MELIORE
– Scarse sono le notizie su questo pittore, attivo nella seconda metà del Duecento, il cui nome compare nella lista dei cittadini fiorentini che avevano preso parte alla battaglia di Montaperti nel 1260: «Migliore dipintore, populi Sancti Jacobi» (Paoli, p. 22). Il suo nome è stato inoltre collegato (Bacci) all’autore di un dossale con al centro Cristo benedicente tra la Vergine, Giovanni Evangelista, Pietro e Paolo conservato agli Uffizi, datato 1271 e firmato semplicemente «Melior».
Questa tavola e quella, precedente di un anno, ora di ubicazione sconosciuta, ma già nella chiesa di S. Francesco a Barberino Val d’Elsa, citata in una fonte seicentesca (Marcucci, p. 34), raffigurante Cristo tra i ss. Francesco e Antonio da Padova, pure firmata, sono i punti di partenza per la ricostruzione del corpus di M. che probabilmente aveva iniziato la sua attività nel sesto decennio del secolo. Ed è, infatti, a quest’epoca che vengono riferite le sue opere giovanili: il dossale della pieve di S. Leolino a Panzano (frazione di Greve in Chianti), la Madonna Stoclet, già nella collezione Langton-Douglas a Londra, poi nella collezione Adolphe Stoclet a Bruxelles e in seguito apparsa in vendita da Sotheby’s nel 1965, e la Madonna col Bambino dell’Art Institute di Chicago (Offner, pp. 79 s.).
Questi lavori sono influenzati da stilizzazioni in schemi geometrici tipici del Maestro del Bigallo, a sua volta influenzato dalla cultura lucchese e poi da quella pisana, nel cui ambito deve essere avvenuta la formazione artistica di M., che da quello mutua la vivacità cromatica, ma non la forza plastica.
Fra tutti, il dossale di S. Leolino è ritenuto quasi unanimemente dalla critica uno dei capolavori di Meliore. Rubata, ritrovata a pezzi, restaurata e riconsegnata alla chiesa che ora la custodisce (Ciatti; Bellucci), l’opera è costituita da un pannello raffigurante al centro la Vergine in trono col Bambino tra i ss. Pietro e Paolo, stanti e di profilo, e, ai lati, quattro scene narrative sotto forma di vignetta: in alto a sinistra, Pietro liberato dal carcere; in basso a sinistra, la Crocifissione di Pietro; in alto a destra, la Conversione di Paolo; in basso a destra, la Decollazione di Paolo. Costruita con criteri centripeti e simmetrici, la tavola mostra influssi pisaneggianti piuttosto evidenti; ma il modo pausato di situare i personaggi nelle storie si ricollega al Maestro del Bigallo. I caratteri delle figure e la stilizzazione del paesaggio si possono, invece, accostare al contemporaneo dossale di Coppo di Marcovaldo eseguito per la chiesa di S. Angelo a Vico l’Abate, conservato nel Museo di San Casciano a Val di Pesa.
Le opere mature, più prossime alle tavole firmate, mostrano un linguaggio nuovo, caratterizzato da figure con particolari caratteri fisionomici, ai quali M. rimase sempre fedele, e da alcuni raffinati grafismi e lumeggiature dei panneggi che decorano minuziosamente l’immagine, ma inevitabilmente ne appiattiscono la composizione.
Tra i primi dossali che si conoscano a mezze figure sotto archi e con la parte centrale elevata, il dossale degli Uffizi reca i personaggi accompagnati ciascuno dal proprio titulus in latino, a eccezione della Vergine, ai cui lati si legge l’abbreviazione dell’epiteto «Madre di Dio» in caratteri greci, e del Cristo, di dimensioni maggiori, designato con un’alfa e un’omega e raffigurato come Pantocrator in gesto benedicente, verso il quale convergono gli sguardi e i gesti di tutti. Vi ritornano i medesimi caratteri stilistici del dossale di Panzano, più risentiti plasticamente per il probabile maggiore influsso di Coppo di Marcovaldo e uniti alla nuova ricerca sui panneggi delle figure esaltati dalle copiose lumeggiature in oro. Si avverte, anche qui, una spiccata tendenza al decorativismo.
Databile tra il 1270 e il 1275 è la Madonna con Bambino e due angeli conservata nel Museo di arte sacra di Certaldo e proveniente dalla vicina chiesa di S. Maria a Bagnano.
La tavola, assegnata inizialmente al Maestro della Maddalena (Gamba), ma riconfermata a M. dalla critica recente (Tartuferi, 1986, p. 275; Boskovits, pp. 642-646; Proto Pisani, 2001), è in ottimo stato di conservazione: ha beneficiato di restauri molto superficiali solamente nel 1935-36 e nel 1972. In occasione della mostra L’arte a Firenze nell’età di Dante, tenutasi alla Galleria dell’Accademia di Firenze nel 2004, è stata rimossa l’incongruente e anonima cornice, rendendo così possibile la visione di alcuni brani della pittura originale che mai aveva subito alcun intervento di restauro.
Nella Madonna col Bambino in trono e due angeli conservata nella chiesa di S. Stefano a Montefioralle (frazione di Greve in Chianti) e datata intorno agli anni 1270-75, si riscontra una ulteriore maturazione artistica, con una maggiore spinta verso l’espressività e con un senso dello spazio un po’ più definitamente tridimensionale (Proto Pisani, 2002).
Dopo un intervento di restauro (Baldini, 1953) che ha rimesso in luce, sotto una ridipintura in azzurro, l’oro del fondo facendo riapparire le aureole mulinate e le ali degli angeli, la tavola è stata esposta alla mostra Firenze restaura (1972), in occasione della quale è stata sottolineata la straordinaria conservazione e la qualità altissima delle pennellate stese e tirate nel carnato dei volti con una personalissima tecnica che esalta la plasticità dei volumi. La critica ha lungamente discusso sulla paternità di quest’opera, passando dal Maestro di Bagnano, al Maestro di Greve, al Maestro di Montefioralle fino a stabilizzarsi su M. (Guerrini; Tartuferi, 1990; Boskovits). L’immagine si distingue per i ritmi grafici e i valori decorativi che investono sia la Vergine sia il Bambino, caratterizzato da un ardito movimento nel gesto di accarezzare il viso della Madre. L’accentuata vivacità e umanità dei personaggi si possono forse interpretare come un precoce riflesso del Maestro della Maddalena.
Molte delle opere oggi attribuite a M. facevano parte del corpus del cosiddetto Maestro di Bagnano (Garrison, 1947 e 1949), figura ormai unanimemente cancellata dalla critica.
Resta invece di attribuzione incerta la Madonna col Bambino del Museo di arte sacra a Tavarnelle Val di Pesa, proveniente dall’oratorio di S. Michele a Casaglia, annesso alla pieve di S. Pietro in Bossolo, in cui le figure si caratterizzano per le proporzioni allungate, la grazia e l’eleganza dei gesti, la complessa e raffinata decorazione delle vesti. Se di M. si tratta, il pittore sembra qui trattenere il suo naturale impeto grafico e cromatico e allontanarsi da quelle caratteristiche fisionomiche che caratterizzano le figure delle opere giovanili, di immutabile controllo e serenità. Gli ovali perfetti dei visi, accostati con tenerezza e sapientemente ombreggiati, hanno ora un’espressione triste e malinconica, sottolineata dal dolce abbraccio del Figlio che cinge al collo la Madre. La tavola fu dipinta, forse, in una fase tarda, caratterizzata dall’avvicinamento all’opera di Coppo di Marcovaldo, conosciuto certamente a Siena dopo la battaglia di Montaperti e con il quale M. ebbe modo di collaborare a Firenze, probabilmente durante i lavori per la decorazione a mosaico della cupola del battistero con il celebre Giudizio universale, eseguito tra il 1260 e il 1275 circa. A M. infatti sarebbero da attribuire alcuni brani del paradiso e degli apostoli nel registro mediano e degli angeli nella parte superiore (Boon).
Così M., partito probabilmente dagli esempi del Maestro di S. Maria a Primerana e del Maestro del Bigallo, i principali mediatori per la pittura fiorentina dopo la metà del Duecento dei riflessi della pittura pisana, influenzato in seguito dall’insegnamento del Maestro della Maddalena, da cui mutua la vivacità narrativa, approda infine a Coppo di Marcovaldo (Tartuferi, 1990, pp. 37, 85 s.). Gli stilemi propri di questi artisti e il legame stretto con formule rituali bizantine si ritrovano però in M. rivisitate secondo una personale visione grafica della figura, variamente e liberamente innovata grazie a bilanciate geometrie, a un affinamento nelle forme e a uno sviluppo emozionale delle espressioni.
Fonti e Bibl.: C. Paoli, Il libro di Monteaperti, Firenze 1889, p. 22; P. Bacci, Documenti toscani per la storia dell’arte, II, Firenze 1912, p. 12; G.M. Richter, Megliore di Jacopo and the Magdalen Master, in The Burlington Magazine, LVII (1930), 332, pp. 223-236; C. Gamba, Opere d’arte inedite alla Mostra del tesoro di Firenze sacra, in Rivista d’arte, XV (1933), pp. 65-74; R. Offner, The Mostra del tesoro di Firenze sacra, in The Burlington Magazine, LXIII (1933), pp. 72-84; E.B. Garrison, Post-war discovery. Early Italian paintings, I, ibid., LXXXIX (1947), 531, pp. 151 s.; R. Longhi, Giudizio sul Duecento, in Proporzioni, II (1948), pp. 5-54; E.B. Garrison, Italian Romanesque panel painting. An illustrated index, Florence 1949, pp. 12, 23; Mostra di opere d’arte restaurate (catal.), a cura di U. Baldini, Firenze 1953, pp. 14 s.; M. Marcucci, Gallerie nazionali di Firenze. L’Accademia: dipinti toscani del secolo XIII, Roma 1958, pp. 34-36; Firenze restaura…(catal.), a cura di U. Baldini - P. Dal Poggetto, Firenze 1972, p. 30; A. Tartuferi, Pittura fiorentina del Duecento, in La pittura in Italia: il Duecento e il Trecento, Milano 1986, I, p. 275; A. Guerrini, ibid., II, p. 638; M. Ciatti, M. (documentato a Firenze nel 1271): Madonna in trono con il Bambino, i ss. Pietro e Paolo e storie della loro vita, sesto decennio del secolo XIII, tavola, in La pieve di S. Leolino a Panzano: restauro e restituzione dei dipinti recuperati, a cura di R.C. Proto Pisani, Radda in Chianti 1988, pp. 45-50; R. Bellucci et al., Tecniche pittoriche del XIII secolo: il dossale di M. di Jacopo in S. Leolino a Panzano, in OPD restauro, II (1990), pp. 186-21; A. Tartuferi, La pittura a Firenze nel Duecento, Firenze 1990, pp. 38-40; M. Boskovits, Corpus of Florentine painting, I, 1, Firenze 1993, ad ind.; B. Boon, The painter M. and the Last Judgment mosaic in the Florentine baptistery, in Arte cristiana, LXXXII (1994), pp. 261-270; Il Museo di arte sacra a Certaldo, a cura di R.C. Proto Pisani, Firenze 2001, pp. 28 s.; R.C. Proto Pisani, Il Museo d’arte sacra a Greve in Chianti, Firenze 2002, pp. 12, 19 s.; O. Casazza, in L’arte a Firenze nell’età di Dante (1250-1300) (catal.), a cura di A. Tartuferi - M. Scalini, Firenze 2004, pp. 94-97.
G.M. Fachechi