MELO da Bari
MELO da Bari. – Nacque intorno al 970; non sono noti i nomi dei genitori, ma è certa la sua appartenenza a una famiglia ricca e influente di Bari: lo storico bizantino Giovanni Skylitzes lo dice magnate della regione di Bari, in sintonia con le fonti latine tutte concordi nel definirlo ricco e potente cittadino barese.
Il nome, di probabile origine armena (in greco Μελ e Μελίας, dall’armeno Mleh), appare legato all’antroponimia bizantina, anche se all’epoca non era più specifico di un’etnia, ma era già uno dei nomi più diffusi in Puglia tra la popolazione longobarda. Non ci sono elementi per mettere in discussione la testimonianza di Guglielmo Apulo che lo dice longobardo, sebbene vestito alla maniera bizantina, «more virum Graeco vestitum» (p. 100), e cittadino di Bari di condizione libera.
M. compare per la prima volta nel maggio 1009 quando, insieme con il cognato Datto, sfruttando l’insofferenza della popolazione urbana, determinata in parte dall’eccessiva pressione fiscale e, soprattutto, dall’esigenza di maggiore autonomia di una società in forte espansione economica e sociale, organizzò una rivolta contro la dominazione bizantina, s’impadronì di Bari e riportò una prima significativa vittoria a Bitetto. Nonostante le gravi perdite subite negli scontri, i primi successi determinarono una rapida diffusione dell’insurrezione, favorita anche dall’improvvisa morte del catepano Giovanni Curcuas (fine 1009 - inizi 1010). Ben presto i rivoltosi – forti della benevola neutralità dei principi longobardi di Salerno, Capua e Benevento – s’impadronirono della Puglia centro-settentrionale e in particolare di alcuni centri importanti come Trani e Ascoli (Ascoli Satriano).
Nel marzo 1010 l’imperatore Basilio II inviò in Puglia un nuovo catepano, Basilio Mesardonite, con truppe fresche e reparti di mercenari vareghi (scandinavi). In aprile i Bizantini posero l’assedio a Bari, al cui interno operava ancora un forte partito filogreco. Nel giugno, dopo un lungo assedio, M., temendo che i suoi avversari interni potessero prendere il sopravvento e consegnarlo ai nemici, abbandonò la città e cercò riparo dapprima ad Ascoli, quindi nel Ducato di Benevento, a Salerno e, infine, a Capua, dove trovò la protezione di Pandolfo (II), unico fra i principi longobardi a resistere all’offensiva diplomatica del catepano tesa a isolare gli insorti. Datto, che aveva seguito M. nella rivolta, poco dopo il 1012 ottenne da Benedetto VIII una torre fortificata sul fiume Garigliano.
Nel frattempo Basilio Mesardonite, entrato in Bari, catturò Maralda e Argiro, moglie e figlio di M., e li inviò come ostaggi a Costantinopoli. Lo stesso catepano, con l’evidente obiettivo di impedire che M. potesse trovare ospitalità presso i principi longobardi dell’Italia meridionale, nell’ottobre del 1011 si recò a Salerno, dove accolse i messi di Atenolfo, da poco eletto abate di Montecassino.
Fra il 1011 e il 1016 si perdono le tracce di M.: probabilmente stava riorganizzando le forze nei territori dei principi di Benevento e di Capua in vista di una ripresa della lotta contro i Bizantini. Chalandon colloca in questo arco di tempo un primo viaggio di M. in Germania, dove avrebbe ottenuto da Enrico II il titolo di duca di Puglia; più probabilmente il primo incontro con il sovrano tedesco avvenne nei primi mesi del 1014, a Roma, quando lo stesso Enrico fu incoronato imperatore da BenedettoVIII, particolarmente interessato a sottrarre l’Italia meridionale al governo bizantino.
Negli stessi anni – secondo la testimonianza di Guglielmo Apulo, ripresa da Alessandro di Carpineto – M. incontrò presso il santuario di S. Michele sul monte Gargano un gruppo di pellegrini normanni di ritorno dalla Terrasanta e cercò di convincerli a unirsi alla sua lotta contro i Bizantini, prospettando loro una facile vittoria e la possibilità di un ricco bottino. Questo primo incontro, che può essere collocato tra la fine del 1011 e il 1016, si sarebbe concluso con la promessa fatta dai Normanni a M. di un loro prossimo ritorno. Di sicuro bande di mercenari normanni giunsero in tempo per contribuire alle successive operazioni militari: nei primi mesi del 1017, infatti, M. raggiunse un accordo con alcuni gruppi di Normanni giunti a Capua dopo essere transitati da Roma e, in cambio della loro partecipazione alla campagna militare contro i Bizantini, li dotò dell’armamento necessario e promise loro parte delle terre pugliesi.
Nella primavera del 1017, alla testa di un corpo di spedizione composto da bande normanne guidate da Gilberto Buatère e da contingenti arruolati tra i Longobardi dell’Italia meridionale, M. penetrò nella Puglia settentrionale lungo la valle del Fortore e ingaggiò con l’esercito bizantino una serie di scontri molto cruenti. In maggio, presso Arenula sul fiume Fortore, il primo scontro con l’esercito bizantino guidato dall’escubito Leone Paciano ebbe esito incerto, tanto che l’esercito invasore rimase sostanzialmente fermo nella zona, anche se alcune fonti, come Amato di Montecassino e Leone Marsicano (Chronica monasterii Casinensis), attribuiscono la vittoria alle truppe guidate da Melo. Il 22 giugno successivo M. si scontrò a Civitate in Capitanata, non lontano dal luogo della prima battaglia, con gli eserciti riuniti di Leone Paciano, che cadde nella mischia, e del catepano Leone Tornikios, detto Contoléon, costretto alla fuga e successivamente richiamato a Bisanzio. Il terzo scontro si verificò nel luglio-agosto dello stesso anno nei pressi di Vaccarizza, non lontano dal sito dove, due anni dopo, il catepano Basilieios Boioanne avrebbe fondato la città di Troia, e si risolse in una chiara vittoria di M. e dei suoi alleati. I Bizantini furono costretti a ripiegare verso Trani; le forti perdite subite negli scontri pur vittoriosi dall’esercito normanno-longobardo indebolirono, però, vistosamente le forze degli invasori; al tempo stesso, il comportamento brutale dei contingenti che sostenevano il rientro dell’esule barese fece scemare le simpatie delle popolazioni locali, atterrite e inermi di fronte alle rapaci bande normanne, e aprì la strada alla riscossa bizantina.
Il nuovo catepano Basilieios Boioanne, inviato in Puglia nel dicembre 1017 con nuove truppe e consistenti somme di denaro, dopo aver approfittato di un periodo di stallo per organizzare le sue forze, riprese l’offensiva contro i ribelli e, recuperato il controllo di Trani, nell’ottobre dell’anno successivo, riuscì a sfruttare la netta superiorità numerica del suo esercito e a riportare una vittoria decisiva sul fiume Ofanto, presso Canne. Secondo Amato di Montecassino e Leone Marsicano, nella battaglia di Canne le schiere normanne furono letteralmente decimate, ma anche tra i Greci si contarono perdite altissime.
La pesante sconfitta e i provvedimenti adottati dal catepano Boioanne (alcuni tesi alla repressione della rivolta, come la deportazione dei capi ribelli caduti nelle mani dei Bizantini, altri volti alla riorganizzazione amministrativa e militare della provincia bizantina d’Italia, il thema di Longobardia) spinsero M. ad abbandonare la Puglia e a cercare rifugio e aiuti prima a Benevento, quindi presso la corte dell’imperatore Enrico II, con la speranza di convincere il sovrano tedesco a guidare una spedizione in Puglia o, almeno, a inviare truppe «ad expellendos Grecos» (Chronica monasterii Casinensis, p. 240).
Nella primavera del 1020, in occasione della Pasqua, probabilmente insieme con papa Benedetto VIII, M. raggiunse EnricoII a Bamberga recandogli in dono un prezioso mantello di seta finemente ricamato, conosciuto come il «mantello dello zodiaco» (Sternenmantel), conservato presso il museo diocesano di Bamberga. In questa circostanza, Enrico II riconobbe a M. il titolo di duca di Puglia e lo pose al vertice di un’ipotetica entità territoriale pugliese subordinata all’Impero; inoltre, forte del consenso del papa e dei principi longobardi, progettò una spedizione militare destinata, nelle intenzioni, a limitare drasticamente l’influenza bizantina in Italia meridionale.
La morte improvvisa di M., a Bamberga il 23 apr. 1020, privò l’imperatore di un valido strumento per la conquista dei domini bizantini d’Italia.
Il corpo fu solennemente tumulato in una tomba monumentale nella cattedrale di Bamberga. Nel maggio 1054 l’imperatore Enrico III, accogliendo una preghiera del figlio di M., Argiro, ordinò che nessuno, in futuro, fosse tumulato nel sepolcro in cui erano custoditi i resti del dux Apuliae.
Il cognato Datto, che non sembra aver avuto un ruolo di primo piano in occasione della seconda rivolta di M., fu assediato nella torre sul Garigliano da Boioanne, fu preso e il 15 giugno 1021 riportato in Bari a dorso d’asino per essere alfine brutalmente giustiziato, gettato in mare chiuso in un otre.
Nel 1022 Stefano, Melo e Pietro, nipoti di M., al termine della fallimentare spedizione imperiale in Puglia ottennero da Enrico II beni nella contea di Comino, nell’alta valle del Liri, presso Sora, e il comando di un gruppo di cavalieri normanni.
Argiro, rientrato a Bari nel 1029, dopo un lungo esilio a Bisanzio, fu uno dei protagonisti di una nuova stagione politica che si chiuse con la definitiva affermazione dei Normanni nei territori dell’Italia meridionale.
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