ESTE, Meliaduse d'
Figlio illegittimo di Scipione d'Este (figlio di Meliaduse [I] abate di Pomposa, figlio a sua volta del marchese Niccolò [III]) che, come riferiscono i cronisti, "lasciò molta figliolanza spuria", fu inizialmente avviato alla carriera militare. In seguito pare intraprendesse gli studi presso lo Studio di Ferrara. Mancano al riguardo notizie precise; ma è ben testimoniata la sua familiarità con l'ambiente studentesco. Nel 1487 è presente insieme con il cugino Niccolò Maria, vescovo di Adria, alla laurea dei nobile ferrarese Lorenzo De Montanari.
Fu rettore della chiesa parrocchiale di S. Pietro di Copparo, importante arcipretura alle porte di Ferrara, che aveva goduto in passato di molto prestigio, tale da porre spesso in contrasto l'arciprete con il vescovo di Ferrara. Nel periodo in cui l'E. resse questo ufficio, nella seconda metà del XV secolo, poco o niente rimaneva dell'antico fasto: la chiesa era lasciata nel più totale abbandono, mentre il clero residente - i canonici erano dispensati da quest'obbligo - non era all'altezza del suo compito. L'E. ebbe anche in commenda l'importante abbazia benedettina di S. Bartolo fuorì le Mura. Non potendo però sostenerne i gravosi oneri, la rinunciò.
L'elezione dell'E. a vescovo s'inserisce nella controversia tra il papa e il duca Ercole I intorno al vescovato di Ferrara, che era costata la scomunica al Ducato estense. Solo nel 1497 si raggiunse un accordo tra le due parti, in base al quale il vescovato di Ferrara veniva assegnato al nipote del papa, Giovanni Borgia, in cambio della nomina dell'E. a vescovo di Comacchio. Questa nomina s'inquadrava nella politica ecclesiastica estense a largo raggio, che mirava all'assorbimento in favore della casata di altre cariche e benefici ecclesiastici, come il vescovato di Adria, la commenda di Nonantola e quella di Pomposa, ambiti ed ottenuti da componenti della famiglia. Co-: macchio inoltre non era possesso di poco conto, poiché, da un punto di vista strategico, consentiva un migliore controllo dei rami del Po allora attivi e quindi costituiva una posizione ideale per fronteggiare la minaccìa veneziana.
Similmente ad altri membri della casata d'Este che godettero di benefici ecclesiastici, l'E. non ebbe residenza nella diocesi, mantenendovi un semplice vicario, con un capitolo fittizio. Frequenti furono invece i suoi viaggi di rappresentanza. Nel dicembre del 1497 è nel seguito che accompagna il cardinale Ippolito (I) d'Este a Roma. Insieme con il vescovo di Adria e con molti altri dignitari e nobili ferraresi, partecipa alla comitiva mandata a Roma nel dicembre del 1501 per prendere Lucrezia Borgia sposa di Alfonso d'Este. L'anno seguente il duca Ercole I, devotissimo di Lucia da Narni, fece consacrare dall'E. una chiesa con annesso monastero dedicato a s. Caterina e destinato ad ospitare la domenicana e le sue discepole. Alla celebrazione furono presenti, oltre alle massime autorità ferraresi con il duca Ercole in testa, la regina di Napoli Isabella d'Aragona.
Nel 1506 l'E. rinunciò solennemente al vescovato dì Comacchio nelle mani di Giulio II. Risale probabilmente a quel periodo un atto notarile che certifica la rinuncia del vescovato da parte dell'E. in cambio di alcuni benefici ecclesiastici appartenenti alla diocesi di Cervia e alla badia di Pomposa.
Divenuto canonico della cattedrale di Ferrara nel 1519, ottenne dal papa una promozione ad un'alta dignità ecciesiastica, forse a una diocesi "in partibus". Anche se alcuni storici ed eruditi, tra i quali il Moroni e il Frizzi ritengono trattarsi del vescovato di Traianopoli, sede arcives covile della Tracia, non sussistono documenti che possano suffragare questa notizia.
Sull'E. non si hanno più testimonianze di rilievo sino al febbraio 1522, anno in cui compare in un documento ecclesiastico in qualità di suffraganeo dei cardinale G. Salviati, vescovo , di Ferrara. Oscura rimane la data della sua morte; lasciò un figlio di nome Ercole, vivente nel 1501.
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