MELCHISEDEC
. Personaggio biblico, che, sebbene di razza cananea, ebbe un posto notevole nel pensiero del monoteismo ebraico e cristiano. M. ci appare nella Bibbia come una meteora in un caratteristico episodio della vita di Abramo (Genesi, XIV, 18-20).
È re di Salem, cioè probabilmente di Gerusalemme, che in questa forma accorciata s'incontra ancora in ebraico (Salmi, LXXVI, 3), in arabo (Yāqūt), in greco (Pausania), ecc. Insieme però M. esercita le funzioni di "sacerdote dell'Altissimo", nome della suprema divinità, che da sé non implica Monoteismo, ma qui, come altrove nella Bibbia, è certo (il contesto lo esige) identico a Jahvè.
Il nome di M., di conio prettamente cananeo, si compone di due elementi: melek = re; sedeq = giustizia. Il primo elemento, del resto assai raro nei nomi proprî, è facile che stesse in origine per la divinità, e tutto il nome M. verrebbe a dire: "il mio Re (Dio) è giustizia"; ma può anche esser termine comune e dare al complesso il senso di "re di giustizia" (v. Ebrei, VII, 2).
M. si fa incontro ad Abramo reduce da una fortunata spedizione, si congratula con lui della sua vittoria, gli offre a ristoro "pane e vino", probabilmente, secondo l'uso dei tempi, già prima offerti a Dio in sacrifizio, benedice il patriarca vincitore e da lui riceve la decima parte del bottino di guerra. Dopo questo, M. scompare dalla scena, e non è più menzionato nell'Antico Testamento che una volta sola in un carme d'augurio al re davidico ideale (Messia), il quale viene con giuramento solenne da Dio stesso proclamato "sacerdote in eterno sul modello (‛al dibrati, locuzione insolita) di M." (Salmo, CX, 4). Pochi ricordi, ma sufficienti a fondare la storicità del personaggio, e a darci in M. il tipo del monoteista fuori del lignaggio israelitico. Nel canone della Messa latina M. è ricordato col giusto Abele e col patriarca Abramo.
L'esegesi cristiana comincia con l'epistola agli Ebrei, che dal modo misterioso onde nel Genesi ci si presenta M. senza antecedenti e senza successori, sacerdote e re a un tempo, in atto di benedire Abramo e riscuoterne il tributo, trae una magnifica figura dell'augusta persona di Gesù Cristo e la prova della superiorità del sacerdozio di Lui sopra l'antico sacerdozio istituito nella tribù di Levi (Ebrei, VII, 1-25). A questa sobria tipologia, che, senza negare l'umanità e la realtà storica di M., ne innalza il significato, si attenne la gran maggioranza degli interpreti cristiani nell'antichità. Ma non se ne contentarono certi ambienti idealistici in Oriente, e in Occidente l'Ambrosiastro (v.), i quali in M. videro un essere sovrumano, un angelo o una persona della Trinità, il Verbo o lo Spirito Santo, apparso in forma d'uomo. Queste concezioni vennero dai più valenti Padri, Girolamo, Crisostomo, Cirillo Alessandrino, energicamente confutate, ma non condannate dalla Chiesa.
Di severa condanna furono invece colpite le speculazioni dei gnostici che trasportavano M. nelle sfere fantastiche degli eoni o divine emanazioni, e lo ponevano al disopra di Gesù Cristo. Alcuni di tali settarî, che passarono alla storia col nome specifico di Melchisedechiani e sotto varie forme affiorarono dal sec. III al IX, prestarono a M. un culto superstizioso.
Fra i Giudei il più antico interprete, Filone d'Alessandria, in conformità al suo sistema filosofico, allegorizza M. identificandolo con la Ragione universale, col Logos, intermediario fra Dio e l'uomo (Allegorie, III, 1-25). L'esegesi rabbinica invece si tenne sul terreno storico; ma si sviò nell'arbitraria identificazione di M. con Sem, il primogenito di Noè, e nello sforzo di renderne più scialba la figura a vantaggio di Abramo.
Nella letteratura popolare del Medioevo in Oriente corsero sul conto di M. varie leggende, che non furono senza qualche influenza sull'arte.
Bibl.: Oltre i commenti a Gen., XIV, ed Ebrei, le storie del domma, i dizionarî biblici e teologici: F. J. Jérôme, Der geschichtliche M. und seine Bedeutung im Hebräerbriefe, Strasburgo 1917; G. Bady, M. dans la tradition patristique, in Revue biblique, 1926, pp. 496-509; 1927, pp. 25-45; G. Wuttke, M. der Priesterkönig von Salem, Giessen 1927. - Per uno scritto su M. falsamente attribuito a Origene, v. Biblica, I (1920), p. 269.