corinzio, ed il fregio dorico, con la fresca ed elegante decorazione plastica nelle metope di un incrocio di palmette ioniche e fiori di loto. Nel campo della statuaria, M. H. vanta superbi documenti: lo xòanon calcareo, simile a colonnina rastremata, in cui l'accenno vitale è reso dai tozzi piedi e dalle braccia aderenti al petto; la dedalica statuina, nota come Terracotta David, dalla efficace espressività del volto; il grande koùros marmoreo, che riporta ad arte dorica, oltre ai torsi efebici ed alla testa che ha riscontri ricostruttivi con l'Efebo di Selinunte; la statua femminile seduta, di calcare locale, rappresentante una kourotròphos con in grembo i due piccoli, echeggianti nel volto tipi di arte ionica. Notevole è poi la ricca serie coroplastica che rispecchia il periodo di floridezza, quando M. H. fondò Selinunte. Per l'età arcaica è pure interessante la produzione di una ceramica locale, che, specie nei dìnoi, si sbizzarrisce in una decorazione di stile orientalizzante con animali o figure umane in una tecnica molto spesso policroma.
Il territorio megarese ha restituito per l'età romana una bella testa-ritratto in marmo, assegnabile al tardo periodo augusteo, indizio di qualche villa sulle alture lungo il fiume Mylas (Marcellino).
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