MEKNÈS (arabo Miknās; A. T., 112)
Città del Marocco, una delle tre antiche capitali dell'impero sceriffiano, posta a 55 km. a ovest di Fez, in posizione ridentissima su uno sperone dell'altipiano il quale si estende a nord del Medio Atlante, a 530 m. s. m. La città, sorta per opera degli Almoràvidi che vi si stabilirono fortificandovisi, passata poi sotto il dominio degli Almohàdi che la devastarono, risorse per qualche tempo, ma poi nuovamente decadde. I Merīnidi, che vi si fissarono verso la metà del sec. XIII, vi eressero importanti edifici. Successivamente ebbe periodi di fiorimento e di decadenza. Scelta come sua principale residenza dal sultano Mūlāy Ismā‛īl, fu dotata d'importanti fortificazioni, di edifici cui lavorarono migliaia di schiavi, e di sontuosi giardini che ne fecero una Versailles marocchina. Dopo la morte di Mūlāy Ismā‛īl (1727), s'iniziò la sua decadenza, avendo ceduto ormai il rango di sede imperiale a Fez e a Marocco. Nei primi anni di questo secolo Meknès ebbe a soffrire per le competizioni dei Berberi contro il sultano di Fez. Occupata dai Francesi nel giugno 1911, la città ebbe un nuovo sviluppo, essendosene rispettato peraltro, come nelle altre città marocchine, l'antico carattere. Un nuovo quartiere europeo sorse a un chilometro a levante della città indigena, nell'antico campo d'El Hamria e ivi fa capo la ferrovia per Fez, cui a breve distanza s'innesta quella di Tangeri. La citta europea con i suoi uffici pubblici civili e militari, gli ospedali, le scuole, va sempre più sviluppandosi: Meknès nel 1931 contava 66.700 ab., di cui 12.559 Europei.
Monumenti. - Lo splendore di Meknès culmina alla fine del sec. XVII. Di anteriore a tale epoca non rimane che un collegio (medersa) che meriti d'essere segnalato: la medersa Bū ‛Ināniyyah, costruita dal sultano merīnide Abū 'l-Ḥasan (1331-1348) e da suo figlio Abū ‛Inan (1348-1358) del quale ha conservato il nome. Come i collegi coevi di Fez, anche questa medersa presenta un'elegante decorazione di stucco e di mosaico di ceramica sullo zoccolo dei pilastri e delle mura.
Il potente sceriffo Mūlāy Ismā‛īl (1672-1727) fece di Meknès una capitale marocchina. La sua qaṣbah, quartiere reale, comprendeva tutta una città, di cui non restano che poche rovine. Vi si trovano recinti enormi, che racchiudevano le abitazioni primitive della sua guardia negra; un granaio di dimensioni colossali, diviso in ventitré navate alte più di 12 metri; abitazioni sormontate da terrazze e vasti bacini per l'irrigazione dei giardini.
Di maggiore interesse artistico sono alcune porte della città: Bāb al-Klamis, Bāb Giāmi‛an-Nuār e soprattutto Bāb Mansūr al-‛Eulj (al-‛ilǵ). Questa, di grandi dimensioni, presenta un grande vano, incorniciato da un largo reticolo di mattoni. Due salienti quadrati, la cui base è traforata da una specie di portico (beniqa), fiancheggiano questa parte centrale e sono a loro volta fiancheggiati da altri due salienti più stretti, poggiati ognuno sopra una grande colonna. Il fondo delle decorazioni a rilievo è tappezzato da mosaici di ceramica dai colori delicati.
Bibl.: G. Marçais, Manuel d'art musulman, II, Parigi 1927; J. de la Nézière, Les monuments mauresque du Maroc, ivi 1924; P. Champion, Tanger, Fès et Meknès (coll. Les villes d'art célèbres), ivi 1924, 2ª ed. 1931.