MELANESIA
. Designazione di un vasto insieme di isole dell'Oceano Pacifico, comprese fra gli arcipelaghi della Polinesia a E., della Micronesia a N., e dell'Indonesia a O., e il continente australiano a S. In un senso più ampio comprende perciò la Nuova Guinea, le isole dell'Ammiragliato, l'arcipelago di Bismarck, le Salomone, le isole di Santa Cruz, le Nuove Ebridi col gruppo delle Banks, la Nuova Caledonia con le isole della Lealtà e il gruppo delle Figi. In un significato più ristretto, la Melanesia designa soltanto le isole abitate dagl'indigeni che parlano il gruppo delle lingue e dei dialetti "melanesiani", un ramo della famiglia maleo-polinesiana (v. maleopolinesiache, lingue), onde dal territorio sopra indicato rimane esclusa la maggior parte della Nuova Guinea e qualche altra piccola area insulare, occupate dalle lingue papuasiche. Tali residui delle lingue papua sono nella Nuova Britannia (Baining, Sulka, Tumuip) e nelle Salomone (Nasioi, Koromira, Telei o Buin dell'isola Bougainville; Bilua di Vella Lavella; Baniata di Rendova; Laumbe dell'isola Russell; Savo dell'isola Savo). Tracce d'influssi linguistici polinesiani sono riconoscibili nelle Salomone meridionali, nelle Nuove Ebridi e nelle Figi.
Antropologia. - Che in questa regione si trovino interessanti problemi antropologici è dimostrato anche dal nome, il quale, contrariamente a quelli di Polinesia e Micronesia, è derivato da una caratteristica antropologica degl'indigeni e cioè dal colore della loro pelle. Infatti i primi viaggiatori furono molto stupiti di trovare veri negri dai capelli crespi a tanta distanza dall'Africa. Quasi del tutto circondata dagli arcipelaghi dell'Indonesia, Micronesia e Polinesia che hanno popolazioni giallobrune, e, a maggior distanza, avvicinata dai continenti dell'Asia e dell'America che hanno popolazioni di colore non dissimile, questa regione di negri non può essere messa in rapporto se non col continente australiano. Per quanto scuri di colore possano essere, gl'indigeni dell'Australia non hanno però capelli crespi, anzi presentano molti caratteri particolari che vietano d'includerli nella razza melanesiana. Anche i Papua, in passato, venivano considerati una razza a sé e i Melanesiani erano limitati ai minori gruppi insulari della Melanesia; ma nelle più recenti classificazioni di razze, tutte le popolazioni di pelle scura e di capelli crespi sono state raggruppate sotto il nome di Melanesiani (J. Deniker, Giuffrida-Ruggeri, Ten Kate, E. Fischer, E. von Eickstedt). Essi in tal modo costituiscono quelli che si potrebbero dire i "Negri orientali", cioè la parte orientale della grande razza umana di colore nero, della quale i Negri dell'Africa formano la parte occidentale. La parentela tra i Papua e i Melanesiani è certamente da accettare e l'unica questione è se la razza, invece della denominazione di Melanesiani, non meriterebbe a più giusto titolo quella di Papua. Sono appunto i Papua che, di questi negri orientali, formano il nucleo maggiore il quale, nella nuova Guinea, vasta e difficilmente accessibile, s'è conservato più immune da mescolanze straniere; mentre invece gli abitanti degli arcipelaghi sono, in massima parte, più o meno mescolati con sangue polinesiano. Tale è anche l'opinione dell'antropologo inglese Haddon: sotto la denominazione di Ulotrichi orientali (ulotrichi "capelli lanosi") egli considera ancora i Melanesiani e i Papua come gruppi separati, ma afferma che "Melanesiani sono in prevalenza d'origine Papua, però mescolati più o meno con immigranti".
Riassumendo, i Melanesiani sono una razza chiaramente definita ncll'Oceano Pacifico, la quale ha il proprio centro nella Nuova Guinea e nelle isole circostanti. Sue caratteristiche dominanti sono i capelli crespi e la pelle scura; altri elementi tipici sono il naso largo di carattere chiaramente platirrino e la faccia piuttosto bassa. La forma della testa tende fortemente alla dolicocefalia (indice cefalico da 71 in su, per molte tribù della Nuova Guinea, della Nuova Caledonia, delle isole Figi), sebbene sia comune anche la mesocefalia e s'incontrino sporadicamente anche casi di brachicefalia. La statura è di solito bassa con dei minimi pari alla statura media dei Pigmei; ma non mancano gruppi a statura alquanto più rilevata e anche alta (da m. 1,71 in su). Nei Papua la pelurie del corpo è bene sviluppata; meno, in proporzione, nei Melanesiani. Dove non intervengono influssi stranieri, il tipo mongolico manca del tutto.
Come già si è osservato, i Papua e gl'isolani della Nuova Britannia e Nuova Irlanda (già arcipelago di Bismarck) si trovano assai prossimi alla Nuova Guinea, la cui popolazione è la rappresentante più tipica della razza melanesiana; mentre gli abitanti degli arcipelaghi melanesiani situati più a oriente si sono mescolati, in maggiore o minor misura, con immigranti polinesiani. Ciò è chiaramente visibile dal colore più chiaro della pelle, dal viso meno rozzo, dal naso più stretto, e specialmente dai capelli ricci o ondulati e dal trovarsi talora la plica mongolica sull'occhio. Tuttavia le isole Salomone, le Nuove Ebridi, la Nuova Caledonia e le isole Figi, le quali ultime formano l'estremo punto orientale del territorio melanesiano, contengono tribù d'aspetto negroide che hanno colore molto scuro: i Buka sono nettamente neri, per quanto mesocefalici. A est delle Figi si entra in regioni polinesiane, ma il carattere negroide giunge fino alla Nuova Zelanda e alle Hawaii, i cui abitanti palesano chiaramente nei loro visi un lieve influsso melanesiano. Il medesimo si verifica, e in grado anche maggiore, verso nord, per la Micronesia. I Micronesiani sono molto meno omogenei dei Polinesiani e contengono sangue nero in misura assai maggiore. L'influsso melanesiano è alquanto più limitato verso ovest, perché la Nuova Guinea confina da questa parte con un denso arcipelago d'isole maggiori, le Indie Olandesi, popolate da Malesi. Nelle maggiori isole della Sonda non vi è nessuna traccia di popolazione negroide (v. malesi: Antropologia); ma nelle minori tra le medesime isole l'influsso melanesiano è palese e giunge fino a Flores. Alcune tribù di quest'isola (e cioè gli Ata Krowe o Krowenesi) presentano perfino una forte preponderanza di elemento melanesiano, ossia, in questo caso, veri e proprî lineamenti dei Papua. Anche Timor ha un elemento chiaramente melanodermico. Per quanto riguarda le Molucche, l'arcipelago tra le Celebes e la Nuova Guinea, l'influsso dei Papua vi è ovvio, ma meno forte, a causa dell'antica colonizzazione malese nei punti più importanti, come Ambon, Banda e Ternate. È cospicuo invece nella grande isola di Ceram, dove è rivelato da pelle di colore scuro, dolicocefalia, capelli ricci, fisionomia più primitiva.
Dopo aver descritto i Melanesiani (per maggiori particolari sui Papua, v. nuova guinea) e le loro relazioni con le razze finitime, resta da accennare ai gruppi pigmoidi che l'esplorazione etnologica del sec. XX ha scoperto nel centro della Nuova Guinea e nelle località meno accessibili di alcune isole della Melanesia: nelle Nuove Ebridi e nella Nuova Britannia (Baining). Nelle alte montagne del centro, questi pigmoidi vivono in comunità piuttosto numerose e totalmente isolati. Sono mesocefali o leggermente brachicefali; nondimeno la loro somiglianza col comune tipo papua è cospicua (Schlaginhaufen, Bijlmer), e piuttosto che considerarli come forme infantili o degenerative, si può ammettere che rappresentino una piccola varietà di Papua. Questo elemento pigmoide, che è ricordato quasi dappertutto dalle tradizioni degl'indigeni, è certamente molto antico e doveva essere altra volta molto più diffuso.
Più arduo è il problema dei rapporti somatici dei Melanesiani con gli Australiani e i Tasmaniani: alcuni dei gruppi orientali (Nuova Britannia, Nuova Caledonia) hanno un aspetto fortemente "australoide" nelle forme del cranio e della faccia. I Tasmaniani, ora estinti, erano forse nelle loro forme originarie vicini al ceppo comune dal quale possono essere sorte la razza australiana e la melanesiana.
Etnografia. - Strati e cicli culturali. - Il vasto tentativo di F. Gräbner di ordinare la confusa congerie degli elementi culturali papua e melanesiani in una specie di stratificazione storica per mezzo della sua teoria dei cicli culturali, rimarrà sempre, malgrado le importanti correzioni fatte da altre parti alla sua esposizione, un prodotto glorioso dell'etnologia comparata. Egli attribuisce alcuni elementi sporadici, come le mazze a bastone, la clava, la mazza da getto, la capanna ad alveare, l'avulsione dei denti e le cicatrici ornamentali agli strati culturali più antichi. Egli colloca poi nel seguente complesso culturale, denominato "papuano occidentale" e conservato specialmente in alcune delle Salomone e nella Nuova Caledonia: il propulsore, le sepolture su piattaforma, i corni da fiato, l'astuccio penico, la capanna cilindrica con tetto conico, la venerazione di divinità solari e il totemismo patriarcale. L'estensione di questa cultura fu tuttavia arrestata dalla cultura "papuana orientale", che divenne predominante specialmente nelle Nuove Ebridi, in gran parte delle Salomone, in diverse zone della Nuova Guinea, e in quasi tutta la Nuova Britannia, ed è caratterizzata dalla capanna quadrata con tetto a spioventi, da società segrete con maschere, mazze a testa grossa e stellata, speciali forme di scudi, e particolarmente dal sistema matriarcale delle due classi. Su tutti questi cicli culturali specialmente della Melanesia occidentale influì la cultura melanesiana propriamente detta, della quale sono caratteristici l'arco piatto, la capanna quadrangolare sollevata su pali, le case per più famiglie, il culto di cranî, la caccia alle teste. L'azione della cultura seguente, detta protopolinesiana, si mostra specialmente nel campo della navigazione e della pesca, e nel forte sviluppo del potere dei capi, del tabu e delle caste. Gl'influssi più recenti vennero infine dall'Oriente, dove si era intanto sviluppata la vera cultura polinesiana, e dalla Micronesia e Indonesia (tessitura, vele quadrate, cerbottana, monete di conchiglie). Accanto a quest'ipotesi enunciata per la prima volta nel 1904, e da allora modificata dal suo stesso fondatore e da altri etnologi, bisogna ricordare soprattutto il tentativo di G. Friederici (1913) di stabilire, per mezzo di criterî linguistici, la via seguita dai portatori dei linguaggi melanesiani dall'Indonesia del sud-est. W. H. Rivers (1914) cercò invece di delineare la storia delle culture della Papuasia e Melanesia mettendo soprattutto in rilievo il contrasto fra la "gente delle due classi" indigena e i popoli immigrati del betel e della cava. R. Heine-Geldern (1932) si valse d'altra parte specialmente delle scoperte archeologiche (forme delle accette) per collegare la cultura della Melanesia e dell'Oceania all'Indonesia e all'Asia sud-orientale.
Nel quadro che segue della vita materiale e spirituale delle genti melanesiane, sì fa astrazione dai Papua (v. nuova guinea), che sono, in complesso, più primitivi e meno influenzati dalle culture recenti.
Le forme della vita materiale. - Il Melanesiano vive prevalentemente del prodotto delle sue piantagioni, della cui disposizione e cura egli è maestro, benché prima dell'introduzione della vanga di ferro, il bastone da scavo fosse l'unico strumento usato nella lavorazione del terreno. Le piante principali sono il taro, lo yam, la batata, la banana e l'albero del pane; esistono anche le palme del cocco e del sagù, e oltre a ciò la canna da zucchero e svariati frutti selvatici e radici. La tapioca, il mais, il cocomero, il cetriolo e l'ananasso sono stati introdotti dagli Europei. Altri prodotti consumati sono la noce di areca, il pepe del betel, la cava e il tabacco. La partecipazione dei due sessi ai lavori campestri varia di luogo in luogo; il dissodamento della foresta tuttavia è sempre fatto dagli uomini. In passato, nella Nuova Caledonia si costruivano campi terrazzati e irrigati. I campi sono coltivati alternativamente con piante diverse e lasciati anche incolti per qualche tempo.
Sulle coste ha grande importanza la pesca, che viene eseguita con armi, reti, arponi, frecce, nasse, o con l'avvelenamento dell'acqua. Un metodo originale conosciuto in varî luoghi è la pesca per mezzo di un cervo volante legato con un filo all'imbarcazione mentre un altro filo con l'esca scende dal cervo volante sino alla superficie dell'acqua. Molto attiva è pure la caccia alla tartaruga.
Gli animali domestici sono il maiale, il cane e i polli indigeni, ora quasi dovunque sostituiti da quelli importati. La carne suina e canina è considerata quasi dappertutto come una leccornia. Nell'interno delle isole si pratica più che sulle coste la caccia con la lancia o con l'arco; la selvaggina principale essendo costituita dal cinghiale, da diverse specie di kuskus, e anche da varî uccelli. In alcuni luoghi c'è l'uso di cibarsi di terra grassa (v. geofagia). I cibi sono generalmente preparati in "forni a terra" a meno che non vengano, come i pesci, arrostiti sul fuoco. Per salare le vivande viene adoperata acqua di mare, dalla quale si ottiene pure, in alcuni luoghi, il sale con l'evaporazione. La cottura è dappertutto lavoro femminile; il fuoco si ottiene per sfregamento.
I Baining sono coltivatori alla zappa, nomadi, che s'insediano momentaneamente là dove hanno posto il loro campo di taro, per scegliere poi, quando questo è sfruttato, un altro luogo, spesso molto lontano, per una nuova piantagione. Per questa ragione le loro capanne sono molto primitive. Capanne rotonde od ovali con tetto conico si hanno nella Nuova Caledonia, a Santa Cruz e a Figi. Nell'isola Ysabel (Salomone) si trovano pure case sugli alberi che servono da rifugio nei momenti di pericolo. Più diffuse sono le Capanne rettangolari sul suolo o su pali, con tetto a spioventi, le quali, quando si tratta di case da riunione o per i celibi, possono raggiungere lunghezze considerevoli. Vi sono in varî luoghi anche case per più famiglie; spesso si hanno capanne separate per gli uomini e le donne. L'orgoglio del villaggio sono dovunque le case per le riunioni, costruite con speciale cura e adornate riccamente con lavori d'intaglio e pitture, nelle quali gli uomini si adunano, i celibi trascorrono la notte, gli stranieri vengano ospitati, e dove le ricchezze e i trofei dei villaggi sono messi in mostra; qui sono custodite le grandi imbarcazioni, il denaro di conchiglie e di denti della tribù, i ricordi delle feste passate sotto forma di mascelle inferiori di maiali uccisi per l'occasione, i cranî dei nemici uccisi in guerra e quelli venerati dei proprî defunti, le grandi scodelle di legno usate nei festeggiamenti solenni, i tamburi da segnali, le armi, ecc.
Alcuni villaggi di Ysabel erano fortificati con muri di pietre; in Santa Maria (gruppo delle isole Bank) le case da riunione erano situate su piattaforme di pietre alte fino a tre metri. Resti d'una cultura megalitica si trovano con maggiore frequenza nelle Nuove Ebridi, soprattutto a Santa Maria, che è disseminata di mura di pietra e tumuli di terra (mounds). Una parte di queste costruzioni può essere interpretata come antiche fortificazioni, ma più che altro deve trattarsi di luoghi di sacrificio, poiché gran parte dei blocchi di basalto mostra un incavo ovale o rotondo. Tali tavole di pietra, spesso circondate da una cerchia di pietre verticali, servivano ancora recentemente a Malekula come luoghi di sacrificio per l'uccisione di maiali e di grossi piccioni, forse, in passato, anche di uomini. I veri costruttori di questi megaliti, attribuiti dagl'indigeni a una popolazione precedente chiamata "Malavui" sono sconosciuti.
In passato gli uomini andavano, specialmente fra le tribù dell'interno, per lo più nudi, le donne si contentavano di frasche di fogliame secco o di grembiuletti d'erba. In altri luoghi i due sessi portano intorno ai fianchi stoffa di corteccia battuta (tapa). Nelle Salomone si usano cappucci per la pioggia e visiere per il sole, di fibre intrecciate. Mentre la fabbricazione di stoffa di corteccia d'albero è conosciuta su un vasto territorio, soltanto a Santa Cruz e nelle isole Bank era in uso un telaio primitivo, probabilmente originario della Micronesia, sul quale si fabbricavano fasce, stuoie, nastri, ecc. Generalmente esiste un abbigliamento speciale per le danze; così nelle isole dell'Ammiragliato gli uomini portavano in questa occasione due grembiuli, uno davanti e uno dietro, riuniti da una cintura. Questi grembiuli erano costituiti nella parte superiore da un tessuto di fibre intrecciate fittamente, adornato con penne di pappagallo: sotto c'era il grembiule propriamente detto, formato da migliaia di piastrine di conchiglie allineate. Gli ornamenti venivano preparati per la maggior parte con conchiglie, guscio di tartaruga, penne, fiori, denti umani e di animali. Nella capigliatura degli uomini che portano spesso acconciature sferiche o a elmo, sono infilati ciuffi di penne di cacadu, di pappagallo, di casuaro o ramoscelli con fiori rossi d'ibisco. Le donne, che dànno meno importanza alla cura dei capelli, li portano - almeno nella vecchiaia - tagliati corti. Anche la colorazione dei capelli è diffusa. Accanto alle collane, ornamenti frontali e braccialetti, sono da ricordare soprattutto le piastre per il petto, che nella Nuova Irlanda consistono in dischi di tridacna sui quali vengono poste sottili piastre di tartaruga traforate secondo modelli particolari.
Sono molto diffuse la pittura del corpo, la perforazione del setto nasale, l'annerimento dei denti, la perforazione dei padiglioni delle orecchie, le cicatrici ornamentali e il tatuaggio (più frequente nelle donne che negli uomini). Gli utensili più comuni erano, una volta, le accette di pietra e di conchiglia (di serpentino nella Nuova Caledonia), i coltelli di conchiglia, le raspe di corallo, ecc.; il trapano era conosciuto nella parte meridionale del territorio.
Straordinariamente svariato è l'arsenale delle armi guerresche. Per la lotta da vicino servono aste e lance di tutte le forme e grandezze (con punte di legno, di ossidiana, di lische di razza, di ossa umane), spesso seghettate o uncinate, e nelle isole Matty provviste di lunghe file di denti di pescecane; inoltre mazze di legno la cui testa è costituita eventualmente da pirite, serpentino, ecc., e presenta talvolta forme a stella. I.'arma per la lotta a distanza, più ancora che l'arco, è la fionda, che viene maneggiata con grande sicurezza e colpisce fino a 25-30 m. di distanza. L'inventario delle armi è completato da pugnali e spade di legno, dal propulsore (Nuova Caledonia) e da diverse specie di scudi.
Durante le loro guerre - che in alcuni luoghi non avevano, per così dire, mai termine - i Melanesiani osservavano un determinato cerimoniale: annunzio formale della guerra, chiusura solenne delle ostilità, spesso per la mediazione delle donne; queste mantenevano un atteggiamento neutrale e non partecipavano alla guerra, però all'occasione - per es., a Lifu - istigavano i loro uomini a combattere per mezzo di canti guerreschi. La guerra era condotta per lo più con assalti a tradimento. Nel campo dei vincitori si dava in generale una grande festa di cannibalismo e le teste e mandibole dei nemici uccisi adornavano in seguito le case di riunione.
Gli abitanti di Lifu sostengono di essersi dati all'antropofagia per carestia. Ma è noto che la vera causa di questa pratica orribile sta nella credenza che con la carne del nemico mangiato anche la sua forza si trasmetta al vincitore. Nelle Figi il cannibalismo aveva preso delle forme incredibili, e anzi durante l'ultimo secolo, per contatto fra tribù e tribù, si era diffuso anche in isole che ne erano esenti. Molte tribù facevano commercio di carne umana.
Oltre alle zattere di tronchi d'albero legati insieme, si trovano imbarcazioni scavate in un tronco, con due o tre bilanceri, come anche - nelle Salomone - barche costruite con più tavole. La locomozione avviene con remi o a vela. I remi e le tavole di prua delle imbarcazioni sono riccamente adornati con intagli e pitture. Le grosse imbarcazioni portavano un nome speciale e venivano consacrate con una vittima umana. Il commercio - vasellame, lame di accette, maiali, ecc. - ha luogo generalmente in mercati regolari. Come moneta o misura del valore servono penne di uccelli (a Santa Cruz), denti di cane e di cinghiale, e specialmente fili di valve di diverse conchiglie (tambu o diwarra dell'arcipelago di Bismarck, dalle valve della Nassa callosa). Tutto ciò che esiste si può vendere e comprare: donne, imbarcazioni, i diversi gradi della società segreta; perciò il Melanesiano tende avidamente alla ricchezza. Un mezzo per raggiungerla sono gli affari di prestito; l'interesse richiesto è, indipendentemente dal tempo, del 100%. C'erano delle persone furbe che persuadevano altra gente di affidar loro il proprio tambu, dando loro l'illusione di farlo raddoppiare con arti magiche. Quando le vittime reclamavàno il denaro o gl'interessi, venivano pagati coi fondi di ulteriori depositanti.
Tra le arti dei Melanesiani è da ricordare, oltre all'intrecciatura e alla tessitura, la ceramica, che, conosciuta solo in alcune isole, produceva nelle Figi e nella Nuova Caledonia articoli smaltati assai fini. Nel legno s'intagliavano maschere, figure di antenati, idoli; veniva pure coperto d'intagli il legno, spesso anche dipinto, dei vasi, cucchiai, lance, frecce, imbarcazioni e simili. Questi prodotti mostrano spesso un senso artistico molto sviluppato; basta ricordare gli originali intarsî su legno (malanggan) fabbricati per il culto dei morti nella Nuova Irlanda.
Vita sociale e familiare. - In occasione dei festeggiamenti c'è sempre ballo, canto e musica. I ballerini sono in generale riccamente a dornati, spesso mascherati. Tra gli strumenti musicali sono da rammentare i flauti e i flauti di Pan, i tamburi, l'arco musicale, i tamburi a mano. I grandi tamburi servono soprattutto per segnalazioni raggiungendo il suono grandi distanze. Il rombo si trova come giocattolo per bambini, o come strumento sacro, usato solo in speciali cerimonie e tenuto nascosto timorosamente dalle donne.
I Melanesiani sono dei buoni osservatori della natura. Essi dividono l'anno secondo i fenomeni naturali, con l'aiuto di alcuni gruppi di costellazioni. Il corso del sole è per lo più ben conosciuto; occasionalmente si dànno delle feste solstiziali.
La Melanesia è il paese classico delle associazioni segrete maschili. Originate in seno a società di cultura più primitiva, divennero, in seguito alla loro trasformazione fortemente plutocratica, non più accessibili a tutti i membri adulti della tribù, per lo meno non in tutti i loro gradi. In relazione con queste società è, dovunque, l'uso della maschera. I danzatori mascherati che si producono in momenti determinati - spesso per promuovere la vegetazione - figurano gli spiriti ritornanti dei morti, la cui voce è udibile anche nel ronzio del rombo. Queste società esercitano la sorveglianza sui non iniziati, specialmente sulle donne, infliggono multe in denaro e perfino la pena di morte. Ma se anche talvolta esse sono diventate per le loro estorsioni il terrore della contrada, l'importanza dei loro atti per l'interesse della tribù deve essere apprezzata. Tra queste società sono i Dukduk e Ingiet nella Nuova Britannia; Rukruk e Matambala nelle Salomone, i Sukwe e Tamate nelle isole Banks.
La pubertà dei giovani (spesso accompagnata dalla circoncisione e da altri riti) era dappertutto festeggiata come un avvenimento pubblico. La forma di matrimonio dominante è il matrimonio a compera; in alcuni casi (per es., presso i Sulka) la ragazza sceglie l'uomo. La poligamia non si osserva che presso le persone ricche.
I frequenti ostacoli posti al matrimonio si spiegano con la struttura sociale della tribù: così i Moanus (isole dell'Ammiragliato) si suddividono in un certo numero di gruppi matrilineari i cui membri portano diversi animali totem e le persone dello stesso gruppo non devono sposarsi fra loro. In altri luoghi, per es. nella parte nord-orientale della penisola delle Gazzelle (Nuova Britannia), la tribù, pure matriarcale, si suddivide in due classi matrimoniali esogame, entro le quali il matrimonio è considerato incestuoso.
Le due classi si chiamavano colà semplicemente "noi" e "loro"; in altri luoghi sono denominate da uccelli o insetti, talvolta anche dai loro fondatori mitologici.
Il "sistema classificatorio di parentela" diffuso nella Melanesia con molte varianti, onde, per es., il padre e gli zii, la madre e le zie, i cugini e i fratelli, i figli e i nipoti, sono chiamati con la stessa parola, è stato utilizzato da W. H. R. Rivers, per la ricostruzione degli stadî sociali precedenti.
La forma più comune di governo dei Melanesiani era una gerontocrazia più tardi trasformata plutocraticamente, nella quale non poteva svilupparsi un forte potere dei capi. Le differenze fra i nobili e il popolo, la grande potenza dei capi che potevano porre in bando (tabu) cose o persone, e l'ereditarietà della qualità di capo sono elementi culturali subentrati solo più tardi dalla Polinesia.
Religione e mitologia. - In relazione alle diversità culturali e generalmente anche allo stato sociale del defunto, le forme di sepoltura mostrano grande varietà. Si lasciano decomporre i cadaveri su piattaforme o in speciali imbarcazioni, si seppelliscono (in posizione seduta, distesa o eretta), si cremano, si gettano nel mare o si ripongono dopo un'imbalsamazione in caverne. Cranî, mandibole, ossa degli arti, capelli e denti dei morti vengono talvolta collocati in recipienti di legno (spesso in forma di pesce) e conservati su pietre votive nelle case delle riunioni o dai parenti. Questo culto ha per base gli stessi concetti magici della caccia alle teste e del cannibalismo. D'altra parte si è sviluppato fra i Melanesiani un animismo profondamente radicato, che si manifesta nelle concezioni originali e complicate concernenti la natura spirituale dell'uomo e le trasmigrazioni dell'anima o la sua sopravvivenza dopo la morte. Le anime trasmigrano sotto terra (spesso attraverso crateri) o attraverso il mare in isole lontane, diventano poi spiriti di diversa potenza, che possono intervenire nel destino dei viventi se questi ultimi li implorano con preghiere e sacrifici. Vengono soprattutto adorati gli spiriti dei morti che in vita disponevano del mana: con questo nome s'indica la forza misteriosa che si manifesta in tutti i fatti della natura o della vita umana che escono dall'ordinario. Un uomo trova, per es., una pietra di forma singolare, suppone che essa possegga il mana, e lo mette alla prova ponendola tra le sue piantagioni. Se il raccolto va eccezionalmente bene, la sua previsione è comprovata; il mana della pietra ha irradiato le piante. I capi più abili, i guerrieri più valorosi devono possedere il mana altrimenti non potrebbero portare a termine le loro imprese.
I Melanesiani fanno però differenza tra gli spiriti dei morti e altri esseri che non furono mai uomini: la natura è tutta popolata di spiriti che abitano pietre, alberi, serpenti, pescicani, fregate, coccodrilli. Anch'essi sono venerati, come gli spiriti dei morti, con preghiere e vittime. Nelle foreste folleggiano nani e demoni sinistri, con due facce e una gamba sola, o con orecchie così lunghe e grandi, che le adoperano durante il sonno come coperte. Manca tuttavia un pantheon definito, riconducibile ai fenomeni naturali e culminante in un essere supremo, e manca pure l'idea d'una creazione dell'universo. Si trovano tracce di ciò solo in luoghi più fortemente influenzati dalla Polinesia, per es., nelle isole della Lealtà, dove un dio del tuono mostra tratti di un antico dio celeste (cui fu rapito, come a Giove il fuoco) e dove si narra, come nella cosmogonia polinesiana, che le isole furono pescate fuori dal mare.
In armonia col matriarcato prevalente il primo principio cui può risalire il pensiero è la dea progenitrice; così per alcuni indigeni della Nuova Irlanda vi è una progenitrice che vive , "lassù", eterna, e con potere proprio; il serpente alato Hatuibwari è raffigurato come maschile, ma con petto femminile. Per lo più la formazione del mondo e l'istituzione della civiltà umana sono attribuite a una coppia di fratelli, che ha importanza specialmente nel sistema delle due classi. Nella Nuova Britannia sono To Kabinana e To Karvuvu che hanno ordinato le cose come oggi sono; l'uno è destro, sapiente, benigno; l'altro mancino, inesperto, cattivo.
Il numero dei Melanesiani, a parte la Nuova Guinea, ammonta ancor oggi a 450.000 individui dei quali (1925) solo 3580 cattolici; 12.000 nelle Nuove Ebridi. Tra le opere missionarie di carattere assistenziale va ricordata la famosa colonia di lebbrosi affidata dall'Inghilterra a suore cattoliche. I Melanesiani hanno pagato caro il contatto con la civiltà europea; specialmente nelle Nuove Ebridi, a Santa Cruz, e nella Nuova Caledonia si nota una diminuzione allarmante della popolazione. Durante il sec. XIX, molte malattie importate (morbillo, vaiolo, malattie sessuali, polmonite, influenza) infierirono spaventosamente e un capitolo particolarmente triste nella storia dello spopolamento della Melanesia fu dato dall'assoldamento forzato dei lavoratori per il Queensland. L'antica cultura dei Melanesiani sta quasi dovunque tramontando; in alcune località, per es., alle Figi, è già quasi scomparsa; gli effetti del nuovo modo di vivere si traducono in varî luoghi in un'impressionante diminuzione delle nascite e della stessa durata della vita; i matrimonî diminuiscono, l'aborto e la prostituzione sono in aumento.
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